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Autore: Fred511    01/09/2017    1 recensioni
Leonard Locke, 18 anni, nato e cresciuto a Youngstown, OH. Famiglia di ceto medio, buon rendimento scolastico, un normalissimo studente della Chaney High School con tanti amici e una vita sociale abbastanza attiva; nulla di particolare caratterizzava la sua vita, o almeno questo voleva far vedere al mondo. Erano tanti i segreti che portava sulle spalle, tra propri e altrui: gossip vari, relazioni finite in disastro o nate nello stupore dei corridoi scolastici, guai e avventure indimenticabili. Praticamente, la classica vita di un teenager. Ma mai si sarebbe aspettato che proprio uno di quei segreti l'avrebbe così tanto cambiato dentro.
_Era paradossale. Avete presente quei cliché di Hollywood, che solo a guardarli vien da dire "Ma dai, quando mai può succedere una cosa del genere."? Ebbene era successo. Il ragazzo che aveva sempre la soluzione del problema, ora ne aveva uno che non sapeva risolvere. Di tanti che aveva aiutato a risolvere, questo riguardava proprio lui. E l'unica persona capace di aiutarlo a districarsi, era proprio la radice di quel problema._
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La vibrazione del cellulare mi fece riprendere da quello che era stato, probabilmente, il sogno ad occhi aperti più lungo della mia vita: non che fosse stato il primo, anzi, la mia mente divagava spesso in assurde vicende e supposizioni, del tipo “e se fossi figlio di Donald Trump?” oppure “come sarebbe la mia vita se una sera mi arrivasse la lettera di ammissione ad Hogwarts?”. Si, lo so. Bambinesco, quasi stupido. Eppure immaginare è parte della natura umana, così come la curiosità: sebenne questa possa portare a dei rischi, si cerca comunque di trovare risposta alle domande che tutti i giorni ci riempiono la testa; immaginare, invece, penso non porti a nessun danno. Ergo, perché porle resistenza e non lasciarci semplicemente trasportare da quegli attimi di fantasia a volte fanciullesca? Siano essi pessimistici od ottimistici. Questo era indubbiamente pessimistico, come diversi che avevo avuto recentemente, ma era solo per la situazione. Io volevo e speravo ben altro.

Buttai un occhio sul cellulare. 15.57. Erano ben 27 minuti che quelle immagini mi passavano davanti agli occhi. Ne rimasi quasi sorpreso, abbastanza da chiedermi come abbia fatto ad isolarmi dall'intero mondo così tanto ma non tanto da non riuscire a darmi risposta: accennai un sorriso senza nemmeno volerlo, nonostante la natura di quella che ormai potevo definire quasi “visione”. Era lei. Ancora seduto sulle lenzuola arancioni del mio letto, afferrai il cellulare per vedere chi mi avesse cercato: tasto home, swipe sul messaggio, tasto home nuovamente per il riconoscimento dell'impronta. E' incredibile quanto la tecnologia fosse progredita, in soli 18 anni: ricordo sempre come mio padre mi raccontava che, nato io, dovette fotografarmi con la sua kodak poiché i cellulari erano ancora cellulari, capaci solamente di ricevere ed inviare messaggi e chiamate. Aveva un Nokia 5110 arancione, se non erro. Ho sempre creduto che il mio amore per l'arancione fosse ereditato da lui.


Alex: “Ma dove sei? Ti stiamo aspettando.”


Io: “Ho avuto un contrattempo. Tempo 15 minuti e sono lì.”


Mi alzai dal letto. Ero già pronto, anche perché sarei dovuto uscire gia da 20 minuti buoni. Il tempo della visione, insomma. Mentre mi infilavo la scarpa destra, sentii il telefono vibrare ancora.


Alex: “Okay. Ricordati il mio portafogli.”


Io: “Okay.”


L'aveva lasciato da me la notte prima: non era insolito che, di sera, ci ritrovassimo a casa di uno di noi tanto per stare insieme. Videogiochi, insulti, tv, a volte fumavamo anche. Cose da teenagers.

Ripresi ad allacciarmi la scarpa che avevo infilato, quando un'altra vibrazione mi riportò al cellulare.


Bumpers: “Dove sei? Passa a comprare le sigarette per Alex, ha detto che hai il suo portafogli.”


Io: “Arrivo.”


Dannazione. Sono lì, insieme, perché diavolo mi devono scrivere in due quando può semplicemente farlo uno? E perché ogni volta Alex deve scrivere messaggi ad intervalli di risposte? Può per una volta scrivere tutto insieme? O almeno, messaggi separati ma non intervallati da mie risposte. Odio dover tornare alla stessa cosa più e più volte, che sia un problema serio o semplicemente rispondere ad un cazzo di messaggio. Non che io sia tanto meglio, anche perché scrivo discorsi in messaggi separati: lo trovo più comodo e più rapido, almeno le persone possono leggere nel frattempo che scrivo. Però cazzo, almeno scrivo più messaggi uno dietro l'altro. Tornai alle scarpe: un bel paio di converse nere, di quelle con il contorno e la punta di un bianco ghiaccio. Amo le converse, tanto che ne ho 4 paia diverse: marroni in pelle, un'edizione speciale che sono stato felicissimo di trovare in un negozio qua vicino; una paio bianche di tela; un altro paio nere, ma stavolta completamente; per finire, quelle che sto mettendo ora. Tutti mi dicono che facciano male alla postura, ma me ne sono sempre fregato. Sono comode e di stile. Finito di allacciare anche la scarpa sinistra, sentii un'altra vibrazione. “Se stavolta sono ancora loro, giuro che gli mando un bel vaffanculo per vocale”: presi il telefono. Sorrisi di nuovo. Era lei.

 

Demi: “Scusa il ritardo, ero uscita con il cane. Che combini?”

 

Io: “Tranquilla, finché è per quel dolcino di Pongo aspetto volentieri. - Sto per raggiungere gli altri, mi si è fatto tardissimo, argh! E tu? Sei a casa ora?”

 

Demi: “Ssi. - Penso leggerò un po', oppure continuerò la storia che sto scrivendo. - Tu che consigli?”

 

Io: “Scrivi! - Non vedo l'ora di leggere il tuo prossimo capitolo.”

 

Demi: “Dolce sei. - Allora comincio.”

 

Mi ha sempre detto che sono io quello bravo a scrivere, eppure leggendo la sua piccola storia mi sono reso conto di quanto lei fosse più brava di me. Era davvero incredibile, ma non voleva proprio capirlo. D'altronde, come tutti i complimenti che le facevo; ma so che, in cuor suo, apprezzava. E anche io.

Misi una felpa nera al volo, arraffai tutto ciò che dovevo prendere e uscii dalla stanza. A casa non c'era nessuno, entrambi lavoravano: Papà era caporeparto del settore di controllo qualità alla Youngstown Iron Sheet and Tube Co., una grande industria che lavorava metallo. Ai tempi, qui, il settore siderurgico poteva far concorrenza a quello di grandi città come Chicago o Cleveland: la chiamavano apposta “Steel City”. Ma negli anni buona parte dovette cessare la produzione a causa dell'economia che non girava: nonostante la fabbrica “di” papà sia oggi praticamente dimezzata, ancora lavora a grandi ritmi. Non male, ragazzi; mamma invece era una semplice impiegata in un negozio di alimentari qui vicino: un lavoro semplice, a mio dire anche pesante in certi aspetti, ma le piaceva stare a contatto con la gente. Presi le chiavi dell'auto dal ripiano affianco la porta ed uscii, sbattendo la porta per la fretta. Un ultimo messaggio prima di partire:

 

Io: “Hei, vengo da te invece che andare dagli altri?”

 

Entrai in macchina: una Dodge Coronet blu scuro del '69. Amo le auto. Soprattutto quelle classiche. La comprammo un annetto fa da un amico di papà, un po' sgangherata ma funzionante: pagammo solo 6000$, se non erro, una cifra non male. Mettiamone altri 2000$ per lavori di restauro vari, ed ecco la mia prima auto. Avrei voluto farla nero opaco, ma dato che andava riverniciato solamente una parte del posteriore, decisi di risparmiare e di lasciare il colore originale. Ogni tanto mi piaceva mettermici: sapete cosa intendo, aprire il cofano e vedere come le cose funzionavano; avevo preso le basi lavorando in un'officina d'estate, due anni fa, non lontano da qui. Forse 10 minuti di auto. Nonostante avessi ancora lacune, niente mi fermava dal voler imparare tutto il possibile sull'argomento. Era la cosa che preferivo. Un attimo prima di girare la chiave ed accendere il motore, sentii l'arrivo di un altro messaggio:

 

Demi: “Magari.”

 

Sorrisi di nuovo.

 

Io: “Allora arrivo subito.”

 

Era incredibile come fosse capace di farmi felice con una sola parola. Ero follemente innamorato di lei anche per questo.

 

 

 

S.P.M.

Ringrazio pubblicamente Clifford's_exence per il supporto che mi da.

L'autrice d'eccezione sei tu, che con la tua storia

hai saputo farmi tornare la voglia di scrivere.

Un_Named, a proposito, per chi fosse interessato a leggerla.

Ne vale la pena, parola mia.

Spero questo capitolo vi piaccia e, come sempre, se avete consigli e opinioni fatemi sapere!

Fred511

 

   
 
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