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Autore: Me91    27/09/2017    4 recensioni
"Primo posto al contest indetto da E. Comper sul sito: ‘Cronache di Cacciatori’"
Nell'Antica Grecia è in corso una spietata caccia a un malefico mostro.
Tra miti e Dei, breve frammento di vita di due cacciatori e la loro missione.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi tornata con il nuovo capitolo! :) Innanzitutto un grandissimo grazie a Old Fashioned, soprattutto per la simpatia (che nutre in particolare nei confronti della stermina-bambini a quanto pare ahah).

Buona lettura!!

 

Capitolo 2

 

Nella gelida oscurità della grotta infernale, tutto è silenzio. Quindi i passi svelti dei due cacciatori rimbombano tra le pareti, come terribile eco.

Il suono, sempre più profondo man mano che si espande nel buio, non passa di certo inosservato e viaggia fino a raggiungere il fine udito del temile guardiano. In quel nero più totale, tre paia di occhi rossi si accendono improvvisamente.

 

«Vorrei dirti una cosa, Sibilla, prima che ci facciamo ammazzare da Cerbero.» esordisce Elios, senza smettere di correre al fianco della donna.

«Non essere così negativo.» ribatte lei, risoluta.

«Figurati, parliamo solo di un mostro a tre teste e il corpo ricoperto di velenosi serpenti. Perché mai dovrei essere negativo?» ridacchia lui con sarcasmo.

«Ti ricordo che Eracle fu un grado di domarlo.»

«Difatti non credo che Cerbero ne sia uscito molto contento da quella esperienza.»

«Comunque la mia intenzione è di ucciderlo, no di domarlo.»

Elios scuote il capo, commentando con un mezzo sorriso:

«Ovviamente. Mi hai già informato di questo.»

Lei lo guarda con decisione, asserendo:

«Funzionerà. Ha già funzionato.»

Lui rimane a guardarla in silenzio, poi torna a rivolgere lo sguardo davanti a sé.

Dopo qualche istante Elios sta di nuovo per parlare, quando si interrompe.

Con tremenda furia infatti a correre verso di loro c’è lui, l’implacabile Cerbero.

Tra ringhi delle enormi fauci e i sibili degli aizzati serpenti che avvolgono il suo corpo, l’enorme bestia balza contro i due, con una rapidità tale che riescono appena in tempo a schivarlo.

È rapidissimo!

Constata Sibilla, allarmata.

In fretta allunga la mano alle sue spalle, afferrando la sacca che porta in spalla. In quell’attimo però Cerbero si volta proprio verso di lei e, fulmineo, allunga una delle sue teste per cercare di sbranarla. Sibilla balza di lato con agilità, ma il morso schioccato all’aria dalle fauci le sfiora comunque la gamba, procurandole un lungo taglio. Con un piccolo gemito la donna rotola a terra, trovando riparo dietro un masso mentre la bestia cala una zampa su di lei; i serpenti sibilano tutti insieme, strappandole una smorfia per il forte fastidio alle orecchie.

Con un urlo, Elios salta alle spalle del guardiano calando dall’alto la sua spada: questa va a tagliare di netto la coda del mostro che, con un ringhio infernale, si sbriga quindi a voltarsi indietro per avventarsi sull’uomo.

Quel momento di distrazione del mostro permette a Sibilla di rialzarsi; carica una freccia al suo arco, si porta a qualche passo di distanza, poi, tornando a guardare il mostro, gli urla contro puntando la sua arma:

«A me, bestia immonda!»

Scaglia la sua freccia che con forza si conficca nella spalla dell’animale. Cerbero, furente, colpisce con un forte colpo di artigli Elios, scaraventandolo contro una parete della grotta, poi si volta subito verso Sibilla, spiccando un balzo nella sua direzione.

Ma a quel punto lei è pronta. 

 

*

 

«Deve pur esserci un modo per ammazzarla!»

Elios è furente e non riesce a smettere di girare attorno al focolare che hanno da poco acceso.

Sibilla, al contrario, se ne sta immobile, seduta sulle rive del ruscello. Con fredda calma osserva il riflesso della luna sull’acqua lievemente in movimento.

Sulla superficie di quell’acqua si rispecchia anche il suo volto e l’espressione che vi è dipinta è stanca, la pelle pallida e gli occhi spenti.

Già, quegli occhi color mogano, così simili a quelli di sua madre.

Ha tuttora qualche ricordo di quando poteva ancora definirla tale. Una donna in effetti bellissima, dal sorriso enigmatico e un’aria magnetica. Aveva sicuramente un fascino che poteva stregare chiunque, persino il cuore di un Dio. La pelle chiara, i lunghi capelli neri e mossi, il prosperoso seno che aveva allattato così tanti figli. Di loro, i suoi fratelli, Sibilla ha minore memoria e questo la rammarica. Si ricorda però bene il giorno in cui furono massacrati. Le urla disperate di sua madre, i pianti dei più piccoli… e tutto quel sangue.

Chiude gli occhi, fremendo. Lo stesso sangue che ora Lamia dissemina dietro di sé, su quei fragili corpi che sono le sue vittime.

Lei riuscì a salvarsi per un caso fortuito, nascondendosi all’ira di Era, ma ad oggi si ritrova a rimpiangere di non essere morta con loro quella volta.

 

«Tu eri destinata a salvarti. Eri destinata ad un fato differente da quello dei tuoi fratelli. Destinata ad una vita sofferente… proprio come la mia.»

Ansimante e stanca, Sibilla è costretta a sorreggersi con tutto il peso al suo arco saldamente piantato a terra, tra il fango e le pozze d’acqua.

Sta piovendo e quella mostruosa figura è di fronte a lei, a così pochi passi: potrebbe finalmente ucciderla senza troppa fatica, ma purtroppo ha terminato le frecce e la spada è stata spezzata da un forte fendente calato dall’alto. E perciò Sibilla se ne sta così, ad attendere la sua - tanto agognata - morte, proprio per mano del demone che avrebbe dovuto fermare.

Lamia la osserva, assorta. Se ne sta lì, ferma, sotto la pioggia; il cappuccio blu notte leggermente calato sul suo volto, la mano con la spada a riposo lungo il fianco. Al momento è ancora sotto forma di ciò che era un tempo: una donna bellissima, molto somigliante a quella figlia ora di fronte a sé.

«In fondo siamo così simili io e te.» sospira Lamia, con una voce tanto bella quanto inumana «Due vite così simili. Tu, a tua volta, non conoscerai mai la felicità.»

Sibilla si stringe con forza all’arco, sentendo così fastidiosamente vere quelle parole.

«Ho quasi pietà di te, figlia mia.» continua il mostro «Così infelice. Così sola.»

«Perché non smetti di blaterare e mi ammazzi?» la interrompe Sibilla con voce roca e ira nel tono.

«Io non voglio ammazzarti, Sibilla.» il sorriso che le si disegna in viso racchiude tutta la sua malignità «Il tuo fato è abbastanza terribile da farti somigliare a me. Questo perciò mi fa credere che tu soffra molto e questa tua sofferenza sarà una mia piacevole ricompensa a tutto il fastidio che mi crei cercando di intralciare il mio operato di morte. Non verrei mai ad ucciderti con le mie mani finché posso godere di questa tua situazione.»

E a quel punto, con una terribile risata, Lamia scompare in uno stormo di tanti corvi che si elevano al cielo.   

 

A quel punto Sibilla si riscuote da quel ricordo, uno dei suoi scontri con sua madre prima di conoscere Elios.

Ha ancora lo sguardo puntato sull’acqua e nella mente le ultime parole di Lamia.

Ma certo…

Si volta verso Elios e interrompe le sue imprecazioni.

«Un modo c’è. Di fermarla, un modo c’è.»

Lui si blocca e la guarda stupito.

Sibilla si alza in piedi e ordina:

«Seguimi.»

 

*

 

Sibilla è di fronte all’alto specchio e si osserva mentre si pettina i lunghi capelli. I neri boccoli vengono man mano sciolti e poi sapientemente intrecciati in un’elaborata acconciatura.

È davvero bella e fiera e di aspetto può sicuramente eguagliare il fascino di sua madre. Questo pensiero fa improvvisamente incupire il suo viso.

Somiglierò pure al tuo riflesso, madre! E a questo non posso sottrarmi.

Però oggi ti supererò in sensualità e diventerò Donna.

Con questo fiero e sicuro pensiero in mente si va ad affacciare alla finestra osservando dall’alto il boschetto che si infittisce poco più avanti, dove sono stati appena conclusi gli ultimi preparativi del suo matrimonio.


 

  
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