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Autore: Me91    25/09/2017    4 recensioni
"Primo posto al contest indetto da E. Comper sul sito: ‘Cronache di Cacciatori’"
Nell'Antica Grecia è in corso una spietata caccia a un malefico mostro.
Tra miti e Dei, breve frammento di vita di due cacciatori e la loro missione.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buonasera a tutti e grazie mille a molang e Old Fashioned per le recensioni positive!! Spero che il resto del racconto soddisfi la vostra curiosità/piacere :)


Capitolo 1

 

«Sei bellissima Scilla.»

Il viso della donna riflesso allo specchio si illumina di un estasiato e al col tempo timido sorriso. Gli occhi, di un azzurro chiarissimo, brillano di luce viva, grata.

Alle sue spalle una donna dal simil volto, ma più posato e meno fanciullesco, con uno sguardo profondo color mogano e l’aria di chi ha dovuto superare molte prove nella sua vita. Una vita ancor giovane, quella di Sibilla, ma costellata di sacrifici e dolore. Una vita dedicata anche a tener lontano da tutto ciò la sua dolce sorella minore, che ora siede elegantemente di fronte a lei.

Le due sorelle si guardano attraverso lo specchio, scambiandosi teneri sorrisi.

«Non eguaglierò mai la tua bellezza, sorella mia.» ribatte Scilla con ammirazione «Guardati! Che fiera donna dallo sguardo regale, che possenti braccia e abilità in lotta, da far invidia agli Dei.»

Sibilla le accarezza dolcemente il volto, continuando ad osservarla allo specchio, e accosta la sua guancia a quella di Scilla.

«Ti amo, sorella mia.» sussurra Sibilla con la sua voce calda «Che la tua dolcezza ti accompagni fin dopo la morte.»

Sorridendo, Scilla si volta e l’abbraccia teneramente, mentre Sibilla ricambia con più forza e tutto il suo amore.

 

*

 

Di egual bravura della venerata Dea Artemide nel tiro con l’arco, Sibilla è all’epoca considerata la cacciatrice più abile e rispettata dell’Antica Grecia.

Eccola che cavalca con armoniosa eleganza il suo destriero fulvo: la figura si erge maestosa, in perfetto equilibrio sul morbido manto del cavallo; i raggi del sole fanno brillare il ciondolo di smeraldo che porta sempre al collo, regalando dei magnifici riflessi serpentini all’immacolata tunica scossa dal vento; i muscoli delle braccia si flettono con spietata perfezione mentre la corda dell’arco dorato si tende; gli occhi, freddi e concentrati, sono fissi sul loro bersaglio e seguono infine la freccia, assicurandosi di non sbagliare il colpo. Questa parte con un sibilo sinistro, fende l’aria con grintosa energia e con sordo e viscerale suono va a trafiggere il fianco del mostruoso animale in fuga poco più avanti. La bestia, simile ad un demoniaco leone, lancia un ruggito raggelante e cade di colpo di lato, rotolando tra le spighe di grano. Si alza un fitto polverone al suono dei terribili versi del mostro colpito a morte, poi improvvisamente il corpo termina la sua corsa e tutto di nuovo tace.

Uno stormo di corvi si alza in volo poco più in là, accompagnando con il loro vociare l’arrivo di Sibilla. Questa ferma il cavallo a pochi passi dalla bestia e scende a terra con un rapido balzo, avvicinandosi.

Alle sue spalle, con ritmico suono, la raggiunge Elios chiamandola a gran voce.

«Sibilla! Avrei voluto io infliggere il colpo mortale a quell’essere immondo!»

«Avresti potuto sbrigarti prima dai tuoi impegni, Elios.» lo apostrofa lei, voltandosi a guardarlo.

Disegnando grandi cerchi in cielo, Elios, in groppa al suo alato cavallo bianco, la osserva dall’alto con un piccolo sorriso ironico.

«Perdonami se sono stato occupato a portare in salvo quella gente dalla loro casa in fiamme.»

«Non è certo mia la colpa se il tuo destriero alato non è abbastanza veloce da permetterti di poter svolgere certi compiti più in fretta.»

Il cavallo sbuffa con un infastidito movimento del capo e Elios, accarezzandolo di lato, gli fa cenno di atterrare.

«Non prenderti gioco di questa maestosa bestia.» l’uomo scende da cavallo e lo ammira con entusiasmo «Pegaso è indubbiamente la creatura più maestosa che abbia mai osservato.»

«Credo infatti che Perseo sia ancora in ira con te per averglielo sottratto.» gli fa notare lei alzando un sopracciglio «Non credo ti risparmierà al vostro prossimo incontro.»

«Non penso sarà in grado di sopraffarmi.» sorride lui con sicurezza e si avvicina al corpo del mostro, mentre alle sue spalle, sgrullando energicamente la groppa, Pegaso fa scomparire le ali come per magia, tramutandosi in un semplice cavallo bianco.

Sibilla lo osserva per un ultimo istante, poi volge la sua attenzione alla bestia appena uccisa.

«Grandi zanne, possenti zampe e sputava fuoco.» elenca Elios, portandosi le mani ai fianchi «Sarà sicuramente una creatura uscita dagli Inferi.»

«Oppure plasmata da lei.» sentenzia Sibilla, seria e meditabonda.

Elios si volta a guardarla, sorpreso.

«Lamia? Lei è morta!» va a stringere con forza l’elsa della sua splendida arma «L’ho uccisa con le mie mani! Ricordo ancora il tremendo suono della lama che trafiggeva la sua carne, trapassandola da parte a parte. E il suo sangue caldo sulla mia pelle, mentre si accasciava contro di me esalando l’ultimo respiro.»

«E poi il suo corpo scomparve tra il volo di cento corvi neri.» Sibilla volta lo sguardo alla sua sinistra, osservando il campo di grano e il cielo all’orizzonte «Corvi, come quelli che ho intravisto qui poco fa.»

«Cosa vorresti dire?»

«Che Lamia non è morta.» torna a guardarlo con fare grave «E quella volta fu solo uno dei suoi sortilegi per poterci sfuggire. Probabilmente in punto di morte riuscì a scappare con la sua magia.»

«E dopo così tante lune torna a disseminare orrore in queste terre? Perché dopo così tanto tempo?»

«Le ci sono volute tutte queste lune per poter riacquistare forza.» ragiona Sibilla, portandosi una mano al mento mentre fissa il terreno con aria pensierosa.

«E perché attaccare questo villaggio con un mostro simile?» chiede ancora Elios, indicando il demone «Soprattutto sapendo che noi ci trovavamo in questa zona? Non le può essere passato inosservato il fatto che eravamo stati ad Atios, una città così vicina a questo luogo, per ricevere i pubblici ringraziamenti del signore di queste terre per i nostri servigi passati. Della festa devono averne parlato in tutte le campagne circostanti, considerando quanta folla ha partecipato.»

Sibilla alza gli occhi su di lui, capendo improvvisamente.

«Proprio per farci sapere che lei è tornata.» sentenzia, stringendo con rabbia il suo arco «Farci sapere che lei è qui, lo è adesso.»

Si gira in direzione del villaggio poco lontano, ancora in parte lambito dalle fiamme.

«E magari in questo istante si sta nutrendo di qualche bambino!»

Con un agile salto è già in groppa al suo cavallo, mentre Elios, sorpreso, comprende che sono stati ingannati.

«Ma certo! Il mostro serviva solo per distrarci!» furioso, risale su Pegaso, incitandolo a prendere il volo.

Entrambi i destrieri partono in una corsa sfrenata tra le spighe dorate; dopo pochi metri, con un magico e brillante fruscio, le immense ali di Pegaso si dispiegano su quel mare d’oro, sbattono potenti e in pochi colpi fanno levare in volo il maestoso animale. Cavalcando le correnti d’aria, il destriero alato si fionda verso il villaggio davanti a loro e scende quindi in picchiata, sorvolando rapido strade e campi. Sono quindi delle grida disperate ad attirare l’attenzione di Elios, che si fionda in direzione di una villetta isolata: lì una madre, accasciata al suolo, stringe convulsamente tra le braccia un bambinetto sanguinante, pallido e inerme.

Alle porte del villaggio, Sibilla arresta la corsa del suo cavallo a pochi passi da un altro fanciullo, di cinque o sei anni, scompostamente adagiato a terra con abiti stracciati e sguardo vitreo. Sua madre lo sta cercando a gran voce proprio dietro la loro casa. Sibilla scende e si avvicina di qualche passo, poi le sue gambe tremanti cedono, facendola finire inginocchiata proprio di fronte al povero bambino, mentre gli occhi le si riempiono di amare lacrime.

L’incubo è tornato.

 

*

 

«Perdonami, ma chi sarebbe Lamia?»

Il fuoco sfrigola al buio, illuminando caldamente le brillanti pietre disposte a cerchio attorno alle fiamme e il volto curioso di quel bel giovane tranquillamente posato ad un albero poco più in là. Il giovane, dai dolci riccioli neri che gli ricadono sulle spalle, una semplice toga bianca e una lucente spada al suo fianco, si chiama Elios e leggenda narra che sia figlio di un uomo e di una bellissima ninfa, ancella di Artemide. Quest’ultima, scoperto il tradimento della sua ninfa, votata alla verginità, tramutò la fanciulla in un salice, ai quali piedi spuntò però un bambino, caldamente abbracciato dalle protettive radici della pianta. La bellezza di quel bambino, e il tenero abbraccio che l’albero gli offriva, impietosirono la Dea che decise di adottarlo, facendolo crescere al sicuro tra le altre ninfe e addestrandolo all’arte della caccia e della lotta.

«Lamia fu la regina della Libia, figlia di Belo.» risponde con tono solenne Sibilla, dritta di fronte a lui «Essa ebbe in dono da Zeus la possibilità di cavarsi gli occhi dalle orbite e rimetterli al loro posto a proprio piacere.»

«Dono interessante.» commenta con ironia Elios, accarezzandosi il mento con un mezzo sorriso.

«Sappi che poi la donna conquistò l’amore di Zeus, scatenando però tutta l’ira di Era.»

«Sarei anch’io affascinato da una donna dalle orbite vuote a piacimento.» ride il cacciatore sommessamente.

Sibilla prosegue, ignorandolo:

«La vendetta di Era fu terribile: uccise tutti i figli bastardi nati dall’unione tra la regina e il Dio. Da quel giorno il sordo dolore condusse Lamia ad uccidere bambini succhiandone via il sangue, procurando così le sue medesime sofferenze a molte altre madri.» un brivido la percorre, mentre immagini orribili le colorano la mente.

Elios storce le labbra, orripilato a sua volta.

«Lamia era una donna bellissima.» mormora Sibilla, trattenendo un sospiro «Ma il nutrirsi del sangue di quelle anime innocenti portò un profondo mutamento al suo aspetto, trasformandola in un mostro. Può però nascondere le sue terribili sembianze tramite un’oscura magia: è infatti in grado di tramutarsi in bestie o mostrarsi per la bella donna che era un tempo, ingannando chi la incontra.»

Scende un breve silenzio, poi Elios domanda seriamente:

«E dimmi, splendida guerriera, perché sei venuta a cercarmi e mi stai raccontando queste cose?»

La donna lo osserva un istante senza dir nulla, per poi esordire:

«La tua fama ti precede, Elios dalla Lama Lucente. Si dice che tu sia tra i migliori cacciatori che camminano su queste terre; che sia stata Artemide stessa a insegnarti l’arte della caccia e l’abilità con la spada.»

«Così dicono, sì.» asserisce lui fieramente.

Sibilla storce un poco le labbra.

«Ammetto di provare invidia nei tuoi confronti. Tu, umano, accolto sotto la protezione della mia venerata Dea e da lei stessa istruito.»

«Perché sei venuta a cercarmi?» chiede nuovamente Elios, incitandola a venire al dunque.

Sibilla afferra il suo arco dorato e lo mostra a Elios, facendolo brillare alla rossiccia luce del focolare. Posandolo su entrambi i palmi delle mani, lo porge all’uomo. Questi lo afferra con curiosità, osservandolo con minuziosa attenzione.

«Riconoscerai la fattura di questa arma.»

Con sorpresa, Elios rialza gli occhi sulla donna, esclamando:

«Somiglia molto all’arco di Artemide!»

«Ne è il gemello.» risponde Sibilla con fierezza «I Ciclopi ne forgiarono uno d’argento per la Dea e questo d’oro fu donato a me.»

«Che arma maestosa!»

«Lo è.» concorda Sibilla, riappropriandosene elegantemente «Votandomi alla Dea Artemide, ho imparato ad usare l’arco come lei, onorando il suo nome e rendendomi degna ai suoi occhi di possedere un’arma simile.»

Rimettendosi l’arco in spalla Sibilla conclude:

«E quindi Elios dalla Lama Lucente, io sono colei che è stata designata a porre fine alla scia di morte che Lamia lascia dietro di sé, ma non posso farlo da sola: quel mostro è troppo potente. Ho bisogno di un compagno fidato che possegga doti pari alle mie: e chi meglio del discepolo della mia amata e somma Artemide? Sono qui per chiederti di unirti alla mia battaglia.»

Scende nuovamente il silenzio. I due si guardano negli occhi, studiandosi a vicenda.

Dopo qualche momento, è Elios il primo a parlare:

«E io cosa potrò guadagnarci?»

«La mia gratitudine.» risponde subito Sibilla con un cenno di rispetto, per poi aggiungere «Oltre che molto oro.»

«Direi che questa seconda offerta è molto allettante.» Elios la scruta con sospetto «E da dove verrebbe questo oro?»

«Posso chiederne quanto tu ne voglia. Mio padre non avrà problemi a donartelo.» risponde lei con prontezza.

«Tuo padre? E chi sarebbe costui di così potente da potermi concedere tutto l’oro che voglio? Chi sei tu?»

Sibilla lancia uno sguardo al fuoco con fare pensieroso, poi torna a guardare l’uomo, sentenziando:

«Era credette di aver ucciso tutti i figli di Lamia. Ma si sbagliava.»

Elios alza le sopracciglia, incredulo.

«Io sono Sibilla, figlia di Lamia e del potente Zeus.»

  
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