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Autore: dreamlikeview    09/09/2017    4 recensioni
Dean, a quattro anni, assiste all'omicidio di sua madre. Nel corso degli anni inizierà a sentire il peso di quello che ha vissuto, a sentirsi in colpa per qualunque cosa negativa accaduta alla sua famiglia e molto altro.
Dopo molti anni di solitudine e vita travagliata, un ragazzo impacciato e un po' nerd, Castiel, porterà un po' di luce nella sua vita. Riuscirà ad essere felice?
[Destiel, Human!AU, nerd!Cas, long-fic]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione, Contesto generale/vago
Capitoli:
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DESCLAIMER: La storia è scritta senza fini di lucro, i personaggi non mi appartengono in nessun modo e non intendo offendere nessuno. Giuro.
PS. C'è l'avviso che i personaggi sono molto OOC e attenzione alle carie, perché ad un certo punto, tra incomprensioni e chiarimenti, c'è un sacco di fluff.
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Novembre 2015
With you I fall.
It's like I'm leaving all my past
in silhouettes upon the wall.
 
Dopo quell’innocente bacio a stampo da ubriaco, Castiel non aveva avuto più il coraggio di parlare con Dean e per tutto il giorno seguente era letteralmente svanito nel nulla, e anche se il biondo gli scriveva numerosi messaggi, chiedendogli che fine avesse fatto, perché non gli parlasse da Halloween, e se avesse fatto qualcosa di male, il moro si sentiva davvero in imbarazzo al riguardo e anche in colpa, e non aveva il coraggio di rispondergli. Come aveva potuto baciarlo? Non gli era dispiaciuto, aveva ancora il sapore delle labbra di Dean sulle sue, ma… cosa gli era saltato in mente, esattamente? Aveva davvero baciato Dean? Aveva davvero paura della sua reazione, Dean gli aveva sempre fatto capire velatamente di essere gay, ed essere abbastanza interessato a lui, ma da qui a baciarlo… santo cielo, con quale faccia poteva parlargli di nuovo? Non era uscito dalla sua stanza, per tenersi a distanza da lui e da qualsiasi luogo in comune tra di loro, ed evitava di rispondere alle sue telefonate e ai suoi messaggi, sapeva di essere un codardo, ma da quando si era risvegliato, la mattina del primo novembre con un gran mal di testa, e il ricordo di quel bacio, era andato in paranoia. E se Dean non fosse stato realmente interessato a lui? E se Dean gli avesse dato dello sfigato? Non poteva rischiare di incontrarlo dopo quel bacio imbarazzante, non voleva essere rifiutato – perché, insomma, uno come Dean avrebbe potuto avere tutto il campus ai suoi piedi se avesse voluto, perché doveva interessarsi a uno come lui? – per questo decise che era meglio per lui tenersi lontano dal biondo, fino a che quell’assurda cotta che aveva preso per lui non fosse passata o almeno fino a che Dean non avesse dimenticato tutto, perché era certo che l’altro ricordasse ogni cosa, ogni dettaglio, poiché non l’aveva visto toccare una singola goccia di alcool. Il Winchester, da parte sua, non era molto intenzionato a lasciar correre, e cercava in tutti i modi di contattarlo, anche per capire se lo stava evitando per il bacio o per altro. Il dubbio lo divorava, e non riusciva a capire se fosse colpa sua o Castiel fosse sul serio impegnato con lo studio, come dicevano i suoi amici, sul serio, chi sano di mente studierebbe dopo aver fatto l’alba ad una festa ed esserne uscito anche ubriaco? La sua scusa non aveva senso, ne aveva parlato con Sam, il quale gli diceva che, sebbene fosse troppo paranoico, avrebbe dovuto parlare con Castiel, per chiarire se si fosse trattato di un bacio puramente da ubriaco o altro, non  poteva essere una coincidenza il fatto che fosse sparito immediatamente il giorno dopo la festa e quell’innocente bacio a stampo. No, di certo, se Castiel lo stava evitando era per via di quel bacio, ne era certo.
Non sapeva se dipendesse da lui, o meno, e questo lo logorava dentro, perché non capiva. Il fatto che fosse sparito subito dopo averlo baciato, era una prova lampante che il problema fosse lui, ma come diceva suo fratello doveva gestire bene la faccenda, in fondo era passato relativamente poco tempo, e Castiel, essendo astemio, poteva aver avuto un brutto post-sbronza, e vergognarsene; ma Dean credeva fondamentalmente che fosse per colpa sua.
Correva nuovamente, l’anniversario della morte di sua madre, e come ogni anno, all’inizio del mese di novembre, lui diveniva più cupo, e semplicemente la questione Castiel e bacio passarono in secondo piano, per quella giornata. Quell’anno, il due novembre, andò al cimitero con Sam, che insistette per accompagnarlo, senza dargli la possibilità di ribattere, volente o nolente sarebbe andato con lui, anche se non l’aveva mai conosciuta, Sam custodiva gelosamente la fotografia che Dean gli aveva regalato quando lui aveva dodici anni, quella in cui Mary lo stringeva tra le braccia appena nato. Dean l’aveva trafugata quando era piccolo, quando Bobby tornò a casa Winchester per prendere tutte le loro cose, portò a casa sua anche dei vecchi album e, prima che finissero dimenticati in soffitta, Dean riuscì a prendere alcune foto tra cui una sua e della sua mamma, una di Sammy con la mamma e alcune che ritraevano lui e suo fratello, insieme sul tappeto a giocare come due bambini spensierati. Le aveva sempre custodite gelosamente in un cassetto del suo comodino e continuava a farlo, era certo che non si sarebbe mai separato da quelle foto, probabilmente erano le uniche foto in cui gli si vedeva un sorriso sul volto.
Durante la mattinata al cimitero, Sam non disse molto, si limitò a dire che gli sarebbe piaciuto conoscerla, ovviamente il maggiore non riuscì a far altro che incolparsi di nuovo. Se non fosse stato per lui, Sam l’avrebbe conosciuta, se non fosse stato per lui, quella notte John non le avrebbe fatto del male, e suo fratello sarebbe cresciuto con una madre, se non fosse stato per lui, nessuna delle cose orribili accadute alla sua famiglia, sarebbe accaduta. Abbassò il capo, e si morse con forza le labbra, doveva cercare di scacciare quei pensieri dalla sua mente, perché Sam non meritava di vederlo di nuovo in quello stato.
«Dean?» lo chiamò con aria preoccupata.
«Non è niente, Sammy» mentì spudoratamente, scuotendo la testa.
«Non mentire» lo ammonì il minore, comprensivo, Dean sbuffò leggermente, scuotendo la testa «Non hai sofferto abbastanza, Dean?» gli chiese il fratello, quasi leggendogli nella mente.
«Non sarà mai abbastanza, Sammy, guardaci…» mormorò «Per colpa mia, la mamma è morta; tu hai tentato il suicidio… e…» balbettò un po’ a disagio. Non sapeva come facesse suo fratello a capire e a fargli dire qualunque cosa gli passasse nella mente, forse era anche grazie a quella promessa che gli aveva fatto qualche anno prima, dopo la riabilitazione.
«Dean, so che è difficile per te crederlo, ma sai che non è colpa tua, vero?» domandò, cercando di guardare il fratello negli occhi, per fargli capire che lui fosse lì, che lui avrebbe condiviso con lui il suo dolore, e l’avrebbe reso comune, se solo Dean gliel’avesse permesso, perché un dolore così grande non poteva essere portato da una sola persona.
«Mi sto abituando a pensarlo, sì, ma… a volte mi sento così…in colpa» confessò. Si sentiva mortalmente in colpa, se pensava per un attimo di non essere colpevole, ecco che il senso di colpa lo schiaffeggiava con forza, ripiombando su di lui con tutta la sua forza distruttiva.
Sam sospirò e passò un braccio attorno alle spalle del fratello, stringendolo poi contro di sé, lo sovrastava di almeno una decina di centimetri ed era buffo, visto che lui era il minore «Non farlo, okay?» gli chiese premurosamente «Non sentirti colpevole, e quando succede, quando senti il senso di colpa, chiama me. Condividiamo questa cosa. Te lo sei tenuto per te per troppo tempo». Il maggiore alzò lo sguardo sul minore, con un velo d’orgoglio negli occhi verdi, era così fiero di lui, di come era cresciuto, di come era maturato. Sarebbe stato sicuramente un uomo migliore di lui, ne era certo. Mamma, saresti così orgogliosa di Sammy! – pensò Dean, rivolto alla tomba della defunta Mary.
«Te lo prometto, Sammy» disse semplicemente, poi restarono in silenzio qualche istante, fino a che il senso di colpa di Dean si affievolì un po’, e il minore si sentì sollevato per essere riuscito ad aiutarlo.
«E Dean?» lo chiamò Sam, dopo qualche istante, con mezzo sorriso sul volto, senza lasciare la presa su di lui.
«Sì, Sam?»
«Fammi un favore, non lasciarti scappare questo Castiel. Sembri un po’ più sereno da quando lo conosci. Sei persino venuto ad una festa in maschera con lui!» affermò con sicurezza «Insomma, ti ho visto ridere! Dean, non ti vedevo ridere da secoli!» esclamò ancora «Dovresti chiarire la situazione imbarazzante che si è creata tra di voi, so che non vuoi fare il primo passo e tutte le stronzate che ti dici da solo, ma, davvero, vai da lui e chiedigli perché ti ha baciato. Se fa lo stronzo, ci penso io a lui» promise. Il maggiore restò in silenzio qualche minuto, riflettendo sulle parole appena dette dal fratello, constando che avesse ragione. Da quando conosceva Cas si sentiva diverso, gli faceva un bell’effetto, e sì, doveva chiarire con lui la situazione che si era creata tra di loro, chiaramente c’era dell’imbarazzo dovuto alle circostanze. Si ritrovò a ridacchiare, alla minaccia del fratello. «Cosa c’è da ridere, ora?»
«Onestamente, Sammy, tu sei grande e grosso, ma non faresti male ad una mosca» rise ancora, battendogli una mano sulla spalla, Sam gli regalò un’occhiataccia offesa «Ma sai che ti dico?» domandò al fratello retoricamente, lui lo guardò con aria interrogativa come per dire cosa? «Hai ragione, andrò da lui domani. Ora che ne dici di andare a prendere qualcosa da bere?» domandò.
«Sono d’accordo» disse il minore, sorridendo. Prima di andare via, entrambi baciarono la foto della madre e con un mesto «Ciao mamma» detto da entrambi, uscirono dal cimitero fianco a fianco. Probabilmente, se lei fosse stata con loro, sarebbe fiera del rapporto che i due avevano instaurato, o almeno a loro piaceva pensarla così.
 
La mattina del tre novembre, sapendo che il martedì era uno dei giorni liberi di Castiel, Dean decise di andare a casa sua, e non impiegò molto a raggiungere l’appartamento, ormai conosceva bene quel luogo, dopo le tante volte in cui era stato lì con Cas, per chiedere spiegazioni. Sam aveva ragione, per una volta poteva fare un azzardo, per una volta poteva rischiare, nonostante tutte le cose che gli erano successe, secondo suo fratello meritava un po’ di serenità, e per la prima volta in tanti anni decise di credergli. Suonò insistentemente al campanello, sperando che nessuno dei suoi coinquilini fosse in casa, restando ovviamente deluso quando la porta fu aperta dal più basso degli amici dell’amico, Gabriel. Sarebbe stato troppo fortunato a beccare prima Castiel e potergli subito parlare.
 «Ciao Dean» lo salutò Gabriel allegramente, aprendo la porta «Cerchi Cassie?»
«Già, non mi risponde da qualche giorno e sono preoccupato» disse in modo sbrigativo, cercando all’interno della stanza segni della sua presenza, ma nulla. Castiel faceva il prezioso e non si faceva trovare facilmente.
«Sta studiando in camera sua, vai pure!» esclamò il ragazzo facendolo entrare. Dean lo ringraziò e raggiunse la stanza di Castiel quasi in punta di piedi, si sentiva un po’ agitato e non aveva la più pallida idea del motivo. La porta era socchiusa e il ragazzo approfittò per osservarlo, in silenzio. Era alla scrivania, le spalle curve, e i capelli spettinati, scriveva in modo confuso su un foglio, indossava la sua felpa – quella che gli aveva prestato qualche giorno prima ad Halloween, quella che il moro si era accidentalmente dimenticato di restituirgli – e aveva l’espressione triste. Cosa era successo? Non voleva vedere nessun’espressione così mesta su quel bel volto.
«Ciao Cas» lo salutò entrando nella stanza, l’altro sobbalzò e alzò gli occhi verso di lui, colpevole e imbarazzato.
«Ciao Dean» disse semplicemente, scuotendo la testa «Sto… sto studiando».
«Già, lo vedo» mormorò sarcasticamente, era ovvio che avesse la mente altrove e non stesse studiando, Castiel era davvero un pessimo attore, doveva ammetterlo «E di grazia, perché mi eviti neanche avessi la peste?»
«I-io non ti evito!» esclamò subito l’altro sulla difensiva «Sono… sono molto impegnato!»
«Certo, come no» ironizzò «Sei impegnato a smaltire i postumi della sbronza? Perché credimi, la scusa dello studio, il giorno dopo la festa di Halloween è una delle peggiori che abbia mai sentito» commentò cercando di restare ironico, poi però i dubbi bussarono alla sua mente e «Ho fatto qualcosa di male, Cas? Ti ho offeso in qualche modo?» gli chiese. Sperava davvero che la risposta fosse negativa, aveva bisogno di sapere che almeno quella volta non era colpa sua. «Per favore, Cas, parlami».
«Non hai fatto niente, Dean» rispose Castiel, senza alzare lo sguardo su di lui «Per favore, io… niente. Non è niente» borbottò imbarazzato «Sono io, il problema, Dean, io non…» iniziò, ma Dean non lo fece continuare e scosse la testa, lasciandosi scappare una risata sarcastica. Era ovvio quello che era successo, si era accorto di che nullità fosse e non aveva più voluto avere a che fare con lui; come aveva fatto ad essere così stupido a credere di interessargli? Era così evidente, come aveva fatto a non farci caso? Come aveva potuto dar ragione a Sam invece che a se stesso quella volta? Come aveva potuto credere che nella sua inutile vita da errore, potesse accadere qualcosa di bello? Davvero, dopo tutti i suoi anni di esperienza, aveva fatto un errore così stupido? Ovviamente, Castiel conosceva persone migliori e più stimolanti di lui, persone che avevano commesso meno errori di lui, ma Dean fino a quel momento aveva preferito ignorare la cosa, perché Castiel lo faceva stare bene e per un po’ aveva accantonato i suoi problemi, non che fossero svaniti nel nulla, no, ma in sua compagnia riusciva a non pensarci continuamente, perché il moro aveva il superpotere di trasmettere calma interiore a chi gli stava vicino con un solo sguardo o un sorriso rassicurante. Sperava che la sua espressione non fosse troppo atterrita, per non sembrare un povero disperato all’altro, certo, ci era rimasto male, ma non era mica così patetico da mostrarsi debole davanti a qualcuno che lo aveva appena rifiutato, dopo averlo illuso che potesse importare nella sua vita (anche se non era colpa di Castiel, era lui ad essersi fatto troppe illusioni sul loro rapporto, dopo quel bacio). Aveva già giurato a se stesso che l’unico a distruggerlo sarebbe rimasto John, e non avrebbe permesso a nessun altro di farlo star male in quel modo, anche se aveva l’aspetto di un angelo «Non preoccuparti» disse, la voce ferma, gelida, inespressiva «Non ti disturberò più», voltò le spalle e fece un passo verso la porta; Castiel lo osservò qualche istante, e ripensò a quanto era successo tra di loro, a come si era sentito felice con lui in quel poco tempo, a come Dean avesse accettato senza esitazione lui e le sue stranezze, e vide quell’alone di solitudine e tristezza attraversare i suoi occhi. Si sentì mortalmente in colpa, perché lui era solo un idiota e Dean era una persona troppo bella, non meritava affatto un trattamento simile, e senza ragionare ulteriormente, perché il biondo era così vicino ad andare via, ad uscire da quella porta, dalla sua vita prima ancora di farne parte, un attimo prima che la varcasse, lo bloccò afferrandolo per un braccio, e costringendolo a voltarsi verso di lui. Dio, quando incrociò il suo sguardo, si rese conto dell’errore che aveva fatto, sebbene il biondo fosse uno che non esternava i suoi sentimenti, in quel momento il suo sguardo era così trasparente da far sentire Castiel piccolo come una formica, perché sì, era stato uno stupido a tenerlo lontano; non voleva ferirlo.
«Non mi hai fatto finire» disse senza fiato, Dean lo guardò con uno sguardo indecifrabile, stava nascondendo dentro di sé qualcosa di molto più profondo rispetto a ciò che diceva, Castiel lo sapeva, era sempre stato bravo a leggere le persone, ma non voleva essere invadente. «Io ti ho baciato, Dean» disse lentamente, l’altro annuì.
«C’ero anche io, Cas» si lasciò scappare, a quel commento il moro si ritrovò a sorridere, perché santo cielo cosa si stava lasciando scappare? L’espressione di Dean non mutava, però sembrava in attesa.
«Cerca di capirmi» borbottò «Non sapevo come avresti reagito e… ero così in imbarazzo» disse ancora, velocemente, senza lasciare il braccio dell’altro spaventato dal fatto che potesse sparire da un momento all’altro. Stranamente, però, in quel momento non avvertiva imbarazzo, aveva solo paura di perdere Dean, non poterlo vedere mai più, il suo atteggiamento era stato così stupido e infantile che se ne pentiva, si vedeva che avesse ferito in qualche modo l’altro, anche se non voleva darlo a vedere, Dean era un tipo davvero tanto orgoglioso.
«Non hai pensato che… non so, poteva essermi piaciuto?» domandò l’altro, ammorbidendo l’espressione. Castiel deglutì, sentendo le sue parole, e così, istintivamente, senza ragionare ulteriormente si alzò sulle punte, chiudendo gli occhi, e lo baciò sulle labbra, senza fretta. Dean restò un momento immobile, tanto che Castiel pensò di essersi sbagliato, di aver frainteso, di non interessare all’altro… ma poi sentì Dean rilassarsi a quel contatto, sentì distintamente un sorriso distendersi contro le sue labbra, e poi lo sentì ricambiare con la stessa lentezza e dolcezza il bacio, mentre portava le mani sui suoi fianchi, per reggerlo meglio e avvicinarlo di più a sé. Castiel emise un sospiro di sollievo, e allacciò le braccia attorno al collo del più alto, sorridendo anche lui contro la sua bocca; e poi il bacio divenne più caotico, più desiderato, meno casto. Baciare Dean era una delle cose più belle del mondo, le sue labbra, sebbene leggermente secche, erano morbide e sapevano di caffè, date le quantità eccessive che il biondo assumeva. Per Dean invece era come assaggiare il paradiso, le labbra di Castiel erano soffici, sebbene screpolate, e avevano un vago sapore di cannella e cioccolato, buonissimo, ringraziò mentalmente Sam per averlo spinto a fare quel passo, e baciò Castiel con tutta la passione che aveva dentro di sé. Non baciava in questo modo da anni, o forse non lo aveva mai fatto.
Quando si separarono, Dean appoggiò la fronte contro quella del ragazzo, e sorrise ad occhi ancora chiusi, come se non riuscisse a realizzare cosa fosse accaduto. Castiel lo aveva preso alla sprovvista, lo aveva bloccato, si era a modo suo scusato e l’aveva baciato, e un po’ Dean temeva che sparisse come la prima volta che aveva fatto una cosa del genere. Era stato un primo bacio davvero strano, non era stato come gli altri che aveva dato, era stato impacciato all’inizio, colmo di imbarazzo da entrambe le parti, un po’ confuso; però le labbra di Castiel avevano davvero un buon sapore e Dean le avrebbe sempre baciate, ne era certo. Se solo l’altro non fosse sparito di nuovo.
«E questo cosa… significa?» gli chiese Dean, un po’ su di giri per il bacio.
«Scusa, sono un idiota?» chiese arrossendo e abbassando il capo, Dean si lasciò scappare un sorriso e gli prese il mento con due dita, alzandogli il volto verso il suo, guardandolo dritto negli occhi.
«Mi sta bene» ridacchiò, accarezzandogli con un dito la guancia «E anche stavolta sparirai?»
«No…» rispose l’altro in un sussurro, accennando un sorriso «A meno che…» Dean scosse la testa, intenzionato a non fargli aggiungere nulla a quell’a meno che.
«A meno che, niente» esordì, la voce stranamente ferma, avvicinò il proprio volto a quello di Castiel e premette le proprie labbra sulle sue, in modo che si zittisse e non andasse avanti con quell’a meno che, non ci sarebbe stato niente del genere. Castiel arrossì di botto totalmente imbarazzato, Dean lo notò non appena si separò da lui, e gli mise le mani sulle guance, guardandolo dolcemente, il suo umore era letteralmente mutato, grazie a un solo bacio, iniziava davvero a sospettare che Cas avesse dei poteri paranormali, perché non si spiegava diversamente il suo cambiamento repentino d’umore «Potremmo… frequentarci, che ne dici? Non so, andare al cinema, a cena fuori, cose così».
«Noi ci frequentiamo già» gli fece notare Castiel, loro quelle cose le facevano spesso, soprattutto nel tempo libero di Dean, il quale borbottò qualcosa e scosse la testa con le gote arrossate, intenerendo il moro «Questo è il tuo modo per chiedermi se voglio una relazione con te, Dean?» chiese allora.
«Mmh, forse? Sempre se tu vuoi, eh» borbottò, con lo sguardo leggermente basso. Santo cielo, sei Dean Winchester, non comportarti come una ragazzina! – gli fece presente una vocina nella sua testa, spaventosamente simile a quella di Benny quando gli faceva notare quanto fosse un idiota.
«Mi farebbe piacere» sussurrò Castiel, con la voce incerta, e un po’ si rabbuiò cosa che fece subito comprendere a Dean che nelle sue parole vi fosse sottinteso un ma. Dean cercò di trattenere il fluire dei suoi pensieri negativi, prima di trarre qualsiasi conclusione negativa, cosa assai difficile per lui, che tendeva subito a trarre conclusioni affrettate.
«Ma?» domandò, cercando di non apparire troppo desideroso di sapere dove fosse il problema.
«Io… ecco, Dean» balbettò «So che… sembra strano e-e patetico, visto che ti ho baciato io, ma… io…» era davvero a disagio, ma il biondo non capiva dove fosse il problema, che diavolo stava succedendo? Erano felici esattamente due secondi prima, aveva sbagliato a chiedergli di uscire? Aveva sbagliato a fargli capire di volere una relazione con lui?
«Cas, ti prego, respira, mi stai facendo venire l’ansia» e non era una bugia, si sentiva strano e ansioso improvvisamente.
«So che ti può sembrare strano» disse ancora, più agitato di prima, riprendendo il filo del discorso, sempre più a disagio, perché vedeva Dean inespressivo «Io sono gay» confessò – su quello non avevo dubbi, eh… «Ma… ecco, non pubblicamente, cioè no, non voglio dire che sono etero pubblicamente, ma… ecco, ho sempre questo timore… e-» continuò balbettando, totalmente in imbarazzo e terrorizzato «Non è che mi nascondo, voglio dire, la mia famiglia sa di me, e mi accettano, ma… » balbettò ancora, Dean restò confuso qualche istante. Non capiva dove volesse andare a parare con quel discorso, cosa stava farneticando? «Ho difficoltà a… sai, i nostri coetanei sanno essere crudeli e…» balbettò ancora, respirando affannosamente, senza riuscire a spiegarsi, ma Dean, finalmente, capì, e sorrise.
«Cas, ehi, ehi» mormorò Dean, prendendogli di nuovo il volto tra le mani. Okay, non era un problema, era solo un ragazzo che, anche se accettava la sua sessualità, aveva paura del giudizio altrui «Va bene. È okay. Respira» lo rassicurò, accarezzandogli una gota arrossata con i polpastrelli «Poi mi spiegherai perché ci hai provato pubblicamente con me» scherzò, Castiel si accigliò e abbassò la testa in imbarazzo «… ma va bene. Non ti giudico per questo» aggiunse Dean, guardandolo di nuovo negli occhi, sorridendogli gentilmente. Cas parve rilassarsi alle sue parole.
«Beh, era una sfida dei miei amici… una specie di scommessa, ecco» balbettò ancora un po’ in imbarazzo per la sua confessione «Gabe e Mike sanno tutto, e ogni tanto… beh, si divertono a punzecchiarmi, per aiutarmi a… non aver paura, ma diciamo che hanno dei modi un po’ strani».
«D’accordo… quindi, abbiamo una relazione nascosta?» chiese Dean «Sempre se vuoi, eh».
«Tu… cosa? Vuoi comunque una relazione con me?»
Meno male che sono io quello con i problemi… - pensò divertito il biondo, scuotendo la testa: «No, guarda, voglio una relazione con la tua bellissima scrivania piena di quaderni» ironizzò, ridacchiando. Castiel si morse le labbra sorridendo a sua volta, conscio che quello fosse il giorno più bello della sua vita. Poi, senza aggiungere altro, baciò di nuovo Dean, solo un tocco di labbra leggero, la cosa più casta che entrambi avessero mai dato. Una muta risposta positiva. Il mondo parve fermarsi in quell’istante, e Dean stranamente si sentì invaso da una sensazione di calore e felicità.
«Lo prendo per un sì?» il sorriso che gli rispedì Castiel fu una più che sufficiente risposta e , sussurrò a voce bassissima, prima di baciarlo ancora. E Dean ebbe la conferma, per un attimo, che tutto stesse andando davvero per il verso giusto. E un po’ ne ebbe paura, ma le labbra di Castiel sulle sue, il suo sorriso premuto contro la sua bocca, piegata anch’essa in un sorriso, spedirono quella paura via, come una folata di vento su un mucchio di foglie autunnali.
 
Circa due settimane dopo
Avere una relazione semi-nascosta – sì, perché Gabriel, Michael e Sam sapevano di loro – era una delle cose più assurde ed eccitanti che Dean avesse mai vissuto; e gli aveva fatto apprezzare ancor di più le biblioteche e le aree con i libri più noiosi, quelli che tutti odiavano, e Castiel di sicuro amava. Lì, quando riuscivano a sgattaiolare senza farsi vedere, riuscivano a rilassarsi e baciarsi per quelle che a loro sempre sembravano ore. Sembravano due adolescenti che si imboscavano a pomiciare nei ripostigli delle scope del liceo, e beh, non erano molto diversi da loro. Contro quegli scaffali avvenivano le magie che Cas sapeva fare con la bocca, e purtroppo per Dean, non era un doppio senso, perché le uniche effusioni che si concedevano erano baci, a volte poco casti e intensi, ma pur sempre baci. Dean non avrebbe mai immaginato che fosse un così bravo baciatore, e davvero, spesso avrebbe voluto spingersi oltre, ma doveva trattenersi, perché santo cielo, il moro era ancora vergine. A ventidue anni. Neanche Sam a ventuno era vergine, dannazione. Voleva che quando e se fosse avvenuta con lui, la prima volta di Cas fosse speciale per lui, tuttavia non aveva esperienze con prime volte, la sua era stata caotica, confusionaria, e guidata dall’alcool e probabilmente anche dalla droga. Con gli anni si era pentito di aver perso la verginità in quel modo, ma non poteva tornare indietro; quindi voleva che per il più piccolo fosse diverso. E sì, forse era stupido da pensare, ma sentiva di star iniziando a provare qualcosa per il ragazzo, per quel timido ragazzo col trench e con le magliette da nerd che aveva paura di avere una relazione alla luce del sole, ma che riusciva a sconvolgergli una giornata con un solo ciao Dean. E Sam non avrebbe mai dovuto sapere quest’ultima cosa, altrimenti lo avrebbe preso in giro a vita. Ma era vero, un solo sorriso di Castiel, bastava ad illuminare la sua giornata, e lui non poteva esserne più felice, anche se si sentiva una maledetta ragazzina alla prima cotta.
Andò a prenderlo sul tardi, quella sera. Erano le undici, lui aveva appena smontato dal bar da un turno davvero assurdo, aveva iniziato alle undici del mattino, e aveva fatto dodici ore filate di lavoro, senza sosta. Era distrutto, sfinito, ma desiderava da morire vedere Castiel, aveva in programma di portarlo con sé al Clinton State Park, uno dei suoi posti preferiti in assoluto, anche se non lo aveva mai detto a nessuno. Aveva pensato a tutto, prima di andare al lavoro quella mattina, aveva messo due teli da spiaggia e delle coperte nel cofano dell’auto, e dopo il turno sarebbe passato al fast-food a prendere del cibo d’asporto, anche se già immaginava le polemiche del suo ragazzo – wow, era davvero strano definirlo così – sul poco salutare cibo del fast-food. Gli era sembrata una cosa carina da fare, portarlo lì, sulla riva del Clinton Lake, mangiare qualcosa con lui, sdraiarsi sotto le stelle con lui e semplicemente abbracciarsi. Non aveva mai fatto niente da coppia  con qualcuno, e con Castiel sembrava valere la pena comportarsi così, era Cas, d’altra parte. Così dopo il lavoro era saltato in auto, gli aveva scritto un criptico messaggio preparati, sto venendo a prenderti ed aveva messo in azione il suo piano. Dopo il fast-food impiegò pochi minuti a raggiungere lo stabile in cui viveva il ragazzo, e quando arrivò lo trovò già ad aspettarlo sotto al palazzo. Era adorabile, la serata era leggermente fredda e lui indossava una felpa pesante, con lo stemma di Superman – lui trovava davvero singolare il suo modo di vestire, così simile a quello di suo fratello, ma non poteva far altro che apprezzarlo e adorarlo – e dei jeans che sembravano aver visto giorni migliori, niente trench beige. Un sorriso spuntò sul suo volto, alla vista del ragazzo, fermò l’auto poco prima di lui, e si affacciò al finestrino.
«Posso darti uno strappo, bel ragazzo?» chiese divertito, vedendo il volto dell’altro diventare di mille colori. Cas aveva l’aria strana, pensierosa, e Dean si chiese subito cosa ci fosse che non andava, uno strano senso di disagio si fece largo in lui, ma cercò di non fasciarsi la testa ancor prima di cadere, perché forse aveva solo avuto una giornata no.
«N-Non sei divertente, Dean» borbottò stranito. Il biondo avrebbe voluto baciare quel broncio immediatamente, ma sapeva di dover aspettare di essere lontani e totalmente da soli, perché altrimenti Castiel avrebbe dato di matto, guardandosi intorno con aria smarrita e atterrita. Aveva fatto quell’errore una sola volta, per sbaglio quando l’aveva riaccompagnato a casa e gli aveva stampato un bacio sulle labbra sotto al portico – stupido idiota romantico – e Castiel aveva spalancato gli occhi in quel modo assurdo e si era rifugiato all’interno del palazzo, temendo di essere stato visto. Dean si era sentito in colpa per quella reazione e un po’, non mentiva a se stesso, aveva pensato che il ragazzo si vergognasse di lui. Ma andava bene, fino a che Castiel non lo avesse mandato via – come si aspettava.
«Non riesco a resisterti quando arrossisci. Dai, salta su, sweetie» disse un po’ provocatorio, ignorando il turbine di pensieri negativi su se stesso, si ripeteva che il suo ragazzo aveva avuto una giornata storta e forse era solo un po’ nervoso, ma non riusciva a non pensare di aver fatto qualcosa che avesse in qualche modo potuto ferirlo.
«E non chiamarmi come River chiama il Dottore» borbottò di nuovo, aprendo la portiera dell’auto e prendendo posto accanto a lui. Dean si limitò a sorridergli e a rubargli un veloce bacio sulla guancia. Vide l’ombra di un sorriso comparire sul suo volto, e si sentì in pace con il mondo, ma poi vide quel sorriso svanire, inghiottito dal timore che pervadeva l’altro, glielo leggeva sul viso che c’era qualcosa che non andava e non sapeva se chiedere o fingere di non essersene accorto. Da cosa dipendeva? Aveva fatto qualcosa di male? Era quasi sicuro di non aver fatto niente di male, almeno quella volta, quindi perché Cas aveva quell’espressione? Era successo qualcosa durante la sua assenza? – si chiese nuovamente, totalmente confuso.
«Brontolo» lo prese in giro, cercando di essere divertente, per distrarlo, magari così avrebbe abbandonato quell’espressione di tristezza perenne «Mi sei mancato oggi» gli confessò con sincerità.
«Anche tu, Dean» rispose l’altro, lasciandosi andare in un sorriso, sostituito di nuovo da quell’espressione vacua e triste. Santo cielo, perché non parlava? Perché non gli diceva il problema? «Dove mi porti?»
«Sorpresa» soffiò, mettendo in moto l’auto. Con la coda dell’occhio, vide Castiel allacciarsi la cintura di sicurezza e sorrise spontaneamente, era un dannato perfettino, il suo perfettino. Sperava davvero che non avesse niente di male, che fosse tutto okay. Forse aveva avuto solo una brutta giornata e aspettava di rilassarsi con lui, come me d’altra parte. Eppure quel senso di disagio e di stranezza non abbandonò il volto del moro, anzi. Man mano che Dean guidava si faceva più evidente, e il ragazzo non sapeva proprio cosa fare in quel momento.
«Non farà freddo dove andiamo, vero? Ho solo questa felpa…» disse, sentendosi un po’ a disagio. Dean si stupì del suo tono, non era mai a disagio con lui, neanche quando scherzavano tra di loro, Cas era sempre più strano, ma cercò di non dar peso alla cosa e gli mise una mano sul ginocchio e lo strinse con gentilezza, ma Castiel si irrigidì e Dean la scostò quasi scottato. Era decisamente lui il problema, e Castiel non lo nascondeva più, aveva decisamente fatto qualcosa di male, e non ne era a conoscenza. Sentì tutti gli insulti di John ripiombare su di lui, e per un attimo, solo un attimo, fu tentato di spegnere il motore o invertire l’auto, poi la voce rassicurante di Sammy fece capolino nella sua mente – non trarre conclusioni affrettate. Chiedi prima di fasciarti la testa. Fu solo un attimo, ma Dean riuscì a riprendere il controllo di se stesso, senza farne accorgere all’altro. Doveva ancora lavorare su questo, decisamente, ma doveva ammettere di essere migliorato.
«Tranquillo» soffiò, la voce un po’ incrinata, stringendo il volante dell’auto, cercando di controllarsi «E poi se avrai freddo, ti darò il mio giubbotto» gli disse in modo rassicurante, o almeno ci provò. Castiel continuava ad essere teso come una corda di violino e a guardare davanti a sé con aria seria, preoccupata e triste. Davvero, Dean non sapeva più a cosa pensare. Cosa poteva aver fatto?
«D’accordo…» mormorò guardandosi intorno «Hai preso anche la cena?» domandò con la voce tremante. Dean non capiva perché fosse così agitato, erano già usciti altre volte di notte, e non si era mai comportato così. Era teso, e il biondo non riusciva a capirne il motivo, era successo qualcosa e non voleva parlargliene? Cosa gli nascondeva?
«Cas?»
«Sì?»
«Perché sei nervoso?»
«Io…» iniziò, ma poi si bloccò. Dean dovette fare forza su se stesso per non insultarsi e odiarsi ancora di più di quanto facesse, perché Castiel era più importante di qualunque complesso interiore, e doveva capire cosa fosse accaduto, e porvi rimedio, doveva capire perché fosse così turbato, e perché il suo turbamento fosse proprio con lui, lo aveva sentito, quando lo aveva sfiorato, che c’era qualcosa che non andava, perché Castiel si era irrigidito e quasi sottratto alla sua carezza. Accostò l’auto lungo la strada e si fermò, voltandosi verso di lui con lo sguardo preoccupato e ansioso.
«Che ho fatto?» chiese agitato anche lui, sentendo però dentro mille emozioni contrastanti.
«Niente, Dean» rispose scuotendo la testa «Davvero, è una sciocchezza…»
«E io voglio saperla, perché ti fa stare male. Non ti vedo da ieri, e so che oggi sono stato poco presente, ma avevo da fare al lavoro, è stata una giornata pesante e sfiancante, ma sono qui con te. Perché voglio passare del tempo con te, e non mi va che tu sia così agitato». Castiel lo guardò negli occhi, e vide solo determinazione, Dean non si sarebbe arreso fino a che lui non avesse parlato e gli avesse spiegato ogni cosa. Doveva farlo per forza, a quel punto.
«Ho discusso con Michael e Gabriel» sospirò «Loro… sono molto protettivi verso di me» borbottò «Da quando hanno scoperto che ci frequentiamo, hanno… fatto qualche ricerca» Dean si accigliò, oh no «Hanno scoperto che tu… beh, che tu frequentavi molte persone sbagliate… e sei stato in riabilitazione» spiegò il moro, a disagio «Loro credono… che tu possa farmi del male». Dean si irrigidì a quelle parole, qualcuno, anzi gli amici di Cas avevano scoperto quel periodo oscuro della sua vita, e ne avevano parlato con Cas? Avevano sconvolto Cas con quelle storie? Lui aveva sconvolto Castiel, il suo passato aveva sconvolto Castiel. Oh no… non gli avrebbe mai fatto del male, chi era l’idiota che poteva pensare una cosa del genere? Come avrebbe mai potuto far del male ad una persona pura come Cas? Strinse gli occhi con forza, e prese un respiro profondo per non permettere all’angoscia e al senso di colpa, seppellite dentro di lui, di venire a galla e rovinargli la serata. Deglutì e poi guardò Cas, rammaricato, colpevole. Non poteva negare, non poteva dirgli semplicemente che erano calunnie, perché era tutto vero, e lui aveva sconvolto Castiel.
«Cas, ascoltami bene» esordì, cercando di mascherare il tumulto interiore che aveva dentro di sé «Non posso negare che in un periodo della mia vita, mi sia lasciato un po’ andare tra cose e persone sbagliate» sospirò, ricordare quel periodo era doloroso e sapere che Castiel sapesse una parte di quel passato che lui voleva a tutti i costi eliminare dalla sua memoria era davvero una doccia gelata sulla realtà, avrebbe voluto che quel periodo rimasse nascosto nell’ombra del suo passato, e invece eccolo, a seminare il dubbio in Cas «Ma stavo attraversando un brutto periodo, davvero orribile, e quella era una valvola di sfogo, credevo che l’alcool e la droga fossero l’unica via di fuga» spiegò ancora, mordendosi le labbra di tanto in tanto, nervoso «Non ne vado fiero, e non mi sto affatto giustificando, so di aver fatto molti errori, tanti errori, ma sono cambiato e sto cercando di rimediare a tutti gli errori che ho fatto, sono pulito da quattro anni e non ho più quelle necessità, non soffro nemmeno più di crisi di astinenza, giuro» confessò, mordendosi le labbra, tremando appena, non si era nemmeno accorto di aver cominciato a tremare, il solo pensiero che Castiel sapesse e potesse giudicare, lo terrorizzava «Credimi, Cas, non potrei mai, mai farti del male. Te lo giuro». Non era mai stato tanto sicuro di se stesso in vita sua come in quel momento, e voleva che Cas capisse che no, non gli avrebbe mai fatto del male, e mai avrebbe fatto qualcosa contro di lui. Santo cielo, avrebbe preso quei due a pugni solo per aver turbato in quel modo Castiel. «Te ne avrei parlato io, ma… non volevo scaricarti addosso tutto subito» borbottò, e lo pensava sul serio. Forse un giorno ne avrebbe parlato con lui, solo che non si aspettava di farlo così presto, quando frequentava il ragazzo da appena due settimane. Era tutto sbagliato, lui era sbagliato, si aspettava che Castiel lo mandasse a quel paese in quel momento, gli ordinasse di riportarlo a casa e non farsi vedere mai più, perché lui era l’errore, lui era quello sbagliato, lui era il codardo, il colpevole, lui…
«Ti credo» soffiò Castiel, sorprendendo il biondo; il peso sul cuore di Dean, che non si era accorto di avere, si alleggerì di colpo «Scusa il mio atteggiamento, è che… so che avrei dovuto parlarne con te, ma-»
«Ma mi consideri solo un ex-tossicodipendente nullafacente?» chiese  il biondo interrompendolo; il moro scosse la testa e l’abbassò, imbarazzato. Avrebbe dovuto parlare con lui, non essere così stupido da credere alle parole dei suoi amici, traendo conclusioni affrettate, ferendo così Dean.
«No, Dean, sei lontano dall’essere un ex-tossicodipendente nullafacente» disse, Dean si sentì tirare un sospiro di sollievo, che non sapeva di aver trattenuto «Mi dispiace per il mio atteggiamento».
«Non preoccuparti, Cas. Va bene. Sappi solo che mai ti forzerei a fare qualcosa che non vuoi. Mai, chiaro?»
«Chiaro» mormorò un po’ incerto il moro. Poi si sporse verso Dean e gli baciò la guancia, sussurrandogli un dolcissimo: «Scusami». Dean si sentì un attimo invaso dalla pace dei sensi, e un brivido d’emozione – amore? – lo attraversò da capo a piedi. Non capiva da cosa dipendesse, sapeva solo che era Castiel a fargli quell’effetto, ed era bello.
«Dean?»
«Sì?»
«Se vorrai parlarne, sarò qui per te» promise. Dean non rispose, ma gli fece capire di aver afferrato il messaggio.
Dopo essersi accertato che il suo ragazzo stesse bene, Dean rimise in moto, e guidò fino al parco dove aveva intenzione di passare qualche ora, voleva solo stare sdraiato sotto le stelle in sua compagnia e magari stringergli la mano, sì, era patetico e sdolcinato; no, non se ne pentiva, per Cas ne valeva la pena. Voleva solo che Castiel in sua compagnia fosse felice, e desiderava esserlo a sua volta. Sam diceva che lui meritava di essere felice, Bobby e Jody dicevano lo stesso, persino Benny gli ricordava che con tutto quello che aveva passato, la meritava; e Cas lo rendeva felice, anche se ancora non lo sapeva. E forse, un po’ credeva alle loro parole, altrimenti non sarebbe mai andato lì. Solo che quello che aveva detto prima Cas risuonava ancora nella sua mente, e non sapeva come sentirsi al riguardo, Cas era rimasto sconvolto da lui, dal suo passato, poteva restargli ancora accanto? Poi semplicemente, Castiel lo guardò con dolcezza, con quel blu dei suoi occhi così innaturale e meraviglioso, delicatamente gli prese la mano che teneva sul cambio delle marce, intrecciando le loro dita per qualche istante, e la bufera dentro di sé si placò.
Parcheggiò l’auto, prese tutto il necessario e condusse Castiel all’interno del parco, camminarono per qualche metro, giungendo in una piccolo spiazzo con pochi alberi, non molto lontano dal lago. Castiel era in silenzio, ma stupefatto, e si guardava intorno, cercando di capire cosa avesse in mente Dean. Poi lo vide stendere due teli per terra, prendere le buste del fast-food, sedersi sul prato e invitarlo a fare lo stesso. Lui in silenzio lo imitò, guardandolo curioso e confuso.
«Sto organizzando questa cosa da una settimana… e tu non dici niente?» esordì Dean, tagliando il silenzio imbarazzante sceso tra di loro. Castiel strabuzzò gli occhi, una settimana? Per lui?
«Io non ho parole…» mormorò «Davvero, è troppo, per uno come me» disse in imbarazzo.
«Non è nemmeno la metà di quello che meriti, Cas» e sì, forse suonava troppo smielato o stupidamente romantico, ma aveva bisogno di far capire a Castiel che era importante per lui, perché da quando lui era entrato nella sua vita, si era accesa una luce di speranza nel suo cuore, che lui non vedeva fin da quando aveva avuto quattro anni. Castiel scacciava via i suoi demoni, come un forte vento scacciava via le nuvole dopo una tempesta.
«Io…» mormorò, senza trovare altre parole, si limitò a dire semplicemente: «Grazie» con un sorriso timido e imbarazzato sul volto, e non aveva idea di quanto Dean avesse voglia di baciare quel sorriso, ancora, ancora e ancora, fino a rendere quelle labbra solo sue. E lo fece, si sporse verso di lui e lo baciò con dolcezza, portandogli una mano sulla guancia, accarezzandogliela piano, con sua grande sorpresa, Castiel si sbilanciò verso di lui, gli buttò le braccia attorno al collo e si strinse forte a lui, ricambiando con intensità il bacio, affondò le mani nei morbidi capelli biondi di Dean, e saggiò le sue labbra come se fossero una cosa nuova, tutta da scoprire, come se le baciasse per la prima volta. Quando smisero di baciarsi con intensità e passione, si separarono entrambi a corto di fiato, ma con il sorriso stampato sul volto. Consumarono la loro cena, ormai fredda, guardandosi negli occhi, senza smettere un attimo di essere persi l’uno nell’altro e poi si sdraiarono sotto le stelle, così come aveva immaginato Dean. Castiel appoggiò la testa sul suo petto, e lasciò che l’altro, dopo avergli passato un braccio attorno alle spalle, gli accarezzasse delicatamente i capelli e il volto, mentre lui gli spiegava che quelle stelle che vedevano, in realtà erano lontane anni luce, e cercava di elencare alcuni dei loro nomi. Si coccolarono a lungo, cullati dal fruscio del vento, stretti nei teli e nei plaid che Dean aveva portato, e si scambiarono languidi baci, alcuni casti, altri meno casti, e poi con le mani intrecciate, appoggiati l’uno all’altro, si addormentarono lì, cullati unicamente dal battito un po’ accelerato dei loro cuori.


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Hola people! 
Come ogni sabato, eccoci all'appuntamento rituale con questi due bambini. Sono stati buona visto? Nessuno si è pentito di nulla, solo che Cas aveva un po' di fifa dopo il bacio. Ma nessuno è stato male.
Non tirate i pomodori a Michael e Gabriel, sono protettivi verso Cas, a causa di cose che gli sono successe che Dean non sa ancora e hanno paura che possa fargli del male. E poi Dean doveva sbottonarsi un po' con Cas e fargli sapere qualcosa del suo passato. Dean non lo avrebbe mai fatto di sua volontà, anche se è convinto di sì, gli ci voleva una spinta. Supportive!Sammy è il mio preferito. 
Io sono così felice di vedere che vi stia piacendo sempre di più, quando ho iniziato a scriverla, non credevo che una trama del genere potesse piacere a qualcuno ma sono contenta di essermi sbagliata.
Non abituatevi troppo al fluff eh, il passato di Dean purtroppo tornerà a bussare presto, ma non prestissimo. (tradotto ci sarà un altro capitolo fluffoso e poi l'angst tornerà a regnare). E che dire? Nient'altro.
Come ogni settimana, rinnovo i ringraziamenti a chi segue, preferisce e ricorda la storia, a chi spende un click anche solo incuriosito dal titolo e soprattutto alle mie commentatrici abituali, che non mancano mai. Thank you so much!
Ci si becca sempre su questi canali la prossima settimana! 
   
 
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