Ho vent’anni e sono uno stupido.
Questo
pomeriggio Oscar François de Jarjayes, capitano delle guardie reali, erede ed orgoglio di una delle più blasonate famiglie francesi, fedele
alla monarchia da secoli, ha sguainato la sua spada nella sala del Gran
Consiglio di Versailles, alla presenza di Sua Maestà il Re, delle guardie da
lei stessa comandate e di tutti i più alti dignitari e funzionari di corte,l’ha
depositata ai suoi piedi ed ha chiesto al sovrano che la sua vita venisse presa
al posto della mia.
Io
che con la mia pochezza, con la mia goffaggine e disattenzione ho messo a
repentaglio la vita di Sua Altezza Reale, la principessa Maria Antonietta, rischiando
di farla cadere da cavallo; io che non valgo niente e non sono niente.
Niente
per il sovrano, che mi guardava con il più profondo disprezzo ed una severità quasi maligna negli occhi; niente per la
società francese, in quanto esponente di quel Terzo Stato che nulla può e nulla
pretende; niente per le dame ed i cavalieri di corte, che nemmeno mi vedono,
che a malapena percepiscono la mia presenza e solo in quanto sempre
accompagnata a quella, amata, ammirata e invidiata, di Madamigella Oscar.
Niente.
E
lei era pronta a morire per me. Il suo attendente. Il suo servo.
Io
non merito la tua amicizia, Oscar. Non merito la tua considerazione.
Per
tutto questo tempo ho creduto che tu mi avessi dimenticato, che avessi scordato
i bambini e gi adolescenti che siamo stati, i nostri
giochi, le nostre risate, le confidenze, il tempo condiviso. Ho pensato che mi
avessi rimpiazzato con altri sogni, con altri ideali, con pensieri diversi che
io, per nascita e per condizione, non sono ammesso a condividere.
Non
osavo più sperare di occupare un posto nel tuo cuore, che ormai è stato rapito
dalla principessa, che ti ha conquistato con la sua innocenza e con la sua
freschezza. Ha bisogno di essere protetta e sostenuta, ha bisogno di anime
valorose. Ha bisogno di te, Oscar, e tu ci sei, ti fai trovare, rispondi con la
tua amicizia al suo bisogno disperato di affetto. E non perché questo è il tuo
lavoro, il tuo dovere, al di là dei sentimenti e delle
simpatie o antipatie personali, ma perché questa sei tu.
È
il tuo carattere, la tua generosità d’animo, la tua nobiltà. Il tuo essere
sempre dalla parte dei più deboli, sia che questi
deboli siano straccioni del popolo, sia che siano membri della famiglia reale
di sangue blu.
È per questo che ti ammiro tanto, Oscar.
È
per questo che ti amo così tanto.
Credevo
di averti perso per sempre. Ho cercato di farti capire, di trasmetterti con i
pensieri e con le azioni ciò che a parole non ti posso dire. Quanto sei
importante per me, quanto vorrei che ti risvegliassi da questa vita a cui tuo padre ti ha condannata e ti rendessi finalmente
conto di che splendida donna sei diventata.
Ma
tu cavalchi fiera ed altera, passi attraverso le
miserie di questo mondo e niente sembra toccarti davvero.
A
chi appartiene la tua anima, Oscar? Dove vagano i tuoi sogni? Sono ancora
pensieri di donna, oppure hai abbandonato per sempre ogni debolezza tipicamente
femminile?
Sei
entrata nella Sala del Consiglio come una Erinni. Ho
visto il fuoco nei tuoi occhi di cielo ed ho sentito l’acciaio nella tua voce
decisa che chiedeva, no, sbaglio, che ordinava al re di giustiziare te al mio
posto. Inginocchiata al cospetto del sovrano, al centro della sala, accanto a
me, ancora una volta, eri tu la dea lì dentro. Tu, non Luigi
XV, re per diritto divino.
Ed
eravamo tu ed io insieme un’altra volta.
Oggi
eri pronta a dare la tua vita per me, ed io sono morto
in quella sala, Oscar. Morto per la vergogna di aver dubitato di te, per il
sollievo quando l’intervento di Sua Altezza ci ha
salvati entrambi, morto per l’angoscia quando ho visto il tuo viso farsi
pallido come un lenzuolo ed il sangue scorrere a fiotti da quella ferita che
per troppe emozioni non avevo notato. Oggi sono morto perché ho fallito, perché
ti ho deluso, ed è questo il pensiero che mi fa impazzire di angoscia, il solo
che non posso sopportare, Oscar, il fatto di averti deluso.
Più
tardi, quando il dottore ti ha dichiarato fuori pericolo e quando mia nonna ha
smesso di minacciare di uccidermi a colpi di
mattarello, e di passare alle vie di fatto rincorrendomi per tutti gli anfratti
del palazzo, sono venuto nella tua stanza per vederti dormire, per sentirti
respirare e respirare con te.
Quanta
grazia irradia dal tuo viso, Oscar, tu non lo sai, non te ne rendi conto.
Quanto
sei donna in ogni fibra del tuo corpo!
Dormendo,
i tratti del tuo volto si rilassano e perdi quella connotazione altera che da
sveglia ti caratterizza, che tu credi si addica maggiormente ad
un uomo, al capitano delle guardie reali.
“Diventa
una donna”, ti ho urlato quel memorabile giorno, anni fa, quando per la prima
volta hai indossato l’uniforme militare. Ma deliravo,
Oscar mia, amica mia, mio amore.
Tu
non hai bisogno di “diventare” una donna. Tu lo sei, una donna, una splendida donna, qualunque vestito tu decida di indossare.
Bellissima,
orgogliosa, indomita, coraggiosa, pura, sincera, integra, selvaggia,
inaccessibile per tutti. Per quasi tutti.
Non
per me, che posso leggere dentro la tua anima e ogni
volta quello che vedo mi avvince e mi ammalia e mi lega a te con una dedizione
che va oltre l’amicizia, con una passione che va oltre l’amore.
Oggi
eri pronta a dare la tua vita per salvare la mia
Oscar, ma un giorno, credimi, sarò io a rendere la mia vita per te.
Perché
la mia vita sei tu e solo con te ne potrò vivere
appieno la completezza.
Svegliati
Oscar, ti prego, svegliati e guardami di nuovo.
Ricordati di me, di noi, della nostra infanzia, dei
nostri sogni, della nostra vita.
Ricordati, Oscar…
Finalmente,
nell’ombra crepuscolare della tua stanza, ti vedo muoverti, lentamente, quasi
dolorosamente.
“Oscar!”
I tuoi occhi si riaprono verso la luce e vagano per la stanza. Si posano su di
me e mi sorridi appena. Con quel sorriso mi restituisci linfa vitale che
riprende a scorrere nelle mie vene sotto forma di sangue.
“Andrè.
Stavo sognando, Andrè. I luoghi
della nostra infanzia, Arras…”
Il
pianto mi si strozza in gola nel sentirti dire queste parole, nel sentirti dire
a voce alta che i miei pensieri ed i tuoi sogni sono
un tutt’uno, sono la stessa cosa.
Due
voci, la stessa vita, la nostra vita.
Oggi
la sto conservando grazie a te. Un giorno questa stessa vita che tu mi
restituisci, la consegnerò nelle tue mani perché tu ne faccia tutto quello che vuoi.
Perché
lei è già tua, Oscar. La mia vita è tua, e io con
essa.