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Autore: bittersweet Mel    17/09/2017    3 recensioni
The World è una grande città spezzata a metà, da una parte le ville e il lusso, dall'altra le palazzine malfamate e la povertà.
Roxas vive nella sua splendida casa, il giardino perfetto e una famiglia all'apparenza perfetta; Axel convive con due amici e fatica a pagare l'affitto, ma continua a coltivare il sogno di diventare un attore.
Il giorno in cui si incontreranno tutte le problematiche della grande città si fonderanno e inizieranno a farsi pian piano sempre più pressanti.
[ Axel/Roxas ]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Demyx, Roxas, Ventus
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco, Altro contesto
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Exposed
 
I

 
 
Roxas non era mai stato ad una festa universitaria degna di quel nome e in un certo senso, prima di allora, nemmeno ne aveva mai sentito il bisogno.
Certo, si era imbucato un paio di volte a qualche festino di suo cugino Sora – principalmente per provare a divertirsi come i ragazzi normali- , ma da lì a dire che aveva partecipato ad una festa coi fiocchi, quelle che ti smerciano in televisione in seconda serata, non era la stessa cosa.
Nelle festicciole a casa di Sora era tutto legale, a partire dalle piccole quantità di alcool alla musica contenuta, perfino gli invitati non superavano mai la decina, quindi Roxas non era mai riuscito a sgattaiolare da qualche parte, e magari provare un po’ di vodka senza che nessuno se ne accorgesse.
Questa volta invece era tutto diverso.
Questa che era una festa universitaria ai limiti del legale, con tanto di musica ad alto volume, fiumi di alcool e gente mezza nuda che strimpellava in giro con chitarre immaginarie.
Quella era l’idea che aveva il biondo di “ festa”, specialmente se associata a studenti burrascosi e il periodo di fine corsi.
C’era anche da dire che Roxas, effettivamente, non era né uno studente del The World College, né un membro della confraternita, ma questo poco importava.
Forse avrebbe fatto una minima differenza solamente se la polizia fosse entrata in quella casa proprio in quel momento, ma unicamente in quel caso, perché Roxas non solo non era uno studente universitario, era molto lontano dall’ essere perfino maggiorenne.
Ancora due anni, ma al momento quel bicchiere di cartone rosso – sì, come nei film che guardava da piccolo- non conteneva di certo coca cola. Forse coca-cola e rum, ma non sarebbe stato facile da spiegare a sua madre, eventualmente.
Ma a parte qualche piccolo intoppo con la legge, Roxas era stranamente soddisfatto di trovarsi in quella baraonda di suono e rumori, con i colori delle maglie che si mescolavano al ritmo della musica e degli schiamazzi.
Per una volta avrebbe dovuto ringraziare Hayner, che l’aveva praticamente costretto ad imbucarsi a quella festa solamente perché “ le studentesse la danno via più facilmente”, come se l’amico avesse poi chissà quale possibilità.
In ogni caso era sempre interessante vedere come Hayner  si struggeva davanti a tutte le belle ragazze che gli passavano davanti, per poi atteggiarsi da duro davanti ai loro occhi e fingersi più grande di quello che era.
La verità era che avevano entrambi sedici anni e li dimostravano in tutto e per tutto.
Roxas ancora si chiedeva, in effetti, come diavolo fosse riuscito a farsi servire da bere senza aver destato alcun sospetto.
Molto probabilmente il ragazzo dietro al bancone aveva altro a cui pensare – con il suo sguardo corrucciato dietro il grosso ciuffo blu scuro e l’espressione tetra-, che non all’età dei ragazzi che andavano da lui a chiedergli un refix del bicchiere.
Quindi Roxas poteva ritenersi soddisfatto di come stava proseguendo la serata, anche se in meno di dieci minuti si era ritrovato da solo, circondato da sconosciuti, e con la musica che veniva pompata dalle casse direttamente nelle sue orecchie.
Per essere la sua prima vera festa, si diceva, stava andando alla grande.
Aveva bevuto due bicchieri di Coca e Rum, sentiva il corpo decisamente più leggero del solito, e le canzoni che il dj sceglieva erano tutte fantastiche.
Addirittura accennò ad un passo di danza, per qualche secondo, ma non appena si ricordò di non essere solo evitò accuratamente di imitare gli altri ragazzi al centro della sala.
Certo, le persone saltavano al posto di ballare, le mani in aria tese verso il soffitto, ma Roxas non si sentiva a proprio agio nemmeno nel compiere un’azione simile davanti a tante altre persone, figurarsi in mezzo a degli sconosciuti, senza nessun amico al fianco.
Come se avessi degli amici, poi, si ripeteva di tanto in tanto, quindi, giusto per frenare quel poco di frenesia che sentiva.
Allora si limitò ad affondare ancora una volta il volto nel bicchiere di carta e prendere un'altra sorsata di alcool, prima di voltare le spalle alla sala e riprendere a camminare.
Spesso la timidezza non giocava a suo favore, ecco perché normalmente preferiva dedicarsi a serate ben diverse, magari davanti al computer a scrivere, sotto la tetra luce della sua unica lampadina.
Quella sera, però, doveva essere una boccata d’aria fresca, una prova da superare e dimostrare a se stesso che poteva divertirsi come tutti gli altri adolescenti normali.
Con un cenno del capo, con cui cercava di auto convincersi, ricominciò a muoversi tra le altre persone.
Arrivò in cucina, dove lo spettacolo lo divertì e disgustò al tempo stesso; anche lì, proprio come nei film, c’erano i classici ragazzi intenti a bere a più non posso, e fin lì nulla di male, ma gli occhi di Roxas non riuscivano a staccarsi dal volto di un giovane dai capelli biondi che, con gli occhi arrossati, si sporgeva dentro al lavandino per vomitare.
Quello gli fece cambiare decisamente traiettoria, portandolo a camminare verso il corridoio.
Da lì guardò verso il primo piano, arcuando appena le sopracciglia nel vedere ragazzi e a ragazze che salivano verso le stanze.
Anche questo era abbastanza ovvio, quindi decise immediatamente che avrebbe evitato il piano superiore come la peste; di imbattersi in giovani intenti a  fare sesso non era proprio il caso, non avrebbe giovato all’imbarazzo che già sentiva scorrergli in volto ogni volta che vedeva le persone semplicemente baciarsi.
Con un ultimo sorso Roxas finì di bere e si voltò in cerca di una pattumiera, girando il capo prima da una parte e poi dall’altra, quando si sentì tirare via dalla mano il bicchiere vuoto.
Allora si girò nuovamente, leggermente stranito, e si ritrovò a fissare il volto sorridente di un altro ragazzo.
Senza nemmeno sapere il perché, automaticamente, si ritrovò a ricambiare con un accenno di sorriso.


« Ehm … grazie, direi?»
« Figurati, sono qui per questo.«»
«  Per raccogliere i bicchieri usati? », domandò, con la voce leggermente più ironica di quanto volesse. Semplicemente le parole gli uscirono dalle labbra repentinamente, mentre osservava il sorriso sulle labbra del ragazzo.
Vide l’altro accennare ad una risata veloce, mentre scuoteva leggermente il bicchiere vuoto stretto in mano.


«  Per offrire nuovamente da bere al ragazzo più bello della festa, piuttosto.»

Roxas abbozzò un altro sorriso, mentre un leggero rossore di imbarazzo gli solleticava le orecchie.
Con un colpo di tosse si schiarì la voce e si passò la mano sul retro del collo, cercando di non apparire troppo sgarbato né con le parole né con le espressioni.

« Mi dispiace, ma non … non credo di essere interessato.»

Il ragazzo accennò ad una risata leggera che contagiò gli occhi, lucidi e di un vivido verde dietro le luci al neon impiantante nel soffitto della confraternita.
I lunghi capelli rossi erano raccolti in una coda bassa e le dita lunghe e pallide del ragazzo persero qualche secondo a giocare con le ciocche spioventi prima di rispondere.

« Intendi che non sei interessato a me oppure a tutti gli uomini? »

«  Agli uomini in generale, direi.»
L’altro scrollò le spalle, borbottando un: " davvero un peccato” prima di sorridere ancora una volta e allungare il braccio verso di lui, il palmo verso l’alto e la mano tesa in avanti.
Roxas allungò a propria volta il braccio, stringendo la mano dell’altro ragazzo con un po’ di indecisione.


«  Mi chiamo Axel comunque, piacere.»

«  Uhm, Roxas. »

« Uhm è il tuo primo nome?», Axel lo prese leggermente in giro, allontanando la mano affusolata e ridacchiando ancora una volta.
Roxas sbuffò nuovamente, sospirando l’attimo dopo.
Non sapeva parlare con gli estranei, era un altro dei suoi innumerevoli punti deboli. Quello e la paura costante di fare tutto quello che più gli piaceva a testa alta.
Come quella volta che aveva progettato un viaggio in spiaggia, ma il giorno stesso che si era ritrovato alla stazione non era riuscito a prendere i biglietto con la scusa involontaria del:”  magari domani potrebbero interrogarmi, non posso mancare, devo studiare, cosa farà Ventus senza di me? E la mamma?”.


«  Non è il mio … è che non so … non so cosa dirti sinceramente.»

Roxas schioccò le labbra l’una contro l’altra e si portò una mano allo stomaco, stringendoselo leggermente con il braccio, prima di tornare ad osservare il ragazzo di fronte a lui.
Eppure Axel non sembrava affatto a disagio in quella conversazione mozzicata e traballante, al contrario continuava a sorridere leggermente, gli occhi attenti ad ogni movimento del biondo.


« Per sciogliere il ghiaccio ti consiglio un altro bicchiere, che ne dici? Senza pretese, davvero.»

Si affrettò a dire il fulvo, sollevando entrambe le mani davanti al volto non appena Roxas aprì la bocca per controbattere.
Senza pretese.
Si ripeté Roxas, osservando il volto dell’altro che appariva sincero.
Allora accettò, lanciandosi un ultimo sguardo in giro come se si aspettasse di arrivare qualcuno da un momento all’altro che lo potesse fermasse.


«  D’accordo, solo un bicchiere. E senza pretese.»

Axel sbatté entrambe le mani l’una contro l’altra, per quanto il bicchiere glielo permettesse, e sorrise soddisfatto.
Roxas lo sentì esclamare un: “ perfetto!”, mentre schiudeva ancora le labbra in un sorriso e i denti luccicavano sotto le luci intense della confraternita.
Roxas si ritrovò a fissarlo ancora per un secondo prima di seguirlo verso al bancone dove, a quanto gli stava dicendo Axel sopra la musica, c’era un suo amico a servire da bere.
 

 
                                                                                                    ***

 
 
«  E così, così!, mi sono ritrovato completamente nudo, in giro per il campus, con tutte le altre matricole che mi fissavano come se fossi pazzo.»

Axel continuava a ridere, le lacrime agli occhi e le guance arrossate dalla mancanza di fiato.
In mano teneva un bicchiere stracolmo di vodka e, mentre raccontava una delle sue disavventure a Roxas, continuava a far traballare il contenuto a destra e a sinistra.
Stranamente anche il biondo, seduto sopra le gradinate della casa, si sentiva di buon umore.
Forse era l’alcool, magari l’aria fresca che gli accarezzava il volto, ma trovava Axel estremamente simpatico, alla mano.
Gli faceva venire in mente, con quella parlantina sicura e lo sguardo allegro, il classico protagonista dei libri per ragazzi.
Un giovane simpatico, ambizioso, sempre pronto a controbattere con parole taglienti e al tempo stesso giuste.
Un paio di volte era arrivato vicino al dirglielo, ma le parole gli erano morte in bocca non appena l’altro ricominciava a raccontare.
A quanto pareva il primo anno di college di Axel non era stato dei migliori: un giovane ragazzo del piccolo paese Radiant Garden, pieno di aspettative e sogni, che si era imbattuto nelle grigie mura del College, dei compagni che non gli prestavano attenzione e dei professori che nemmeno ricordavano il tuo nome.
Aveva passo un anno a racimolare quei pochi crediti che poteva e aveva passato le ultime vacanze a bere e a svegliarsi nei posti più disparati, senza la più pallida idea di come ci fosse arrivato.
La vita di Roxas, al confronto, pareva così noiosa che aveva quasi paura di raccontargliela.
Il biondo aveva divagato su ogni risposta, ignorando alcune domande e cambiando tempestivamente argomento, ma c’era una cosa che Axel proprio voleva sapere, su cui continuava ad insistere.


«  Allora dai, ci sarà pur qualcosa che ti piace fare.»

Roxas, ancora una volta, non poté far altro che mordersi l’interno guancia e gettare uno sguardo sopra al proprio bicchiere, prima di darci un altro sorso.
Era inutile cercare di evitare quella domanda, tanto entro pochi minuti sarebbe tornata lì come una spina nel fianco.
Alla fine si arrese e allungò la gamba destra a terra, lungo gli scalini, e voltò il capo verso Axel.


«  Mi piace scrivere », ammise alla fine, come se provasse chissà quale moto di vergogna nell’ammettere una cosa del genere.
Amava scrivere fin da piccolo, quando si nascondeva nell’armadio di nonna Tatty e accendeva la piccola lucina sbilenca, osservando le ombre delle ragnatele sopra le pareti rosa.
Lì, rinchiuso in quel piccolo spazio, creava mondi infiniti, eroi incredibili, mostri spaventosi.
Quando i suoi nonni si erano trasferiti e avevano venduto Fantasia – era così che chiamava la loro casa, una bella villa di due piani, dai colori pastello e mille oggetti fantastici che addobbavano ogni ripiano- Roxas si era ritrovato a piangere per giorni interi.
Ora, anni dopo, ogni volta che passava davanti alla vecchia casa, adesso completamente diversa, sentiva lo stomaco contrarsi dolorosamente alla sola vista.


«  Fammi indovinare: scrivi poesie!», Axel corrugò la fronte, facendo tornare alla realtà la mente di Roxas. «  Sì, hai la faccia da poeta. »

Il biondo sollevò un sopracciglio, appoggiando le mani a coppa sopra il bicchiere.
«  E che faccia dovrebbe avere un poeta? »

Il fulvo mosse la mano destra, ruotandola, come se stesse per spiegare la cosa più ovvia del mondo.
Gli occhi verdi scivolarono sopra al volto dell’altro, come a squadrarlo per bene e individuarne le caratteristiche che reputava idonee.

«  Lo sai, insomma, quell’espressione, lo sguardo distante, gli occhi un po’ apatici, sembri non essere nemmeno qui quando ti parlo. Non per la maggior parte del tempo, se non altro.»

Roxas accennò ad un sorriso, sapendo esattamente di essere stato colpito nel segno.
Era ben consapevole che molte volte la sua mente spaziava via, ma più che un pregio lo vedeva come un difetto, come una piccola increspatura sopra al volto.
Non gli piaceva essere associato a qualcuno di distante, spesso sovrappensiero.


«  Non doveva essere un insulto, io lo trovo adorabile. Qui non si trovano molti ragazzi così, sai? Tutti sono sempre sicuri, parlano troppo e spesso dicono troppo poco.»
Axel aveva ripreso a parlare, ora con un tono di voce leggermente più basso, come se volesse farsi sentire solamente da Roxas, nemmeno gli stesse confidando un segreto.
La verità era che lì non c’era nessun altro, a parte loro due.
La musica sembrava lontana, chiusa dalle finestre e dalle porte, e così anche le persone.
Solamente di tanto in tanto quella leggera quiete veniva interrotta dalla porta che strideva, allora la musica si riversava nella strada per qualche secondo, finché non si sentiva lo sbattere delle imposte.


«  Non mi sono offeso,  solo che ... beh, hai sbagliato di grosso, decisamente.»

«  A sì? »

«  Sì, non mi piace scrivere poesie, sono imbarazzanti, troppo intime, non leggerei mai una mia poesia a qualcuno.»

Axel sorrise ancora, annuendo come se capisse esattamente cosa intendesse.
Anche lui allungò entrambe le gambe oltre gli ultimi due gradini, superando di gran lunga i piedi di Roxas.
Il rosso mosse distrattamente gli arti, come se potesse sentire la brezza notturna tra le dita e non sulle scarpe, e appoggiò il bicchiere al suo fianco.


«  Ti capisco davvero, anche io mi imbarazzerei un sacco a scrivere un atto e portarlo poi a teatro.»

L’attenzione di Roxas si focalizzò sopra quelle parole, accendendo un altro bagliore di interesse nei suoi occhi.
Prima ancora che potesse domandare qualcosa Axel lo zittì, precedendolo con un sorriso a trentadue denti.


« Lo so, non si direbbe eh? Sono qui a studiare economia ma il mio sogno è di fare l’attore.»
 
Le labbra del biondo si sollevarono leggermente, mentre il ragazzo seduto al suo fianco assumeva ancora di più l’aspetto di un personaggio fatiscente, creato dalle mani di un abile scrittore.
« Così vuoi fare l’attore, eh? Anche tu ce l’hai, la faccia da attore, così come io sembro avere la faccia da poeta.»

Axel schioccò le labbra, avvicinandosi leggermente di più a Roxas, ora gli occhi leggermente socchiusi, come quelli di un felino appisolato.
Il biondo serrò automaticamente le labbra, il corpo più teso di pochi secondi prima.
Gli occhi blu scivolarono sopra al volto dell’altro ragazzo, mentre quello apriva la bocca e riprendeva a parlare.


«  Ma così come prima mi sono sbagliato io, ora sbagli tu. Non voglio essere un semplice attore, no, vorrei essere qualcosa di meglio, qualcosa di spettacolare. L’attore teatrale, mettere sul palcoscenico le commedie e le tragedie, i monologhi e perfino i musical. »

Roxas si ritrovò ad incassare il collo tra le spalle, mentre una leggera risata lo faceva sobbalzare appena.
Un attore teatrale, sì, un ragazzo con quel carattere e quel modo di fare sarebbe stato grandioso sopra un palco illuminato, tra i tendaggi rossi e la musica di sottofondo.


«  Quindi possiamo arrivare alla conclusione che nessuno è quello che sembra? E’ abbastanza profondo. », disse Roxas, mentre Axel annuiva e ancora una volta si avvicinava leggermente, le ginocchia che quasi si toccavano.
«  Vero, ma possiamo anche dire che forse non siamo quello che sembriamo, ma ci avviciniamo molto a quello che mostriamo. »

Roxas sbatté le palpebre un paio di volte, mettendo a fuoco il volto dell’altro ora così vicino.
Sapeva di doversi allontanare almeno di qualche centimetro, di voltare il capo e cambiare discorso, ma il suo corpo, ebbro e accaldato, voleva inspiegabilmente sentire la vicinanza di Axel.


«  Credo che i tuoi siano i classici discorsi da ubriaco.»
Axel annuì, gli occhi leggermente lucidi e sulle labbra un sorriso decisamente più dolce di prima, come quello di un amante quando guarda il proprio compagno.
Le labbra fini erano secche dalle troppe parole, il volto ancora più roseo dalla discussione accalorata, e il volto così vicino che Roxas poteva osservare le piccole lentiggini che si rincorrevano sopra le sue guance.
Le trovò graziose, come quelle di una ragazza.
Automaticamente allora non tirò indietro il volto, nemmeno quando lo vide sporgersi in avanti, neppure quando si disse che non era giusto rubare un bacio ad un ragazzo, quando a lui gli uomini non piacevano nemmeno un po’.
Nonostante tutto Roxas sentì la gola ardere allora, mentre il profumo di vodka si avvicinava e il calore nello stomaco prendeva il sopravvento.
Eppure non arrivò nessun bacio, perché la musica tuonò all’improvviso e la quiete si ruppe.
Entrambi sollevarono il volto di scatto, mentre dietro di loro, sopra gli scalini, barcollava un ragazzo biondo, dalla faccia completamente stravolta.


« Oh, cazzo, amico, ma che diavolo!?»

Axel si alzò di scatto, lo sguardo preoccupato, un movimento veloce e i piedi che si affrettavano a raggiungere il ragazzo sopra di loro.
Anche Roxas si alzò, osservando come le braccia fini del fulvo afferrassero per le spalle l’altro e lo accompagnassero, lentamente, verso il basso.
Né Axel né Roxas riuscirono a spiaccicare una sola parola, prima che il giovane riprendesse a vomitare, proprio vicino alle scarpe del rosso.
Axel si esibì in una smorfia.


«  Demyx, amico, sei fottuto. Zexion non ti farà mai entrare in casa sta notte. »

« No, no, sto bene, davvero, io …»

Ma un altro conato di vomito lo fece piegare sulle ginocchia e Axel si allontanò di un passo, mettendosi affianco a Roxas.
Entrambi osservarono il ragazzo che si rimetteva in piedi a fatica, prima di prendere grandi boccate d’aria fresca.
Il volto completamente sudato e l’espressione di uno appena uscito da una lunga ed estenuante corsa ad ostacoli.


«  Visto? Che ti avevo detto, sto bene. Avevo solo bisogno di un po’ d’aria.  »

Axel lo guardò con un po’ di biasimo, prima di sospirare e tirare fuori dalla tasca dei jeans un pacchetto distrutto di sigarette.
Ne porse una a Demyx, che gli lanciò uno sguardo di gratitudine come se gli avesse appena salvato la vita.
Ora, sotto la leggera luce dei lampioni, Roxas riuscì a guardarlo in faccia e in un attimo lo riconobbe.


«  Hey, sei quello che prima vomitava nel lavandino. »

Demyx si voltò verso di lui, notandolo per la prima volta. Gli occhi scivolarono prima su Axel, poi nuovamente sul biondo e alla fine sospirò.
Subito si passò una mano sul retro della testa, mortificato.


«  Diciamo che questa sera non ho dato il meglio di me. »

«  Diciamo pure che questa sera hai fatto schifo, amico », gli mormorò Axel, la fronte leggermente aggrottata mentre gli occhi verdi scivolavano sopra al volto di Demyx con un cipiglio impietosito.
L’altro sospirò ancora, abbandonandosi sopra gli scalini, nell’esatto punto in cui poco prima stavano chiacchierando gli altri due.
Entrambi, allora, rimasero in silenzio.
Era calato nuovamente quel leggero velo di imbarazzo sopra Roxas, che gli impediva di parlare apertamente come stava facendo fino a pochi minuti prima.
Il tempo sembrò passare lentamente, quei secondi di silenzio apparvero pesanti come ore, tanto che perfino il fulvo riuscì a sentire che quel silenzio era tutt’altro che quieto.
Allora si avvicinò a Demyx, che nel frattempo si era acceso la sigaretta e ne prendeva grandi boccate, per poterlo controllare più da vicino.
La maglia sporca di vomito, il volto coperto da piccoli puntini rossi dovuti allo sforzo, e gli occhi che parevano strabuzzati, quasi a palla.
Non era nelle migliori condizioni, questo era poco ma sicuro.
Con un sospiro Axel levò lo sguardo sopra Roxas, desideroso di scusarsi per quell’interruzione, ma al tempo stesso indeciso su cosa dire.
L’aveva quasi baciato e ora sembrava essere passato un secolo, da quando aveva avuto le labbra del biondo così vicine alle proprie.
Chissà se l’avrebbe mai più rivisto, chissà se l’avrebbe incrociato per le strade di The World, oppure al College, tra qualche anno.
Il fulvo schioccò le labbra e rimase in silenzio, prima di aguzzare le orecchie nel sentire la porta della confraternita che si apriva ancora una volta, liberando l’accozzaglia di suoni che proveniva dall’interno.
Ne uscì un ragazzo biondo cenere, troppo piccolo per essere uno studente, tutto indaffarato a cercare il cellulare nella tasca dei pantaloni militari per prestare attenzioni a loro due sulle scale.
Però i suoi occhi notarono Roxas e allora scese le scale più velocemente.


«  Ah, sei qui. Andiamocene Roxas, non c’è nessuno di interessante.»

Axel voltò il capo verso il biondo, lì in piedi con l’espressione un po’ atterrita, le labbra gonfie che si aprivano in un leggero sospiro.

«  Non hai trovato nessuna ragazza, eh? »

L’altro gli dedicò uno sguardo arrabbiato, quasi ferito, e si ficcò entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni.
Axel lo sentì borbottare un: “ non ce n’era nessuna bella” che appariva tanto come una scusa.
Roxas annuì e mormorò un d’accordo tutt’altro che convinto, prima di voltare il capo verso il fulvo.
Lì gli sguardi si incrociarono in un secondo e Roxas si ritrovò a dedicargli un mezzo sorriso, come se volesse scusarsi.
Si affrettò a dire a Hayner di aspettare un attimo e si avvicinò ad Axel e Demyx, ancora lì sopra le scale, uno in piedi e l’altro mezzo sdraiato.
Le labbra del biondo si contrassero in un leggero “uhm”, prima di parlare.


«  Insomma … grazie per la serata, mi sarei annoiato senza di te. »

Demyx sollevò il capo, passando gli occhi da un ragazzo all’altro, prima di puntare lo sguardo sopra al volto di Axel, con un leggero sorriso sornione sopra le labbra.
E bravo il nostro Ax, io vomito e lui rimorchia, pensava con un leggero tocco di divertimento.
Il fulvo non gli prestò attenzione e si limitò a passarsi una mano sul retro del collo.


«  Figurati, è stato un piacere conoscerti, Roxas. »

Ancora quel leggero silenzio teso, come se entrambi si aspettassero qualcosa.
La voce di Hayner, seguita da uno sbuffo, ridestò immediatamente il biondo, che voltò il capo verso l’amico e annuì.
Doveva andare.
Salutò con un sorriso leggero, quasi invisibile, e si lasciò andare ad un “ ciao “ poco sentito, prima di voltargli le spalle e prendere a camminare.
Dopotutto non significava nulla, non erano diventati amici in una notte, non lo conosceva nemmeno.
Roxas non riusciva a spiegarsi il perché di quella vena melanconica che gli pervadeva il corpo come una ventata d’aria soffocante.
Poi sentì la manica della maglia blu tirare e si ritrovò Axel lì accanto, un foglietto scribacchiato tra le mani.
L’attimo dopo Roxas si ritrovò a stringere il foglio leggermente ruvido dalle spiegazzature.


«  Se mai avessi voglia di un caffè,  senza pretese.»
Il biondo sorrise, allora,  «  Senza pretese, d’accordo. »

Gli voltò ancora le spalle, ma questa volta il vento non appariva torrido come quello del deserto, bensì fresco e guizzante come in alta montagna.
Hayner al suo fianco lo guardò con un sopracciglio alzato, l’aria guardinga e dubbiosa.
Roxas scrollò le spalle, ficcandosi il biglietto nella tasca dei jeans.


«  E’ un tipo simpatico, sai. Non mi farebbe male provare a parlare con qualcuno, forse.»

Un po’ dubbioso il ragazzo distolse lo sguardo, le mani nuovamente in tasca e l’espressione decisamente seccata.
Roxas gli diede una leggera gomitata amichevole, mentre gli occhi si sollevavano al cielo stellato, limpido in quella notte primaverile.
La sua prima festa al college era scivolata via velocemente, lasciando spazio a tutti quei pensieri che l’avrebbero tenuto sveglio per tutta la notte.







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Qui mancano le Akuroku, ma nessun problema, qui ho tanto da scrivere.
Pian piano la storia si svilupperà, sia nel rapporto tra Axel e Roxas che intorno alle loro famiglie e alla città, quindi enjoy the akuroku way.
Mel.

 
   
 
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