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Autore: _Agrifoglio_    16/09/2017    5 recensioni
Questa è una storia molto breve, tutta incentrata su Diane de Soisson. Saranno narrate le cause - vere e presunte - che portarono alla rottura del fidanzamento della giovane, sarà analizzata la personalità dei protagonisti, in un piccolo campionario di ingenuità adolescenziale, di sogni infranti, di pragmatismo quotidiano, di inguaribile goffaggine, di meschinità umana e di grottesco senza tempo. Saranno, infine, esplorati gli stati d'animo dei personaggi e le loro mutevoli reazioni di sconforto, di comprensione, di stizza, di impazienza, di inadeguatezza caratteriale, di livore, fino all'epilogo della vicenda.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, Diane de Soisson, Madame De Soissons, Nuovo Personaggio, Soldati della guardia metropolitana di Parigi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Aprire gli occhi
 
Diane non si coricò e, poche ore dopo il triste colloquio intervenuto fra lei ed il fratello, fu trovata da sua madre seduta su una sedia della sua stanza, inerte, come se la vita fosse defluita dal suo corpo.
Madame de Soisson rimpiangeva i tempi in cui la vedeva immersa nella lettura dei libri. Tutto quel fantasticare a lei non era mai piaciuto, ma, almeno, teneva in vita sua figlia e la rendeva gioiosa.
Alain non aveva raccontato alla madre ciò che era successo nella tarda nottata e, tuttavia, le aveva raccomandato di usare il massimo tatto con Diane. La donna aveva interpretato quelle parole a modo suo e, non potendo concepire, nella sua mente pragmatica, un dolore giustificato soltanto da se stesso, aveva ipotizzato che il disagio fosse molto più concreto.
Avvicinatasi alla figlia, le disse:
– Se vuoi, c’è una vecchia che vive in campagna e che si occupa di liberare le donne dai fardelli indesiderati.
– Oh, no, madre, che avete capito? Io non….
Madame de Soisson se ne tornò nella sala da pranzo, sollevata al pensiero che almeno quel problema fosse stato scongiurato.
Vide Alain e si mise a parlare con lui dell’unico argomento che li aveva tenuti occupati nell’ultimo mese. Essersi sbarazzati di Gustave de Morvan aveva arrecato sollievo ad entrambi, ma il prezzo che stavano pagando si era dimostrato eccessivo.
– Quella ragazza peggiora di giorno in giorno. Ho sbagliato ad essere così indulgente con lei. Si sa che il medico pietoso fa la piaga purulenta. Tutta questa inerzia la fa concentrare sui problemi che ha e non le fa bene. Da oggi stesso, dovrà ricominciare ad aiutarmi con il cucito e con la preparazione dei banchetti. Dovrà anche riprendere a fare la spesa e ad andare in caserma per provvedere al cambio della tua biancheria. Fare quattro passi e vedere gente per strada non potrà che giovarle. Respirare sempre aria chiusa fa male alla salute.
– Madre, condivido la necessità di un ritorno alla vita attiva, ma per gradi e, soprattutto, non siate dura o insensibile: Diane non è come noi due. Lei è più simile a….
Madame de Soisson emise un sospiro e si scostò una ciocca di capelli dalla fronte.
– Oh, Signore benedetto, ma proprio a noi doveva capitare questo guaio!
Dal suono dei passi e dall’allungarsi di un’ombra, Alain comprese che sua sorella li stava raggiungendo e si affrettò a cambiare discorso.
– Madre, mezz’ora fa, mi sono affacciato alla finestra e Vi ho vista, in strada, mentre parlavate con Gérard Lasalle.
– Sì, si è autoinvitato a cena per questa sera.
– Ricordiamoci, allora, di mettere in salvo stoviglie e soprammobili – scherzò Alain – Ah, Diane, sei qua!
– Sì, buongiorno ad entrambi.
– Allora, signorina, hai oziato fin troppo e non va bene. Da oggi stesso, ricomincerai ad aiutarmi coi rammendi. C’è giusto quel cesto pieno di camicie da aggiustare e le devo consegnare entro lunedì. Da domani, poi, dovremo iniziare a preparare il banchetto per Madame Legrand, la moglie del Medico.
Alain alzò le sopracciglia – Meno male che le avevo raccomandato di usare tatto! – Commentò fra sé e sé.
 
********
 
Diane si guardò allo specchio. Aveva indossato uno degli abiti della domenica e, annodato fra i capelli, aveva un nastro di raso in tinta col vestito.
Aveva passato gli ultimi dieci giorni ad aiutare sua madre nei rammendi e nei banchetti e quest’attività aveva sortito l’effetto di svagarla. La ferita era ancora aperta e sanguinante ed il solo pensare a Gustave la faceva ripiombare nella melanconia, ma tenersi impegnata era stato un toccasana. Intuiva, però, che una completa guarigione avrebbe richiesto un radicale cambio di vita, perché ogni oggetto ed ogni angolo di casa le ricordavano il suo ex fidanzato e la facevano ricadere in ambasce.
Si risolse, pertanto, un mese ed una settimana dopo quel terribile pomeriggio, a cercare lavoro come cucitrice. Sua madre le aveva insegnato bene quel mestiere ed un posto da apprendista, accontentandosi di una paga minima, avrebbe potuto trovarlo. Sapeva di non essere sufficientemente brava per Mademoiselle Bertin, presso la quale si servivano l’alta nobiltà e la stessa Regina, ma Madame Blanchard, la modista della media nobiltà e dell’alta borghesia, che pure era rinomata, avrebbe, forse, potuto prenderla. C’era, però, un ostacolo da superare: sua madre e, soprattutto, suo fratello non avrebbero acconsentito. Secondo loro, una ragazza avrebbe dovuto lavorare soltanto al riparo offerto dalle mura domestiche. Alain, poi, avrebbe sicuramente detto che non c’era alcun bisogno che lei lavorasse, essendo egli perfettamente in grado di mantenere le sue donne e non essendo la loro famiglia caduta così in basso da costringere le esponenti del gentil sesso a cercare un’occupazione fuori casa. Un conto erano le commissioni che, saltuariamente, si procurava la loro madre, da svolgere tutte dentro casa ed un altro era andare sotto padrone.
Diane si risolse, quindi, a farsi assumere ed a mettere i congiunti davanti al fatto compiuto.
Disse alla madre che sarebbe andata in Chiesa, a confessarsi ed a pregare e l’abito della domenica avvalorò questa menzogna.
Uscita di casa, provò, dapprima, un senso di capogiro e, dopo essersi ripresa, cominciò a guardare persone e cose come se non le vedesse da un secolo.
Ad un tratto, vide, in lontananza, dei soldati e riconobbe subito il Comandante dalla chioma color del grano che cavalcava leggiadra e fiera come un’amazzone dell’antichità. Scorse, accanto a lei, quel colosso di suo fratello Alain ed un altro soldato che, ad un certo punto, perse l’equilibrio, rischiando seriamente di cadere. Riconoscerlo le strappò un sorriso. Si concentrò, poi, su un quarto uomo che, invece, non conosceva. Chi sa se era lui l’innamorato indefesso, il Lancillotto, il Tristano, lo Zerbino del ciclo carolingio e della commedia dell’arte. Quanto doveva essere forte, radicato e profondo un simile amore?
– Oh, Diane, basta! – si rimproverò la giovinetta – Esci di casa per procurarti un’occupazione e ritorni a pensare al teatro ed ai poemi cavallereschi! Lascia perdere queste fantasie e, visto che stai cercando un lavoro, concentra il tuo pensiero su colei che, lavorando, comanda un esercito di uomini anziché su chi si strugge come sei solita fare tu!
Giunse, infine, presso l’atelier di Madame Blanchard, un bel locale posto all’angolo di un isolato, con vetrine nell’uno e nell’altro lato. I modelli esposti erano superbi. Sarebbe mai stata all’altezza di cucirne uno identico e non soltanto simile? Sarebbe piaciuta a Gustave con un completo confezionato dalle mani della stessa Madame Blanchard?
– Oh, no, ci risiamo! Ancora questi pensieri!
Entrò nell’atelier e si guardò intorno. Madame Blanchard la notò subito, ma, non potendo dedicarsi a lei, in quanto già occupata con delle clienti, si rivolse ad una delle sue dipendenti.
– Madame Châtelet, per favore, andate a sentire cosa vuole quella signorina.
– Subito, Madame Blanchard.
Diane vide avvicinarsi una giovane donna di qualche anno più anziana di lei, col viso dolce ed i capelli castano chiari e la salutò con un inchino.
– Cosa desiderate, Mademoiselle?
– Vorrei propormi come apprendista, con paga a completa discrezione della padrona. Io so cucire da quando ero piccola e sono precisa e veloce, ma mi rendo conto di avere ancora molto da imparare.
– Capisco, ma, in questo caso, non posso esserVi d’aiuto, perché, sulle assunzioni, decide soltanto Madame Blanchard che, in questo momento, è occupata. Vi prego, accomodateVi su quella poltrona, in attesa che Madame Blanchard venga da Voi.
Diane fece come le era stato detto ed iniziò ad ingannare il tempo dell’attesa guardandosi intorno. Quel luogo era stupendo! Gli abiti erano elegantissimi e le dame che li ammiravano avevano tutta l’aria di poterseli permettere.
Ad un certo punto, entrò nel locale un gruppo di dame piuttosto rumorose, appartenenti a quel genere di persone che a lei non piaceva. Una di loro dava l’impressione di essere la più importante o di esserne perlomeno convinta, perché era quella che parlava più delle altre e, soprattutto, era la più ascoltata. Era vestita in modo appariscente, con una gonna eccessivamente ampia ed un cappellino di paglia pieno zeppo di piume e di fiori, appoggiato ad un pouf ridicolmente teso e, ormai, del tutto fuori moda. Il vestito era un tripudio di balze, fiocchi, merletti, pizzi, tulle, fiori, nastri e perle che, scelti da soli come ornamento, sarebbero stati belli mentre, accozzati in un unico vestito, davano un’idea di horror vacui, per non dire di estrema volgarità. Quell’abito le ricordava una torta o, data l’ampiezza eccessiva della gonna, la macchina volante dei fratelli Montgolfier che, pochi anni addietro, si era librata in aria nei cieli di Versailles, davanti gli occhi increduli di migliaia di persone, fra le quali c’era anche lei. Che bei tempi spensierati!
La giovane donna indossava una collana composta da perle grandi come noci e da diamanti delle stesse dimensioni, decisamente poco adatta alla mattina. Ai lobi delle orecchie, aveva dei pendenti di perle e di diamanti della stessa grandezza di quelli della collana che faceva oscillare con scatti studiati della testa. Gesticolava in modo assurdo, facendo fare alle braccia ed alle mani delle ampie volute che, in poco tempo, attirarono gli sguardi ed i sorrisi soffocati dei presenti. Diane si interrogò sul perché di quello stranissimo comportamento e, dopo un po’, ne capì i motivi: la donna aveva infilati alle dita, sopra i guanti di pizzo, ben otto anelli dalle pietre grandissime e, con quei risibili gesti, cercava di farli notare alla gente e di intercettare le fonti luminose per farli brillare.
– E’ una vera fortuna per Voi – disse una delle dame satellite – Mademoiselle Poissarde, poter comprare qui il Vostro corredo.
– Oh, sì, è un luogo splendido ed elegante e non un ritrovo di nuovi ricchi come l’atelier di Mademoiselle Bertin! Ih!Ih!Ih!Ih! – ridacchiò la promessa sposa, in modo equino.
– Mademoiselle Poissarde…. – trasalì Diane.
– E’ proprio ora che mi compri qualche straccetto per le mie nozze! In fin dei conti, sono fidanzata già da due mesi. Ih!Ih!Ih!Ih!
– Due mesi…. – ripeté, fra sé e sé, Diane, colpita in testa da un macigno e trattenendo, a stento, le lacrime.
– Adesso, però, potrete sposarVi al più presto, dato che, se ho bene inteso, quel piccolo impedimento è stato rimosso.
– Oh, sì, Mademoiselle Vernon, siete nel giusto. Monsieur de Morvan doveva licenziare quella sua precedente fidanzata, una straccioncella tristanzuola che non lo voleva proprio lasciare andare. Ih!Ih!Ih!Ih!
– Due mesi….
– Pensate che è una figura del tutto ridicola, ottusamente convinta di essere colta ed interessante mentre è soltanto una povera disadattata, con una vecchia befana per madre ed uno scimmione idiota come fratello! Ih!Ih!Ih!Ih!
– Due mesi….
– Questi nobili decaduti sono assolutamente patetici, dovrebbero essere esiliati tutti o esibiti in un museo, sotto la voce: “Ruderi”. Ih!Ih!Ih!Ih!
– Due mesi….
– Ruderi tristanzuoli! Ih!Ih!Ih!Ih!
– Due mesi….
– Proprio non si voleva rassegnare ad essere lasciata e, durante quella che lei si ostinava a considerare ancora la ricorrenza del sesto mese del suo fidanzamento, avendo trovato l’espediente per restare, da sola, in una stanza, con Monsieur de Morvan, gli è saltata addosso e…. – Mademoiselle Poissarde bisbigliò qualcosa, sotto voce, alle sue amiche, fingendo imbarazzo – Ih!Ih!Ih!Ih!
– Ohhhhh! – fecero eco le amiche, dando mostra di un turbamento autentico quanto le ciocche delle loro acconciature ed il rosso delle loro gote.
– Ih!Ih!Ih!Ih!
Diane non resse più l’emozione per la scoperta e la vergogna per la calunnia. Scoppiando in lacrime e perdendo il controllo nonostante la presenza di tanti estranei, scappò via di corsa, sotto gli occhi di una stupita Madame Blanchard che, proprio in quel momento, si stava avvicinando a lei per ragionare sulla richiesta di assunzione. 
   
 
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