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Autore: Ninfea Blu    28/08/2017    11 recensioni
"Improvviso, ti piomba alla memoria lo sguardo di André, quel verde troppo profondo che nasconde tutto quello che non ti dice, e che non può dire.
E tu a volte fai finta di non vedere cosa passa nello sguardo del tuo amico, un bagliore che palpita di un desiderio indecifrabile. Per convenienza. Per quieto vivere.
Semplicemente è più facile."
Questa storia parte da un' ipotesi, suggeritami dalla lettura del manga, che guarda i fatti sotto una luce diversa... a voi scoprire quale.
Sempre presenti i riferimenti all'anime, soprattutto le puntate 18 e 20. Buona lettura.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Hans Axel von Fersen, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5

5 – Amori impossibili – Volti nudi

 

 

 

Arrivati a Palazzo Jarhayes, dopo aver lasciato i cavalli nelle scuderie alle cure di Andrè, che contrariamente al solito, non si affretta a seguirti, corri in casa quasi avessi una fretta infernale.

Non hai vere ragioni, e non sei in ritardo neppure per andare a Versailles; è solo il bisogno di restare un momento da sola, e forse, la necessità di scappare da lui, e dalla verità che non puoi più ignorare.

 

Mentire a te stessa, mai ti è sembrato così difficile.

Eppure insisti e continui a provarci.

 

Perché questo non può essere un giorno comune agli altri?

 

Ti attende la consueta giornata alla reggia, faticosa e snervante; le udienze reali, le consegne, i rifornimenti militari, e alla fine del servizio di turno, dopo aver passato in rivista il reggimento delle Guardie Reali, potrai godere di una tranquilla serata davanti al calore del camino a bere vino.

Una vita entusiasmante, quella che tuo padre ha pensato per te.

Una vita d’onori, megaglie sul petto e gloria. Prima capitano, ora colonnello; la promozione concessa come un dono dalla generosa Regina.

 

Alla reggia si apprestano i preparativi per l’ennesima festa da ballo, sono già stati mandati gli inviti ai quattro angoli del Regno di Francia; verrà la nobiltà più illustre dalla Picardia, dalla Loira, dalla Bretagna, dalla Provenza. Tu sarai obbligata ad esserci, ma già avverti il fastidio delle chiacchiere, le risate maliziose, l’odore delle candele che bruciano, le dame sudaticce sotto il belletto e le parrucche posticce, costrette dentro i loro bustini troppo stretti che ricorrono ai sali per non svenire, o corrono sui balconi per respirare l’aria fresca della notte.

Tu e André quante volte avete riso di quelle mise improbabili, dei nei finti, gli occhi bistrati e le guance imporporate di vegliarde dame ridicole, di tutto quel tronfio cerimoniale, teatro fasullo inscenato sotto i vostri occhi.

Era il vostro modo per rendere quel mondo più sopportabile.

Ti resta la fragile illusione che tutto è uguale a sempre, che la tua vita debba scorrere come il solito, scandita dalla quotidianità famigliare che dividi con André.

 

 

Inutile apparenza.

Non è così, e lo sai fin troppo bene.

Hai paura di aver perso quella quotidianità che vi legava di un giogo dolce, senza dolore. È un terrore che taglia il respiro, paralizza i pensieri arenati come barche in secca.

Non puoi dirti sorpresa di nulla, eppure sei ancora sgomenta, non dalla verità che mai fu un segreto; era lì, da sempre, e lo sai, facevi solo finta di non vederla.

 

Sei stata una pazza.

 

Andrè ti ha disarmata con estrema semplicità, ti ha costretto a guardare nello specchio che riflette la vostra immagine, quella più pura e sincera che nessuno, oltre voi, vede.

Quella che solo tu e lui, conoscete.

 

Fersen, amore impossibile e negato.

Vorresti concentrarti sul suo volto bellissimo quando sorride, lo cerchi con la forza della mente, scivoli sui ricordi di una cena piacevole che confina con una notte sconvolgente. Invece, non riesci neanche a pensare a lui, e fino a poche ore fa, parevi non avere altro pensiero, né altra sofferenza sembrava più grande e indicibile del tuo amore straziante e disperato per lui.

 

Cerchi il volto di Fersen e trovi lo sguardo del tuo amico d’infanzia.

Non lo è più.

 

Dio, vorresti poter lasciare tutto in quel palazzo, dentro quella notte senza stelle, in quella terra di mezzo abbandonata: accuse, verità, segreti inconfessabili, sentimenti repressi, tutto sigillato in quella maledetta stanza, come dentro un forziere dei pirati che mai si dovrà aprire.

Il vaso di Pandora si è aperto, ed è uscita anche la speranza che tutto restasse immutato nella vostra insolita vita.

 

Ostenti una calma che non hai. Ti sforzi di controllare le emozioni, l’umore, i turbamenti. Versailles attende il suo perfetto Colonnello, la Regina la sola persona di cui si può fidare in questo contesto. Vorresti accantonare tutti i pensieri che da un po’ assillano la tua vita: Maria Antonietta, Fersen, il loro amore scandaloso e tormentato sulla bocca di tutti, sporcato dal ridicolo della maldicenza, dalla vergogna dell’indignazione… André.

 

André ti ama.

André che vorrebbe sedurti.

André che non vuole dormire con te.

 

André, sempre André.

 

No, lui no.

Lui non si lascia relegare in nessun luogo remoto.

Lui c’è, immerso nella tua vita, nelle tue ore più lunghe, più forte del tuo stesso sangue, bagnato in esso, come in un patto inscindibile tra i vostri spiriti. Lui è un pensiero costante, ora più che mai; un’ossessione tenera e invadente che sale come la marea e afferra la gola.

Torna prepotente la memoria della sua pelle sotto il bagliore seducente di una fiamma, la voce nella tua testa si riveste di parole dolci e audaci, semplici e schiette.

L’uomo che ti ama in silenzio, che non chiede niente.

L’uomo che dice la verità, mettendo a nudo il suo cuore, come mai pensavi avrebbe fatto. Come mai speravi che facesse. Indifeso di fronte a te, svuotata di parole inutili, ti sei sentita vinta da un simile coraggio, quello che non richiede atti di forza, ma solo onestà, e un cuore puro.

 

Guardi nello specchio, e per la prima volta ti vedi diversa.

 

Sistemi la spada al fianco, aggiusti la divisa, la fascia sul petto.

Versailles e la sua corte ti attendono.

Andrè sarà lì, al suo posto.

Al tuo fianco, muto e silenzioso.

 

È così che lui ti ama.

 

L’amore si ripaga.

 

Tu puoi solo accettarlo.

 

 

*****

 

 

La sera scende come un sipario scuro dietro le ampie vetrate di Palazzo Jarhayes; sembra un velo calato a nascondere quello che non si deve mostrare alla luce del sole.

In silenzio, hai cercato di allontanarti, ma lei ti ha trattenuto. Era l’ultima cosa che ti aspettavi, da una giornata che è stata insolita e difficile, fatta di lunghi silenzi, sguardi fuggevoli, inseguiti e distolti in fretta.

Poi, mezze frasi, fredde ed essenziali, dette col tono più neutro possibile.

“Porta questi documenti nell’ufficio di Girodelle: riguardano l’addestramento delle nuove reclute. È lui, l’incaricato.”

“D’accordo Oscar. Qui ci sono i nuovi dispacci che devi firmare.”

Insieme, eppure distanti, persi e concentrati in voi stessi, nello sforzo immane di far sembrare tutto normale e consueto; siete come due teatranti impegnati in una commedia dai ruoli difficili e piuttosto scomodi.

 

Le maschere sono pesanti da portare, ora più che mai.

Il palazzo di famiglia è da sempre il luogo protettivo e rassicurante in cui potete abbassarle, ma adesso mostrare i volti nudi è diventato pericoloso e può fare paura.

 

 

“Ci vuole un buon bicchiere di vino, André. Mi concilia il sonno… non bevi con me, questa sera?”

Lo dice come se si aspettasse un tuo rifiuto. Sospetti che stia fingendo.

“Certo Oscar, un po’ di vino non può far male…” le concedi accomodante, e ti appresti alla vetrinetta dei liquori, dove è riposta la bottiglia di cordiale.

“Già… di sicuro, in qualche caso ha il potere di sciogliere la lingua…”

A te non è servito. Non rispondi, deciso ad ignorare il suo sarcasmo o qualsivoglia allusione; accenni l’ombra di un sorriso, mentre versi il vino nel bicchiere per porgerglielo.

Lei lo afferra.

“Oggi eri assai poco loquace, André. Come mai? – Oscar porta il calice alle labbra e ne beve un sorso. - Di solito quando siamo alla reggia, mi racconti sempre qualche aneddoto curioso…”

 

È vero.

L’ultimo favore ottenuto della contessa di Polignac per un suo parente, il pettegolezzo del momento su un cortigiano… le prodezze amorose di qualche giovane cadetto ai suoi ordini; cose di questo genere, per accorciare le ore e il tedio, o solo per parlare un po’ con lei, senza dimenticare mai il luogo dove siete.

“Non ho mai pensato che fossero davvero di tuo interesse, Oscar. Comunque, oggi mi parevi molto concentrata sul tuo lavoro, per prestarmi attenzione.”

Non c’è ironia in quello che dici, solo verità, che lei forse coglie.

“Io presto sempre attenzione alle cose che mi dici, André, - puntualizza seria, lanciandoti un’occhiata obliqua - soprattutto, quando siamo a Versailles, un luogo dove è meglio tenere occhi e orecchie aperti…”

Incroci il suo sguardo, e il ricordo corre ad un palazzo che non è la reggia di Versailles; giureresti che lo stesso pensiero sta sfiorando lei, ma fai finta di nulla.

“Sì, hai ragione Oscar. Se ci tieni tanto, posso raccontarti del piccolo alterco che oggi ha visto coinvolti Girodelle e il conte di Fersen…”

“Quale alterco?” ti chiede lei, con malcelata curiosità.

“Nel primo pomeriggio, Fersen era venuto a cercarti, non so per quale motivo; chissà, forse voleva scusarsi per il suo strano comportamento. Ha chiesto al tenente notizie di te, voleva parlarti in privato; Girodelle ha risposto che eri molto impegnata e non potevi essere disturbata, durante l’esercizio delle tue funzioni per la scorta di Sua Maestà… beh, a quanto sembra, Fersen non l’ha presa bene; ha rimproverato a Girodelle il suo zelo inutile, accusandolo di essere un prevenuto.”

“Incredibile… - è il commento ironico e divertito che le esce dalle labbra. Dopo, butta giù tutto il vino in un colpo solo. - Chissà perché Girodelle ha reagito così…” domanda più a sé stessa, che a te.

“Forse il tuo sottoposto non ha simpatia per il conte di Fersen; magari, è per quello che si dice di lui e la regina…” commenti tranquillo. Oscar ti guarda, ma non ribatte.

Il suo turbamento non riguarda il conte.

Tu riponi la bottiglia nella vetrinetta dei liquori, con l’intenzione di accomiatarti. Vorresti andar via, ma ti blocchi appena senti la sua voce.

“Sai André, non credo che parteciperò al ballo della settimana prossima…” è più un’affermazione rivolta a se stessa. Ti volti appena.

“Invece, dovresti andare…”

“Perché dovrei? Sai che non amo le feste mondane…”

“È un ballo importante, e tu sei il Comandante delle Guardie Reali, la sola persona su cui la regina possa contare; anche il conte di Fersen la pensa così…”

“No, no André! – Scuote energica la testa, infastidita, portandosi una mano alla tempia. – Non voglio farmi coinvolgere da questa storia, non mi riguarda… lo sai come finirà… e poi cosa dovrei fare, secondo te? Minacciare con la spada tutti quelli che li giudicano e li guardano con disprezzo?”

Avverti l’alterazione della sua voce, l’irritazione che trattiene a fatica.

Non sai perché, ma ti viene da ridere, non sai resistere.

“È un’idea, perché non ci provi, Oscar? Potrebbe funzionare.”

Basta a sdrammatizzare tutto; perfino lei si rilassa e ti sorride di riflesso, il primo che ti concede. Ringrazi Dio che ti ha dato questo momento, perfetto per chiudere l’argomento e questa strana giornata, e sei deciso ad andartene. Alla stanchezza fisica devi aggiungere quella mentale, e non te la senti si sostenere una conversazione impegnativa, non stasera.

Fai solo qualche passo in direzione della porta.

“Buonanotte, Oscar.”

“André aspetta…” la sua voce tradisce un ansito di commozione.

“Che altro c’è?” Sussurri rassegnato.

Speravi che finisse tutto senza traumi, discorsi inutili. La fissi e il cuore trema; il suo sguardo tradisce altro: esitazione, stanchezza e un’inquietudine che va oltre parole troppo semplici e banalità dette per nascondervi. Scorrono minuti di silenzio che sembrano interminabili, in cui i vostri occhi si allacciano, liberi da maschere: sono carichi di tutto quello che non riuscite ancora ad affrontare: chiamare le cose col loro nome.

Ma è soltanto Oscar che non ci riesce.

“No… niente André. Buonanotte.” Abbassa gli occhi.

Non aggiunge altro, e tu non sai se essere deluso o sollevato.

Chiudi la porta della stanza alle tue spalle. È tutto rinviato.

 

La verità non si può chiudere fuori, lo sai anche tu, Oscar.

 

 

 

******

 

 

 

La sera del grande ballo a corte è arrivata. È un avvenimento importante a cui prenderanno parte molte personalità in vista del regno.

Tu non hai nessuna voglia di andarci.

È una settimana che sopporti gli umori di una corte degenerata, che ha il coraggio di criticare quello che di nascosto fanno tutti abitualmente; storie clandestine, tradimenti, voci di palazzo che si propagano con la rapidità del vento, il tutto impregnato di una morale ipocrita.

Non ne puoi più delle loro chiacchiere maligne, dei commenti bisbigliati dietro i ventagli delle dame al passaggio della sovrana e dei loro sguardi d’intesa.

Non vorresti andare a Versailles questa sera. Lo eviteresti con tutte le tue forze. Ma ti rassegni a fare il tuo dovere, ciò che è meglio per la tua regina.

 

Perfino Fersen è venuto a chiederti un consiglio, a te, che sei l’ultima persona che potrebbe darne.

“Che cosa dovrei fare, secondo voi, Oscar?”

Solo per questo ti ha cercata a Versailles? Dopo erano arrivate le scuse per la sua fuga.

“Perdonatemi per come mi sono comportato; mi sono allontanato in piena notte, come un ladro. Non so neppure da cosa ero mosso… sentivo la sua mancanza, come un dolore fisico… mi attanagliava una spaventosa solitudine e ho avuto la strana impressione di vederla riflessa nei vostri occhi, quella sera. Poi, è arrivato André, e sapevo che vi lasciavo in buone mani…”

Il sospetto che il conte abbia sottointeso altro è un pensiero molesto, che ti turba più di quanto vorresti. Hai lasciato a Fersen la sua maschera; meglio non pensare a cosa poteva succedere, se le vostre solitudini si fossero trovate in quella terra di mezzo, terreno neutrale in cui amore e colpa potevano abbracciarsi, o magari respingersi con dolore.

 

Una volta di più, André ti ha salvata da te stessa.

 

Fersen doveva soffocare l’amore, così ti aveva detto, qualche giorno prima di quella notte. È una regola che lui non sa applicare a se stesso. O forse, l’ha applicata meglio di quanto tu creda.

Dopo che Fersen se n’era andato, tu e André siete rimasti soli; quasi tu avessi bisogno dell’ennesima conferma, di nuovo, hai cercato di metterlo alla prova, e ti sei messa in trappola da sola.

“Che cosa faresti se tu fossi al posto di Fersen, André?” Gli hai chiesto, senza guardarlo, con lo sguardo fisso sul vetro tinto dal rosso della sera. Lui ha tergiversato per poco.

“Che domanda strana Oscar… stiamo parlando di noi?”

“Rispondimi, per favore.” Hai insistito, lo sguardo sempre rivolto al cielo rossastro della sera.

“Essere al posto di Fersen, vorrebbe dire essere ricambiato… è l’unico motivo, per cui farei a cambio con lui…”

“Sì, ma… - hai trattenuto il respiro per un attimo - credi che il conte sia da biasimare per il suo coinvolgimento con la Regina?”

“Non si può biasimare un uomo che ama; in qualche caso l’amore diventa un po’ egoista, e prende tutto quello che può. Questo vale sicuramente per un uomo come il conte di Fersen.”

“E tu, André? – Allora, ti sei voltata a guardarlo. – Che cosa prenderesti?”

Nel breve silenzio, hai sostenuto il suo sguardo verde, che non si è mai abbassato, mentre accettava la tua sfida.

“Solo ciò che ricevo, Oscar.”

“E se nulla potessi avere? Se non fosse possibile? Puoi continuare a nascondere i tuoi sentimenti per proteggere colei che ami?”

Andrè si è avvicinato pericolosamente. Poteva toccarti, ma non ha alzato un dito.

“Perché fingi di non essere tu, quella coinvolta? Credi che non sia stato sincero?” Ti ha chiesto con velata amarezza.

“No… no, André. Non volevo dire questo…” ti sei affrettata a rispondere; mai potresti ritenerlo un bugiardo, e non vuoi che lui lo creda.

“È quello che faccio da sempre, Oscar. Ti amerei in silenzio, come ho sempre fatto.”

Parole troppo semplici e schiette.

Paiono innocue e non ti sei accorta che ti hanno trapassato il cuore.

“Ma l’altra sera sei diventato egoista… hai interrotto il silenzio…”

“Più egoista dello svedese? Certo, perché lui è perfetto, vero Oscar? Anche se col suo amore fa soffrire la donna che ama. Quello che ti ho detto in quella stanza di Palazzo Fersen, non uscirà da lì. La storia tra il conte e Maria Antonietta ha varcato i cancelli dorati della reggia e raggiunto le bettole più infime di Parigi. I miei sentimenti sono un segreto fra me e te. Tu puoi continuare ad ignorarlo, se vuoi, ma io mi sento più libero da quando te l’ho detto… - improvvisamente si è interrotto, come se André dovesse trovare il coraggio. Infine, emette un sospiro. – Forse, un giorno sarò libero anche di lasciarti, Oscar…”

 

 

Il pensiero ti fa sgranare gli occhi, mentre lo specchio rimanda la tua immagine in alta uniforme, splendida e altera.

 

È la prima volta che la indossi.

È la prima volta che vai a corte per danzare, ma quello che per gli altri è divertimento, per te è dovere. Non c’è gioia nel tuo sguardo, e hai una strana voglia di piangere.

 

Lui potrebbe lasciarti?

Ha mai voluto farlo?

Vorrà mai farlo, un giorno?

 

Alla fine, è stato Andrè a convincerti.

“Tu sei l’erede della famiglia Jarjayes, non puoi mancare… hai pensato a quello che accadrà, se la regina Maria Antonietta e il conte di Fersen balleranno insieme questa sera? Sarà palese a tutti, quello che c’è fra loro, e non si potrà evitare lo scandalo. Il tuo primo dovere è proteggere la Regina, dovresti pensare solo a questo.”

 

Non avevi obiezioni da opporre.

André aveva ragione, e tu hai ceduto.

All’improvviso ti rendi conto che non riesci proprio a resistere; alla fine, non sapresti dire in che modo, André riesce a farti fare quello che vuole lui.

 

Ti arrendi quasi per istinto, come se ti venisse naturale.

 

Che strano potere che ha su di te…

Forse ora, ne ha più di un tempo. In fondo, ti fidi di lui, come di nessun altro.

Non ricordi, quando gli hai concesso tutto quest’ascendente. È così e basta.

 

Uno palpito ti attraversa il petto, un brivido che serpeggia e morde lo stomaco; si chiama paura, la consapevolezza che André potrebbe avere il potere di farti arrendere a te stessa.

Di farti arrendere all’amore.

 

 

****

 

 

Il tuo ingresso a corte ha colto tutti di sorpresa.

Andrè ti ha detto che sei splendida in alta uniforme, e al centro del grande salone, gli occhi che ti circondavano lo confermavano.

Hai incrociato perfino lo sguardo di Fersen, e anche in lui hai colto sincera ammirazione e un pizzico di meraviglia, ma non quella che si riserverebbe ad una bella donna; era quella di un uomo verso un suo pari.

 

Con chi avresti danzato? Con una dama o un cavaliere?

All’inizio, quello è stato l’interrogativo principale, che svelasti quasi subito.

Danzasti con la regina; fosti il suo unico impeccabile cavaliere, riuscendo nell’intento di distogliere l’attenzione da lei e dal conte di Fersen.

Sua Maestà era bellissima nel suo elegantissimo abito da sera, indossato sicuramente per lui. Fersen rimase ad osservarvi tutto il tempo dal fondo della sala, sorseggiando pigramente un calice di vino, e Maria Antonietta gli lanciò solo di rado qualche fuggevole occhiata.

Quegli sguardi non erano per te, ma in un’altra vita, distante quanto un orizzonte sul mare, avresti desiderato essere al posto della regina solo per riceverli.

 

Ti fingevi serena, ma dentro ti sentivi morire, sotto l’assalto dell’angoscia e di una strana frustrazione che non riuscivi a decifrare.

 

Stavi prendendo in giro tutti, stavi prendendo in giro lei, che ti sorrideva magnifica e affascinante e non immaginava cosa portassi nel cuore; un sentimento che era un tradimento nei suoi confronti, che si trasformava d’ora in ora, in bruciante senso di colpa, verso tutti quelli coinvolti in quel perverso quadrilatero, dove solo Fersen e Maria Antonietta erano sinceri nei loro reciproci sentimenti.

Perfino il conte, nonostante le sue avventure galanti, era più innocente di te, che solo una settimana prima avevi sperato di infilarti nel suo letto per rubare poche briciole di quello che confondi con l’amore.

Quella recita fatta a beneficio di tutti durò fino all’alba.

Solo Fersen conosceva le battute di quel copione, ed egli recitò altrettanto bene la sua parte fino in fondo; se n’andò poco prima del sorgere del sole senza aver neppure parlato con Maria Antonietta.

 

 

 

*****

 

 

                                                                     

Eri stanco e non vedevi l’ora di tornare a casa.

Guidavi la carrozza lentamente lungo la strada, mentre il giorno iniziava a sorgere illuminando il paesaggio circostante che ti accompagna tutti i giorni che percorri questa strada con Oscar.

In fondo tutto era uguale a sempre, eppure ogni foglia, ogni luce del cielo, perfino le nuvole che si specchiavano nell’acqua della Senna ti parevano diverse.

Ti fermasti quando notasti la carrozza, e accanto, la figura di un uomo avvolto in un mantello: Fersen vi stava aspettando.

Oscar scese per parlare con lui, mentre tu sei rimasto a distanza ad osservarli. Dall’espressione di Fersen capivi che le stava parlando della regina, hai colto anche qualche brandello di conversazione.

“Ammetto che avrei voluto danzare con sua Maestà, ma se l’avessi avuta tra le braccia questa sera, non sarei più riuscito a nascondere quello che provo per lei. Proprio perché l’amo, non sarei mai dovuto arrivare a questo punto, Oscar, lo capisco solo ora. Vi ringrazio, perché mi avete impedito di esporla alla vergogna. Adesso c’è solo una cosa che posso fare…”

 

Fu quella sera che maturò l’idea di partire per l’America.

La scelta del conte è quasi forzata; ama una donna che non potrà mai avere per davvero, irraggiungibile quanto le stelle più lontane; comprendi la fuga come unica soluzione possibile, ma non riusciresti mai ad applicarla al tuo caso personale.

E adesso le cose sono cambiate, rivelate alla luce del sole.

Ricordi l’espressione di Oscar quando capì le sue intenzioni, insieme alle uniche parole che rivolse al conte nel tentativo di fermarlo.

“Là c’è la guerra… Potreste non tornare, nessuno vi garantirà la vita…”

Non bastarono a scoraggiarlo.

 

 

Seduto al tavolo, la osservi in piedi alla finestra; la luce liquida del primo mattino entra dalla vetrata e fa brillare il marmo dei pavimenti; lei ha lo sguardo cupo e distante, e tu sai cosa teme. Cerca di mostrarsi imperturbabile, come sempre.

Cerchi di stanarla quando le chiedi se non ha desiderio di vederlo, prima che la sua nave salpi l’indomani dal porto di Brest. Lei all’inizio, cerca di eludere la domanda.

“Non capisco perché debba andare a combattere in America; potrebbe semplicemente tornare in Svezia…”

“La Svezia è troppo vicina; credo che Fersen non abbia alternative…”

“Devo provare a convincerlo, André. Forse mi darà ascolto; è assurdo mettere a repentaglio la propria vita…”

Impulsiva, Oscar si allontana dalla finestra, decisa a mettere in atto la sua iniziativa, ma tu ti alzi dalla sedia e la blocchi afferrandole un polso.

“Lascialo andare, Oscar! Ti prego…”

“André smettila!”

Oscar grida, cercando di opporre resistenza, ma tu la trattieni con fermezza.

“Non capisci? Vuole tentare di dimenticare Maria Antonietta; lasciare andare chi si ama è un’impresa titanica, e un oceano tra loro, forse è l’unica cosa che possa aiutarlo…”

“Tu lo faresti, André?”

Grida ancora, improvvisamente, inchiodando il suo sguardo di ghiaccio al tuo.

Il suo volto è nudo e senza maschera, e così la vedi; la paura in fondo al celeste dei suoi occhi. Solo, ancora non sai di cosa Oscar abbia davvero timore; di perdere l’uomo di cui è innamorata, o l’amico di una vita?

“Io non sono Fersen, lo sai. Ci vuole coraggio per lasciare chi si ama, ma se fuggire fosse la soluzione, io sarei scappato da te molto tempo fa…”

“Qualche giorno fa, mi hai detto il contrario…” obbietta ancora, cercando di divincolarsi, e tu allenti un poco la presa. Respiri forte, per calmarti, e anche lei.

“Perché questo accada, io dovrei smettere di amarti, Oscar. Non credo succederà mai.”

Questo in qualche modo, l’ha placata.

Solo allora, l’hai lasciata andare da lui.

 

 

 

******

 

 

 

 

Hai cavalcato veloce come il vento fino alla dimora di Fersen. Il tuo cuore è confuso, intrappolato tra mille pensieri, spaventato da conflitti che non sai risolvere.

 

È perspicace André.

Lui sa cos’è l’amore, lo sa perché lo prova per te.

Lo sa perché è un uomo, come Fersen.

E sa che soffri, e di questo vorrebbe consolarti, ma per quanto ti sia amico, non ci riuscirebbe ora. Tu non vuoi consolazione; vuoi solo che passi questa cosa che gli uomini chiamano amore.

 

Tu senti qualcosa, ma non sai cosa sia, o per chi sia.

 

È per amore che ti senti così male, se pensi che potrebbe non tornare? O forse, è solo un’altra maschera, una pena che ne nasconde una più profonda.

In realtà, hai più timore, che un giorno anche Andrè possa andarsene, lontano da te e da un amore impossibile che lo consuma.

 

Devi parlare con Fersen, eppure non ne avresti il diritto; non sei tu la donna che ama, e se perfino lei, tra le lacrime, ha il coraggio per lasciarlo andare, di non chiedergli niente, tu non puoi pretendere di farlo restare.

 

È legittimo sperare che torni sano e salvo.

La stessa speranza che anche lei nutre, e diventa consolatoria, a te un pensiero che non lascia niente. Non puoi disperarti, perché non è te che sta lasciando e non tornerà per te.

Se resterà vivo, sarà per lei.

 

Questa è l’unica certezza che hai.

 

Quando arrivi a Palazzo Fersen, sei trafelata; il conte, preso dagli ultimi preparativi per l’imbarco, ti accoglie nel suo salotto sorpreso e turbato.

“Oscar non mi aspettavo la vostra visita. Avete l’aria sconvolta; vi prego sedetevi un momento. Vi faccio portare qualcosa da bere?”

Tu preferisci non sederti.

Devi dire tutto. Adesso.

“No, Fersen. Sono qui, solo per farvi una richiesta, e dopo me ne andrò; se volete lasciare la Francia, fatelo, ma non partite per una guerra che non è la vostra. Perché non tornate in Svezia? Sapervi in pericolo, getterà la regina nell’angoscia… e anch’io sarò preoccupata per voi.”

Fersen ti guarda per un istante con calore e dolcezza e un lieve dispiacere.

“Oscar, mia cara amica… - Abbassa lo sguardo attraversato da una luce di rassegnazione, e sospira pesantemente. – Non posso fare quello che dite. Io devo andare lontano, molto lontano…”

Si siede sulla poltrona, e porta le mani intrecciate alla fronte, in un gesto che sa di stanchezza estrema. Ti basta vederlo così, per capire quello che per André era assolutamente chiaro.

“Non esiste un altro modo, credetemi. Se resto qui, succederà l’irreparabile, Dio non voglia che accada mai una cosa del genere, io sarei la causa della sua disgrazia, e la Svezia non è abbastanza lontana… - Le stesse parole di André, solo dette con maggior dolore. - Io non ho la forza di certi uomini… né la vostra, Oscar… non ho la forza per resistere alle sue mani che mi cercano…”

 

Ti accorgi improvvisamente che cerca di trattenere le lacrime, e allora comprendi che il tuo tempo è finito. Hai fatto tutto quello che potevi. In silenzio ti avvii verso la porta.

Avverti solo il suono dei tuoi stivali sul pavimento.

Stranamente ti senti più leggera, come se il peso che avevi sul cuore, fosse scivolato via, sostituito da una tristezza più mite.

Appoggi una mano allo stipite della porta, e ti volti a guardarlo, un’ultima volta.

Adesso puoi lasciarlo andare.

 

“Fersen… cercate di non morire…”

 

 

continua…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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