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Autore: audreyny    17/06/2009    5 recensioni
La vita di Oscar e Andrè narrata per bocca dei due protagonisti; una carrellata dall'infanzia alla maturità, tratteggiando quelli che per me sono stati i punti salienti della loro storia individuale e della loro storia d'amore. Perchè Oscar e Andrè sono una persona sola e la loro è un'unica vita, narrata a due voci.
Genere: Romantico, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho vent’anni e sono uno stupido

Ho vent’anni e sono uno stupido.

Questo pomeriggio Oscar François de Jarjayes, capitano delle guardie reali, erede ed orgoglio di una delle più blasonate famiglie francesi, fedele alla monarchia da secoli, ha sguainato la sua spada nella sala del Gran Consiglio di Versailles, alla presenza di Sua Maestà il Re, delle guardie da lei stessa comandate e di tutti i più alti dignitari e funzionari di corte,l’ha depositata ai suoi piedi ed ha chiesto al sovrano che la sua vita venisse presa al posto della mia.

Io che con la mia pochezza, con la mia goffaggine e disattenzione ho messo a repentaglio la vita di Sua Altezza Reale, la principessa Maria Antonietta, rischiando di farla cadere da cavallo; io che non valgo niente e non sono niente.

Niente per il sovrano, che mi guardava con il più profondo disprezzo ed una severità quasi maligna negli occhi; niente per la società francese, in quanto esponente di quel Terzo Stato che nulla può e nulla pretende; niente per le dame ed i cavalieri di corte, che nemmeno mi vedono, che a malapena percepiscono la mia presenza e solo in quanto sempre accompagnata a quella, amata, ammirata e invidiata, di Madamigella Oscar. Niente.

E lei era pronta a morire per me. Il suo attendente. Il suo servo.

Io non merito la tua amicizia, Oscar. Non merito la tua considerazione.

Per tutto questo tempo ho creduto che tu mi avessi dimenticato, che avessi scordato i bambini e gi adolescenti che siamo stati, i nostri giochi, le nostre risate, le confidenze, il tempo condiviso. Ho pensato che mi avessi rimpiazzato con altri sogni, con altri ideali, con pensieri diversi che io, per nascita e per condizione, non sono ammesso a condividere.

Non osavo più sperare di occupare un posto nel tuo cuore, che ormai è stato rapito dalla principessa, che ti ha conquistato con la sua innocenza e con la sua freschezza. Ha bisogno di essere protetta e sostenuta, ha bisogno di anime valorose. Ha bisogno di te, Oscar, e tu ci sei, ti fai trovare, rispondi con la tua amicizia al suo bisogno disperato di affetto. E non perché questo è il tuo lavoro, il tuo dovere, al di là dei sentimenti e delle simpatie o antipatie personali, ma perché questa sei tu.

È il tuo carattere, la tua generosità d’animo, la tua nobiltà. Il tuo essere sempre dalla parte dei più deboli, sia che questi deboli siano straccioni del popolo, sia che siano membri della famiglia reale di sangue blu.

È per questo che ti ammiro tanto, Oscar.

È per questo che ti amo così tanto.

Credevo di averti perso per sempre. Ho cercato di farti capire, di trasmetterti con i pensieri e con le azioni ciò che a parole non ti posso dire. Quanto sei importante per me, quanto vorrei che ti risvegliassi da questa vita a cui tuo padre ti ha condannata e ti rendessi finalmente conto di che splendida donna sei diventata.

Ma tu cavalchi fiera ed altera, passi attraverso le miserie di questo mondo e niente sembra toccarti davvero.

A chi appartiene la tua anima, Oscar? Dove vagano i tuoi sogni? Sono ancora pensieri di donna, oppure hai abbandonato per sempre ogni debolezza tipicamente femminile?

Sei entrata nella Sala del Consiglio come una Erinni. Ho visto il fuoco nei tuoi occhi di cielo ed ho sentito l’acciaio nella tua voce decisa che chiedeva, no, sbaglio, che ordinava al re di giustiziare te al mio posto. Inginocchiata al cospetto del sovrano, al centro della sala, accanto a me, ancora una volta, eri tu la dea lì dentro. Tu, non Luigi XV, re per diritto divino.

Ed eravamo tu ed io insieme un’altra volta.

Oggi eri pronta a dare la tua vita per me, ed io sono morto in quella sala, Oscar. Morto per la vergogna di aver dubitato di te, per il sollievo quando l’intervento di Sua Altezza ci ha salvati entrambi, morto per l’angoscia quando ho visto il tuo viso farsi pallido come un lenzuolo ed il sangue scorrere a fiotti da quella ferita che per troppe emozioni non avevo notato. Oggi sono morto perché ho fallito, perché ti ho deluso, ed è questo il pensiero che mi fa impazzire di angoscia, il solo che non posso sopportare, Oscar, il fatto di averti deluso.

Più tardi, quando il dottore ti ha dichiarato fuori pericolo e quando mia nonna ha smesso di minacciare di uccidermi a colpi di mattarello, e di passare alle vie di fatto rincorrendomi per tutti gli anfratti del palazzo, sono venuto nella tua stanza per vederti dormire, per sentirti respirare e respirare con te.

Quanta grazia irradia dal tuo viso, Oscar, tu non lo sai, non te ne rendi conto.

Quanto sei donna in ogni fibra del tuo corpo!

Dormendo, i tratti del tuo volto si rilassano e perdi quella connotazione altera che da sveglia ti caratterizza, che tu credi si addica maggiormente ad un uomo, al capitano delle guardie reali.

“Diventa una donna”, ti ho urlato quel memorabile giorno, anni fa, quando per la prima volta hai indossato l’uniforme militare. Ma deliravo, Oscar mia, amica mia, mio amore.

Tu non hai bisogno di “diventare” una donna. Tu lo sei, una donna, una splendida donna, qualunque vestito tu decida di indossare.

Bellissima, orgogliosa, indomita, coraggiosa, pura, sincera, integra, selvaggia, inaccessibile per tutti. Per quasi tutti.

Non per me, che posso leggere dentro la tua anima e ogni volta quello che vedo mi avvince e mi ammalia e mi lega a te con una dedizione che va oltre l’amicizia, con una passione che va oltre l’amore.

Oggi eri pronta a dare la tua vita per salvare la mia Oscar, ma un giorno, credimi, sarò io a rendere la mia vita per te.

Perché la mia vita sei tu e solo con te ne potrò vivere appieno la completezza.

Svegliati Oscar, ti prego, svegliati e guardami di nuovo.

Ricordati di me, di noi, della nostra infanzia, dei nostri sogni, della nostra vita. Ricordati, Oscar…

Finalmente, nell’ombra crepuscolare della tua stanza, ti vedo muoverti, lentamente, quasi dolorosamente.

“Oscar!” I tuoi occhi si riaprono verso la luce e vagano per la stanza. Si posano su di me e mi sorridi appena. Con quel sorriso mi restituisci linfa vitale che riprende a scorrere nelle mie vene sotto forma di sangue.

“Andrè. Stavo sognando, Andrè. I luoghi della nostra infanzia, Arras…”

Il pianto mi si strozza in gola nel sentirti dire queste parole, nel sentirti dire a voce alta che i miei pensieri ed i tuoi sogni sono un tutt’uno, sono la stessa cosa.

Due voci, la stessa vita, la nostra vita.

Oggi la sto conservando grazie a te. Un giorno questa stessa vita che tu mi restituisci, la consegnerò nelle tue mani perché tu ne faccia  tutto quello che vuoi.

Perché lei è già tua, Oscar. La mia vita è tua, e io con essa.

   
 
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