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Autore: _Tenshi89_    18/06/2009    1 recensioni
*Postato cap. 47!*
Per tanti anni mi sono detta che quella gente doveva morire. Per tanti anni mi ero giustificata dicendo che qualcuno doveva pur fermarli.
Balle. Tutte balle.
Io ero un’assassina.
Ero la più perfetta delle macchine per uccidere, in fondo. Un predatore micidiale.
Ho sempre avuto la pretesa di giudicare quella gente perché seguiva un folle ideale, ho sempre preteso di dire che loro erano la feccia, che io ero nel giusto. Era giusto per me vederli morire uno per uno, con il terrore marchiato per sempre nei loro occhi.
Se è vero quel che si dice, che l’ultima immagine vista in vita rimane per sempre impressa negli occhi, loro vedranno me per l’eternità.
Li uccisi tutti. Come loro avevano fatto con la mia famiglia; li avevo uccisi perché erano delle persone malvagie, avevano fatto soffrire tante persone innocenti. Avevo messo finalmente fine a quei massacri assurdi.
Erano i cattivi.
Ma io ero forse migliore di loro?

Gli errori si pagano, sempre.
Ma le conseguenze non sono sempre facili da affrontare...
Questa è la storia di Elian.
Una storia di odio, una storia di amore.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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***















Che cosa straordinaria che è la famiglia.
Chi ha la fortuna di averne una, spesso non se ne accorge mai veramente. Sarà crudele, ma, purtroppo, il saggio che ha detto che non si riesce ad apprezzare quel che si ha finchè non lo si perde, la sapeva davvero lunga.
Probabilmente, era qualcuno che ha sofferto molto.
Chi, invece, di famiglia se ne costruisce una da zero, non può non conoscerne lo straordinario potere. È straordinariamente confortante sapere di avere un luogo da poter chiamare casa, con delle persone a renderla calda e accogliente; la mia vera famiglia era quella che mi ero scelta.
Non so se fosse stato l’effetto delle parole di Edward, o la costante tranquillità che regnava a casa Cullen, ma i cinque giorni che seguirono l’annuncio dell’arrivo dei Volturi furono stranamente piacevoli. Nessuno degli altri membri della famiglia sembrava essersi accorto di ciò che era successo quella sera, o forse lo sapevano, e facevano finta di niente. Non so, ma qualunque fosse il motivo, sentivo di aver riacquistato un po’ di calma. Ogni tanto notavo Alice lontano dagli altri, con lo sguardo vacuo e l’aria persa, ma cercavo di non preoccuparmi eccessivamente. Mi aveva detto, un po’ perplessa, che niente nel mio futuro sembrava essere cambiato, che tutto sembrava scorrere esattamente come dovrebbe; della misteriosa visione, niente di niente. A suo avviso, non c’era niente da temere, ma, si sa, la prudenza non è mai troppa.
Nessuno sembrava preoccupato dall’arrivo dei Volturi; solo Bella sembrava lievemente a disagio.
La capivo perfettamente. Una sera ci ritrovammo in giardino, mentre il sole era oramai prossimo al tramonto. Bella era seduta su una piccola sporgenza rocciosa, e guardava la piccola Renesmee, seduta sull’erba qualche decina di metri più in là, intenta a fare collane con le margherite selvatiche.
Lei si accorse della mia presenza, e si voltò verso di me, sorridendo. Sembrava stanca.
«Bella, va tutto bene?».
Lei si alzò in piedi, venendo verso di me. «Si, si, credo di si», disse lei. Non mi sbagliavo, sembrava decisamente provata.
«Non si direbbe», le dissi io, «ma credo di riuscire a capire».
Fece un debole sorriso. «Già, credo di si».
«Bella, alla bambina non succederà niente, lo sai. Edward non la metterebbe mai in pericolo».
«Si, questo lo so, so che non dovrei preoccuparmi, eppure… non posso farne a meno. Non mi piace sapere che loro vengono per lei. Preferirei di gran lunga se la lasciassero in pace». Si mordicchiava il labbro, pensierosa. Cercai di consolarla, in qualche modo.
«Desiderio più che comprensibile, ma cerca di non preoccuparti troppo. Lei qui è al sicuro».
Bella annuì, convinta. «Elian, darei la mia stessa esistenza per lei. Lei e Edward sono le cose più preziose che ho al mondo. So che non devo preoccuparmi, ma non posso fare a meno di farlo. Lei è la cosa più importante». Lanciò uno sguardo amorevole verso la piccola, concentratissima sulle sue margheritine.
In quel preciso istante, la invidiai.
La invidiai come non avevo mai invidiato niente in vita mia.
Mi aveva detto che avrebbe dato tutto per lei, anche la vita; che Edward e Renesmee erano la ragione della sua esistenza. Aveva una famiglia meravigliosa, aveva tutto quello che si poteva desiderare.
Ma non era per questo che la invidiai.
Lei aveva qualcosa di davvero importante, qualcosa per cui avrebbe dato tutto. Aveva qualcuno per cui sarebbe stata disposta anche a rischiare la vita.
Aveva qualcosa che amava più di se stessa.
Quel qualcosa che io avevo perso tanti anni fa, e che sapevo non sarebbe mai più tornato.
Qualcosa per cui valesse la pena di morire. Qualcosa per cui valesse la pena di vivere davvero.



***





  
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