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Autore: Meissa    18/06/2009    4 recensioni
“Ha importanza se lei è mia cugina?” sbottò Sirius. “Per quel che mi riguarda, loro non sono la mia famiglia. Lei non è certamente la mia famiglia. Non la vedo da quando avevo la tua età, a meno che non conti quando è entrata ad Azkaban, di sfuggita. Tu pensi sia orgoglioso di avere una parente come lei?”
[The order of the Phoenix - The noble and most ancient house of Black]
Azkaban: l'ultimo dialogo tra Sirius e Bellatrix Black, in bilico, sull'orlo della follia.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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“They’re in Azkaban,” said Sirius shortly.
Harry looked at him curiously.
“Bellatrix and her husband Rodolphus came in with Barty Crouch junior,” said Sirius, in the same brusque voice. “Rodolphus’s brother Rabastan was with them, too.”
[…]“You never said she was you –”
“Does it matter if she’s my cousin?” snapped Sirius. “As far as I’m concerned, they’re not my family.
She’s certainly not my family. I haven’t seen her since I was your age, unless you count a glimpse of her coming into Azkaban. D’you think I’m proud of having a relative like her?”

“Loro sono ad Azkaban,” disse Sirius seccamente.
Harry lo guardò avido di curiosità.
“Bellatrix e suo marito Rodolphus arrivarono con Barty Crouch junior,” disse Sirius, nello stesso brusco tono di voce. “Era con loro anche il fratello di Rosolphus, Rabastan.”
[…]“Tu non mi hai mai detto che lei è tua –”
“Ha importanza se lei è mia cugina?” sbottò Sirius. “Per quel che mi riguarda, loro non sono la mia famiglia.
Lei non è certamente la mia famiglia. Non la vedo da quando avevo la tua età, a meno che tu non conti quando è entrata ad Azkaban, di sfuggita. Tu pensi sia orgoglioso di avere una parente come lei?”

Harry Potter and the Order of the Phoenix – The noble and most ancient house of Black


Dialogue between Stars


“Ahi, ahi, povero Sirius, ahi, ahi, ahi,” cantilena una voce femminile, in falsetto. “Povero, povero, Sirius,” continua con lo stessa cadenza, cui segue una risata derisoria, senza allegria.

I lamenti dei prigionieri, i loro uggiolii lacrimevoli, le loro grida di disperazione, superano il fragore delle onde contro le pareti della prigione e gli ululati del vento, e si accompagnano al gocciolio dell’umidità che si forma sul soffitto e cade a terra; è un suono leggero e ritmico, di sottofondo, sempre presente, continuo, lo senti e lo senti e lo senti e lo senti sempre, non smette mai, scandisce le giornate di Azkaban, tenendoti per mano, portandoti, passo dopo passo, nella follia.

L’uomo sorride, amaro, la stessa derisione della donna nel volto scavato. Era bello prima, ma ora è sciupato, stanco, la pelle del viso tirata e delle borse marcate sotto gli occhi, leggermente infossati; ad Azkaban un giorno equivale a una vita. Il tempo sembra non passare mai, sempre così uguale…
“Ti diverti, Bella?” le domanda, la voce roca, di qualcuno che non la usa da tempo.

“Non dovrei Sirius?” domanda a sua volta, lasciando da parte il falsetto. “Qui ci si annoia così taanto…” dice leziosa con una risatina, e si attorciglia una ciocca di capelli intorno al dito, pensosa.

“Mi immagino… dev’essere così noioso essere in cella con tuo marito…” la canzona Sirius, lo sguardo rivolto nella direzione della sua voce, anche se non può vederla.

Bellatrix ride, inizialmente piano, poi sguaiata, sino all’isteria. “Tu…” urla rabbiosa, la voce profonda. Poi si ferma e ridacchia leggera, divertita. “Povero, povero Sirius…” ripete in falsetto.

“Non sai dire altro, Bella? Diventi noiosa,” le riferisce quasi disinteressato.
“Allora, povero, povero Sirius… come ci si sente, a stare qui?” domanda scattando in piedi e afferrando saldamente le sbarre, eccitata, si passa la lingua sulle labbra, gustando il sapore della vittoria.
“Oh, be’… tu dovresti saperlo bene, Bella. Ci sei anche tu, qui” la informa Sirius, l’ultima frase che lascia trasparire un’intensa soddisfazione.
Bella schiocca la lingua, torce il collo, le dita che ancora stringono saldamente le sbarre, poi china la testa e sta in silenzio un paio di secondi. Emette una risata, breve, sinceramente divertita, colma di perfidia.
“Te l’avevo detto, Sirius,” sussurra dolcemente, mordendosi il labbro. Poi il sussurro diventa aspro e secco, più forte. “All’Inferno, non ci sarei andata da sola.”

Sirius rimane muto, lo sguardo vitreo, poi un ghigno e uno scintillio nelle iridi. “Già… e la tua sorellina e il tuo adorato cognato ci sono con te…” la prende in giro, seduto per terra, un ginocchio piegato e una mano a penzoloni. “Non gli hai chiesto di tirarti fuori? Non gli hai chiesto perché sono fuori?”

Bellatrix ammutolisce, chiude gli occhi e la presa sulle sbarre si fa quasi una carezza, mentre si dondola un po’ a destra e un po’ a sinistra, a viso basso. Alza il volto verso il soffitto, concentrandosi su una chiazza d’umidità, lo sguardo febbrile e il gorgoglio che le muore in gola, in preda a una visione mistica.
Distoglie lo sguardo e ride, quasi gioiosa, stringe le sbarre con forza, le nocche bianche.
“Come ci si sente ad essere esattamente uguale a lui?” urla, la voce che graffia le pareti, fa sanguinare le orecchie.

Sirius si scuote realmente da quella strana apatia che lo ha colto da quando è ad Azkaban, ringhia rabbioso, e scatta scomposto, metà correndo metà gattonando, e si attacca alle sbarre, il viso schiacciato contro.
“Non dirlo, Bella, non è vero!” grida senza controllo. “Io non sono uguale a lui, e tu lo sai!” prosegue sullo stesso tono. Boccheggia e sembra riacquistare la calma, o forse è semplicemente la sconfitta. “Lo sai che non è vero, Bella,” sussurra flebile, accasciandosi contro le sbarre.
“Sì invece,” prosegue Bellatrix, implacabile, la crudeltà che trasuda da ogni parola. “Sei esattamente uguale a lui, Sirius. Siete uguali, Sirius”
“No… non è vero Bella, piantala. Noi non siamo uguali, io non sono uguale a lui, non sono uguale, non siamo uguali,” continua a singhiozzare, ripetendo la litania.
E Bellatrix ride e ride e ride, e Sirius singhiozza e singhiozza e singhiozza, gli occhi spalancati, terrorizzati, e continua a ripetere sempre la stessa frase.

Si sentono, oltre le loro grida, il fragore delle onde contro le pareti della prigione e gli ululati del vento, e si accompagnano al gocciolio dell’umidità che si forma sul soffitto e cade a terra; è un suono leggero e ritmico, di sottofondo, sempre presente, continuo, lo senti e lo senti e lo senti e lo senti sempre, non smette mai, scandisce le giornate di Azkaban, tenendoti per mano, portandoti passo dopo passo nella follia.


***


Ok, sono d’accordo, è delirante, e atroce, e la fine di difficile comprensione, forse leggermente nonsense.
Bella quando parla si riferisce a Regulus; infatti, come sappiamo da The deathly Hallows, il minore dei Black tradisce Voldemort e la sua causa. Bellatrix quindi fa presente a Sirius che sono uguali per questo.
Per Sirius è più complesso: potete intendere che creda il discorso di Bella riferito sia a Peter che a Regulus.
A Peter, sottintendendo che se i coniugi Potter sono morti la colpa è di entrambi –Peter e Sirius, una realtà che Sirius non vuole accettare anche se ne sente la responsabilità.
A Regulus, credendo che Bella lo voglia indicare come un codardo. Infatti Sirius è venuto a sapere che Regulus si voleva tirare indietro ed è stato ucciso, e quindi lo crede un codardo, e a Sirius stesso perché non si è offerto come custode segreto.
Tra l’altro, credo che Bella sia OOC, molto più simile alla Bella del film, interpretata dalla Bonham Carter, che a quella del libro.
Il brano iniziale in inglese è tratto dal libro originale, la traduzione invece è mia, indi mi scuso in anticipo perché troppo letterale.
A voi il giudizio, e un grosso saluto, perché non ci sentiremo per un po’, almeno fino alla fine dell’esame, anzi in questo momento non dovrei essere nemmeno qui *scompare in una nuvola di fumo*
Grazie in anticipo a tutti,
Meissa.
   
 
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