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Autore: S_Austen    26/09/2017    1 recensioni
Edward Cullen, ricco e sfrontato giovane borghese nella sfrenata Chicago degli anni '20 verrà irrimediabilmente travolto dal desiderio per Isabella, semplice operaia di fabbrica. Ma tra il carbone delle nuove macchine ed il metallo della fiorente metropoli, tra sfarzose feste da ballo e intrighi economici, Edward riuscirà a scorgere in Miss Swan il tesoro più prezioso: un tenero, innocente, orgoglioso, delicato, semplice, combattivo, leale, dolce, comprensivo, sensibile Cuore di donna.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Emmett/Rosalie
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Pov Edward

Mio zio Aro era una di quelle persone superbe che non guardano in faccia niente e nessuno, convinti che loro, facendo parte di qualche famiglia borghese, avessero più dignità di una qualsiasi persona. Ricordavo che sin da quando ero un bambino usava ripetere la frase della rinomata regina francese di fronte ad ogni disgrazia che affliggeva la fascia popolare: “che mangino brioche!”.
Non ero mai andato d’accordo con quel suo modo di fare, ma non potevo neanche dargli torto, infondo noi ricchi avevamo molti più diritti e la nostra vita agiata ci permetteva di elevarci da quei miseri popolani.
Quella mattina al mio risveglio di Isabella non c’era nessuna traccia, le domestiche dissero che era uscita presto per andare al lavoro e che sarebbe tornata la sera.
Non che mi importasse dove andava e cosa faceva quella ragazza, eppure non mi piaceva l’idea che se ne fosse andata senza nemmeno salutare e per di più al lavoro, probabilmente in una squallida e sporca fabbrica.
Che le serviva lavorare se ora era sotto la protezione della mia famiglia?
– Signor Cullen! È un piacere rivederla! Mi dolgo per la malevola sorte che s’è abbattuta sul vostro povero zio! Fin tanto che ha lavorato che noi a dirigere quest’impresa è stato un grand’uomo, ma ora siamo lieti di avere suo nupote come nuovo dirigente. – mi accolse il signor Caius Hale collaboratore di mio zio e padre di una mio caro amico. Era un uomo alto e smilzo, molto più vecchio di me, i capelli e gli occhi chiarissimi e i tratti affilati, sul volto un sorriso gelido di finta amicizia – E questo è mio fratello nonché collega, Marcus Hale. – disse indicando l’uomo al suo fianco, tra i due era il più anziano, i capelli e gli occhi neri, i tratti duri solcati da profonde rughe.
Quest’ultimo non sorrise neppure, si limitò a stringermi con riluttanza la mano e a biascicare in tono annoiato: – Sono addolorato per la precaria salute di vostro zio signor Cullen, spero che si rimetta presto. –
Non esistevano parole più false.
Sapevo bene che quelle due serpi camuffate da gentiluomini non vedevano l’ora che mio zio andasse all’altro mondo e si auguravano per me la sua stessa sorte.
A metà del secolo precedente mio nonno, Cornelius Cullen, fondò la CC Auto nota azienda automobilistica che successivamente passò nelle mani di mio zio Aro (fratello maggiore di mio padre) che in seguito alla forte crisi dovuta alla Grande Guerra dovette dividere le azioni dell’azienda coi fratelli Hale.
Tra i tre soci mio zio possedeva la parte di azienda più sostanziosa e dopo la sua mote, se non avesse lasciato tutto a me, sarebbe stata divisa tra i fratelli Hale.
– Anche per me è un piacere conoscervi signori. – risposi educatamente, stringendo la mano ad entrambi.
Ero andato quella mattina alla fabbrica di mi zio per vedere quale sarebbe stato il mi posto nella società che presto avrei diretto assieme agli altri due uomini di fronte a me. Sapevo sin dall’inizi che non sarebbe stato affatto facile avere il loro rispetto, ma ci sarei riuscito.
Tutti temevano Aro e a lui restava sempre l’ultima parola, ma non ero sicuro che mi avrebbero riservato lo stesso riguardo.
Mi vedevano solo come un ragazzetto borioso che affrontava qualcosa più grande di lui, ma li avrei dimostrato che si sbagliavano di grosso, se volevano mettermi sotto come non erano riusciti a fare con mio zio avevano trovato pane per i loro denti.
Dapprima mi portarono al vecchio ufficio di mio zio e mi mostrarono diverse pratiche e documenti, “le scartoffie” come le chiamava mio padre.
Poi mi accompagnarono a visitare i diversi stabilimenti.
Durante la guerra la CC Auto ebbe un calo di entrate, ma nulla di così preoccupante perché l’esercito aveva sempre bisogno di vetture, trasporti e marchingegni di ogni genere. Le fabbriche erano riunite in grandi complessi, i diversi settori si riunivano in capannoni dove si trovavano le macchine per la produzione.
Ci fecero entrare nello stabilimento dove si lavoravano i pezzi di metallo per costruire le auto vetture e proseguimmo attraverso i diversi settori del grande complesso industriale.
– E questa è lo stabilimento dove si cuciono i vari rivestimenti delle autovetture: sedili e intelaiature. -- mi indicò il signor Newton, il giovane uomo che stava a capo del settore tessile della fabbrica.
Oramai non ascoltavo nemmeno più e il fastidioso brusio che era diventato il continuo chiacchiericcio del signor Newton venne totalmente coperto dall’incessante rumore dei telai che lavoravano velocemente e provocando un rumore assordante. Al telaio lavoravano solo donne, tutto vestite di abiti laceri e smunti, tutte con un fazzoletto legato in testa a raccogliere i capelli, tutte concentrate sul proprio lavoro, i volti stanchi e le mani doloranti per il continuo sforzo.
Camminammo tra le due corsie di telai in modo che potessi ammirare il lavoro delle operaie che non mi degnavano di un sguardo mentre facevano funzionare la grande macchina. Stavamo tornando verso l’uscita quando intravidi qualcosa che da subito non ci feci molto caso ma che appena me ne resi conto mi lasciò spiazzato.
Tra tutte quelle donne solo una attirò la mia attenzione: Isabella.
Con una scusa convinsi il signor Newton ad andare avanti mentre io sarei rimasto li ancora un po’ prima di raggiungerlo, e dopo essermi liberato dell’uomo mi diressi al telaio dove avevo visto la ragazza che avrei riconosciuto fra mille.
La osservai mentre lavorava concentrata, le dita affusolate che agili si infilavano tra i filamenti per tirarli e sistemarli, al su fianco un'altra ragazza che assisteva il suo lavoro continuando con rapidi movimenti a far funzionare il marchingegno.
Non l’avevo mai vista così bella, sebbene fosse ancora vestita con gli stessi abiti lerci del giorno prima e il suo volto era stanco e affaticato, era semplicemente meravigliosa. La fronte aggrottata era imperlata di sudore e le mani erano arrossate e piene di piccoli graffi provocati dai fili che continuava ad adoperare con dimestichezza.
-- Signorina Isabella? -- la chiamai per farmi notare, ma il troppo rumore che c’era nel capannone coprì la mia voce.
Provai a chiamarla un altro paio di volte ma lei non si accorse della mia presenza.
Alzai una mano per poterle sfiorare una spalla così che si accorgesse di me, ma la lasciai sospesa a mezz’aria, indeciso se disturbarla o no.
Poi il braccio mi ricadde lungo i fianchi.
Sulle labbra mi nacque un sorriso amaro e una strana malinconia mi avvolse il cuore mentre lei continuava a guardare il suo lavoro senza rendersi conto della mia presenza alle sue spalle.
Sospirai, poi mi votai e tornai dal signor Newton che mi attendeva all’uscita, neanche mi resi conto che il fazzoletto da taschino mi cadde.


Pov Isabella

Al mio risveglio mi ritrovai nella stessa camera sfarzosa ed elegante della sera prima quando mi ero coricata.
Allora non era stato tutto un sogno!” fu la prima cosa che pensai.
Mi alzai dal letto e mi rivestii con i miei soliti abiti da lavoro. Scesi al piano di sotto e andai in cerca delle cucine.
Li, indaffarata ai fornelli, c’era una donna piccola e dalla pelle scura, i lunghi capelli neri come il carbone erano raccolti minuziosamente in una crocchia tenuta su da una rete per capelli.
– Mi scusi? È permesso? – chiesi facendomi avanti.
La donna si voltò verso di me con aria stupita e poi mi sorrise con calore.
– Buongiorno. Lei è l’ospite! Io sono Sue, la cuoca di Villa Cullen, al vostro servizio. Non dovrebbe trovarsi qui Miss Swan. –disse. Come molti afroamericani faceva un evidente fatica a parlare correttamente l’inglese.
– Buongiorno a lei, signora. La prego, mi chiami pure Isabella. – la rassicurai. Infondo oltre al colore della pelle e alle nostre origini non avevamo altre disparità, eravamo entrambe della classe sociale più bassa.
La donna mi sorrise e si mise subito a lavorare ai fornelli.
– Cosa desidera per colazione, Isabella? –
– Mi dia pure del pane nero e del latte se c’è. –
La donna si voltò verso di me sconvolta – Non se ne parla, signorina Isabella, lei qui è l’ospite. La prego, si faccia portare una colazione più sostanziosa. –
Con tutta onestà non avevo idee su cosa mangiare d’altro oltre a il pane nero e al latte di capra. – Io non saprei signora Sue … scelga lei per me. –
Poco dopo la cuoca mi servì una colazione ricca di croissant al cioccolato, frutta fresca e ogni altro genere di ben di Dio che io non avrei mai osato neanche immaginarmi di poter mangiare un giorno.
Mangiai più che potei e mi feci preparare un pranzo al sacco che misi nel mi tascapane ma quando vidi l’orologio dovetti correre per non ritardare ulteriormente.
– Ma … Miss Swan! Dove sta andando? – esclamò Miss Brandon quando io ero già alla porta pronta per dirigermi alla fabbrica in cui lavoravo.
– Devo andare al lavoro. Per favole, dica al dottor Cullen che sono uscita e che rientrerò alla sesta ora della sera. Con permesso. – dissi e feci appena in tempo a scansare un giovanotto smilzo e dai capelli scuri che s’era apprestato a bussare alla porta di casa prima di correrre verso la fabbrica.
Villa Cullen si trovava nel quartiere residenziale di Chicago e distava molto dalla fabbrica perciò fu inevitabile che arrivai in ritardo al mio telaio.
– Buongiorno Bella. – mi salutò Angela Weber, una mia cara amica.
Lei lavorava al telai affianco al mio, aveva all’incirca ventitre, era alta e aveva capelli e occhi scuri coperti da un paio di occhiali.
Mentre, al mio stesso telai lavorava anche un’altra nostra amica, Jessica, una pettegola come poche ma comunque dalla compagnia piacevole, con lei non mancavano mai gli argomenti di conversazione. Era piccolina e dal seno prosperoso, i capelli color caramello e gli occhi nocciola, forse un po’ freddi e superficiali.
– Buongiorno Angela, ho così tante cose da raccontarti! – vista l’assenza di Jessica colsi l’occasione per parlare alla mia amica della sera prima.
Le raccontai di mia madre, dei signori Cullen (in particolare del figlio), della loro gentilezza e della cena avvenuta quella sera: non avevo mai mangiato così tanto e così buone pietanze in vita mia.
Alla fine del mio racconto Angela era senza parole.
– Perbacco! Hai dormito a casa di borghesi! Posso solo immaginarmi il loro lusso! –
– Pensa, hanno persino la cuoca che li prepara la colazione e ho contato almeno cinque domestiche! –
– Ohibò! Non ci posso credere! – esclamò sgranando gli occhi.
– Ti dico di si invece! Ma la cosa che più mi ha stupito è stata la loro cortesia, poche persone si sarebbero comportate nella medesima maniera se si fosse trattato di persone del nostro rango. Certo, altrettanto non posso dire per il figlio, lo trovo un uomo così altezzoso ed egocentrico! –
– In tutta onestà, cara Bella, credo che un uomo del suo ceto sociale abbia tutto il diritto di essere altezzoso ed orgoglioso. –
– Hai pienamente ragione, Angela, io non avrei nulla contro il suo orgoglio se lui non avesse mortificato il mio. –
– E come avrebbe fatto questa povera anima a mortificare a tal punto il tuo orgoglio precludergli la tua amicizia? –
Risi di cuore – Angela, credo proprio che un gran signore come lui non aspiri certo all’amicizia di un operaia e di sicuro non è povero a giudicare dalla villa in cui risiede, solo l’argenteria mi avrebbe fatto campare per il resto dei miei giorni, me e miei futuri nipoti! –
– Perbacco! Questo signor Cullen è davvero molto ricco! –
– Chi è questo signor Cullen? – chiese una voce alle nostre spalle.
Ci voltammo e trovammo Jessica che finalmente era arrivata.
– Nessuno di importante. – rispose per me Angela, sapeva bene che non ero capace di mentire e mi conosceva abbastanza da sapere che preferivo che quello che era accaduto con i Cullen rimanesse tra noi.
Come sempre Jessica le credette.
– Salve signore! – disse il capo reparto, Mr Mike Newton, entrando, come ogni mattina aveva un sorriso enorme, per lui era facile parlare quando tutto quello che doveva fare ogni giorno era passeggiare tra le corsie di telai e guardarci lavorare.
– Oggi verrà un ospite molto speciale a visitare la fabbrica perciò lavorate sodo! –
Si avvicinò a noi. – Salve Bella. Angela. Jessica. – ci salutò con un lieve cenno del capo.
– Salve signor Newton. – rispondemmo noi tre.
Poi si voltò verso di me e fece per dire qualcosa.
Ecco una delle sue solite moine!” pensai infastidita dalle attenzioni poco gradite del mio superiore.
Ma per fortuna in quel momento suonò la sirena che avvertì dell’inizio del turno così ognuno tornò alle proprie postazioni, mi misi il cotone nelle orecchie per proteggerle dall’assordante rumore dei telai e ci mettemmo a lavorare.
Rimasi ferma per ore china sul mio telaio, Jessica al mio fianco ad assistermi nel lavoro.
Dopo un paio d’ore di lavoro interminabile le mani già cominciarono a bruciarmi.
Ma a differenza di tutti gli altri giorni accadde qualcosa di insolito mentre lavoravo: un odore inaspettato mi travolse mentre continuavo a filare.
Era un profumo buonissimi, virile.
Non osai girarmi e continuai il mio lavoro fino a quando il profumo, pochi minuti dopo, sparì.
Non so precisamente quanto tempo trascorse poi, ma finalmente suonò la sirena della pausa pranzo. I telai si fermarono e tutte le operai si alzarono dai loro posti indolenzite per essere rimaste ferme troppe ore.
Quando mi alzai pestai qualcosa e abbassando lo sguardo vidi un fazzoletto bianco sotto la mia scarpa.
Mi chinai e lo raccolsi, incuriosita.
Era un candido fazzoletto di lino, finemente ricamato ai bordi e sull’angolo destro due iniziali: E.C.
– Cos’è? – mi chiese Jessica alle mie spalle osservando incuriosita il fazzoletto.
– Un fazzoletto, l’ho trovato qui. –
– L’avrà perso qualche operaia. –
Me lo portai al naso e annusai e improvvisamente di nuovo quel profumo virile mi travolse.
Era un profumo pungente eppure piacevole e ammaliante, sapeva di dopo barba, acqua di colonia e il classico odore che avevano gli uomini, ma non ne avevo mai sentiti di così buoni.
– No, non è di nessuna operaia, è di un uomo. – dissi – E.C. – rilessi pensierosa le due iniziali – Chi potrebbe essere? – chiesi.
– Non ne ho la minima idea, potrebbe appartenere a chiunque. –
– Questo profumo … l’ho sentito prima, mentre filavo, per un attimo è passato qualcosa con questo profumo. – dissi allungando il fazzoletto a Jessica che lo annusò chiudendo gli occhi anche lei estasiata da quel buonissimo profumo.
– Mmm … è buonissimo … oserei dire che appartenga ad un angelo! – esclamò.
Risi – Si, il mio Angelo Custode E.C.! –
E.C. … chi sa per cosa sta? – chiese mentre ci incamminavamo nel cortile centrale dove ci fermavamo nella pausa pranzo. 
– Mmm … Elliott Cox? – proposi.
– O magari Edmund Carter! –
– E se E fosse il cognome? – chiese Angela che aveva assistito alla conversazione – Quindi … che so … Evans? –
– Christian Evans! – disse Jessica.
Ridemmo tutte insieme, poi infilai il fazzoletto in una tasca del vestito, tirammo fuori dalle nostre borse il pranzo e cominciammo a mangiare.
A fine giornata mi diressi verso Villa Cullen.
Solitamente attendevo mio fratello all’uscita della fabbrica per tornare a casa assieme, ma questa volta non lo attesi neanche per salutarlo, troppo persa nei miei pensieri. Finchè camminavo per strada estrassi dalla tasca il fazzoletto e me lo portai ancora una volta al volto, era tutto il giorno che ripetevo quel gesto annusando con avidità quel profumo che mi aveva stregata, non potevo farne a meno.
Era possibile innamorarsi di una persona sentendone solo il profumo? Risi tra me delle scempiaggini che stavo pensando, ma nel profondo del cuore mi rimase il dubbi di chi fosse il fantomatico Christian Evans. 



Buongiorno a tutte! Sono tornata! Scusate l'immenso ritardo per questa pubblicazione ma sono stata via la settimana scorsa e non ho fatto a tempo XD 
Lo so è un po' corto... ma per farmi perdpnare pubblicherò un altro capitolo questa settimana! 
Spero che vi sia piaciuto! :)
Bacioni
S.

  
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