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Autore: Le due zie    29/08/2017    15 recensioni
Per il compleanno di André, un racconto a quattro mani, il gioco di due penne che si intreccia nei postumi di una notte in cui il vino sembra aver fatto danni. O forse no.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordi confusi e confuse speranze
 
I suoi passi risuonavano pesanti ed un poco incerti nella penombra del corridoio a mala pena scalfita dal rosa dell’alba che si insinuava attraverso le ampie vetrate.
Andrè si fermò un istante per prendere un respiro profondo e terminare di abbottonare la giubba, malgrado le dita intorpidite non ubbidissero ai suoi comandi, soggiogate come erano ancora, come ogni altra parte del suo corpo, dalle sensazioni potenti che lo avevano travolto nelle ultime ore. Una volta terminato il difficile compito di far rientrare ogni bottone nella propria asola scosse piano la testa, deciso a scacciare via la bruma pesante dell’alcol che ancora aleggiava tra i suoi pensieri e provò ad imbastire un discorso verosimile col quale introdurre la sua richiesta: di certo Alain non si sarebbe fatto carico dell’incombenza che intendeva affidargli senza pretendere delle spiegazioni, e quella era la parte più complicata di tutta la faccenda.
Non ricordava tutto quello che era successo in quella camera nella notte appena trascorsa, complici il vino e lo stupore che gli aveva trasformato l’anima in un velo leggero, e ciò che rammentava non intendeva certo condividerlo con il più scanzonato ed irriverente dei suoi commilitoni. Lo stomaco gli si contrasse al ricordo dell’indugiare lieve delle dita di lei sulla sua pelle: tutto era stato così  nuovo e così antico al tempo stesso che aveva creduto, a tratti, di sognare.
Il cigolio rugginoso del grande portone che si apriva per dar modo di rientrare alla ronda notturna lo strappò bruscamente dai pensieri caldi e sinuosi che il ricordo di quel tocco incerto aveva richiamato alla sua memoria, insieme alle sensazioni tattili della stoffa grezza delle lenzuola che li avevano accolti ed al profumo dei suoi capelli: rose al mattino e polvere e inchiostro … gli avevano sfiorato il viso quando si era chinata su di lui ed era stata così  incredibilmente diversa e arresa e sincera che il suo cuore aveva tremato e, per un lungo, brevissimo istante, aveva osato sperare.
Si accorse che stava ancora sperando, anche ora, il suo cuore testardo, malgrado l’incertezza e la sofferenza fisica che il brusco rimettersi in movimento gli aveva causato, mentre i passi ritrovavano il loro ritmo e la mente si concentrava su cosa dire ad Alain prima di uscire per la ronda che lo avrebbe tenuto lontano dalla Caserma, e da lei, per tutto il giorno.
 
Era stata una lunga, strana giornata.
La stanchezza aveva scacciato pian piano dalle sue membra la tensione e la luce del sole aveva richiamato la successione degli eventi: gran parte dei ricordi erano arrivati e, disciplinati e nitidi, si erano incasellati nella sua mente, come pedine su una scacchiera. Ne erano rimaste vuote solo alcune, ma quelle erano state colmate dalle sensazioni che ancora lo pervadevano, potentissime  seppur quasi incredibili.
André sorrise piano, tra sé e sé, cullato dal movimento costante del cavallo al passo mentre affrontava l’ultimo tratto di strada prima di giungere in Caserma.
Aveva ricordato, della notte precedente, quasi tutto.
La convocazione di Oscar era giunta appena dopo cena, ancora prima che lasciasse il refettorio. Ad assolvere all'ambasciata era stato una recluta, che si era mosso guardingo tra i veterani dei Soldati della Guardia, preoccupato che il solo avvicinarsi a lui, oggetto poche ore prima di un pestaggio efferato, lo etichettasse come personaggio scomodo.
Mentre raggiungeva l’ufficio di Oscar non era riuscito a trattenere la preoccupazione: sapeva benissimo quale tipo di pressione aveva esercitato in quel periodo  il Generale sulla propria figlia affinché  accettasse  la proposta di matrimonio del Conte Girodel ed il cuore gli aveva martellato piombigno nel petto al pensiero che la motivazione  di quel colloquio potesse essere la decisione di Oscar di accettare quella proposta.
Il suo stupore e il suo sollievo erano stati quasi tangibili quando l’aveva trovata seduta in posa scomposta alla scrivania, le lunghe gambe appoggiate al piano dello scrittoio e la testa addossata allo schienale imbottito,  una bottiglia tra le mani già vuota per metà  ed un’altra ancora chiusa insieme a due bicchieri, vicino ad una pila ordinata di documenti. Per qualche istante non vi era stato altro che silenzio, tra loro; poi lei aveva preso un respiro e lo aveva guardato.
- Come ti senti, André? - gli aveva domandato, gli occhi azzurri colmi di qualcosa che lui era certo di non avervi più scorto da anni.
Si era preso qualche istante prima di rispondere, per godersi appieno quello sguardo e quella Oscar priva della corazza altera con cui si era celata negli ultimi tempi. Gli era parso di scorgere un barlume dell’antico affetto che li aveva legati in quell’azzurro e in quella sensazione tiepida ed amica aveva voluto cullarsi, e scaldarsi, dopo tanta solitudine.
Poi aveva visto gli occhi di lei velarsi di preoccupazione ed aveva risposto - Meglio, Oscar, ti ringrazio. -
Lei aveva riempito entrambi i bicchieri ed il vino, rosso e corposo, li aveva aiutati a superare quei primi minuti di diffidente imbarazzo. Era grande il vuoto da colmare tra loro, un baratro irto di silenzi e ferite e strappi dolorosi, e ci erano voluti parecchi bicchieri e parecchi discorsi di circostanza prima che Oscar si decidesse a fargli percepire il motivo vero per cui lo aveva mandato a chiamare. Era stato a metà  di un discorso sul valore di un uomo, su cosa davvero lo rendesse tale, se il titolo nobiliare o la sua essenza più profonda: lei si era alzata e infervorata dal discorso,  si era tolta la giacca, le guance accese dal vino e dalla foga con cui esponeva il suo pensiero.
- Non credo che molti avrebbero saputo affrontare ciò che hai affrontato tu, ieri sera col tuo stesso coraggio, André, - aveva esclamato scagliando lontano la giubba con un gesto rabbioso - Non la metà dei tuoi compagni, o dei miei ex soldati delle Guardie Reali, non gli stessi vigliacchi che ti hanno aggredito, non Girodel … -.
La voce le si era smorzata, su quel nome, e si era affrettata a versarsi un altro bicchiere di vino. Quando aveva ripreso a parlare il suo sguardo era perso otre la finestra, illuminato dall’ultimo rosseggiare del tramonto - Come posso pensare di affidare il resto dei miei giorni ad un uomo che non … - si era interrotta ed aveva tracannato il vino rimasto nel bicchiere tutto d’un fiato, poi era tornata su di lui che, nel frattempo, sebbene non del tutto fermo sulle gambe, aveva raccolto la giubba e l’aveva ripiegata ordinatamente sul ripiano del mobile.
- Sei davvero sicuro che sia tutto a posto, André? - gli aveva domandato - Io non potrei mai perdonarmi se ti succedesse di nuovo qualcosa … -.
Lui aveva provato a rassicurarla ma, complice l’ennesimo bicchiere che lei gli aveva messo tra le mani, non ricordava bene come; da quel momento i suoi ricordi sfumavano in una marea di sensazioni ed in pochi fotogrammi di abbacinante bellezza: l’oro dei suoi riccioli accostato al suo viso ed il suo profumo ad invaderlo tutto; la sua camicia stazzonata da un giorno di caserma che scivolava tra le mani di Oscar e planava lenta sul pavimento; il calore delle dita di lei sul suo petto, poi più giù, sotto le costole a disegnare un sentiero di gioia e sofferenza squisite, e infine la sua risata, la stessa della loro infanzia perduta, vicinissima alla sua bocca un istante prima che il letto cigolasse sotto il peso dei loro corpi e l’eco delle loro risate si estinguesse sulle travi del soffitto.
Si era risvegliato qualche ora dopo, richiamato da qualcosa di indefinito che si era attivato in lui nel percepire i rumori ovattati della Caserma che si risvegliava. Era abbracciato stretto a lei, il volto perduto tra i suoi capelli e le gambe intrecciate a quelle nude di lei, ancora profondamente addormentata. Per alcuni istanti non aveva compreso nulla, immerso com’era in quell’universo meraviglioso che palpitava al ritmo dei loro respiri, poi il pensiero che lo aveva condotto alla veglia aveva preso forma e aveva soperchiato tutto il resto: era di ronda al primo turno quel giorno e se non si fosse presentato sarebbero venuti a riferirlo al Comandante e lo avrebbero trovato lì, in quel letto sfatto con il Comandante mezza nuda tra le braccia. Quel pensiero bastò a fargli recuperare almeno la lucidità necessaria a sciogliersi dal corpo caldo di lei, forse la cosa più  difficile gli fosse mai toccato di dover fare in tutta la sua vita e, recuperati a tentoni gli abiti, sgusciare fuori dall’ufficio, la mente offuscata che provava pian piano a ricordare.
 
- Mi stai dicendo che vuoi che vada nell’ufficio del Comandante, ma senza affacciarmi alla camera da letto, e che vuoi che aspetti che lei si svegli? - il tono di Alain era una via di mezzo tra il burbero ed il divertito, mentre guardava André affannarsi nel cercare cappello e bisaccia, ostacolato dai riflessi ancora sopiti e dalla scarsa luce del dormitorio, a quell’ora di mattina - E, di grazia, perché vuoi che faccia tutto questo? E da dove diavolo vieni, stropicciato e stordito come un gatto in amore? –
André  si era fermato un attimo e aveva guardato Alain dritto negli occhi.
- Non posso dirtelo. - aveva replicato - Ti chiedo di farmi questo favore, perché qua dentro sei l’unico amico che ho. E perché so che lei non può svegliarsi da sola … non dopo … -
L’altro aveva fischiato piano e l’immancabile stecchino aveva girato un paio di volte tra le belle labbra.
- Accidenti, Grandier! Ho come l’impressione che tu ti sia cacciato in un guaio bello grosso stavolta! - aveva incrociato le braccia dietro la testa e sospirato platealmente, prima di continuare - E va bene, lo farò! Ma non credere di cavartela così: dovrai raccontarmi tutto, stasera. -
Si era predisposto a scendere dalla branda, quando una mano di André  lo aveva fermato - Un’ultima cosa, Alain. - gli aveva detto, lo sguardo serio; aveva preso fiato, ma le parole avevano comunque faticato ad uscire - Quando si sveglia, ti prego, domandale se ha un messaggio per me. –
 
La caserma era in vista e André percepì un formicolio eccitato partire dall’incavo della schiena, indugiare sui fianchi e sul ventre, là  dove era ancora tangibile il passaggio delle mani bianche di lei, e tramutarsi in un calore avvolgente che salì a lambirgli il cuore.
Spronò il cavallo per metterlo al trotto e si unì al gruppo di soldati che stavano già valicando l’ingresso.
- Sono pronto. - mormorò.
   
 
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