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Autore: DaisyCorbyn    14/09/2017    1 recensioni
[19 anni dopo] [Next generation]
Alwys ha passato i primi 11 anni della sua vita a nascondersi per la sua natura da lupo mannaro, fino a quando un giorno Ted Remus Lupin bussò alla sua porta per dirle di essere idonea per frequentare Hogwarts. Alwys così inizierà una nuova vita con i suoi amici Albus e Rose, nonostante una presenza oscura cercherà di impossessarsi del Mondo Magico.
Dal Capitolo 2:
«Mi chiamo Ted Remus Lupin, sono un professore della Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Quando un bambino con poteri magici compie 11 anni, riceve una lettera dalla scuola per poter essere ammesso. Non sempre, però, il bambino ha i genitori anch’essi dei maghi e, quando ciò accade, viene inviato un professore per spiegare alla famiglia la situazione. Tu sei stata ritenuta idonea per frequentare Hogwarts e io sono il professore che risponderà a tutte le tue domande» finì con un sorriso e si sistemò l’impermeabile.
I genitori guardarono la figlia annuendo e sorrisero dolcemente come se stessero cercando di convincerla con lo sguardo.
«No» fu l’unica parola che Alwys disse dopo essersi ripresa dal quel fiume di informazioni.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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10
Prima luna piena ad Hogwarts

 
I giorni erano passati velocemente: era come se tutte quelle nuove emozioni e lezioni ubriacassero Alwys che non aveva più la cognizione del tempo. Solo quando Rose le fece notare che il suo ciondolo era diventato una luna piena, fu come se il tempo si fosse fermato.
«È davvero carino questo ciondolo, l’idea che segua le fasi lunari è fantastica!» esclamò indicandolo.
«Sì, è vero…» disse distrattamente per poi nasconderlo dentro la camicia, come se, non vedendolo, la luna piena sarebbe sparita.
Ancora Ted non mi ha detto nulla, come farò sta sera?
Continuava a pensare mentre, durante la lezione del giorno dopo, cercava di fargli capire i suoi pensieri con lo sguardo. Ma Ted, quando entrava in aula, diventava un’altra persona: era sempre serio, composto e pensava solo a spiegare e poi dimostrare, a volte sorrideva, ma era successo solo poche volte dal primo giorno e, quando accadeva, si alzava un coro di gridolini fra le ragazze.
Però, quando tutte le speranze di Alwys ormai erano al minimo, finalmente, mentre stava andando verso i dormitori, Ted sbucò da dietro un pilastro e la prese per un braccio portandola in una stanza che in genere serviva a tenere le scope e altri oggetti simili.
«Scusami se non mi sono fatto vivo, sono stati giorni pesanti.»
Alwys, nel vederlo finalmente sorridente e con lo sguardo di quando lo aveva conosciuto, gli gettò le mani al collo per intrappolarlo in un abbraccio.
«Così non mi fai respirare!» disse lui ridendo per poi ricambiare l’abbraccio.
«Cosa devo fare?» chiese Alwys e d’un tratto il suo sguardo divenne serio. Ted deglutì.
«Ti porterò all’ingresso di un passaggio, dovrai percorrerlo tutto e alla fine di esso dovrai aprire una porta e rimanere in quella casa fino al mattino seguente» le spiegò Ted accarezzandole una guancia per farla tranquillizzare. «È meglio se ti cambi, sennò rovineresti…»
«L’uniforme» completò lei la frase.
Ted annuì e poi la lasciò andare nel dormitorio.
Per fortuna si era portata dei vestiti, ma non pensò a cosa avrebbe dovuto dire a Rose e Dominique, che, infatti, la guardarono confuse mentre si cambiava con una maglietta e dei pantaloni.
«Si può sapere dove devi andare?»
«Io…» Alwys si bloccò con la maglietta a metà petto, cercò una qualsiasi scusa, ma la sua mente era totalmente bianca. «La professoressa di astronomia mi ha detto di andare da lei perché vuole farmi vedere una cosa.»
Entrambe assottigliarono lo sguardo.
«Ok» dissero in coro, anche se non erano molto convinte, e Alwys cercò di fare il più in fretta possibile prima che facessero altre domande.
Trovò Ted nello stesso posto di prima: si guardava intorno e si girava ad ogni rumore come se non volesse essere visto da qualche studente.
«Non dirmi che ci hanno creduto» disse ridendo dopo che la ragazzina gli raccontò della discussione avvenuta con le amiche. «L’importante è che non facciano domande, la prossima volta penseremo a qualcosa di più convincente.» 
Camminarono molto, superarono un paio di rampe di scale e Alwys si accorse che stavano scendendo sempre più in basso. Varcarono una porta ed entrarono in una stanza piena di quadri che si muovevano.
«Questa è la Sala dei Ricordi, ci sono tutti i ritratti dei caduti per mano di Voldemort» spiegò Ted mentre a passo svelto attraversava la stanza.
Alwys ebbe un brivido appena si rese conto che erano davvero tanti.
Si fermarono davanti al ritratto di un uomo ed una donna: l’uomo, aveva il viso cosparso di lievi cicatrici e rideva, non era molto giovane in confronto alla donna con i capelli fucsia acceso che stava tramutando la sua faccia in quella di un’oca e poi in quella di un maiale. Alwys guardò la targhetta sotto di loro: Remus John Lupin e Nymphadora Tonks Lupin. Si girò verso Ted e vide un’ombra di dolore oscurargli il volto.
«Erano i miei genitori» quelle parole uscirono amare e piene di tristezza e fecero venire una stretta al cuore di Alwys come se quel dolore fosse anche il suo.
La ragazzina rimase in silenzio, non sapeva cosa fare perché non voleva dire qualcosa di sbagliato, così decise semplicemente di prendere la mano di Ted e di accarezzarla col pollice.
«Il passaggio è dietro questo quadro, hanno deciso di spostarlo qui perché mio padre era pure un lupo mannaro e lo hanno costruito per lui, quindi hanno pensato che fosse la scelta più giusta» le spiegò senza spostare il suo sguardo dai due.
Alwys continuava disperatamente a guardarlo, voleva fare qualcosa per farlo sentire meglio, ma sapeva che qualsiasi cosa avesse fatto non sarebbe cambiato nulla. Si prese di coraggio, si avvicinò di più al quadro e puntò gli occhi su Remus che ricambiò.
«Spero non ti dispiaccia se userò il passaggio, ne ho bisogno perché anche io sono un lupo mannaro» incominciò a parlare e finalmente Ted spostò il suo sguardo sorpreso su di lei «Vorrei tanto averti potuto conoscere perché così mi avresti spiegato un po’ come funziona fra noi lupi mannari» si mise a ridere e lo fece anche Remus «Però tuo figlio è riuscito a farcela comunque, mi ha aiutata» gli occhi dell’uomo brillarono per la commozione «È diventato un uomo fantastico, sono sicura che siete fieri di lui.»
Nymphadora strinse le mani di Remus, annuirono entrambi e sorrisero guardando Ted, poi il quadro si aprì come una porta.
Alwys si girò e vide che Ted aveva gli occhi gonfi di lacrime che invano cercava di ricacciare, lei si alzò sulle punte e gli diede un bacio sulla guancia.
«Che succede qui?»
Una voce fece fare un balzo ad Alwys, che si girò intorno per individuare la proprietaria di quella voce. Ted, invece, sembrava del tutto tranquillo.
La ragazza che si parò davanti a loro sembrava una normale studentessa: aveva i capelli lunghi e una spessa frangetta, ovviamente indossava l’uniforme. L’unico problema? Era un fantasma!
«E tu chi sei?» chiese la Grifondoro cercando invano di guardare lo stemma cucito nella sua giacca, che però era coperto da una ciocca di capelli.
«Alwys voglio presentarti una delle mie più care amiche» disse Ted avvicinandosi verso la ragazza. «Julie.»
«Piacere» disse sorridendole e istintivamente alzò la mano, ma subito dopo la riabbassò imbarazzata.
«Per sentirti meno sola ti accompagnerò io alla casa, ok?» disse lei poggiando i piedi sul terreno.
Era un pochino più alta di Alwys e, ora che la poteva guardare più da vicino, notò delle leggere lentiggini cosparse sulle sue guance e gli occhi erano contornati da folte ciglia incorniciate da un paio di occhiali scuri ed occhio di gatto. Alwys si chiese come mai si conoscessero, ma lo avrebbe fatto più tardi: in quel momento il tempo non era dalla sua parte.
«Perfetto, grazie…» rispose un po’ imbarazzata.
«Ci penso io a lei» disse poi rivolgendosi verso Ted: lui sembrò quasi volerle accarezzare i capelli, ma subito dopo bruscamente distolse lo sguardo.
«Sei in buone mani» disse lui facendole l’occhiolino e poi entrambe entrarono. 
Il passaggio era pieno di ragnatele e la polvere faceva starnutire Alwys in continuazione, sentì anche piccoli passetti ma cercò di non pensare ai topi che sguazzavano là dentro. Fortunatamente Julie emanava un po’ di luce, che almeno faceva vedere ad Alwys dove metteva i piedi.
«La prossima volta mi farò insegnare da Ted un incantesimo per fare un po’ di luce» disse mentre continuava a camminare tastando le pareti e sperando di non toccare qualcosa che non fosse la roccia.
Finalmente vide in lontananza una porticina i cui lati erano illuminati, molto probabilmente perché dietro c’era una fonte di luce. La varcò e vide che nel quadro-porta vi era un quadro simile a quello di Hogwarts, solo che Nymphadora e Remus non c’erano, ma solo il paesaggio.
«Benvenuta nella Stamberga Strillante!» esclamò Julie volando verso il centro della stanza.
Si girò e si trovò in una casa un po’ mal ridotta: le sembrò che fosse abitata perché le luci erano accese, c’era il letto, la cucina e un tavolo, ciò che le fece capire che fosse disabitata era il fatto che tutto era ricoperto da uno strato di polvere e sia il tavolo sia il resto dei mobili erano stati rosicchiati dai topi.
«Stamberga Strillante?» chiese storcendo il naso per quel nome un po’ inquietante.
«Quando il signor Lupin veniva qui e si trasformava, le persone sentivano ululati simili a lamenti e vari rumori, per questo fu ribattezzata così» spiegò lei girandosi verso la finestra: in quel momento Alwys poté vedere il distintivo dei Tassorosso.
Le assi del pavimento scricchiolarono sotto i suoi piedi e ad un tratto il suo piede sprofondò in una che doveva essere marcia. Guardò anche lei fuori da una finestra le cui tendine erano ridotte a brandelli e vide che ormai era buio pesto. Il suo cuore incominciò a battere all’impazzata, poi vide che da dietro una nuvola la luna stava per fare il suo ingresso.
«Devo avvertirti, però» quella frase fece venire ad Alwys un brivido lungo la schiena. «Ai primi raggi del sole io svanirò.»
«Perché?» ma, prima che poté sentire la risposta, il buio si impadronì dei suoi occhi.
 
Una lieve luce le stuzzicò gli occhi, con le mani toccò ciò su cui era distesa e notò che era il pavimento della Stamberga Strillante e un’insopportabile puzza di muffa arrivò alle sue narici. Cercò di girarsi da un lato ma una fitta lancinante al braccio le mozzò il fiato: la maglietta era stata completamente dilaniata e l’azzurro originario era stato coperto dal rosso. Due enormi buchi da cui uscivano fiotti di sangue le avevano lacerato la pelle. Si sentì male alla vista di tutto quel sangue, di solito si risvegliava nel suo letto con le ferite medicate da sua madre, ma mai una di queste era stata così profonda. Il sangue non si arrestava, si sentiva debole e priva di tutte le forze. Cercò di alzarsi per tornare a scuola, ma riuscì solo a strisciare fra le lacrime per il dolore e per quello spettacolo orribile. Arrivò nella stanza dove c’era il quadro e notò che c’erano Nymphadora e Remus che la guardarono preoccupati e la donna era come se cercasse disperatamente di uscire dal quadro per aiutarla. Alwys non ce la fece più, cercò di alzare una mano verso di loro ma poi sprofondò nell’incoscienza.
«Alwys! Alwys!»
Qualcuno chiamava il suo nome, ma non riuscì a mettere a fuoco, vide soltanto delle luci che la accecarono, poi un lupo trasparente come se fosse un fantasma che si avvicinò a lei e le leccò la ferita. La voce che chiamava il suo nome divenne ancora più forte, il lupo si girò e si mise in posizione come se volesse proteggerla da qualcosa, infatti arrivò un gigante drago rosso fuoco che la guardò minacciosa.
«Alwys! Alwys!»
La voce proveniva da dietro di lei, ma non voleva abbandonare il lupo, lui capì i suoi pensieri e si girò verso di lei.
«Vai, hanno bisogno di te» la sua voce era dolce e femminile, le ricordò il vento che sussurrava agli alberi.
Una luce la accecò di nuovo e finalmente aprì gli occhi. Si trovava in una stanza completamente bianca, sdraiata su un lettino che era coperto per metà da una tendina: l’infermeria! Chi l’aveva portata qui? Cercò di ricordare, ma l’immagine del lupo era stampata nella sua mente. Alzò la testa e vide che un ragazzo con i capelli neri aveva la testa appoggiata sul lettino come se stesse dormendo. Alwys provò a spostargli i capelli per capire chi fosse, ma appena si mosse lui alzò di scatto la testa.
«Ti prego dimmi che stai bene» era Ted, solo che sia i suoi occhi sia i suoi capelli erano neri come la pece.
Alwys provò a parlare, ma non ci riuscì poiché aveva la gola completamente secca.
«Giusto, l’acqua…»
Ted rapidamente prese una brocca e un bicchiere che erano sul comodino accanto al letto, le sue mani tremavano e qualche goccia cadde sulle lenzuola. Alwys bevve e si sentì subito meglio.
«Sto bene.»
Ted rilassò il suo sguardo: aveva le occhiaie come se non dormisse da giorni e i suoi capelli divennero blu scuro.
«Cosa è successo?»
Lui la fulminò con lo sguardo, ma subito dopo realizzò che la ragazza non ricordava nulla.
«Sei rimasta incosciente per quattro giorni, avevi perso molto sangue e la tua ferita era profonda» rispose secco senza guardarla negli occhi, come se il gioco di ombre delle pieghe del copriletto fosse più interessante. «Se i miei genitori non mi avessero avvisato forse non saresti qui.»
Alwys ebbe un tuffo al cuore: loro li ricordava, ma non pensava potessero andare ad avvisare Ted e mentalmente li ringraziò. Tirò un sospiro di sollievo, invece lui rimase col fiato sospeso.
«Non dovevo lasciarti sola» quella frase fu come una freccia che le trafisse il cuore.
«Non è colpa tua, anzi, se fossi stato lì avrei fatto del male a te…»
Calò il silenzio, Alwys fece vagare il suo sguardo fra i capelli scuri di Ted e lui le guardò la spessa fasciatura che aveva all’avambraccio. Si morse il labbro pensando che lo aveva fatto preoccupare così tanto da non farlo dormire e da fargli cambiare il colore dei capelli.
«Dobbiamo trovare una soluzione» disse ad un tratto. «Come gestivano questa situazione i tuoi genitori?»
«Io… non lo so, ogni volta mi risvegliavo nella mia stanza e con le ferite medicate, ma mai sono state così profonde» spiegò, la sua voce tremava e, come un fulmine a ciel sereno, tutti i ricordi di quella notte le piombarono addosso.
Ted spostò il suo sguardo immerso nei pensieri e strinse il lenzuolo.
«Meglio che vada, ora sono più tranquillo» disse per poi alzarsi dallo sgabello su cui era seduto.
Si stirò la schiena e fece una smorfia di dolore perché doveva essere rimasto seduto in quella posizione per molto tempo.
«C’è altra gente che vuole vederti.»
«Cosa gli hai raccontato?» chiese Alwys ricordandosi di Albus, Rose e Adeline che molto probabilmente erano preoccupati.
«Che sei caduta dalla torre di astronomia e ti sei rotta il braccio.»
A quanto pare anche lui è pessimo con le scuse, pensò lei.
«Grazie» disse Alwys, ma Ted non sorrise, il suo sguardo era su di lei ma la sua mente era altrove.
Rose non c’era e ciò fece dispiacere molto Alwys, ma i sorrisi e le parole dolci di Adeline e Albus riuscirono a farle pensare ad altro.
«Fammi capire: sei riuscita a scavalcare il recinto di ferro attorno al bordo della torre e a cadere giù?» chiese Albus e gli sguardi indagatori dei due amici le si attaccarono addosso facendola deglutire.
«Sì…»
Non aveva idea di cosa dire, la scusa di Ted faceva acqua da tutte le parti e lei non era mai stata una brava bugiarda. I due continuarono a tartassarla di domande, dopo che l’avevano lasciata andare nella torre di astronomia senza farle alcuna domanda, non credevano molto a ciò che diceva. Solo dopo un po’ si stancarono di porre domande, anche perché notarono che Alwys continuava imperterrita a sostenere la sua causa persa.
«Non potete semplicemente essere felici che sto bene?»
Adeline annuì, ma Albus sbuffò. Non era abituata a tutte quelle attenzioni e si sentì quasi soffocare.
«Ti sei persa Benton Thomas che ha fatto esplodere la sua pozione scacciabrufoli, è stato esilarante! Secondo tutti c’è lo zampino di Molly e Lucy» disse Adeline ridendo e Alwys fu felice del cambiamento di discorso.
«Ora sì che ho paura di fare una pozione» rispose la Grifondoro mentre gli altri due presero a ridere.
Albus si sedette sul lettino accanto alle sue gambe, invece Adeline optò per la sedia su cui si era seduto Ted. Era felice come non lo era mai stata, a volte a casa sua quando si risvegliava con le ferite fasciate, andava in punta di piedi dietro la porta della cucina e sentiva sua madre che piangeva mentre suo padre le accarezzava i capelli. Si era sempre sentita in colpa per tutte le preoccupazioni che dava a loro, invece in quel momento, alla luce di un caldo sole autunnale, l’unico sentimento che riempiva il suo cuore era la felicità.
 
   
 
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