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Autore: ranyare    29/09/2017    1 recensioni
Quando Garon ha orchestrato l'incidente di Cheve, non ha pianificato soltanto il brutale assassinio del Re di Hoshido, ma anche di appropriarsi di una specifica bambina dal sangue di drago. Ma come poteva essere certo che la bambina che ha strappato dal corpo ancora caldo del Re sia davvero quella giusta?
Le bugie crollano quando Ileana, cresciuta come una principessa nohriana, viene catturata da una pattuglia hoshijin presso l'Abisso Infinito, e portata al cospetto della regina Mikoto e di una ragazza della sua età, Zoe; ma il prezzo da pagare per la verità si rivelerà, però, troppo alto per entrambe.
Mentre le ombre della guerra si stagliano sul continente di Euanthe, Ileana e Zoe dovranno prendersi per mano per proteggere i propri cari dal pericolo imminente.
Dalla storia:
Ma, se gliel’avesse detto, il Principe Ereditario non sarebbe partito con un’armata, preferendo invece una delegazione diplomatica. E Re Garon non avrebbe avuto la guerra che voleva così tanto – la guerra che lui, il suo fedele e capace Iago, aveva passato tutto quel tempo a preparare. Quindi, ovviamente, non aveva detto nemmeno una parola sulla pergamena, già sparita in uno sbuffo di fiamme guizzanti.
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Avatar/Kamui (F), Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Golden Bridges'
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Aranyhíd

Hiraeth

(Welsh)

Un sentimento di lontananza, di distanza, non necessariamente da casa. Un forte desiderio di trovarsi in un altro posto.

.

.

Era così facile ubbidire agli ordini.

“Vai a dare un’occhiata alla situazione.”

Un ordine era chiaro, preciso, non poteva essere frainteso: non c’erano margini che avrebbero potuto essere valicati perché nelle parole stesse era insito tutto ciò che doveva fare, senza pensare, senza riflettere, senza chiedersi se ciò che stava facendo era giusto o sbagliato.

“Controlla che non ci sia nessuno nelle vicinanze e riportami la posizione di tutte le guardie e dei principi.”

Kaze era stato perentorio, chiaro, diretto: le aveva dato delle disposizioni ben precise e Zoe era stata più che felice di annuire docilmente, riprendersi la spada che aveva riposto al proprio fianco durante il suo turno di guardia e uscire dalla stanza in cui, immobile, aveva trascorso le ultime ore a vegliare il sonno agitato della principessa e quello leggero che Kaze si era finalmente permesso dopo giorni di vigilanza costante.

“E, se dovessi incontrare il principe Takumi di nuovo, torna fra le ombre.”

Quella era stata l’indicazione più importante di tutte: sapere che cosa avrebbe dovuto fare in quel caso, che cosa ci si sarebbe aspettato da lei in quella situazione, era l’unico conforto che desiderava – l’unico che aveva permesso a se stessa di ricevere, nonostante lo sguardo intriso di preoccupazione che Kaze le aveva rivolto quando era tornata da lui e da Ileana.

Pensava di essersi comportata bene, tutto sommato.

Non aveva pianto, non aveva parlato, non aveva riferito nulla di ciò che era successo: si era semplicemente accomodata accanto all’amico, ignorando le sue domande silenziose mentre lei si preoccupava di cambiargli l’ormai vecchio e liso bendaggio che gli avvolgeva una mano ferita – le erano sembrate bruciature da sfregamento, quelle, ma non si era data la pena di chiedergli come se le fosse procurate.

Kaze non aveva insistito più di tanto, per fortuna, e Zoe si era approfittata della sua evidente stanchezza per consigliargli di riposare mentre lei avrebbe montato la guardia; il Maestro Ninja non aveva potuto far altro che sospirare, costretto ad arrendersi davanti all’espressione troppo assente, troppo vuota, della ragazza che conosceva da tutta una vita.

Le aveva posto soltanto una domanda, prima di lanciare un’ultima occhiata preoccupata alla figuretta esile della principessa addormentata nella penombra dorata che avvolgeva quella stanza, prima di concedersi un piccolo, raro lusso e accomodarsi su una confortevole poltroncina foderata posta direttamente di fronte al letto di Ileana.

Hai litigato con il principe Takumi, vero?

, avrebbe tanto voluto sbottare Zoe in quel momento. Sì, aveva litigato con il principe Takumi e sì, il suo cuore era a pezzi a causa sua, a causa del disprezzo che aveva scorto in quello sguardo familiare, a causa delle parole colme di cattiveria che le aveva sputato addosso.

Ma non l’aveva fatto.

Aveva soltanto annuito, rapidamente, distolto lo sguardo dall’amico per gettare via le bende sporche e macchiate di sangue e sguainato silenziosamente la propria spada, posandola con delicatezza al proprio fianco e accoccolandosi in un angolo della stanza da cui poteva tenere d’occhio tanto la finestra quanto la porta.

Soltanto quando Kaze aveva chiuso gli occhi ed il suo respiro si era fatto più lento e regolare – tutti i ninja erano in grado di addormentarsi molto in fretta, e lei aveva sempre invidiato quell’abilità che non era mai riuscita a padroneggiare – e Ileana si era girata su un fianco, l’espressione finalmente pacificata, Zoe si era permessa di piangere.

Takumi.

Le nocche di una mano strette fra i denti per soffocare ogni rumore, le unghie dell'altra piantate fra i capelli e le ginocchia strette al petto, aveva versato tutte le lacrime che non si era permessa dinanzi a Takumi: aveva lasciato che l’umiliazione ed il dolore prendessero il sopravvento su di lei, aveva concesso loro di spazzare via ogni briciola del suo cuore dolente, si era abbandonata alla furia con cui le sue emozioni avevano imperversato nel suo petto fino a che non era rimasto più niente se non quel vuoto ovattato in cui, misericordiosamente, non aveva sentito più nulla.

Forse Kaze non aveva dormito affatto, rifletté: forse era rimasto lì, in silenzio, ad ascoltare il suo respiro affannoso e i suoi singhiozzi soffocati, rispettando il suo bisogno di solitudine perché sapeva bene che lei aveva sempre fatto così, che aveva sempre sfogato le proprie – tante, troppe, immense – debolezze soltanto quando nessuno avrebbe potuto vederla.

Quando si era svegliato, però, non le aveva detto nulla: le aveva fatto cenno di seguirlo nella stanzetta che fungeva da anticamera per la camera da letto e le aveva dato quelle poche, precise istruzioni che lei, senza una parola, aveva accettato con un cenno prima di dileguarsi nelle ombre sempre più lunghe del tardo pomeriggio – ed eccola lì, adesso, a camminare con un passo molto meno spedito e sicuro del solito, una mano appoggiata stancamente sull’elsa della spada e lo sguardo assente, la mente vuota, un dolore sordo nel petto.

Faceva ancora così male.

Sospirò, massaggiandosi stancamente le tempie.

Quella stanchezza abissale che era rimasta dopo quelle lunghe ore non sembrava essere stata in grado di acquietare del tutto l’agonia che sentiva ancora fremere in fondo allo stomaco, che sembrava essersi annidata nei suoi muscoli, inquieta come una bestia su cui era calato un sonno leggero e tormentato: il dolore era ancora lì, lo sapeva, e l’avrebbe torturata per molti giorni – notti – a venire, ma, perlomeno, adesso si sentiva molto più padrona delle proprie emozioni e del proprio temperamento.

Non avrebbe più pianto.

Odiava piangere, odiava mostrarsi debole, odiava rendersi conto di quanto il suo animo troppo tenero fosse così semplice da ferire; quello sfogo che si era concessa doveva essere l’ultimo, non aveva proprio voglia di lagnarsi ancora, aveva così tante cose a cui pensare che sarebbe stata soltanto un’inutile e dannosa perdita di tempo…

Il suono di una porta che scorreva la riscosse, facendole drizzare le orecchie e le spalle.

-Zoe?-

Ryoma.

Sbuffò, Zoe, sfregandosi furiosamente il viso per cercare di ricomporre quell’espressione seria e neutra dietro cui sperava di potersi trincerare davanti a lui; raddrizzò la schiena, prese un respiro profondo ed infine si voltò, pronta per affrontare quell’unica persona che sembrava essere sempre in grado di fare a pezzi ogni suo tentativo di nascondersi.

Eccolo lì, l’Alto Principe, sulla soglia di una stanza che Zoe presunse essere un qualche tipo di ufficio: non indossava più l'armatura e, al suo fianco, non era più appesa Raijinto – era strano vederlo così, con le occhiaie profonde sotto gli occhi e l’espressione esausta, più vulnerabile di quanto lei non avesse mai avuto occasione di scorgerlo.

Non doveva essere stata una giornata facile nemmeno per lui, si scoprì a pensare, sorprendendosi di non essere abbastanza provata da non accorgersi di quanto Ryoma sembrasse affaticato; non le piaceva affatto vederlo in quello stato, non le era mai piaciuto, ma una fitta di frustrazione parve pugnalarla quando si rese conto che non c’era proprio niente che avrebbe potuto fare per lenire un poco la cupezza incisa in quel volto che, negli anni, aveva visto scurirsi ogni giorno di più.

-Sì?- rispose, detestando quella voce che le uscì così palesemente rauca che chiunque si sarebbe accorto che aveva pianto e per tutti gli dei, Ryoma era l’ultima persona al mondo che meritava di vederla in quello stato.

-Stavo per venire a cercarti.- la informò e, come la guardò, Zoe comprese immediatamente di aver fallito almeno quanto lui nel nascondere il proprio turbamento: l’espressione preoccupata di Ryoma era la stessa che lei lo aveva visto rivolgerle tante volte, nel corso degli anni, sin da quella ormai lontanissima serata di tanti anni prima… e dovette distogliere lo sguardo, incapace di sopportare oltre la gentilezza in quegli occhi così familiari, così cari.

Annuì, rimanendo immobile quando lui si chiuse alle spalle la porta e la raggiunse, evitando di proposito di alzare gli occhi – aveva proprio una sfortuna assurda, oggi: prima Takumi ed ora lui, accidenti, ma non potevano proprio lasciarla in pace, quei dannatissimi principi!?

-Vorrei parlare con Ileana, se è sveglia. Mi accompagneresti?- le propose, aggrottando le sopracciglia quando lei, insolitamente quieta, si strinse nelle spalle e gli rivolse soltanto un breve cenno della testa, mentre sperava ardentemente che Ileana fosse ancora persa nel mondo dei sogni così come lei l’aveva lasciata un’ora prima.

-Sì, certo.- accettò, controvoglia, affiancandolo quando lui si avviò lungo il corridoio senza alcuna fretta apparente, riempiendo quello spazio così greve con la sua figura diamine, era davvero strano vederlo senza quell’orribile elmo cornuto.

Alzò gli occhi verso il soffitto, percependo il peso delle domande che Ryoma le avrebbe posto di lì a pochi istanti se non si fosse sbrigata a trovare un argomento con cui distrarlo – poteva quasi già sentire quella sua voce profonda chiederle che cos’era successo per ridurla a quella silenziosa ombra di se stessa, ma non aveva proprio voglia di affrontare quell’argomento, con lui o con chiunque altro.

-Come…- si schiarì la voce, infastidita da quello spettro di debolezza che ancora vi avvertiva. -Come sta la regina?- domandò, rammentando l’espressione sconvolta e la voce intrisa di dolore di lady Mikoto.

Ryoma s’incupì, incrociando le braccia sul petto.

-È ancora molto scossa.-

Già, scossa era un eufemismo, avrebbe voluto sbottare Zoe, ma si trattenne: una parte di lei avrebbe tanto voluto sottolineare quanto l’esplosione di Ileana si sarebbe potuta tranquillamente evitare con un poco di accortezza in più da parte della famiglia reale, ma sentiva di aver già fatto abbastanza affidamento sulla sua buona stella, quel giorno, per aggiungere alla sua già lunga lista di mancanze di rispetto anche quella protesta.

-Non è stata una giornata facile per nessuno.- si limitò, quindi, a commentare, gli occhi pieni di terrore di Ileana ancora impressi a fuoco nella sua memoria assieme all’espressione esausta e tormentata di Kaze, a quelle sconsolate dei suoi amici.

-Non avresti dovuto prendertela con Hinata e Oboro.-

…oh, beh, la sua buona stella avrebbe potuto fare ancora qualche piccolo sforzo, dopotutto.

Si passò le dita fra i capelli, digrignando i denti quando i suoi polpastrelli incontrarono la resistenza di tanti, troppi nodi fra le ciocche bionde.

-Beh, forse con Oboro un po’ sì, ma insomma… non hanno fatto niente di male.- aggiunse, rinunciando a quel patetico tentativo di sistemarsi i capelli quando Ryoma le rivolse un’occhiata penetrante che, ancora una volta, lei si rifiutò di ricambiare.

-Sono le sue guardie. Hanno il dovere di proteggerlo.- le spiegò, così come tante volte le aveva spiegato tutti quei perché di cui Zoe era sempre stata avida fin da bambina e che lui, paziente, non le aveva mai negato. -Anche da se stesso, se necessario.- aggiunse, cupo, ma l’unica risposta che ottenne da Zoe fu l’ennesimo sbuffo irritato.

-Ci hanno provato.- replicò, scoprendosi più caustica di quanto avrebbe voluto essere, ripensando a ciò che Hinata le aveva raccontato: lui aveva provato a fare del suo meglio, ma come avrebbe potuto trovare un modo per fermare Takumi? In che stato sarebbe stato ridotto il suo amico se si fosse opposto più strenuamente alla follia del principe?

Serrò le dita sulla sua spada, percependo quel suo mostro interiore stiracchiarsi.

Se Ryoma aveva urlato contro Hinata, contro Oboro, allora che cosa stava aspettando per prendersela anche con lei? Dopotutto, aveva fatto un macello molto più eclatante dei suoi amici…

-Senti, se devi sgridare anche me fallo subito, okay?- sbottò, irritata, fermandosi all’improvviso e costringendosi a guardarlo in faccia, a sostenere lo sguardo perplesso che le rivolse. -Lo so che ho fatto un disastro, ma non__-

-No.- Ryoma alzò una mano, arrestando con quel gesto soltanto il fiume di parole che Zoe sentiva fremere sulla punta della lingua, e si avvicinò – e fu difficile, per Zoe, ricordare a se stessa che avrebbe davvero dovuto tacere, che agire in quel modo le aveva già causato abbastanza guai, che Ryoma era una persona paziente ma che persino la sua pazienza doveva pur avere dei limiti: tutto ciò che vedeva, davanti a sé, era l’uomo giusto e leale che lei aveva sempre ammirato e che non le aveva mai offerto altro che amicizia e rispetto, che l’aveva sempre trattata come una sua pari… e che non sembrava nemmeno arrabbiato, si costrinse ad ammettere con se stessa, scrutando con diffidenza quei pacati occhi verdi.

…perché non era arrabbiato?

Le labbra di Ryoma si piegarono impercettibilmente verso l’alto, forse in risposta all’espressione sospettosa della Samurai.

-Hai fatto quello che ritenevi giusto.- affermò, a voce bassa, e Zoe poté percepire la sorpresa allargarsi sul proprio viso quando si rese conto che la calma nella sua voce era la stessa che poteva scorgere nel suo sguardo, che Ryoma pensava davvero quello che stava dicendo – che era sincero. -E, a dire il vero… sei stata l’unica, oggi, che ha agito bene.-

Aveva agito bene.

Non si era nemmeno resa conto di quanto avesse avuto bisogno di sentirsi dire quelle parole.

-…ah.- fu tutto ciò che riuscì a mormorare, sconvolta da quell’affermazione che non si era aspettata – che non aveva nemmeno osato sperare di sentire, né da lui né da nessun altro, perché tutto ciò che aveva ottenuto in cambio del suo atteggiamento erano state pugnalate in pieno petto… e invece eccola lì, la sua certezza, il suo conforto, quella briciola di pace che non era riuscita a trovare nemmeno rifugiandosi nel pianto, in poche e semplici sillabe che, tuttavia, avevano un valore immenso.

Aveva agito bene.

Nonostante tutto, nonostante le ferite che ancora suppuravano il veleno con cui erano state inferte… per qualche attimo, in quelle parole che valevano tutto, Zoe credette davvero, ed il ruggito furioso che soffiava dentro di lei parve acquietarsi un poco, domato dalla gentilezza di quella voce familiare.

Tuttavia, imbarazzata, sbuffò, incrociando le braccia ed inarcando un sopracciglio, irritata dal calore sospetto che già sentiva bruciare intorno al colletto del kimono – ma perché Ryoma non poteva semplicemente urlarle contro invece di lodarla!? Era impazzito anche lui come tutti i suoi parenti, quel giorno!?

-E allora perché mi guardi in quel modo?- brontolò, ignorando la fitta di dolore che la trafisse quando si accorse che quell’atteggiamento così schivo nei confronti di un elogio assomigliava terribilmente a quello di Takumi. Per fortuna Ryoma la distrasse, aggrottando le sopracciglia in un modo che Zoe conosceva tanto bene e che preannunciava, di solito, grossi guai.

-Sto cercando di capire come stai affrontando tutto questo.-

Ecco, l’aveva fregata.

-Ma perché è sempre così con te?- sbottò, incapace di trattenersi oltre e resistendo alla tentazione di ficcarsi le nocche in bocca, soffocando con la sola forza di volontà l’imprecazione che le era salita in gola nel momento stesso in cui si era accorta di essersi lasciata prendere di sorpresa – per l’ennesima volta.

-Come?-

Il rossore che le bruciava la gola parve allargarsi anche sulle sue guance ma Zoe decise di ignorarlo, troppo impegnata a chiedersi perché, per tutti gli dei, Ryoma non le aveva chiesto di Ileana; non sarebbe stato meglio, non sarebbe stato più normale – diamine, dopo tutto il caos che era venuto a crearsi, si era aspettata un fiume di domande sullo stato di salute della principessa ritrovata, discorsi su discorsi su cosa sarebbe cambiato una volta riportata la sua sorella perduta a Shirasagi…

E invece aveva deciso di chiedere di lei.

-Non dovresti preoccuparti per me. Io non sono proprio niente di speciale.- brontolò, abbassando la testa per tentare di trovare rifugio nelle ciocche più lunghe della sua frangia, imbarazzata e risentita allo stesso tempo.

-Mi sembra di averti già detto molte volte che non è vero.-

Come non detto.

Si morse la lingua, sopprimendo il desiderio di mettersi ad urlare anche contro di lui, di ricordargli che dannazione, Ileana era tornata, che aveva bisogno di conforto, che lui almeno avrebbe dovuto domandare come si sentisse – e che avrebbe davvero, davvero dovuto smetterla di fare così, di dimostrare tanto interesse per una semplice Samurai che forse non sarebbe mai nemmeno diventata guardia reale e cominciare a trattarla con la distanza che avrebbe dovuto tenere, con lei, fin da bambini.

-Lo è e tu lo sai bene quanto me e quanto tuo fratello.-

Oh, sì. Takumi aveva messo bene in chiaro quanto fosse conscio della differenza di status fra loro.

Ryoma sospirò, passandosi fiaccamente una mano sugli occhi affaticati.

-Ah, ora capisco. Cosa ha fatto?- le domandò, ottenendo però soltanto una scrollata di spalle come risposta.

-Niente.-

Perché non cominci a comportarti come una serva?

Oh, Zoe aveva sentito quelle parole così tante volte da perderne il conto.

I sussurri degli aristocratici l’avevano seguita per tutta la vita, chiedendosi perché le fossero state concesse così tante libertà e insinuando che la sua unica utilità fosse soltanto quella di un giocattolo, una balia per la piccola Sakura e un piacevole sollazzo per i fratelli più grandi – quale altra ragione potevano avere, in fondo, per tenersi vicino quella bizzarra ragazzina con le orecchie a punta?

Zoe aveva imparato a ignorarli, a non dar peso agli sguardi pieni di cattiverie e a quelle insinuazioni ributtanti: facevano male – avrebbero sempre fatto male – ma si trattava di un prezzo che aveva sempre pagato volentieri, in silenzio, pur di avere la possibilità di rimanere accanto a Ryoma, a Hinoka, a Sakura… a Takumi.

Sì, quelle non erano state parole nuove, ma… non le aveva mai sentite pronunciare da qualcuno di cui le fosse davvero importato qualcosa – mai da Takumi, il ragazzo a cui da ragazzina si addormentava in grembo leggendo assieme a lui, che le chiedeva di pettinargli i capelli dopo gli addestramenti e che lei aveva stupidamente pensato non avrebbe mai potuto… che non sarebbe mai stato capace di…

Per Hotoke, come poteva essere stata così stupida?

Come poteva non aver visto il mostro che si annidava dietro il Takumi che conosceva da sempre, il mostro che aveva fatto promesse terribili a Ileana, che aveva ferito lei?

Sarebbe più facile se fossi tu.

Quelle parole che l’avevano resa tanto felice adesso si erano tramutate in braci incandescenti, che ardevano nella sua carne lasciando alle proprie spalle soltanto un vuoto sfrigolante e l’odore della pelle morta e bruciata.

Non lo era. Non lo sarebbe mai stata.

Lei non era parte di loro, della loro vita, ed era stata così maledettamente ingenua a cullarsi in quella bugia dorata che era crollata su di lei nel momento stesso in cui aveva guardato negli occhi di Takumi e aveva visto soltanto disprezzo.

Dei, perché non le avevano impedito di avvicinarsi a loro? Perché non l’avevano tenuta a distanza, come sarebbe stato corretto fare, come avrebbero dovuto fare? Almeno, almeno non avrebbe dovuto provare quel dolore atroce che sentiva bruciarle nella carne quando ripensava al fratello che sentiva di aver irrimediabilmente perduto quel giorno…

-Zoe.-

La voce seria e decisa di Ryoma la costrinse a tornare bruscamente al presente, a strapparsi da quei pensieri pieni di rabbia in cui si era ripromessa di non lasciarsi più affogare.

-Ha solo sottolineato l'ovvio.- mormorò, chiudendosi le spalle fra le dita perché aveva così tanto freddo, lo sentiva affondare le sue radici fino a stritolarle il petto e renderle impossibile respirare.

Takumi non l’avrebbe mai perdonata, e lei non aveva alcuna intenzione di farsi perdonare. Si era spezzato qualcosa, quel giorno, e per un istante Zoe rabbrividì al pensiero di come sarebbe stata la vita a Shirasagi da quel momento in avanti, a come sarebbe inevitabilmente cambiato tutto – perché, Ileana o meno, niente sarebbe stato più come prima.

Ancora una volta, con una stanchezza tale insita in quel gesto da dare a Zoe la chiara impressione che fosse ormai qualcosa che aveva ripetuto un’infinità di volte, quel giorno, Ryoma trasse un lungo respiro e le offrì il braccio, invitandola silenziosamente ad avviarsi nuovamente lungo quell’infinito dedalo di curve, svolte e angoli inaspettati.

Senza un fiato, Zoe allacciò cautamente la mano al suo avambraccio, scoprendosi curiosamente sorpresa dal candore quasi accecante dei suoi vestiti, così diverso dal rosso intenso dell'armatura che Ryoma indossava quasi sempre, lo stesso rosso acceso dello stemma di Hoshido… lo stesso rosso vibrante che aveva scorto sul fondo degli occhi bronzei di Takumi.

Si morse un labbro, scacciando quel ricordo tanto vivido quanto fugace, aggrappandosi istintivamente al braccio di Ryoma e boccheggiando fra i denti per costringersi a riprendere aria, a non lasciarsi travolgere nuovamente da quell’angoscia profonda e terribile che, nonostante stesse lottando per non ammetterlo nemmeno con se stessa, l’aveva profondamente spaventata.

-Dovrò parlargli di nuovo.-

No.

Come una stilettata in piena schiena, un repentino senso di panico la trafisse nello stesso attimo in cui quella prospettiva – Ryoma alle prese con quel mostro, con quella furia pregna di cattiveria, con la vergogna di dover chiamare quella bestia il proprio fratello – si affacciò fra i suoi pensieri, scatenando un brivido ghiacciato che le risalì la schiena e le ricoprì la pelle scoperta del ventre di pelle d’oca.

-Lascia perdere.- sussurrò, intrecciando inconsciamente le dita a quelle guantate di Ryoma quando lui posò una mano sulla sua.

-No, non lascerò perdere.- replicò, a bassa voce, ma Zoe avrebbe disperatamente voluto dirgli che non era successo niente che richiedesse il suo intervento, che si sarebbe soltanto azzuffato con una persona che non aveva nulla del Takumi che entrambi chiamavano fratello – Ryoma proprio non meritava un altro scontro con lui, non con tutto quello che stava passando, non con tutto quello che già pesava sulle sue spalle… -È per questo che l'hai picchiato?-

Zoe sussultò, allibita.

Lo sapeva?

…ma cosa stava succedendo in quella stupida famiglia reale?

D’accordo, lei e Takumi erano sempre stati turbolenti, ma al di fuori del campo di allenamento lei non aveva mai osato alzare anche solo un dito sul principe, al di là di qualche innocente pizzicotto scherzoso: le era sempre stato chiaro che compiere un’azione di quel tipo, un gesto come quello che aveva fatto soltanto poche ore prima, avrebbe significato un affronto tale da farle rischiare ben più di un’innocua lavata di capo, eppure…

-…no.-

Alzò lo sguardo, raddrizzando le spalle che non si era accorta di aver ingobbito, voltandosi per sostenere quell’espressione serafica con cui Ryoma la stava soppesando.

-L’ho picchiato perché ha dato della cagna ad Ileana un'altra volta e non ne potevo più delle sue stupidaggini.- affermò, certa che, dopo quell’affermazione, Ryoma l’avrebbe come minimo consegnata direttamente a Saizo perché si occupasse di infliggerle una delle sue memorabili, massacranti punizioni – eppure, con la stessa sicurezza che aveva provato quando Ileana aveva implorato di poter tornare a casa sua e lei aveva deciso di prendere a cuore il desiderio di quella ragazza sperduta e spaventata, una strana calma parve sorreggerla, aiutandola ad affrontare il pensiero di qualsiasi cosa la stesse aspettando al di là del lungo, enigmatico silenzio del suo principe.

Aveva agito bene.

Non aveva nemmeno più bisogno di sentirselo ripetere, non per quel motivo, non per quella reazione di cui non si sarebbe pentita nemmeno sotto tortura: perciò, quando Ryoma scosse piano la testa e serrò le labbra, lei rimase serena, anche quando quella mano racchiuse la sua in una stretta che la sorprese più di qualunque altra cosa – anche quando quegli occhi sempre distanti parvero riempirsi di qualcosa di molto simile all’orgoglio.

-Non lascerai mai impunito un torto, vero?-

Zoe trasalì, esterrefatta, serrando inconsciamente le dita sul cuoio degli spessi guanti che Ryoma indossava sempre, sotto cui poteva percepire la forma di una mano in grado di infliggere la più cruenta delle morti ma, allo stesso tempo, capace di trasmettere una gentilezza così profonda da essere quasi commovente – perché, al di là di tutto, al di là di quella sciocca sbandata che ogni tanto ancora la punzecchiava, Zoe lo ammirava persino più di quanto, da ragazzina, avesse idolatrato Saizo: Ryoma incarnava lo spirito stesso dei samurai, il codice che lei si sforzava di seguire ogni giorno, su cui aveva forgiato la persona che era e che, un giorno, sperava di diventare… e sentirlo porgerle quella domanda con tanta dolcezza, capire quanto Ryoma approvasse ciò che aveva fatto, fu il balsamo più dolce dopo tutto ciò che era successo.

-Sono una Samurai.- rispose, infatti, rammentando gli estenuanti pomeriggi di allenamento che Ryoma le aveva dedicato anni addietro e quelle parole che si erano impresse a fuoco nella sua mente e nella sua anima.

L’onore del samurai giaceva nel saper discernere il bene dal male… e lei, quel giorno, aveva agito bene.

-Hai reso onore al tuo titolo, oggi. E a me.-

Quelle parole, la stretta rassicurante della sua mano, la sua stessa presenza, furono quasi in grado di sopraffarla: non era brava ad affrontare tutte quelle emozioni, non era in grado di discernere la profonda commozione che provava dalle ferite che le erano state inferte, e per una manciata di secondi non seppe che cosa dire, travolta e schiacciata da quel misto di orgoglio e di sofferenza che le offuscò la vista e le chiuse la gola.

-Saizo non sarà d'accordo.- riuscì a mormorare, dopo qualche istante, trovando non seppe come la forza di fare quella debole battuta, di riprendersi, di mantenere la calma che ci si sarebbe aspettata da lei.

Le labbra di Ryoma si piegarono appena, rapidamente, in un attimo tanto fugace che soltanto l’occhio attento di chi lo conosceva bene sarebbe stato in grado di catturare.

-Posso parlargli io, se vuoi.- la rassicurò, ma lei accennò un sorriso e lasciò che le dita scivolassero via dalle sue, allontanandosi da lui e voltandosi appena in tempo per scorgere i tratti sempre tanto tesi del suo volto sciogliersi appena, qualche ruga di preoccupazione distendersi un poco.

-Nah, lascia perdere. Sarà interessante vedere se riuscirò a sopravvivere.- replicò, scovando in quei piccoli segni incoraggianti la forza di cui aveva bisogno per mantenere le proprie emozioni sotto controllo, per concentrarsi su di lui, per ignorare le domande che le martellavano incessantemente i pensieri.

Sarebbe stata in grado di farcela?

Ileana a Shirasagi sarebbe stata molto impegnativa, diffidente come si era dimostrata fino a quel momento con tutti loro… non rammentava nulla di Hoshido ed era molto probabile che nulla avrebbe potuto restituirle quei ricordi, ma come avrebbe potuto aiutarla a sentirsi a proprio agio quando il suo unico desiderio era quello di tornare sotto il cielo sempre nero di Nohr?

Sarebbe stata all’altezza delle aspettative di Ryoma?

Ryoma si fidava di lei, la stimava, le era affezionato: era sempre stata la sua pupilla, se ne era resa conto quando, anni addietro, dopo la sua investitura a Samurai si era preso l’onere di addestrarla in tutto ciò che Saizo non avrebbe potuto insegnarle; soltanto il pensiero di sbagliare qualcosa, di fare qualche altro disastro che nessuno stavolta sarebbe riuscito a mascherare – di non riuscire a far sì che la sua sorellina desiderasse rimanere a Shirasagi – le stringeva il cuore, perché Ryoma non era affatto una persona che lei aveva alcun desiderio di deludere.

Ma, soprattutto, sarebbe stata capace di affrontare Takumi?

Sarebbe stata in grado di imparare a vivere senza di lui, di accettare i cambiamenti che di lì a poco avrebbero stravolto la sua vita e quella di tutte le persone intorno a lei, di aver già compiuto i primi passi su un percorso che le avrebbe inevitabilmente strappato una delle persone più care che avesse?

Per tutti gli dei, che vita sarebbe stata?

-Zoe.-

Questa volta non sobbalzò quando Ryoma – con tenerezza, con una tenerezza che non usava mai con nessun altro – pronunciò il suo nome; alzò semplicemente gli occhi, imprimendosi per bene quel volto nei pensieri, aggrappandosi a quell’immagine con tutta la forza che aveva perché sapeva bene che lei, forte, non lo era mai davvero stata… ma lui sì, e lui aveva fiducia in lei, e questo sarebbe dovuto bastare per impedirle di lasciarsi sprofondare di nuovo in quei pensieri tanto tossici.

Ciò che non si sarebbe aspettata, però, fu il gesto che Ryoma fece non appena ottenne la sua attenzione: le si avvicinò di nuovo, più di quanto il comune senso del decoro permetteva, ed alzò una mano per sfiorarle il volto, per racchiuderle una guancia nel suo palmo così grande in confronto al suo viso, scostando con dolcezza qualche fuggiasca ciocca di capelli per raccogliergliela gentilmente dietro l’orecchio.

“Oh, per tutti gli dei.”

Tutti i suoi sforzi di mantenere un’espressione compita parvero svanire, spazzati via dal calore che percepiva persino attraverso il guanto, da quegli occhi che la guardavano con un’intensità tale da ridurre tutto il suo mondo lì, nella tenerezza di quel gesto, negli angoli delle sue palpebre che si arricciarono, divertiti, quando Zoe si sentì quasi letteralmente andare a fuoco.

-Si sistemerà tutto.- le assicurò, rivolgendole uno di quei rari, accennati sorrisi che si permetteva così poco, che sembravano sempre un po’ fuori posto sul suo volto, che lo facevano sembrare tanto più giovane di quello che la sua espressione perennemente corrucciata lasciava intendere.

-Lo spero.- rispose lei, sospirando e socchiudendo gli occhi per godersi quel momento, la bolla di calore e di pace che era riuscita persino ad acquietare la ferocia con cui la sua mente si era rivoltata sino a quel momento – sino a che lui non era comparso a rischiarare le tenebre che avevano minacciato di soffocarla.

Come sempre.

Non sarebbe mai stata in grado di rinunciare anche a quello: se l’idea di perdere Takumi le serrava il cuore in una morsa che le mozzava il fiato, quella di privarsi anche di Ryoma era assolutamente inconcepibile, qualcosa che ogni fibra di lei rifiutava con la stessa brutalità con cui si era opposta alla crudeltà di Takumi…

E perciò si sarebbe rimessa in sesto, avrebbe alzato la testa e si sarebbe battuta fino all’ultimo per ciò in cui aveva deciso di credere e avrebbe pagato qualunque costo la vita le avrebbe imposto… perché lei si aveva fatto la cosa giusta. Perché lei aveva agito bene.

Sorrise, piegando un po’ la testa per godersi ancora per qualche istante quella coccola, prima di arricciare il naso e rivolgergli una smorfia divertita.

-E questo è decisamente inappropriato.- commentò, scimmiottando la voce profonda di Ryoma e aggrottando le sopracciglia in un’abbastanza convincente imitazione dell’usuale espressione solenne del principe – che, in risposta alla sua innocua burla, inarcò un sopracciglio, probabilmente indeciso fra il sentirsi offeso o solamente divertito.

-Mi stai prendendo in giro, vero?- le domandò, e Zoe rise, scivolando via dal suo tocco a malincuore ma concedendosi di fargli l’occhiolino prima di precederlo lungo il corridoio che portava alla stanza di Ileana.

.

.

.

Un lieve fruscio fu sufficiente per spingerlo ad aprire gli occhi.

Kaze, sveglio ormai da un bel pezzo, rivolse la sua attenzione al letto in cui Ileana riposava, scorgendola muoversi nel sonno.

Si sarebbe svegliata a breve, ne era certo: si era rigirata nel letto già alcune volte, nell'ultima mezz'ora, e le era sfuggito qualche mormorio incomprensibile, ma l’effetto del sonnifero che le aveva dato non si era ancora esaurito a sufficienza per permetterle di svegliarsi.

Il ninja si alzò, distendendo le braccia e piegando la schiena, i muscoli irrigiditi da quel breve lasso di tempo che si era concesso per recuperare un po' di riposo; poi, senza un suono, si accostò al giaciglio e alla ragazza che ospitava, concedendosi di osservarla per qualche istante.

C'era ancora una traccia di paura, su quel viso non del tutto rasserenato dall'oblio; c'erano ancora i segni di giorni trascorsi nel buio in quelle guance più scavate di quanto non fossero state all'Abisso, e sotto le sue palpebre inquiete si agitavano chissà quali orribili pensieri, sogni, ricordi.

Fu soltanto la voce che lo aveva mantenuto sano di mente per così tanti anni ad impedirgli di allungare una mano per accarezzarle i capelli, per scostarle un boccolo dietro l'orecchio, per concedersi di darle almeno quel piccolo gesto di conforto che le aveva dovuto negare durante quei terribili giorni di prigionia.

Chiuse gli occhi, costringendosi a distoglierli dal viso smagrito della giovane Maga, costringendo la propria mente a non sovrapporre a quel volto di giovane donna quello delicato ed innocente della bambina che non aveva saputo proteggere tanti anni prima.

Non poteva permettersi altri errori.

Indipendentemente da quanto avrebbe voluto poterla confortare – indipendentemente da quanto Ileana ne avesse bisogno, da quanto lui ne avesse bisogno, era perfettamente conscio di quanto cedere alla propria debolezza avrebbe soltanto causato un danno ancor più grande alla ragazza.

Ileana aveva affrontato un orrore troppo grande e a cui, chiaramente, non era stata preparata in alcun modo: nessun soldato avrebbe mai potuto reagire in quel modo – la preparazione per affrontare la tortura e la prigionia, ne era certo, veniva insegnata tanto ai nohriani quanto agli hoshijin, ma il modo in cui Ileana aveva agito, in cui si era lasciata sopraffare dal terrore, gli aveva suggerito che nessuno si fosse mai dato la pena di istruirla su qualcosa di tanto vitale.

Respirò, Kaze, reprimendo per l'ennesima volta quella rabbia che aveva covato dentro di lui sin dal primo istante in cui aveva incrociato quegli occhi verdi che non aveva mai potuto dimenticare.

Se solo qualcuno, chiunque avesse pensato di insegnarle a sopportare le ingiurie di un nemico, le offese, le minacce, quelle torture da cui lui non era riuscito a sottrarla… se solo quella famiglia da cui Ileana desiderava disperatamente tornare non l'avesse buttata senza alcun riguardo in qualcosa di molto più grande di lei…

Lui non avrebbe dovuto trattenersi. Avrebbe potuto confortarla senza temere di vederla aggrapparsi a lui, senza l'ossessivo, incessante timore di creare un legame malsano con quella ragazza che soffriva un'agonia che nessuno aveva fatto niente per evitarle, che come acido le aveva corroso la mente, la lucidità, persino il più basilare istinto di sopravvivenza.

No.

Ileana meritava di meglio da lui, e lui non si sarebbe mai più permesso di essere debole. Non di nuovo.

Si costrinse a respirare, a concentrarsi sulla sensazione dell'aria che gli riempiva il petto, sul sangue che gli scorreva nel corpo, sul suono regolare del suo cuore che batteva: perdere la calma era l'ultima cosa che poteva permettersi, adesso… così come non si era potuto permettere di fare ciò che avrebbe disperatamente voluto, nel momento stesso in cui Ileana gli si era aggrappata attraverso le sbarre annerite di quella maledetta cella buia, una paura folle incisa negli occhi.

Essere costretto ad affrontare quello sguardo implorante e terrorizzato gli aveva spezzato il cuore – quel cuore che già quattordici anni prima aveva, impotente, lasciato che si frantumasse guardando gli stessi occhi verdi sparire in quell'orribile notte di Cheve, senza poter fare altro che cullare una Zoe priva di sensi fra le braccia e nascondere fra i suoi capelli biondi l'atroce consapevolezza di aver appena condannato a chissà quale orrido destino una bambina innocente.

E non poteva fare niente, ora come allora.

Sentì i muscoli della mascella contrarsi, la fronte corrugarsi, i pugni stringersi: il suo stesso corpo pareva volersi ribellare al controllo che si era imposto – urlava, disperato, urlava il bisogno di avvicinarsi a quella ragazza e stringerla a sé, sussurrarle che sarebbe andato tutto bene, che non avrebbe più permesso a nessuno di farle del male.

Ma non poteva.

Per il bene di Ileana, non poteva.

Se lo avesse fatto, se le avesse permesso di vederlo come l'unica fonte di speranza e di sicurezza, le avrebbe strappato anche quella flebile speranza di potersi riprendere in modo sano da ciò che aveva passato, che la sua mente impreparata ed innocente aveva affrontato nel peggior modo possibile.

Glielo doveva. Le doveva almeno quello, dopo tutti quegli anni, dopo…

Ulteriori movimenti e un mugugno indefinito lo strapparono al seminterrato di pietra scura e pieno di spade e lance usurate, riportandolo alla stanza di legno laccato immersa nella pigra luce dorata del tramonto e di una candela.

Si allontanò dal letto, assicurandosi che la principessa nohriana potesse vederlo facilmente nel momento in cui avrebbe aperto gli occhi, in modo da non sorprenderla: e così attese, osservandola sfregarsi il viso con il dorso della mano, fermandosi per massaggiarsi debolmente una tempia.

-Ahia… la testa…- brontolò mentre, faticosamente, si alzava a sedere, appoggiandosi sulla mano e sul gomito. -K_Kaze? Dove sono? Cos’è successo?-

-Piano, milady. Ecco.- il Maestro Ninja le si avvicinò lentamente, a passi pesanti, per risistemarle i cuscini in modo che potesse appoggiarci la schiena. Ileana rimase immobile finché non ebbe finito, rilassandosi soltanto quando lui si allontanò e sprofondando pesantemente in quella morbidezza. -Siamo ancora a Suzanoh. Avete incontrato la Regina di Hoshido poche ore fa.-

Ileana lo fissò come se gli fossero spuntati dei radicchi tra i capelli.

-La Regina di__- esalò, incredula, prima che i suoi occhi cominciassero a riempirsi di ricordi, consapevolezza e orrore. -Oh. Giusto.-

Kaze si voltò, dedicando ostinatamente la propria attenzione ad una teiera, dandole le spalle in modo che potesse richiamare alla mente tutto ciò che era successo quel giorno quanto più privatamente possibile: forse quel sonno indotto dalle erbe officinali era stato una benedizione, forse le aveva permesso di dimenticare per qualche ora il tormento che aveva subito, le mani che l'avevano minacciata, gli occhi che l'avrebbero inseguita per chissà quanto tempo a venire…

Quando tornò da lei, lo fece con una tazza fumante tra le mani.

-Questo dovrebbe aiutare con il mal di testa.- le spiegò, porgendole il recipiente con cautela, prestando attenzione quando lei vi chiuse dubbiosamente attorno le dita.

Ileana soppesò la tazza per qualche istante, annusandone il contenuto con un'espressione diffidente – ma Kaze non poté fare a meno di sentire il cuore alleggerirsi un poco quando, infine, prese un sorso, rassicurata da un suo lieve sorriso.

Quello era un buon segno.

Rimasero in silenzio a lungo, mentre Ileana sorseggiava lentamente la tisana che le aveva preparato e si guardava attorno, chiaramente confusa da un ambiente che doveva apparirle tanto alieno quanto a lui, tanti anni prima, era sembrata Cheve, con tutta quella pietra, quelle piante che non conosceva, quella penombra crepuscolare a cui i suoi occhi avevano faticato ad abituarsi.

Distolse lo sguardo, il cuore che doleva nel rammentare la bambina esuberante che invece aveva amato il Sole, che aveva guardato giocare nei prati sconfinati di Shirasagi assieme alle principesse e al più giovane dei principi e imparare da sua madre ad intrecciare i fiori in infinite catenelle variopinte.

Erano passati tanti anni, ma lui non avrebbe mai dimenticato – non avrebbe mai potuto, adesso più che mai; se Ileana si trovava in quella situazione, confusa e sconvolta e chiaramente a disagio in un mondo che non le apparteneva più da molto tempo, era soltanto perché lui non era stato abbastanza forte per opporsi alle scelte di suo fratello.

Il fruscio delicato della porta che scorreva lo distolse dal suo tormento, spingendolo ad alzare gli occhi per accogliere con uno sguardo assente l'arrivo di una Zoe che, come lui aveva fatto poco prima, si prese tutto il tempo per segnalare la propria presenza ad Ileana, entrando nella stanza con un passo pesante che non le apparteneva ma con un sorriso luminoso sulle guance arrossate che, tuttavia, si smorzò impercettibilmente quando Ileana alzò lo sguardo su di lei.

-Ah, siete sveglia.- mormorò, avvicinandosi cautamente al letto quando la principessa non diede alcun segno di fastidio nei confronti della sua presenza, limitandosi ad osservarla da dietro il bordo della tazza con la stessa espressione perplessa con cui aveva soppesato Kaze.

-Come state, principessa?- le domandò, piano, lisciando inconsciamente una piega inesistente fra le coperte in punta di dita.

-Zoe.- sussurrò Ileana, piano, e Kaze per un istante si domandò se anche Zoe provasse lo stesso sconcerto che percepiva lui, se anche lei si fosse accorta di quanto Ileana pronunciasse il suo nome nello stesso modo in cui lo aveva articolato da bambina e provasse una fitta al cuore nel ricordarla. -Sono… sveglia.-

Zoe le sorrise di nuovo, incoraggiante e gentile come era stata sin dal primo momento, con lei, e persino Kaze percepì la morsa che gli toglieva il fiato da giorni allentarsi un poco: era così maledettamente grato che lei fosse lì, che la Regina avesse deciso di portarla con sé per incontrare Ileana… non osava nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se Zoe non fosse stata presente, quel giorno: l'influenza che non sapeva di avere sull'intera famiglia reale aveva, probabilmente, scongiurato il peggio, ponendo un freno alla pazzia che sembrava aver preso possesso di una buona parte di loro.

-Zoe.- la chiamò, piano, e lei si voltò immediatamente, raddrizzando le spalle e le orecchie e chinando rapidamente la testa in segno di rispetto.

Era troppo facile dimenticare chi Zoe era davvero.

Era così abituato a vederla come una sua pari – un'amica, una guerriera, una guardia reale – che rammentare a se stesso quell'identità così gelosamente protetta per tanto tempo era progressivamente diventato sempre più arduo, mentre gli anni passavano e la speranza di ritrovare Ileana si assottigliava: era così semplice guardarle entrambe e dimenticare quale, fra loro, avrebbe dovuto essere la sua priorità, la sua protetta, la sua principessa…

-Tutto regolare, niente da riferire.- riportò, probabilmente attenta a non dilungarsi in troppe spiegazioni che avrebbero potuto allarmare Ileana, ma il suo sguardo scarlatto dardeggiò per un istante verso la porta. -Ma abbiamo un ospite che temo proprio non si possa ignorare.- aggiunse, piano, e qualcosa di familiare nella sua voce gli suggerì immediatamente l'identità di quel visitatore sgradito.

Kaze s'incupì, ma la sua frustrazione si mostrò soltanto nella stretta improvvisa in cui serrò i pugni.

Che cosa volevano, adesso, da Ileana?

Non avevano forse già fatto abbastanza per quel giorno – rovesciando sulle spalle di una povera innocente quella mezza verità che si era dimostrata troppo grande per lei, che Ileana non era riuscita a sopportare, che aveva spezzato qualcosa sul fondo dei suoi occhi verdi?

Purtroppo, però, non ebbe il tempo di pensare ad un modo per impedire a lord Ryoma di entrare: con molta meno delicatezza di quella che aveva usato Zoe e senza nemmeno attendere di essere annunciato, l'Alto Principe di Hoshido aprì la porta, apparendo sulla soglia con quella sua figura imponente che, nonostante non indossasse la sua caratteristica armatura scarlatta, sembrò riempire l'intera stanza.

Al di là della spalla di Zoe, Kaze scorse il viso smunto di Ileana perdere quel poco di colore che sembrava aver riguadagnato dopo il meritato, seppur breve riposo.

-Se non è di troppo disturbo, ovviamente.-

Ryoma, ignaro della reazione che aveva causato, si aggiunse alle parole di Zoe, che rivolse a Kaze un'espressione contrita e dispiaciuta che, ai suoi occhi, sembrò volergli sussurrare "io gli avevo detto di aspettare".

Per un terribile istante il Maestro Ninja si ritrovò sul punto di rispondere che , era troppo, era davvero troppo imporre nuovamente la propria presenza ad una ragazza provata quanto Ileana… ma chiuse gli occhi, lasciando che quella risposta tagliente sprofondasse dietro la sua espressione imperturbabile assieme a tutto ciò che aveva dovuto respingere nel corso di quegli ultimi, maledetti giorni.

-Non ho alcuna intenzione di infastidirti, Ileana.- si scusò, Ryoma, in un tono sorprendentemente gentile, ma Ileana sobbalzò come se avesse ricevuto un insulto e serrò le dita sulla tazza con tanta forza che Kaze scorse i suoi polpastrelli sottili farsi lividi.

-Principe Ryoma.- sussurrò, distogliendo lo sguardo, spostandolo rapidamente su Zoe e tendendo le mani verso di lei, consegnandole il recipiente per poi scostare con un gesto quasi frenetico le coperte sotto cui era rimasta arrotolata per tutto il pomeriggio. -Io__- cominciò, sforzandosi di alzarsi in piedi – troppo velocemente, troppo impaziente di non mostrare a quello che sicuramente vedeva ancora come un nemico una qualsiasi debolezza; e Kaze vide le sue ginocchia cedere, i suoi occhi farsi vacui per un istante, la sua testardaggine cedere sotto il peso della fragilità che aveva preso possesso di lei.

Prima di rendersene conto, prim'ancora di accorgersene lui stesso, si ritrovò al suo fianco.

Si trattenne dall'allungare le braccia per sostenerla, per aiutarla, lasciando che Ileana si aggrappasse al letto e si rimettesse in piedi da sola, dando prova di quella tempra d’animo che Kaze aveva potuto scorgere durante quegli interminabili giorni di prigionia, che l’aveva mantenuta viva e che, nonostante tutto, l’aveva salvata.

-Avresti dovuto aspettare, sai?- sbottò invece Zoe, scoccando al principe un'occhiataccia a cui lui rispose scrollando semplicemente le spalle, distogliendo lo sguardo dalla Samurai per spostarlo nuovamente sulla Principessa di Nohr.

-Mi dispiace. Non avevo alcuna intenzione di spaventarti.- si scusò, chinando la testa ed accennando un sorriso conciliante, ma Kaze colse perfettamente il baluginio gelido in quegli occhi calcolatori.

Lord Ryoma non era soltanto un Principe né, tantomeno, soltanto un guerriero: era anche uno dei più abili politici che Kaze avesse mai avuto occasione di vedere all'opera, ed era chiaro quanto l'evidente debolezza della Principessa nohriana avesse destato la sua attenzione, andando certamente ad incastrarsi in una delle tante trame che poteva quasi scorgere intrecciarsi al di là della sua espressione controllata.

Lanciò una rapida occhiata a Zoe, sollevato dalla smorfia corrucciata che trovò sul suo viso. Nonostante la sua adorazione nei confronti del principe fosse in grado di accecarla, a volte, era stata comunque capace di notare quel freddo lampo di consapevolezza… ed era qualcosa che Kaze avrebbe potuto usare, in quel momento, perché Zoe era la migliore – l’unica – possibilità che aveva per proteggere Ileana.

Ileana serrò i pugni, chiudendo gli occhi per qualche attimo – per recuperare il suo contegno? Per prepararsi a chissà quale altro orrore in serbo per lei? – prima di raddrizzare le spalle, intrecciare le mani dietro la schiena e fronteggiare quell’uomo che doveva apparirle come una terribile, spaventosa incognita.

-Non c'è alcun bisogno di scuse, principe Ryoma.- riuscì ad affermare, in quel tono così educato e compito che poteva appartenere soltanto a qualcuno cresciuto dalla nobiltà. -In cosa posso aiutarla?- aggiunse, ed il ninja scorse la sorpresa minare per un istante la tranquillità apparente sul volto del principe in risposta a quell'educata freddezza – e nascose un sorriso, con la scusa di avvicinarsi a Zoe per prenderle la tazza fra le mani e riporla.

-Volevo soltanto assicurarmi che tu stessi meglio, e informarti che abbiamo deciso di partire alla volta di Shirasagi domattina. È accettabile, per te?- domandò, e Kaze dovette impedirsi di alzare gli occhi verso il soffitto, perfettamente conscio di quanto quella domanda fosse soltanto un ipocrita tentativo di dare ad Ileana una parvenza di scelta.

Ileana non aveva alcuna scelta.

Il ninja distolse rapidamente lo sguardo, serrando le labbra per trattenere la risposta mordace e tagliente che non poteva assolutamente permettersi di dare al futuro Re di Hoshido.

Ileana serrò le labbra, concedendosi un istante di debolezza per abbassare lo sguardo e prendere un respiro tremolante, insicuro.

-D-Di già?- mormorò, sobbalzando impercettibilmente quando Ryoma annuì.

-Sì. Suzanoh è un avamposto militare e non è attrezzato per ospitare un gran numero di persone, nonostante le dimensioni.- le spiegò, incrociando le braccia e distogliendo lo sguardo dalla ragazza per qualche attimo. -E la Regina ha pensato che sarebbe stato meglio, per te, non rimanere in questo posto, dopo tutto ciò che è successo nei giorni scorsi.- aggiunse, ed il tono gentile della sua voce profonda, per un istante, parve davvero sincero.

-Oh.-

Ileana si voltò, scambiando un'occhiata confusa prima con Kaze e poi con Zoe, cercando forse sui loro volti una qualche conferma alle parole del Principe; Kaze non si mosse, non osando muovere un muscolo nel timore che i suoi pensieri potessero trapelare dalla sua non così solida maschera, ma Zoe annuì: quelle erano effettivamente parole che la Regina poteva aver pronunciato, ed Ileana, rassicurata dal suo sorriso incoraggiante, sospirò, crollando nuovamente a sedere sul letto.

-Certo.- sussurrò, passandosi le dita fra i capelli spettinati un paio di volte prima di alzare nuovamente lo sguardo su Ryoma. -È… gentile da parte sua.-

Fu Kaze, stavolta, a dover distogliere lo sguardo, incapace di sopportare oltre la confusione e l'incertezza che distorcevano quel volto altrimenti elegante.

Chissà a cosa stava pensando.

Chissà come, nella sua mente spossata, la rivelazione di lady Mikoto era andata ad incastrarsi, se aveva creduto alle parole della Regina, se aveva pensato anche per un solo istante a lei come madre

-La Regina vorrebbe soltanto aiutarti a superare questa orribile esperienza.-

Suo malgrado, Kaze si ritrovò a credere a quelle parole, nonostante la smorfia scettica di Ileana.

Aveva servito lady Mikoto per così tanti anni da aver imparato, ormai, a conoscerla: sapeva bene quanto tutte quelle bugie, quei segreti e quel dolore avessero piegato l’animo e tormentato ogni giorno della vita di quella che spesso aveva sentito definire la Regina triste: come poteva, in fondo, essere adirato nei suoi confronti?

Lady Mikoto era stata precipitosa, certo: non si era data il tempo di capire la situazione, lasciando che le emozioni prevalessero sul buonsenso che l'aveva resa una regnante tanto amata, ma aveva atteso così a lungo il ritorno di Ileana, aveva versato così tante lacrime… fra tutti, Kaze dovette ammettere con se stesso che lei era l'unica a non meritare nient'altro che la sua compassione.

-E vorrei porgerti le mie scuse a mia volta.-

Tanto Ileana quanto Kaze sgranarono gli occhi, meravigliati, ma il ninja colse con la coda dell’occhio il viso di Zoe incupirsi – e quello non era affatto un buon segno – alle parole inaspettate di lord Ryoma; Ileana aggrottò le sopracciglia, senza comprendere, fissandolo con uno sguardo assente ed alquanto scombussolato.

-…scuse?-

Anche Kaze si volse, perplesso da quell’affermazione che non aveva previsto: il Principe di Hoshido aveva intrecciato le mani dietro la schiena e guardava oltre i vetri chiusi della finestra, al di là delle persiane lasciate a metà, concentrato su chissà quali pensieri, scuro ed imperscrutabile in volto come Kaze aveva visto soltanto uomini molto più vecchi di lui.

-Mio fratello ha disonorato il suo nome, quello di mia madre e il mio con il suo comportamento inaccettabile.- commentò, con un tono di voce più aspro di quello che Kaze era abituato a sentire, ed immediatamente comprese il motivo del repentino cambiamento d’espressione di Zoe.

Takumi era l’ultimo argomento che Ileana avrebbe dovuto sentire.

-Non sarà dimenticato, né facilmente perdonato.-

Il Maestro Ninja digrignò i denti, serrando le dita fra i cuscini che aveva finto di sistemare fino a quel momento, scorgendo il poco colore rimasto sul volto di Ileana svanire in un soffio.

Avrebbe voluto concedersi il lusso di considerare le parole di lord Ryoma, per quanto inopportune, un gesto amichevole, un tentativo di apertura verso quella povera creatura spaventata di nome Ileana; avrebbe desiderato ardentemente illudersi e cullarsi in quella verità, Kaze, ma una parte di lui – quella stessa parte meschina, calcolatrice e disonorevole che apparteneva ai più oscuri meandri della sua mente, quella parte che aveva saputo comprendere le azioni di suo fratello tanti anni prima, che non aveva voluto fermarlo – sapeva che quelle scuse, seppur apparentemente sincere, erano soltanto un pietoso tentativo di ripulirsi la coscienza.

A lui non era mai importato di Ileana. A nessuno era mai importato di Ileana.

-Non…- la voce della Principessa incespicò, e sotto i propri occhi Kaze vide l’apparente tranquillità con cui aveva affrontato fino a quel momento quella conversazione accartocciarsi, piegata da ricordi ancora troppo vividi e vicini perché lei potesse farvi fronte in quello stato – le minacce, il terrore, il panico folle che l’aveva animata soltanto poche ore prima…

Doveva fare qualcosa.

Serrò i pugni, distogliendo a fatica l’attenzione da lei per voltarsi verso il Principe, cercando di controllare il furibondo ruggito indignato che avvertiva echeggiargli nel petto.

-Lord Ryoma, se posso interrompere…- cominciò, scoprendo nella propria voce un fremito di rabbia che aveva sempre pensato di essere abile a celare, ignorando lo sguardo sorpreso di Zoe e quello colmo d’incertezza di Ileana.

Ryoma alzò gli occhi su di lui, affatto sorpreso dalla sua intromissione, serrando impercettibilmente le labbra quando colse l’espressione tutt’altro che pacata con cui il Maestro Ninja accolse i suoi freddi occhi verdi.

-Sì, Kaze?- domandò, e Kaze comprese perfettamente l’avvertimento nascosto in quella parvenza di educazione – ma non poteva più tacere, non poteva più permettere che ad una giovane donna che già aveva patito così tanto a causa loro venisse persino riportato alla mente il mostro che avrebbe sicuramente popolato i suoi incubi per molto tempo a venire.

-È proprio necessario? Adesso?- sibilò, fallendo miseramente nel tentativo di essere il più conciliante possibile, quasi percependo il furioso vento che dominava l’Abisso sulla pelle quando comprese di ritrovarsi sull’orlo di un baratro che lui, al contrario di Zoe, non poteva assolutamente valicare.

Il Principe, però, parve più sorpreso che offeso dalla sua intromissione: lanciò un’occhiata ad Ileana, chiaramente incapace di scorgere i segni di un imminente attacco di panico sul suo volto, prima di tornare a rivolgersi al ninja.

-No, ma__-

-Ryoma.-

Tanto il Maestro Ninja quanto il Principe sussultarono quando, apparentemente dal nulla, Zoe apparve in mezzo a loro con le braccia incrociate sotto il seno, le labbra strette e le sopracciglia aggrottate, chiaramente spazientita da tutta quella situazione.

Kaze, sorpreso, le lanciò uno sguardo confuso – si era distratto così tanto da non accorgersi del suo movimento? –, ma lei scosse la testa e si voltò per fronteggiare Ryoma.

-Quello che Kaze vorrebbe dirti ma è troppo educato per farlo è che devi andartene, perché non stai facendo altro che agitare la principessa. Di nuovo.- sbottò, rivolgendogli un'occhiata talmente severa che, per un istante, Kaze poté intravvedere nei suoi tratti la stessa espressione seccata che Orochi dedicava a tutti coloro che avevano l’ardire di infastidirla.

Se Saizo l'avesse sentita, in quel momento, avrebbe probabilmente rischiato di morire soffocato.

Lui, però, nascose un sorriso, mentre una repentina gratitudine gli riempiva il petto e acquietava momentaneamente il suo turbamento: Zoe era una benedizione e lui non era mai stato così fiero di lei, della sua irruenza e di quella bontà d'animo che era riuscita a conquistare persino il cuore di pietra del suo fratello gemello.

Si era sbagliato, dovette rimproverarsi, guardando quella giovane ragazza così inconsapevole e così coraggiosa ergersi a difesa della Principessa senza nemmeno un’ombra d’esitazione: lui non era l’unico a preoccuparsi per Ileana, in fondo…

Ryoma sospirò, come sempre troppo parziale nei confronti di Zoe per riuscire a rimproverarla, replicando alla sua affermazione irritata con una semplice scrollata di spalle che, tuttavia, Kaze accolse con un sollievo tale da zittire persino quella fitta di rimorso che provò quando si scoprì soddisfatto da quell'ennesima reazione impulsiva su cui, come su tutte le altre, aveva contato sin dall'inizio di quella giornata.

…forse non era così diverso da suo fratello, dopotutto.

Si voltò, scacciando quel pensiero con una facilità che trasudava ormai abitudine, riportando la propria attenzione sulla figuretta di Ileana che, dall’angoscia che poteva scorgere contorcersi sul fondo dei suoi occhi chiari, sembrava preda di un profondo conflitto interiore.

-Aspetta, io… dovrei…- balbettò, serrando le coperte nei piccoli pugni pallidi e stringendo forte le palpebre prima di farsi forza – per l’ennesima volta – e rivolgersi, nuovamente, al Principe.

-Principe Ryoma. Anch'io ho disonorato l'onore della mia famiglia con le mie azioni. Spero che non vogliate ritenerli responsabili per il mio comportamento sconsiderato…?-

Kaze colse fin troppo bene l’esitazione e l’angoscia che si celavano dietro l’accento pieno e rigido della parlata nohriana: c’era disperazione, nelle sue parole educate, nel modo in cui lasciò cadere nel vuoto quella domanda che troppo assomigliava ad una preghiera, e paura, ed una briciola di quel panico che Kaze, ormai, conosceva fin troppo bene.

Nonostante si fosse ripromesso di rimanere a debita distanza, di non imporre la sua presenza come baluardo di una sicurezza soltanto apparente, non riuscì proprio ad impedirsi di muovere qualche passo per accostarsi a lei, trattenendosi a stento dal toccarle una spalla, un braccio: Ileana aveva bisogno di sostegno, di gentilezza e di comprensione, e di certo non li avrebbe trovati nella risposta seccata e tagliente che poteva quasi già sentire nelle orecchie, che Ryoma sembrava pronto a sputare.

Ancora una volta, però, Kaze si ritrovò ad essere profondamente grato della presenza di Zoe: con la coda dell’occhio la scorse inclinare la testa e poté quasi immaginare l’avvertimento sul suo viso, le sue orecchie appiattirsi ed il rosso dei suoi occhi farsi più cupo – e forse parve funzionare, a giudicare dal modo in cui il Principe attese qualche attimo prima di rispondere.

-Certo che no. Non preoccuparti di questo, Ileana.- affermò, infine, con una cautela che non gli si addiceva e che Kaze sapeva di dover attribuire soltanto all’intromissione silenziosa di Zoe – avrebbe davvero dovuto farle i suoi complimenti, più tardi.

La tensione che aveva osservato con ansia montare sul volto di Ileana sembrò svanire nel momento stesso in cui la Principessa lasciò andare il fiato che non sapeva di aver trattenuto, sprofondando stancamente fra i cuscini del letto e socchiudendo gli occhi, esausta, permettendo senza nemmeno sussultare che Kaze le rimboccasse le coperte intorno alle spalle.

Era così stanca, povera piccola.

-Ora, come questa esuberante Samurai ha gentilmente suggerito, dovrei davvero andare.-

Il sollievo che ruggì nelle sue orecchie a quelle parole fu talmente violento da impedirgli di udire la rispostaccia della Samurai in questione: era ora, maledizione, era ora che se ne andasse, che lasciasse a quella ragazza la tranquillità che meritava ma che lui ed il resto di quella famiglia sembravano così testardamente intenzionati a strapparle… ma poi la porta si aprì di scatto, spingendo tanto Kaze quanto Zoe a portare una mano alle proprie armi mentre Ileana si raggomitolava sotto le coperte, spaventata dal rumore improvviso.

-Kaze!-

Kaze sospirò pesantemente, esasperato, udendo nel proprio l'eco di un altrettanto irritato sbuffo da parte di Zoe, costringendosi ad alzare lo sguardo sulla donna dai capelli color indaco che aveva appena deciso di fare irruzione in quella già troppo affollata stanzetta.

Orochi incrociò le braccia, assottigliando le palpebre e rivolgendosi direttamente a lui, senza preoccuparsi minimamente di rivolgere un saluto al Principe o a chiunque altro.

-Potresti cortesemente spiegarmi come mai tutte le erbe che avevo lasciato nelle cucine di questo posto sono sparite?- esordì, ignorando spudoratamente lo sguardo tagliente che il ninja le rivolse in risposta, la principessa raggomitolata nel letto e l’espressione esasperata che invece le scoccò sua figlia.

Ryoma, invece, si schiarì la voce, attirando così la sua attenzione e dando inconsapevolmente a Kaze il tempo per trovare una scusa da propinarle.

-Oh, lord Ryoma, salve! Non l'avevo notata.- squittì lei, piroettando su se stessa per voltarsi verso di lui, quel suo diabolico sorriso impresso sulle labbra dipinte. -Strano, considerato il fatto che siete grande e grosso anche senza quell'armatura…- aggiunse, picchiettandosi l’indice sul mento ed inarcando un sopracciglio, perplessa.

-Mamma.- pigolò Zoe, chiaramente mortificata dal suo comportamento, nascondendo il viso dietro una mano quando Orochi le fece l'occhiolino.

Kaze sospirò.

-Non so di cosa tu stia parlando, Orochi.- affermò, sentendosi sollevato nell’udire nuovamente la propria voce calma e controllata. -Non mi sono nemmeno avvicinato alle cucine.- aggiunse, sostenendo l’occhiata indagatrice dell’erborista di corte con uno sprezzo del pericolo che persino Saizo avrebbe considerato notevole.

Non era mai stata una buona idea mentire ad Orochi.

-Oh, davvero?- sussurrò infatti lei, tutt’altro che convinta, soppesandolo con quel suo sguardo pieno d’incognite che era sempre stato in grado di ridurre a più miti consigli persino suo fratello; Kaze però tacque, mantenendosi impassibile, sperando che Orochi cogliesse da sola ciò che lui, in quel momento, non poteva assolutamente rivelarle.

Era stato lui a trafugare quelle erbe, e gli sembrò di poter leggere quella verità nelle intense iridi dell’Onmyoji: Orochisapeva, sapeva perfettamente che Kaze le stava mentendo, ma__

-Oh, lord Ryoma, prima di dimenticarmene. La Regina vi sta cercando.- trillò, voltandosi nuovamente verso il Principe con tanta rapidità da sorprendere tanto Kaze quanto Zoe, che gli rivolse un’occhiata confusa mentre, avvicinatasi al letto, mormorava parole di conforto ad Ileana, che stringeva convulsamente le coperte fra le mani e sembrava sull’orlo del pianto.

Lord Ryoma, per fortuna, sembrò comprendere la situazione – una volta tanto, avrebbe voluto sibilare Kaze –, ed annuì immediatamente.

-Davvero? Devo proprio lasciarvi, allora.- affermò, la voce ammorbidita da una flebile traccia d’ilarità. -Ileana, Zoe, Kaze.- salutò, chinando la testa in segno di rispetto in direzione dei tre, ottenendo un breve inchino da parte del ninja e uno sbuffo spazientito da Zoe in risposta. -Orochi, cerca di non turbare troppo la nostra ospite.- si raccomandò, stringendo brevemente la spalla dell’Onmyoji con una mano quando le passò accanto.

-Da che pulpito.- mugugnò Zoe, sgranando gli occhi un istante più tardi quando si accorse di aver espresso quel pensiero ad alta voce. Orochi ridacchiò e Kaze si costrinse a guardare da un’altra parte, faticando più del solito per nascondere un sorriso divertito.

Ryoma, invece, le scoccò un'occhiata imperscrutabile, ma lei si limitò a stringersi nelle spalle sotto quello sguardo che avrebbe intimorito uomini e donne molto più altolocati e potenti di lei ma che, per qualche motivo, non era mai stato capace di fermarla.

-Ehi, non ho torto.- si difese, sarcastica, e Ryoma non poté far altro che sbuffare, lasciando che quell'ennesima mancanza di rispetto cadesse nel vuoto.

-No, suppongo di no.- ammise, scuotendo appena la testa e mormorando un: -Buonanotte.- prima di sparire al di là della porta che Orochi aveva lasciato aperta.

-Oh, finalmente.-

Il teatrale sospiro di Orochi sembrò dar voce ai pensieri di tutti i presenti, e Kaze, inconsciamente, si rilassò un poco – per appena un istante, tuttavia, perché l’attenzione alquanto prepotente dell’Onmyoji tornò immediatamente su di lui, tutt’altro che dimentica del motivo per cui era andata a cercarlo.

-Avanti, parla.- lo esortò, le parole affettate e pericolose come la lusinga di un predatore.

-Orochi, davvero, non so di cosa tu stia parlando, e__-

-Strano. La cuoca mi ha raccontato che tutte le erbe erano al loro posto prima che Hinata decidesse di andare a chiedere il bis, dopo cena.- lo interruppe, inarcando un sopracciglio e scrutandolo con lo stesso cipiglio altezzoso che, poco prima, Kaze aveva scorto sul viso di Zoe. -Ora, devo andare a chiederlo a lui o preferisci darmi tu una spiegazione?-

Il versaccio soffocato di Zoe, al pensiero di Hinata alle prese con sua madre, sembrò dar voce allo sconforto che Kaze sentì piombargli nello stomaco. Non poteva costringere quel povero ragazzo a sopportare l’interrogatorio di Orochi… non sarebbe sopravvissuto nemmeno un minuto.

-Ho io le tue erbe.- ammise, esasperato, passandosi stancamente le dita fra i capelli sottili. -Sono nella mia stanza.-

-E le hai prese perché…?- sbuffò lei, tutt’altro che soddisfatta da quella risposta laconica, ma lui scosse la testa.

-Ti chiedo perdono, non avevo alcuna intenzione di infastidirti.- si scusò, distogliendo lo sguardo dagli occhi indagatori di Orochi per rivolgere un sorriso rassicurante ad Ileana, pallida ed assente e palesemente, profondamente esausta, che sembrava guardarlo senza vederlo davvero: sembrava sul punto di crollare, stanca com’era… e sembrava essersene accorta anche Zoe che, mentre lui si era distratto per parlare con Orochi, aveva silenziosamente porto un’altra tisana alla Principessa, spiegandole a mezza voce che l’avrebbe aiutata a riposare e sorridendole gentilmente quando lei aveva bevuto il blando sonnifero senza nemmeno una protesta.

Sì, forse avrebbe potuto allontanarsi per un po’.

-La mia pazienza si sta esaurendo, Kaze.- lo redarguì Orochi, battendo nervosamente il piede un paio di volte.

-Andiamo a recuperare le tue erbe.- le concesse, infine, alzando lo sguardo su di lei e sorridendole debolmente, tentando di sembrare conciliante. -Ti spiegherò tutto.- le promise, accennando ad Ileana con un impercettibile cenno della testa.

-Ah, ma certo.-Orochi schioccò le labbra, rivolgendo un raggiante sorriso ad Ileanaquando comprese le intenzioni del ninja. -Scusa per l'intrusione, principessa! Dormi bene!- le augurò, sventolando allegramente una mano in un entusiasta gesto di saluto a cui Ileana, confusa, rispose con un flebile “grazie” che Orochi, avvicinatasi a Zoe per schioccarle un bacio sulla guancia, probabilmente nemmeno sentì. -Buonanotte, micia!- trillò, guadagnandosi una prevedibile occhiataccia da parte della figlia.

-Mamma!-

Kaze socchiuse gli occhi, l’ombra di un sorriso sulle labbra sottili, rassicurato da quella parvenza di normalità che i bisticci di Orochi e Zoe rappresentavano. Si accostò al letto, affrontando finalmente quei grandi occhi verdi che l’avevano seguito fino a quel momento, cogliendo già un’ombra di misericordiosasonnolenza fra i tratti corrugati di quel viso minuto.

-Tornerò presto, milady.- le assicurò, a voce bassa, ed il debole cenno affermativo di Ileana fu l’ultima cosa che vide prima di voltarsi per seguire Orochi.

Soltanto quando si ritrovò nel corridoio semibuio, lontano da quella stanza che si era fatta soffocante, si permise di respirare.

Per ora, per un po’, non sarebbe più successo niente.

Orochi, però, gli concesse soltanto una manciata di secondi per recuperare la calma, per rimettere ordine fra i propri pensieri e riempirsi il petto con un profondo, agognato sospiro: poi schioccò la lingua, impaziente, prendendolo sottobraccio e costringendolo a muoversi lungo il corridoio con una determinazione che – come sempre – sfociava quasi nella prepotenza.

-Adesso, se il tuo odioso fratello o la mia bellissima moglie non sono nei dintorni, comincia a spiegarmi cosa ti è venuto in mente.-

Finalmente, dopo tutta la tensione delle ore passate, Kaze si permise un sorriso. Fu un sorriso stanco, esausto addirittura, ma l’irruenza dell’amica accanto a cui era cresciuto, che dietro quel pessimo carattere nascondeva un animo molto più gentile di quanto chiunque avrebbe potuto intuire, fu un altro brandello di familiarità in quella situazione che nulla aveva di conosciuto.

Ad Orochi non avrebbe dovuto nascondere nulla: lei era l’unica persona in tutta Hoshido con cui aveva sempre potuto essere sincero, a cui aveva potuto rivelare i propri dubbi, le proprie incertezze, i propri demoni; parlare con Saizo era sempre stato fuori discussione, e persino Kagero non sarebbe mai stata in grado di capirlo così come riusciva sempre a fare l’Onmyoji dai capelli color indaco.

Orochi era l’unica, vera amica che lui avesse mai avuto.

-Perché avete dovuto nascondere le erbe?-lo incalzò lei, ignara dei suoi pensieri, del profondo senso di affetto e di gratitudine che Kaze sentì riscaldare i suoi muscoli intirizziti dal freddo e la sua gola riarsa dai continui silenzi.

-Dopo l'Abisso, la situazione fra lord Takumi e la Principessa ha reso impossibile il continuare la marcia assieme all'intero distaccamento.- mormorò, e quelle parole bruciarono sulle labbra come pece bollentetanto fu difficile pronunciarle:una parte di lui avrebbe preferito tenere per sé l'orribile comportamento a cui aveva dovuto assistere, proteggendo così l'onore ed il decoro della famiglia reale, ma…

Era così stanco di rimanere in silenzio.

-Hinata lo ha convinto a mandarci avanti assieme a lei, per impedire che le succedesse qualcosa di irreparabile, assieme ad Oboro e ad una lettera per il comandante di questa guarnigione.-

Orochi sventolò una mano, impaziente, invitandolo a proseguire.

-Il principe ha dettato ordini molto precisi… e molto duri.-

Ordini che avevano rischiato di peggiorare unasituazione già sull'orlo del precipizio.

-Nessuno di noi ha potuto opporsi ad ordini del genere. Reina avrebbe potuto, forse, ma…-

La voce di Kaze si perse, rincorrendo i se e i ma che lo avevano perseguitato durante le interminabili notti trascorse nelle prigioni, a vegliare sulla Principessa.

Se Reina fosse rimasta, se a Zoe fosse stato permesso di accompagnare Takumi in quella spedizione, se fosse stata lady Hinokaad assumersi la responsabilità della ricognizione sull'Abisso e non l'irrequieto, giovane principe impaziente di dimostrare il proprio valore – e quale valore, poi, aveva dimostrato…

-Quando il comandante ha letto quella lettera, deve aver pensato a chissà quale mostro sotto le spoglie di una ragazzina.- sibilò, con più veemenza di quanta avrebbe desiderato lasciar trapelare.

-Posso soltanto immaginare.- sospirò, Orochi, meditabonda, arrotolandosi distrattamente una ciocca dei suoi lunghi capelli fra le dita inanellate. -Reina ha parlato con lui quando siamo arrivati, ma io non ero presente. Che cosa voleva fare? Voleva drogarla?-

Kaze annuì.

-Sì.Voleva tenere sotto controllo la temibile Maga nohriana che lord Takumi ha sicuramente descritto come la fonte di ogni male di Euanthe.-

Orochi sbuffò, forse divertita dal sarcasmo chiaramente percepibile nelle parole dell'amico, ma lui scosse la testa: non avrebbe mai voluto esprimersi in quel modo, avrebbe disperatamente preferito riuscire a mantenersi neutrale, a non lasciare che l'ira che provava nei confronti di ciò che il principe aveva fatto soverchiasse il suo autocontrollo, ma…

-Quindi è per questo che avete sostituito le mie preziose erbe con delle spezie.-Orochigiocherellò con l'orlo della sua manica, picchiettando distrattamente le dita sulle lame affilate che portava agli avambracci. -Quella povera ragazza non ne sarebbe uscita viva, l'erborista di questo posto è tutto fuorché competente e avrebbe sicuramente fatto dei danni.- rifletté, e Kaze, rincuorato dalla sua comprensione, le racchiuse lievemente una mano nella propria forse per cercare, in quel tocco leggero, un po' di conforto.

-Ho avuto lo stesso timore.- confermò, la familiare stretta alla bocca dello stomaco che tornava a farsi viva. -Inoltre, lasciare una nohriana drogata nella cella di un posto pieno di soldati pieni di risentimento non sarebbe stato saggio.-

Lui li aveva visti, quegli sguardi.

Aveva visto il modo in cui i loro occhi avidi avevano divorato la figuretta elegante e troppo poco vestita della Principessa, aveva udito i loro orrendi, disgustosi commenti, le loro congetture, i loro piani ributtanti su come avrebbero potuto insegnare ad una reale a piegarsi a loro…

-Ho… mi sono assicurato che sapessero che io ero lì.-

Nel buio, nell'oscurità, Kaze aveva celato la propria presenza ma non il suo sguardo, il sibilo impercettibile dell'acciaio, la promessa agghiacciante che rappresentava per coloro che avevano tentato di concretizzare quelle promesse a spese di Ileana.

-Non possono provarlo, non mi sono mai mostrato, ma sapevano.-

Kaze abbassò lo sguardo, furioso con se stesso e con il mondo intero, frustrato dalle misure odiose che aveva dovuto prendere: era qualcosa di inconcepibile, per lui, cresciuto dal rigoretalvolta spietato ma sempre ligio ai propri principi di Igasato…e, sebbene conoscesse anche troppo bene le nefandezze di cui erano capaci gli esseri umani –aveva visto troppo, affrontato troppo, per non saperlo – non sarebbe mai riuscito ad accettare davvero che qualcosa del genere venisse perpetrato.

Soprattutto ai danni di un'innocente.

-Hinata mi ha coperto, e persino Oboro, con mia sorpresa.- aggiunse, rammentando gli occhi cerchiati dalla stanchezza e dall'inquietudine di Oboro, la temibile smorfia incattivita che aveva rivolto ad alcuni soldati che avevano avuto la pessima idea di farsi sentire da lei.

Non aveva capito il perché di quell'improvvisa presa di posizione: Oboro era stata a dir poco sprezzante, nei confronti della Principessa, ma le minacce sussurrate nei corridoi sempre bui di Suzanoh sembravano averla spinta a superare momentaneamente il suo astio nei confronti di tutto ciò che riguardava Nohr…

-Non è qualcosa che una donna è capace di lasciar succedere, Kaze.- sembrò rispondergli, Orochi, con un tono di voce che improvvisamente sembrava aver perso quel fondo di giocosità che la caratterizzava persino nei momenti più bui, ma Kaze non se ne sorprese: rammentava perfettamentegli assassini che avevano tentato di introdursi nel castello di Shirasagi anni prima e che Orochi, avendoli scorti nelle carte, aveva tentato di fermare da sola… era stata Zoe, attirata dal suono dello scontro e dalle urla di sua madre, ad intervenire prima che succedesse qualcosa di irreparabile, ma Kaze non avrebbe dimenticato facilmente i vestiti strappati di Orochi e l'orrore che aveva scorto nei suoi occhi quando era accorso sul posto.

Tacquero, camminando in silenzio per una manciata di minuti in cui, Kaze ne era certo, i pensieri di Orochi erano tornati almeno quanto i suoi a quella notte di tanti anni prima, a quanto tempo aveva impiegato l'Onmyoji a riprendersi dopo quella brutta esperienza… come avrebbe potuto, Ileana, sopportare qualcosa la cui sola prospettiva aveva rischiato di spezzare una persona molto più adulta e preparata di lei? Come avrebbe potuto, lui, permettere a quei vili, spregevoli esseri di abusare di qualcuno che aveva affrontato già troppo?

-Hai fatto il possibile per quella ragazza, e anche l'impossibile.- esordì, all’improvviso, Orochi, sorprendendolo abbastanza da spingerlo a voltarsi per lanciarle un’occhiata angosciata.

No che non aveva fatto abbastanza.

Kaze avvertì i denti stridere e quel dolore sordo sembrò echeggiare nella sua mente, nel suo petto, rimescolando tutte quelle parole che non aveva potuto dire, quella furia che aveva imbrigliato così strettamente e che adesso sembrò risvegliarsi tutto ad un tratto, pungolata dall’ormai onnipresente frustrazione che provava.

-Andare contro quel piccolo principe è stato pericoloso.- aggiunse lei – e quella fu la proverbiale, fatale ultima goccia che distrusse tutto ciò con cui Kaze aveva tentato di acquietare la sua ira.

-Perché quel principe non sa pensare ad altro che alla sua paura di Nohr!-ringhiò, serrando le dita fra quelle di Orochi.

Paura.

Era tutto lì il problema.

La paura di Takumi aveva preso il sopravvento sul suo buonsenso, sul suo decoro, sulla sua decenza, esattamente come la paura di Ileana aveva soverchiato la sua razionalità, trasformandola in una creaturina spaventata e feroce che avrebbe lottato con le unghie e con i denti contro ogni singolo sforzo che lui avrebbe potuto fare di lì in avanti.

Paura.

Anche lui aveva avuto paura, tanti anni prima. Aveva avuto così tanta paura che ancora si svegliava, di notte, madido di sudore persino in pieno inverno, terrorizzato all’idea di che cosa era stato capace di fare, di permettere, gli occhi verdi di quella bambina innocente mandata a morire a causa della sua inerzia ancora così vividi nella memoria…

Si passò la mano libera fra i capelli, lasciandosi sfuggire un breve rantolo angosciato, tormentato.

-Non… non potevo, Orochi. Non potevo lasciare che le succedesse nient'altro. Non posso.-

No, non poteva.

Non avrebbe più nemmeno potuto guardarsi allo specchio se lo avesse fatto. Non avrebbe potuto vivere con se stesso, non più, se ad Ileana fosse successo qualcos’altro perché lui non era stato capace di fermare tutto.

Orochi, tutt’altro che sorpresa da quell’esplosione che così poco si addiceva al suo carattere così tranquillo, scosse la testa.

-Non l'hai fatto, e non lo farai.-mormorò, inclinando la testa per dedicargli un’occhiata affettuosa, gentile, comprensiva – quante volte aveva ascoltato quelle parole, quante volte aveva offerto conforto a quelle confessioni strozzate che Kaze non si era mai permesso con nessun altro… -Non hai fatto tu quella scelta, Kaze. Non puoi continuare a torturarti in questo modo.-

Kaze chiuse gli occhi, spezzando bruscamente ogni contatto fisico con lei e muovendo un passo avanti per aprire la porta della propria stanza.

-Una ragazza innocente sta pagando un prezzo che le è stato imposto a causa mia.-

Orochi sbuffò, spazientita.

-Adesso stanno parlando la tua rabbia e il tuo senso di colpa. Non sei lucido.- lo rimbrottò, incrociando le braccia, ma Kaze le diede le spalle ed entrò per primo, dirigendosi verso il baule in cui aveva nascosto le piante officinali che aveva sottratto dalle cucine mentre Hinata distraeva la cuoca con le sue chiacchiere. -Come pensi di poterla aiutare in questo stato?-

Fingendo di non averla sentita, Kaze agguantò la borsa di fialette e tornò dall’amica, evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo.

-Ecco le tue erbe.-

Un improvviso dolore al viso lo riscosse, costringendolo a riportare l’attenzione sull’Onmyoji: Orochi gli aveva pizzicato la guancia con abbastanza forza da, probabilmente, lasciargli un segno, ed ora lo stava fissando con la stessa smorfia disgustata che, solitamente, dedicava a Saizo.

-Non provarci nemmeno, mio adorabile Kaze.- lo avvertì, ma lui – ancora una volta – non diede peso alla sua velata minaccia.

-Non posso scusarmi per averle prese, ma sono dispiaciuto per averti irritata.- continuò, scostandosi rapidamente per evitare un secondo pizzicotto.

-Sarà molto più salutare per te se smetterai di comportarti in questo modo adesso, o mi costringerai a fare qualcosa di molto disdicevole a questa testa così carina.- soffiò lei, irritata, alzandosi sulle punte dei piedi per picchiettare un dito sulla sua fronte. -O preferisci continuare a comportarti come tuo fratello? Perché, sai, è proprio quello che stai facendo adesso.- aggiunse, strappandogli un mezzo sorriso intriso di tristezza.

-Ti sorprende così tanto?-

Orochi scosse la testa, piccata. -No, ma è davvero irritante.- replicò, serrando le mani sui fianchi e scrutandolo con quel cipiglio severo che Kaze le aveva visto usare con una Zoe adolescente e con un Saizo non così tanto adolescente ben più di una volta. -Allora, devo legarti per impedirti di sparire nel nulla o mi farai la cortesia di ascoltarmi?-

Kaze aggrottò le sopracciglia, perplesso e, a dirla tutta, un po' intimidito dalla serietà nella voce dell'amica.

-…perché ho l'impressione che tu lo abbia già fatto prima?- si arrischiò a domandare, ma Orochi ammiccò, divertita.

-Una donna deve diventare creativa quando ha una ninja come moglie.-

Kaze impiegò soltanto un secondo più del solito per comprendere quell'allusione ma, nel momento in cui la sua mente gli fornì un alquanto colorito esempio di cosa Orochi avesse voluto intendere, sentì un improvviso calore allargarsi dal colletto della tunica fino alle guance. -C-Certo.- balbettò, scuotendo rapidamente la testa per cercare di scacciare quel pensiero prima che il suo imbarazzo diventasse ancor più evidente. -N-Non intendevo…-

Orochi si lasciò sfuggire una risata piena, trillante, quel tipo di risata che riusciva sempre a rasserenare l'animo di chi le era accanto.

-Ecco il Kaze che conosco, finalmente.- miagolò, soddisfatta, avvicinandosi al ninja per posare le mani sottili e curate sulle sue guance, costringendolo a sostenere la fermezza nei suoi grandi occhi violetti. -Ascoltami bene. Hai passato gli ultimi quattordici anni flagellandoti per il destino di quella ragazza, ma non mi sembra proprio che abbia avuto una brutta vita. È stata cresciuta come una principessa, dopotutto, e mi sembra anche che si siano presi decisamente cura di lei.-

Kaze sospirò, per l'ennesima volta, sentendo l'atroce bisogno di credere alle parole di Orochi cozzare contro la cocente verità a cui era stato costretto ad assistere.

-Come puoi esserne tanto certa?- mormorò, rammentando l'assoluta mancanza di preparazione di Ileana: come poteva, una famiglia – la famiglia reale di Nohr, nientemeno –, aver gettato una figlia, una sorella, nelle mani di un nemico di cui non sapeva nulla e senza nemmeno avere la decenza di spiegarle che cosa sarebbe potuto succedere, come avrebbe dovuto comportarsi?

-Eri lì quando ha parlato del principe di Nohr.- gli rammentò Orochi, scostando con affetto una ciocca dei suoi sottili capelli verdi e raccogliendogliela dietro l'orecchio, come faceva sempre per rassicurare anche sua figlia. -Quella voce e quegli occhi erano quelli di qualcuno che sa cosa significa essere profondamente amato.-

, dovette ammettere Kaze. Sì, il modo in cui Ileana aveva accennato al principe Xander gli aveva stretto il cuore, tanto era l'affetto e la disperazione che aveva udito intrisi nelle sue parole gonfie di pianto.

-Chiamalo istinto materno, se vuoi, ma sono certa che sia così.-

Oh, avrebbe dato qualunque cosa per cullarsi nelle sue parole, per illudersi che quella fosse la realtà… ma non poteva, ed Orochi sospirò, forse leggendo sul suo volto contratto la sfiducia e la rassegnazione che Kaze sentiva rimestare nel petto, nello stomaco.

-O, visto che non hai intenzione di credere alle parole della saggia Orochi, pensa ai suoi bei vestiti pregiati o al modo in cui si muove e in cui parla.- esclamò, alzando lo sguardo verso il soffitto per un istante e mormorando qualche parola che ricordava molto un "Hotoke, dammi la forza di sopportare questi ninja" prima di tornare a lui. -Quella ragazza è una principessa in tutto fuorché nel sangue, Kaze.- affermò, e sì, in quello Kaze poteva credere, quella era una verità che poteva accettare, con cui avrebbe potuto lavorare per offrire ad Ileana tutto il sostegno di cui era in grado.

Piegò le labbra in un sorriso lieve ma sincero, posando le mani su quelle dell'amica per scostarle dal proprio volto, ignorando la sgradevole sensazione di vuoto che provò nel separarsi da quel tocco pieno d'affetto.

-Grazie, Orochi.- mormorò, allontanandosi di un passo, ma lei rise.

-Oh, non ringraziarmi. Hai ancora un debito con me.- gli ricordò, sollevando il sacchetto pieno di erbe officinali ed inarcando un sopracciglio, rammentandogli quanto quel furto, sebbene commesso per nobili motivi, non sarebbe stato dimenticato.

Il ninja, perfettamente conscio di quanto quel debito si sarebbe protratto per anni ed anni a venire, soffocò un gemito sconsolato.

-Come dimenticarlo.-

.

§

.

Finalmente, dopo tutto quel tempo trascorso nel verde intenso della foresta, quel penoso viaggio stava per avere fine.

Zoe passò distrattamente le dita fra le folte, soffici penne del collo di Katsu, sentendo il sommesso gemito di approvazione del kinshi riverberare fra le dita. Sorrise appena, intenerita, stringendo le ginocchia e tirando gentilmente le redini verso un lato per farlo abbassare di quota.

Era stata Reina a proporle di farsi un volo, forse notando la sua espressione insofferente od il silenzio pressante che sembrava essere calato su tutto il convoglio e che, a giudicare dalle espressioni contratte di tutti, notò Zoe, sembrava non essersi smorzato nemmeno in sua assenza.

Avevano raggiunto l’inizio della strada che li avrebbe condotti nuovamente a Shirasagi, dove avevano lasciato la carrozza su cui viaggiava la Regina al loro arrivo – sarebbe stato impossibile attraversare la foresta con quella stupida baracca guidata dai Marionettisti, rifletté Zoe, lanciando un’occhiata diffidente alla portantina meccanica su cui Mikoto, apparentemente immersa in una profonda meditazione, sedeva fra decine di cuscini colorati.

Ryoma camminava accanto alla vettura della Regina, impegnato a discutere di chissà cosa con Reina ed Orochi; Takumi, invece, procedeva dall’altro lato rispetto al fratello, silenzioso e cupo in volto come Zoe lo aveva visto ben poche volte nella sua vita, seguito a poca distanza da Oboro e da Hinata.

Saizo e Kagero, invece, non erano in vista, ma Zoe non se ne sorprese: Kagero era sicuramente andata avanti per assicurarsi che il percorso fosse sicuro, ora che la foresta era ormai rimasta alle loro spalle, mentre Saizo era più indietro, celato allo sguardo dei più a poca distanza da dove Kaze camminava accanto alla Principessa di Nohr.

Zoe spinse Katsu a scendere ancora, cogliendo l’espressione contratta di Ileana anche da lontano: la Principessa continuava a guardarsi intorno, guardinga, come se potesse percepire la presenza di qualcuno di invisibile che la seguiva – perché era effettivamente quello che Saizo stava facendo, chissà se per ordine di Ryoma o per sua personale iniziativa: sin da quando erano partiti, il giorno prima, Zoe lo aveva scorto sempre nei paraggi della ragazza nohriana, nascosto eppure incapace di sfuggire allo sguardo della sua deshi.

Forse Ileana se n’era accorta o, comunque, capiva che qualcosa non andava: sembrava un gatto sul punto di scappare a nascondersi, tesa come appariva persino da lassù – e nessuno meglio di lei sapeva quanto snervante potesse essere sentire l’onnipresente sguardo di un ninja su di sé.

Certo, lady Mikoto le aveva offerto di accomodarsi sulla portantina assieme a lei, ma Zoe non si era sorpresa nemmeno un po’ quando Ileana aveva rifiutato con una rapidità impressionante, lanciando un’occhiata atterrita in direzione di Takumi.

Sbuffò, costringendosi ad inspirare profondamente l’aria fredda e tagliente che sembrava determinata a mozzarle il fiato.

Quello stupido non sembrava intenzionato a smetterla di comportarsi come un idiota.

Già da quando erano partiti, già dal primo istante in cui Ileana aveva messo piede fuori dalla fortezza, Takumi non aveva mai smesso di riservarle quegli sguardi pieni di livore e di rabbia che avevano innervosito tanto la Principessa quanto tutto il resto dell’entourage, facendo calare quel silenzio pesante e soffocante da cui Zoe era riuscita a sfuggire, per un po’, nascondendosi nei cieli.

Sospirò, lo stomaco che si stringeva nel rendersi conto di quanto profonde fossero le occhiaie sotto gli occhi di Ileana e strette le sue labbra: essere guardata a vista da qualcuno di invisibile e, allo stesso tempo, sapere che la persona che l’aveva tormentata così a lungo si trovava a pochi passi di distanza da lei la stava logorando, era evidente… maavrebbe logorato chiunque, dopotutto.

Katsu pigolò qualcosa, chiaramente contrariato, quando lei lo diresse verso il basso, spingendolo a planare lentamente invece di gettarsi in picchiata; passarono accanto alla portantina della Regina, che socchiuse gli occhi per rivolgerle un rapido sorriso a cui Zoe rispose con un cenno della testa, e a Takumi, che alzò di scatto la testa verso di lei quando l’ombra del kinshi gli passò accanto.

Zoe si sforzò di non guardarlo, di non cedere al terribile bisogno che provava di cercare nel suo viso qualcosa di familiare, un accenno di pentimento, qualcosa: si concentrò invece su Hinata, sulla risata divertita che gli sfuggì quando l’ala di Katsu gli arruffò i capelli e sul ricordo ancora così vivido della prima volta in cui Zoe lo aveva portato a volare.

Sorrise, fra sé, ma forse il suo fu un sorriso più triste di quanto avesse pensato perché, quando guidò Katsu per atterrare accanto a Kaze e ad Ileana, il Maestro Ninja le rivolse un’occhiata perplessa che lei, tuttavia, ignorò.

-Va tutto bene, milady?- domandò, rivolgendosi con tutta la gentilezza di cui era in grado a lady Ileana, che aveva alzato lo sguardo su di lei per dedicarle un’occhiata assente. -Sembrate un po' nervosa.-

Zoe si morse la lingua, sforzandosi di non ridacchiare quando Ileana raddrizzò immediatamente le spalle, impettita.

-Sto benissimo. Ti ringrazio per il tuo interessamento.- rispose, ossequiosa esattamente com’era stata con Ryoma, ma la Samurai non si lasciò intimidire: quella ragazza era uno scricciolo, suvvia, come poteva pensare che sarebbe bastato un tono pomposo per farla desistere?

-Ah, se lo dite voi.- mugugnò, scrollando le spalle e incrociando le braccia, scrutando l’altezzosa Principessa con un sopracciglio inarcato. -Avete mai volato?- le domandò, cambiando argomento, ma lei scosse rigidamente la testa.

-Non posso dire di averlo fatto.- perseverò, rigida, ma dal modo in cui occhieggiò Katsu e dal lampo di curiosità che Zoe scorse attraversarle il viso poté intuire quanto l’idea non le dispiacesse.

Batté le mani, sforzandosi di sorridere con un entusiasmo e un’allegria che non aveva.

-Beh, saltate su. Vi porterò a fare il vostro primo volo!- esclamò, dando una pacca invitante sulla sella di Katsu, alle sue spalle; Ileana, però, s’incupì, e Zoe avrebbe potuto giurare di sapere che cosa le stesse ronzando nella testa. -E no, non ho intenzione di buttarvi giù non appena arrivate abbastanza in alto.- aggiunse, ironica, accogliendo la prevedibile occhiataccia di Kaze con un mezzo sorriso – “Oh, andiamo, era soltanto una battuta!”.

Ileana però arrossì, chiaramente sorpresa dell’intuizione corretta di Zoe, distogliendo lo sguardo da lei per rivolgerne uno pensoso e poco convinto al kinshi.

-Gli animali si innervosiscono, quando mi avvicino. Il tuo pennuto non sarà felice di avermi come passeggera.- brontolò, diffidente, ma Zoe si limitò a scuotere la testa.

-Non preoccupatevi, Katsu è perfettamente addestrato. Si comporterà bene fino a che terrò io le sue redini.- la rassicurò, rivolgendole il suo sorriso migliore e raddrizzando le spalle; Ileana, però, abbassò gli occhi, chiaramente non convinta dall’idea.

-Comunque non credo che__-

Zoe sbuffò, spazientita.

-Non volete stare lontana da lui?- sbottò – tanto, ormai, cosa importava una rispostaccia in più o una in meno a quella masnada di reali impazziti? –, scoccando un’occhiataccia in direzione di Takumi quando Ileana, sorpresa dalla sua veemenza, tornò a guardarla. -Lassù, non potrà raggiungervi in alcun modo.- continuò, accennando al cielo e rivolgendosi nuovamente a lei, il sorriso svanito per lasciar spazio a quell’espressione vuota e pacata che detestava ma che immaginava sarebbe stata la sua arma migliore nei giorni a venire.

Ileana tacque per un po’, spostando ripetutamente l’attenzione da lei a Katsu e poi a Takumi, mordicchiandosi un labbro e sfregandosi quelle minuscole mani sulle altrettanto esili braccia – chissà se aveva freddo, si chiese Zoe: era stata nelle terre nohriane, anni prima, ed aveva potuto constatare di persona quanto rigido potesse essere il loro inverno, quindi magari Ileana era abituata a temperature ben più crudeli di quello che a Hoshidoera considerato “freddo”…

-Bene.-

Zoe trasalì, colta di sorpresa dalla risolutezza che avvertì nell’esclamazione asciutta di Ileana, ma tentò di non darlo a vedere; annuì, scostandosi per lasciarle spazio alle proprie spalle quando la Principessa si avvicinò al kinshi senza mai perderne d’occhio il becco affilato. -Posso salire da sola.- sibilò, e Zoe si costrinse a trattenere una risata: aveva un che di tenero, quella ragazzina che cercava in tutti i modi di gonfiare le piume per sembrare più grande e forte di quello che era…

-Non l'avrei mai messo in dubbio.- commentò, ignorando il secondo sguardo di avvertimento che, prevedibilmente, giunse da parte di Kaze, e quello palesemente irritato che invece le arrivò da Saizo.

Quanto erano nervosi, quel giorno, quei due.

Rimase diligentemente immobile, sforzandosi di non offrirsi di aiutare la Principessa quando lei, non senza sforzi, si arrampicò un po’ goffamente sul dorso di Katsu; si limitò a continuare ad accarezzare il lungo collo sottile del kinshi, mormorandogli qualche parola affettuosa finché non avvertì Ileana finire di sistemarsi e aggrapparsi, con un’ostinazione davvero ammirabile, al bordo della sella invece che a lei.

Scosse la testa, dicendosi che un altro commento ironico le avrebbe probabilmente causato dei guai, sistemandosi le briglie fra le dita.

-Avete paura dell'altezza? Perché stiamo per andare davvero, davvero in alto.-la avvertì, saggiando sui polpastrelli il cuoio ruvido delle redini, assaporando la sensazione che le dava scorrendole sulle tante piccole callosità delle mani; era qualcosa di familiare, che la riportava ai primissimi voli con Reina, alle lacrime di gioia che aveva versato quando aveva visto per la prima volta il mondo dal cielo.

-Non è un problema. Vivevo in una torre, dopotutto, ci sono abituata.- mormorò Ileana, meditabonda, quando Zoe diede un deciso colpo di talloni ed il kinshi balzò in avanti, spiegando le ali per sollevarsi da terra.

-Una torre?- domandò, senza pensarci, incuriosita: aveva sentito parlare dei pinnacoli di Krakenburg, il castello che dominava la capitale di Nohr, Windmire, ma aveva sempre pensato che la grandiosità di quella reggia si sviluppasse verso le viscere della terra piuttosto che verso l’alto…

Ileana, però, tacque, e lei seppe immediatamente di aver fatto un passo falso.

Che stupida, accidenti, si disse, mordendosi la lingua: Ileana si era chiaramente lasciata sfuggire quel commento, ma Zoe già aveva compreso che accennare in un qualunque modo a casa sua o alla sua famiglia era il peggior modo possibile per tentare di guadagnarsi la sua fiducia.

-Non avrei dovuto chiedere, mi dispiace. Non sono affari miei.- mormorò, dopo una manciata di minuti, voltandosi appena per lanciare un’occhiata ad Ileana non appena il volo di Katsu si fu fatto stabile: la Principessa sembrava fortemente intenzionata ad ignorarla, ma a Zoe bastò un’occhiata per scorgere una scintilla di entusiasmo animare quegli occhi verdi che, fino a quel momento, aveva visto pieni soltanto di terrore e di confusione.

Soppresse un sorriso, congratulandosi con se stessa per l’idea che aveva avuto di portarla lassù: era palese che ad Ileana non dispiacesse affatto trovarsi lì, dispersa nella vastità immensa del cielo…

-Beh, sembravate parecchio chiacchierona quando ci siamo incontrate, ma presumo che la prima impressione non sia sempre corretta.-mormorò, distrattamente, mordicchiandosi le labbra per trattenersi dal ridacchiare quando la sentì muoversi, forse a disagio per quel commento ironico.

Con un gesto fluido, quasi pigro, tirò le redini verso di sé e guidò Katsu ancora più su, lasciandosi sfuggire uno sbuffo divertito quando il kinshi si tuffò in una corrente ascensionale e lo sbalzo improvviso di altitudine le trasmise una sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco – dei, quanto amava volare.

Alzò un braccio, indicando la lontana catena montuosa che, a nord, spezzava il gelido cielo terso di Hoshido con il suo candore.

-Vedete quelle montagne? La Tribù del Fuoco vive sul picco più alto. Sono stata là, da piccola, e sempre là ho visto la neve per la prima volta.- spiegò, sorridendo quando rammentò la sensazione che aveva provato quando il primo fiocco di neve si era sciolto sulla sua mano, lo sterminato manto bianco che sembrava perdersi a vista d’occhio, l’aria fredda che le aveva dato l’impressione di tagliarle a metà il petto.

Ileana si sporse un po’, incuriosita.

-Davvero?- domandò, e Zoe annuì.

-Sì. Non nevica mai, a Shirasagi.-rispose, e probabilmente anche Ileana si accorse del rammarico nella sua voce. -Era bella. Non ho avuto la possibilità di godermela, ma era davvero bellissima.- continuò, scuotendo la testa per scacciare quei ricordi che sembravano così lontani da assomigliare più ad un sogno che a qualcosa che aveva vissuto davvero.

Con un delicato colpo di talloni Katsu si volse verso ovest, verso la grande muraglia che svettava in mezzo alla foresta, dorata nella luce fredda del sole di mezzogiorno.

-Da qui potete vedere Suzanoh.- continuò a spiegare, più per riempire quel pesante silenzio che per ottenere una qualche risposta dalla taciturna Principessa. -Quel muro ha protetto Hoshido da ogni tipo di attacco nei secoli passati, ma… non mi piace. Fa sentire le persone piccole, ed è odioso.-

Ileana, alle sue spalle, sembrò agitarsi.

-Noi eravamo là, vero?- le chiese e, ancora una volta, Zoe annuì.

-Sì. È l'ultima linea di difesa della capitale.-

-Quindi… è lontana da Nohr.-

Zoe abbassò lo sguardo, sentendo qualcosa dolerle nel petto quando colse la nota di sofferenza nascosta nelle atone parole di Ileana.

-Sì.- ammise, sapendo perfettamente che non esisteva un modo gentile per dirle che si trovava più lontano da casa di quanto non fosse mai stata. -Per arrivare alle terre nohriane, si dovrebbe tornare indietro da Suzanoh fino all'Abisso. Credo che ci vorrebbe circa una settimana, a piedi, da dove ci troviamo adesso.-

-Capito.-

-Vedete quelli?- sospirò, riprendendo la sua guida improvvisata perché il silenzio era davvero troppo opprimente, perché aveva bisogno di distrarsi per non lasciare che la sua mente provasse ad immaginarsi che cosa stesse passando quella povera ragazza spaurita. -Quelli sono i tetti del castello di Shirasagi. Quando avevo quindici anni, mi sono arrampicata lassù assieme ad Hinata. I nostri maestri ci hanno rimproverato per giorni, dopo, ma ne è valsa la pena.-

Oh, sì, Saizo aveva fatto delle urla memorabili, quella volta: aveva preso in prestito un pegaso per salire fin lassù e andare a riprenderla, e lui odiava volare – e per fortuna era arrivato soltanto dopo che lei e Hinata avevano__

Scosse la testa, scacciando un ben altro tipo di ricordi perché non era proprio il caso di arrossire come una stupida in quel momento.

-Se il cielo è limpido, da lassù si possono vedere persino le tempeste dell'Abisso.- continuò, sperando che quella distrazione momentanea fosse passata inosservata.

-È davvero così alto?-

-Sì. Non so come siano stati in grado di costruire qualcosa di così alto, o così grande, anche. Ancora non so quante stanze ci siano in quel palazzo, e vivo lì sin da quando ero poco più di un infante.- borbottò, ma Ileana si limitò ad un gesto secco della testa e poi tacque di nuovo, sprofondando per l’ennesima volta nel suo mutismo.

Zoe sospirò, accomodandosi meglio sulla sella e rivolgendo la sua attenzione al vasto, infinito manto azzurro che si stendeva a perdita d’occhio intorno a lei.

Non sapeva cosa fare.

Capiva il perché del mutismo di Ileana: al suo posto, probabilmente, pur di proteggere le persone che le erano care, lei si sarebbe comportata forse persino peggio di quanto l'apparentemente altezzosa e cupa Principessa stesse facendo… ma cosa poteva fare per aiutarla, per distrarla dai pensieri che sicuramente continuavano a ronzarle in testa?

Maledizione, lei era brava con gli animali, non con le persone!

Sbuffò, piegando la testa di lato un paio di volte per far scroccare i legamenti intirizziti del collo.

Forse stava prendendo quella situazione dal lato sbagliato: diventare matta cercando di capire che cosa avrebbe potuto aiutare la ragazza dallo sguardo scuro che portava in sella con sé non stava sortendo alcun effetto, quindi forse avrebbe dovuto guardare le cose da un altro punto di vista… che cosa faceva, lei, quando non riusciva a pensare? Quando sentiva i pensieri cozzare l'uno contro l'altro, quando non riusciva a scovare il bandolo di una matassa intricata che sembrava assordarla, accecarla, annullare tutto il resto?

Sfiorò distrattamente le penne di Katsu, meditabonda, perdendosi per qualche attimo nei complicati disegni che creavano incastrandosi l'un con l'altra… e poi sorrise, dandosi rapidamente della stupida per non esserci arrivata prima, raddrizzando le spalle e lanciando un'occhiata speranzosa alla Principessa.

Che cosa faceva, lei, quando il mondo diventava troppo stretto?

-Posso dirvi una cosa?- domandò, ottenendo soltanto l’ennesimo silenzio in risposta, ma non se ne curò: afferrò più saldamente le redini e strinse le ginocchia e Katsu, consapevole di cosa quei gesti significavano, alzò la testa per lanciare uno stridio di gioia verso il cielo.

Volava.

-Tenetevi forte.-

Ed Ileana fece appena in tempo ad aggrapparsi alla sella del kinshi, prima che quello serrasse le ali contro i fianchi, abbassasse la testa e si gettasse verso il basso.

Lo strillo sorpreso della Principessa si perse nel fischio del vento che, per un istante, azzerò qualunque altro rumore: tagliarono l’aria con la stessa velocità di una freccia e Zoe rise, esilarata dalla ventata di adrenalina che la travolse guardando il suolo avvicinarsi ad una rapidità spaventosa, quando il gelo le riempì gli occhi di lacrime e lo stomaco le si ribaltò nella pancia nel momento in cui Katsu spalancò le ali ad un soffio dal terreno, sfrecciando rasoterra e poi puntando di nuovo verso l’alto, gettandosi in un’altra corrente calda che cavalcò per ritornare in quota.

Con uno stupido, esilarato sorriso sulle labbra Zoe si voltò, non riuscendo a trattenersi più dal ridere quando scorse l’espressione stralunata e sconvolta della Principessa.

-Ve l'avevo detto di tenervi forte.- commentò, divertita, quando Ileana alzò lo sguardo per guardarla.

-Tu… io…- balbettò, ad occhi sgranati, pallida come un cencio… e poi, riempiendosi i polmoni dell'aria tersa e fredda di quelle altitudini, scoppiò a ridere, lasciando andare il bordo della sella per stringersi le braccia sul ventre, le guance che si rigavano delle stesse lacrime che si erano disegnate su quelle di Zoe.

-Mi stavo già aspettando un'altra sessione dei vostri fantasiosi insulti, lo ammetto.- ridacchiò la Samurai, sollevata da quella reazione in cui aveva sperato e inclinando la testa per ascoltare meglio quella risata, per imprimersela nella memoria… e, per un breve istante, per lasciare che quel suono sincero e cristallino le desse sollievo, per lasciare che allontanasse tutti i ricordi e le congetture che l’avevano tormentata in quei giorni.

-È STATO FANTASTICO!- strillò Ileana, ignara dei pensieri dell’altra, arrossendo però quando si accorse che Zoe la stava guardando. -Oh, ehm… intendevo…- mormorò, abbassando lo sguardo, ma la Samurai sogghignò.

-Di nuovo?- propose e, dal modo in cui Ileana le lanciò un’occhiata speranzosa, fu chiaro ad entrambe quanto le sarebbe piaciuto.

-Non dovresti stancare il tuo pennuto a causa mia.- commentò comunque, ma Zoe rise e si voltò, arrotolandosi le redini intorno ai polsi.

-Katsu adora queste cose anche più di voi.- la rassicurò, guidando il kinshi ancora più in alto rispetto a prima, fino a che l’intero entourage della Reginanon parve soltanto una striscia di formichine sulla strada lastricata.

Guardò verso l’alto, beandosi della carezza del Sole sulla pelle, socchiudendo gli occhi per lasciarsi avvolgere da quell’istante di perfetta immobilità, dall’odore dell’aria gelida e limpida che le si insinuava sotto i vestiti e dal suono meraviglioso del vento che tanto le ricordava lo sciabordio del mare.

Il mondo poteva anche essere troppo piccolo, ma il cielo non avrebbe mai avuto fine.

-E vale lo stesso per me.- aggiunse, e poi ci fu soltanto il fischio del vento, le grida di giubilo di Katsu e quelle esilarate della Principessa.

-WOAH! Avverti, prima!- esclamò, sconvolta, non appena riuscì a riprendere fiato, passandosi una mano fra i capelli tutti arruffati e sfregandosi il viso. Zoe represse un sorriso, arrotolando le redini intorno al pomolo della sella per voltarsi verso di lei.

-Mi dispiace.- si scusò, ma quando Ileana inarcò un sopracciglio, poco convinta, ridacchiò. -No, a dire il vero no, neanche un po'.- si corresse, strappando uno sbuffo divertito all'altra ragazza che, chiaramente esasperata, scosse la testa.

-Allora… Katsu, giusto?- domandò, piegandosi di lato per lanciare un'occhiata alla testa del kinshi.

-Sì! Questo piccolino è uno dei kinshi più veloci di tutta Hoshido. Mi sono presa di lui fin da quando non era altro che una gallina spennacchiata, ma adesso è diventato l'orgoglio dei nostri allevatori e la cavalcatura ufficiale di Reina.- le spiegò Zoe, dimenticandosi persino di acquietare il suo entusiasmo quando si ritrovò a parlare di Katsu, l'orgoglio palpabile nelle sue parole. Ileana, però, non ne parve disturbata, anzi: allungò una mano, incuriosita, per sfiorare cautamente il dorso del pennuto, lasciando scorrere la punta delle dita fra le piume candide.

-Quindi… non proverà a buttarmi giù finché tu sei qui con me?- chiese, e Zoe, ancora una volta, annuì.

-Esatto. Katsu si fida di me, come tutti i nostri kinshi. Ho passato un sacco di tempo nelle stalle, nel tempo, per via di tutte le punizioni…- si morse la lingua, ricordando anche troppo bene le lunghe, interminabili ore che aveva passato a ripulire le stalle, masticando questo o quell'insulto indirizzato a Saizo con la sola compagnia dei kinshi o dei pegasi. -Avete detto che non andate d'accordo con gli animali, giusto? È perché siete una maga? Anche mia madre ha lo stesso problema.- domandò, poi, dicendosi che quella, in fondo, era una domanda innocua, che non avrebbe potuto rappresentare alcuna minaccia agli occhi della Principessa; ed infatti Ileana annuì, allontanando la mano dalle soffici piume di Katsu ed incrociando di nuovo le braccia sul ventre.

-Credo di sì. Se gli animali non sono abituati alla magia, non si avvicinano volentieri a me.- spiegò, laconica, e Zoe quasi riuscì a comprendere la frustrazione che Ileana doveva provare per quel motivo – non poteva davvero immaginare una vita senza Katsu o Robusuta, il cagnolino trovatello che aveva regalato a Ryoma anni addietro, e tutti gli altri animali che aveva portato a casa nonostante la disperazione di Orochi…

-Katsu è abituato ai maghi, come i nostri pegasi.- mormorò, un lieve sorriso che si disegnava sulle sue labbra rammentando l’espressione esasperata di sua madre all’ennesimo randagio che aveva portato a casa non più di qualche mese prima. -Ho sentito parlare di una razza molto rara che lascia addirittura che i maghi li cavalchino.- aggiunse, rivolta più a se stessa che ad Ileana.

-Sì, li conosco.-

Zoe sussultò, voltandosi per lanciare un’occhiata sorpresa alla Principessa.

-Davvero? Oh, adesso sono invidiosa. Non ne ho mai visto uno.- esclamò, conscia dell’espressione estatica che doveva essersi disegnata sul suo viso – insomma, quei pegasi erano quasi una leggenda! Avrebbe dato qualunque cosa per poterne avvicinare uno – oh, e le viverne, a Nohr cavalcavano draghi, accidenti, e…

Sospirò, mordendosi la lingua, quando comprese di aver detto la cosa sbagliata per l’ennesima volta: Ileana aveva serrato le labbra e distolto lo sguardo da lei, di nuovo scura e distante, inavvicinabile come una triste, bellissima bambola di porcellana al di là di una lontana vetrina di quei negozi che Zoe aveva tanto ammirato da bambina.

-Ed eccoci di nuovo tornate al mutismo. Non che io possa biasimarvi, dopotutto.- mormorò, trattenendosi dallo sbuffare, digrignando i denti e riportando la sua attenzione sull’infinità che le circondava: c’era qualche nube, a est, che sembrava promettere pioggia, notò… ma poi scorse due puntolini più chiari stagliarsi in quel grigiore distante, ed i suoi occhi allenati colsero il bagliore della luce del Sole, alle loro spalle, riverberarsi su familiari penne candide.

-Ah, parli del kitsune…- borbottò, arricciando le labbra quando distinse un maestoso pegaso spiegare le sue ali nel cielo terso e scorse una sciarpa altrettanto abbacinante sventolare nella corrente creata dal turbinio del volo.

Hinoka.

Ileana si sporse oltre la sua spalla, incuriosita, rivolgendole uno sguardo interrogativo quando parve non comprendere a cosa si stesse riferendo la Samurai.

Zoe si mordicchiò un labbro, irritata.

-Quello è un pegaso. Il pegaso della principessa Hinoka, per essere precisa… dev'essersi stancata di aspettare il nostro ritorno, immagino.- ipotizzò, tutt’altro che contenta: poteva già immaginare l’irruenza di Hinoka, la sua felicità nel poter rivedere, finalmente, la sorellina per cui aveva sacrificato così tanto, ma non era affatto certa che sarebbe stato positivo per Ileana…

La Principessa aggrottò le sopracciglia, sempre più perplessa.

-Perché?- chiese, e Zoe in quel momento desiderò ardentemente di trovarsi da un’altra parte, di potersi sottrarre a quella domanda a cui non voleva proprio rispondere.

-Beh… è la sorella minore di Ryoma, ma è più grande di me e di…- cominciò, interrompendosi però quando il nome di Takumi si affacciò nella sua mente e qualcosa, nel suo petto, stridette.

Takumi non aveva mai perdonato ad Hinoka di averlo dimenticato.

Hinoka aveva scelto la strada del guerriero tanti anni prima, in nome di quella sorellina perduta per cui aveva sofferto così tanto: era diventata uno dei Falconi più temibili che Hoshido avesse mai conosciuto, era rispettata dai suoi alleati e temuta dai suoi nemici, ma… il prezzo che aveva pagato per quella dedizione, per quelle rinunce, era stato il fratellino che da un giorno all’altro era stato messo da parte in favore di un ricordo.

Zoe ricordava con fin troppa chiarezza quanto Takumi ne avesse sofferto.

Ricordava perfettamente i singhiozzi soffocati di quel ragazzino che si era sentito abbandonato in nome di una sorella che faticava persino a ricordare, la forza rabbiosa con cui l’aveva stretta, le lacrime che le avevano bagnato il collo tutte le volte che lui aveva cercato di nascondere il suo dolore nel buio della notte e fra le sue braccia…

Strinse i pugni, sforzandosi di convincersi che il bruciore che avvertiva agli angoli degli occhi fosse dovuto solamente all’altitudine.

Dei, per favore, restituitemi mio fratello”.

-Comunque, si ricorda di voi, tutto qua. Dev'essere impaziente di rivedervi.- mormorò, forse con meno tatto di quanto sarebbe stato opportuno usare, passandosi nervosamente una mano fra i corti capelli della nuca quando Ileana s’irrigidì.

-Io… io non…- balbettò, e Zoe si costrinse a mandar giù tutto quanto, a spingere in un angolo quei ricordi tanto dolorosi e a nasconderli dietro la sua espressione serena, voltandosi per rivolgere un accenno di sorriso a quella ragazza spaventata.

-Ehi, non preoccupatevi. Se non volete parlarle, lo rispetterà. È una persona piuttosto riservata anche lei.- provò a rassicurarla, sentendo il cuore stringersi quando colse gli inequivocabili segni della paura nelle mani convulsamente strette di Ileana, negli occhi che dardeggiavano in direzione del pegaso sempre più vicino di Hinoka, nel pallore della sua pelle. -Posso… posso dirglielo io, se volete. Siamo amiche, mi ascolterà.- tentò, ma Ileana scosse la testa.

-No.- sbottò, ma Zoe non se la prese per il tono brusco e la smorfia arrabbiata che le rivolse – non aveva più voglia di arrabbiarsi per niente, a dire la verità, voleva soltanto tornare a casa e riabbracciare Sakura e Hana e invitare Hinata a cena con lei e sua madre…

-Come volete, Principessa.- sospirò, scrollando le spalle prima di alzare un braccio ed agitarlo per salutare la Principessa hoshijin ormai vicinissima. -Hinoka, ehi!- chiamò, e distinse la rossa aprirsi in un sorriso luminoso e sincero quando la riconobbe.

-Ah, eccoti! Hai rubato di nuovo Katsu?- la salutò, ridendo, non appena si fu avvicinata abbastanza perché Katsu ed il suo pegaso potessero sfiorarsi, guardandola con quell’affetto e quella gentilezza che Zoe aveva sempre trovato sorprendenti in una guerriera tanto micidiale.

-No! Stavolta ho chiesto.- si sforzò di sorridere, perché Hinoka non aveva fatto nulla di male e non meritava di scorgere la sua tristezza – era sempre stata così affettuosa, con lei, le aveva insegnato a cavalcare i pegasi e a prendersene cura, l’aveva coperta quando aveva saltato qualche allenamento per vedersi con Hinata… avrebbe tanto voluto evitare sia a lei che ad Ileana quella situazione, quell’incontro che si sarebbe sicuramente rivelato spiacevole ed imbarazzante per entrambe – ma sgranò gli occhi, allibita, quando scorse Hinoka spostare l’attenzione da lei a Ileana ed il suo sorriso spegnersi con una rapidità sconvolgente.

“Ma che…”

Ileana prese un profondo respiro e Zoe, nonostante non la stesse guardando, quasi poté vederla raddrizzare le spalle e sistemarsi gli abiti: dopotutto, si disse, stava facendo esattamente quello che lei e Kaze avevano fatto fino a quel momento, nascondendosi dietro maschere e ruoli da giocare per proteggersi e non impazzire…

-Salve, Principessa Hinoka. Sono__-

La voce sostenuta e formale di Ileana, però, si perse nel vento, quando Hinoka la interruppe senza degnarla nemmeno di una seconda occhiata per rivolgersi nuovamente a Zoe.

-Takumi e Ryoma? Sono con mia madre?- domandò, ignorando l’espressione stupefatta di Zoe e quella probabilmente altrettanto confusa di Ileana – che cosa accidenti stava succedendo, ora!?

-Beh… sì, sono con lei, ma…-

Zoe la fissò, incredula: Hinoka aveva trascorso la vita ad aspettare Ileana! Aveva sacrificato tutto per lei, si era indurita, aveva temprato se stessa per diventare sempre più forte e coraggiosa e adesso nemmeno la guardava!?

Hinoka annuì, apparentemente ignara dello sgomento della Samurai, lanciando un’occhiata pensierosa verso il basso. -Bene. Vai avanti, Setsuna è proprio dietro di me. Ti scorterà al palazzo.- le ordinò, e Zoe dovette fare appello ad ogni oncia della sua testardaggine per frenare l’istinto che l’avrebbe spinta ad obbedire all’istante – qualcosa, in fondo, Saizo doveva pur averlo inculcato nella sua testaccia dura, no? – per scuotere la testa, confusa, e aprire la bocca per protestare.

-Aspetta, ma non__- cominciò, ma Hinoka alzò una mano, zittendola con quel gesto ma rivolgendole poi un breve sorriso per rassicurarla.

-Ci vediamo dopo, Zoe. Adesso vai, informerò io gli altri.- la frenò, e prima che Zoe potesse fare altro che fissarla, sconvolta, la rossa aveva già tirato le redini per spingere il suo pegaso in una picchiata ancor più vertiginosa di quelle di Katsu, i capelli rossi che splendevano nella luce del Sole morente e la sciarpa bianca che svolazzava nel vento.

Zoe tacque, allibita, per quella che le parve un’eternità, incapace di concepire come fosse possibile quel disinteresse al limite della maleducazione da parte di Hinoka – Hinoka, maledizione, che aveva sempre affermato di combattere per la sua sorellina perduta, che aveva rinunciato alla vita da principessa per diventare abbastanza forte per riprendersi sua sorella e proteggerla dal mondo, con cui Zoe aveva condiviso anni di duro addestramento e che… lei…

-…i reali stanno andando fuori di testa.- sbottò, irritata, stringendo i denti quando sentì uno sbuffo altrettanto scocciato provenire dalla ragazza alle sue spalle.

-Come mai dici questo? A me sembra che tu avessi ragione.- fu il commento laconico che le rivolse.

-Sì, ma…- cominciò, ma immediatamente si rese conto che spiegare ad Ileana quanto quel comportamento fosse assurdo sarebbe stato inutile e, a dirla tutta, decisamente controproducente; e perciò sospirò, arruffandosi i capelli con un gesto esausto, scrollando le spalle e lanciando un’ultima occhiata sospettosa alla Principessa dai capelli rossi che era appena atterrata accanto al suo fratello maggiore. -Credo soltanto che non sapesse cosa dire.- mormorò, perché nemmeno lei sapeva più che cosa dire, come spiegare l’improvvisa idiozia che aveva definitivamente preso possesso di tutti quanti.

L’ennesimo silenzio, pesante e fastidioso, fu tutto ciò che Ileana le concesse come risposta.

Sbuffò, esasperata più da tutta la situazione che dalla reazione della nohriana, e riprese in mano le redini di Katsu, assottigliando le palpebre per distinguere la figuretta esile di Setsuna e del suo kinshi in avvicinamento.

-Beh, andiamo. Katsu si sta stancando.-

.

.

-Eccoci qui, Ileana. Coraggio, entra.- la Regina sorrise, invitandola con una mano.

Ileana fece un paio di passi, guardandosi cautamente intorno. Rimase vicina al muro mentre lasciò che lo sguardo corresse ad ogni angolo della stanza, cercando d’istinto tutte le nicchie dove potessero annidarsi eventuali trappole o dove si sarebbe potuto nascondere un aggressore.

Niente.

C’era anche un buon odore – di pulito, per niente umido – e persino un’imponente finestra.

Fece un altro passo, in punta di piedi: la stanza era… sorprendentemente piccola, tutto considerato, più piccola di quanto si aspettasse – e anche più disordinata: c’erano disegni sparsi per tutto il pavimento, e oggetti che non potevano essere altro che giocattoli abbarbicati sulle mensole. Non sembrava una stanza appropriata per ospitare un dignitario straniero, per niente. Strinse le labbra.

La regina dovette notare la sua confusione – la sua delusione per non essere trattata come le si conveniva, di nuovo – e si affrettò ad aggiungere: -Questa era la tua camera, tesoro. Nulla è stato toccato da quando sei stata rapita.-

Quelle parole fecero trasalire Ileana. Non poté fare a meno di fare un passo indietro, finendo per sbattere contro Zoe, che stava entrando a sua volta. La Maga sobbalzò e si trovò a dover trattenere un soffio spaventato, ma la Samurai alzò le mani per rassicurarla – e c’era qualcosa di curioso, preoccupato ed esasperato, tutto insieme, nei suoi occhi carmini.

Rifiutandosi di staccarsi dal muro, Ileana si costrinse a fare dei respiri profondi. La Regina la fissava con tanta preoccupazione – sembrava così dannatamente sincera –, da costringerla ad abbassare lo sguardo per mentire.

-Il… il viaggio mi ha stancata. La stanza va bene.-

La donna sembrò sollevata nel sentirglielo dire, anche se Ileana poté scorgere ancora un’ombra di tristezza nei suoi occhi.

Si era davvero aspettata che lei avrebbe… riconosciuto qualcosa?

Che follia.

Lei non era mai stata in quella stanza. E anche se tutto quello che le avevano detto alla Grande Muraglia fosse stato vero, perché la “sua vecchia stanza” non sembrava più… reale?

-Io… perché ci sono due letti?-

La domanda sembrò cogliere la Regina di sorpresa. -Oh, ho… ho chiesto di aggiungere un secondo letto.- sembrava una bugia inventata sul momento, ma Ileana decise di non discutere. -Pensavo che magari ti avrebbe fatto piacere la compagnia di Zoe. Vi ho viste con Katsu oggi, mi è sembrato che vi steste divertendo.-

L’aveva chiesto a Zoe?, si domandò Ileana, provando un’immediata repulsione per quelle parole affettate.

Se le aveva mentito riguardo all’aggiunta del letto dopo averle viste sul kinshi, allora forse a Zoe era stato ordinato di rimanerle incollata fin dall’inizio, ma… se Zoe non fosse stata d’accordo? Sarebbe importato a qualcuno? Contavano, forse, i sentimenti di chiunque – i suoi, quelli di Zoe – o la Regina era pronta a calpestare ogni opposizione solo per mettere in piedi quella farsa della figlia perduta?

Ileana scosse la testa.

Era troppo.

Non sapeva più a cosa credere, non riusciva più a distinguere la verità dalle bugie, le buone intenzioni dalle cattive.

Nella migliore delle ipotesi, la Regina diceva il vero e voleva solo offrirle una compagnia che potesse esserle di conforto in un posto così alieno, e semplicemente non aveva pensato prima di chiederle se l’avrebbe apprezzato. Nel peggiore dei casi, questo era un altro dei loro giochetti mentali per spingerla a rivoltarsi contro casa sua – contro Nohr.

In ogni caso, Ileana non gradiva essere guardata a vista tutto il tempo. -Veramente preferirei dormire da sola, se possibile.-

Quel poco di speranza rimasta negli occhi della Regina si spense.

-O_oh. Ma certo. Se è quello che desideri.-

Alla principessa nohriana si strinse il cuore, perché il dolore della donna sembrava davvero reale – ma non poteva esserne certa, e non poteva mai dimenticare la possibilità che si trattasse di un enorme, intricato inganno. -Lo è. Vi ringrazio.- mormorò, provando un profondo desiderio nei confronti della solitudine che la aspettava di lì a poco, una volta liberatasi tanto della Regina quanto della Samurai.

-…di nulla, bambina mia.-

A quelle parole, un silenzio opprimente riempì la stanza.

Ileana fissò il pavimento, a disagio, avvertendo il peso dello sguardo della Regina, di quei suoi occhi così tristi, su di lei. La Maga poteva sentirne il peso sulle spalle e percepire il proprio corpo talmente in tensione che quasi fece un salto quando Zoe, probabilmente esasperata, si schiarì la gola.

-Lady Mikoto… forse dovremmo lasciar riposare Ileana, non credete?- suggerì, ma c’era un’inflessione nella sua voce che lo fece assomigliare più ad un avvertimento che un suggerimento.

La Regina sospirò. La sua voce stillava dolore quando, con un cenno del capo, parve decidere di accettare il consiglio della Samurai. -Certo. Allora vi lascio. Ti spiacerebbe aiutare Ileana a sistemarsi?-

Zoe scosse il capo, le spalle già meno tese al solo pensiero di liberarsi della regina. Probabilmente non vedeva l’ora di essere congedata: era stata una giornata lunga anche per lei. -Ma certo che no, mia signora. Sarà un piacere.-

-Allora credo di potervi lasciar sole. Buonanotte, cara Zoe. Buonanotte, tesoro.-

Ileana strinse i pugni, costringendosi a lasciare che la voce implorante della regina le scivolasse addosso – era davvero addolorata, era davvero così piena di sofferenza, o si trattava della recita più abile che lei avesse mai visto? -Buonanotte, vostra maestà.-

-Buonanotte, milady.- Zoe le fece eco, impostata e formale, allungando una mano per spingere la porta perché si chiudesse il meno bruscamente possibile quando la regina ne ebbe finalmente varcato la soglia. Il suono della serratura fece sospirare entrambe per il sollievo. -…grazie agli dei se n’è andata.-

-Puoi andare anche tu, se vuoi. Sarai stanca, non voglio trattenerti contro la tua volontà.- Ileana disse – non poteva certo biasimarla per averne abbastanza di principi, regine e principesse.

Ma la Samurai sorrise, amichevole. -Non sono stanca, e non sono qui contro la mia volontà.- affermò. L’occhiata sorpresa che Ileana non poté fare a meno di scoccarle dovette essere palese, perché Zoe scosse la testa e aggiunse: -La regina mi sa sentire… a disagio, ecco tutto.- si fermò, come se stesse cercando le parole giuste per darle una spiegazione che Ileana non aveva chiesto ma che si ritrovò ad aspettare – perché la sua mente si stava già immaginando chissà quali scenari che potessero giustificare come mai un monarca dovesse rendere così nervosi i propri sottoposti. -È che non mi piace che qualcuno provi pena per me. E lei lo fa, anche se sta solo cercando di essere gentile. È premurosa e attenta, ma io sono un soldato, non una bambolina.- fu il turno di Zoe di sgranare gli occhi. -…scusate, non volevo straparlare. Forse sono un po’ stanca, in effetti, non riesco proprio a stare zitta. Cosa posso fare per voi?-

Ileana scosse la testa. Era cresciuta badando alle proprie cose da sola, detestando l’idea di essere servita da coloro che considerava più amici che servitori. -Non mi serve molto. Se mi dici dove sono le cose, posso fare da sola. Ci sono abituata.-

Ci volle davvero poco perché Zoe le mostrasse la stanza: era piuttosto piccola, arredata giusto con un letto, un armadio, un paio di comodini, una scrivania, e completa di una porta che conduceva a un piccolo bagno privato. Il letto era uno di quelli tipicamente hoshijin, una sorta di materasso posizionato a livello del pavimento, di cui Ileana aveva solo letto nei libri di Leo; l’armadio era pieno di vestiti per bambini di mille stoffe e colori; i comodini erano un disastro di boccette di inchiostri colorati e morbidi pennelli e pergamene di carta di riso; la scrivania era in ordine, ma solo perché tutto quello che avrebbe dovuto essere sopra era sparso sul pavimento. Perlomeno, il bagno era perfettamente pulito.

Ileana sospirò. Non le piaceva assolutamente nulla di quella stanza. I giocattoli con le inquietanti maschere rosse erano la parte peggiore, e lei non vedeva l’ora di restare sola per poterle sbattere nell’armadio e non doverle mai più vedere.

-E questo è tutto.- Zoe terminò con un sorriso. -Vi serve altro? Una tazza di tè, forse?-

Qualcosa di caldo suonava bene, ma un po’ di tempo da sola suonava anche meglio. Ileana scosse la testa, sentendola girare per la spossatezza. -Non darti pensiero. Non mi serve altro, e tu sei stanca.-

La Samurai pareva voler discutere, ma un’occhiataccia altezzosa della principessa la fece desistere. -Allora d’accordo, vi lascio riposare.- s’inchinò a fondo. -Buonanotte. Spero che dormirete bene, Lady Ileana.-

Quell’augurio così sentito fece vacillare la maschera altezzosa della principessa. -Oh, io… grazie. Spero che dormirai bene anche tu.-

Zoe sorrise a quello sprazzo di umanità. -Grazie.- sussurrò, prima di andarsene, sparendo al di là della porta silenziosa come un’ombra.

Nel momento stesso in cui le sembrò che fosse sparita – non poteva esserne certa, l’aveva vista muoversi con la stessa furtività dei ninja e non poteva escludere che fosse ancora nei paraggi – Ileana prese un respiro profondo.

Sola.

Per la prima volta dalla sua cattura, si trovava finalmente da sola. Durante il viaggio verso la Grande Muraglia c’era stata un’intera colonna di soldati a tenerla d’occhio; a Suzanoh le guardie appostate davanti alla sua cella e Kaze nascosto nelle ombre; dopo l’incontro con la Regina, Kaze, Zoe e quel ninja dai capelli rossi che sembrava sempre arrabbiato – come la salsa piccante preferita di Camilla – non l’avevano mai persa d’occhio nemmeno per sbaglio.

…probabilmente non sarebbe durata.

Era probabilmente solo una tregua temporanea, e presto sarebbe stata rimessa sotto sorveglianza, giorno e notte e notte e giorno. Non che potesse biasimarli: era instabile, ai loro occhi, qualcosa che poteva rivelarsi tanto una risorsa quanto una minaccia. Doveva cercare di mantenere le cose in quello stato il più a lungo possibile: finché l’avessero vista come una risorsa potenzialmente collaborativa, tutto quello di cui avrebbe dovuto preoccuparsi erano i loro giochetti mentali per tirarla dalla loro parte.

Decise di approfittare della quiete finché poteva, e si diresse verso il bagno. C’era una tinozza che era stata portata prima del suo arrivo, ma non vedeva alcuna fiammella guizzarvi sotto – e, come aveva immaginato, l’acqua era quasi fredda quando la sfiorò con le dita.

Oh, pazienza, non aveva tutta quella voglia di fare un bagno: lavarsi via i giorni di viaggio dalla pelle sarebbe bastato. Sospirò, svestendosi e afferrando una spugna, rivolgendo la sua attenzione ad allentare almeno un poco i nodi nella sua mente, quanto bastava per riuscire almeno a dormire.

Alla fin fine si riduceva tutto a due possibilità: o gli hoshijin stavano mentendo, oppure no. Se stavano mentendo, lei stessa e tutto ciò che amava erano in pericolo mortale. Se non stavano mentendo, probabilmente era più al sicuro di quanto non fosse mai stata, ma tutta la sua vita era stata una farsa. Non sapeva quale opzione preferisse.

Ma, soprattutto, non aveva alcun modo di conoscere la verità: c’erano troppe domande senza risposta. Tutto quello che poteva fare era aspettare – finché non avesse trovato un modo per avere altre informazioni, senza fidarsi di nessuno. Doveva mettere in dubbio qualunque cosa chiunque le avrebbe detto nei giorni successivi mentre cercava di venire a capo della situazione. Non poteva fidarsi di nessuno, non poteva abbassare la guardia.

Non era una prospettiva incoraggiante, ma sapeva che la situazione non sarebbe durata a lungo: Xander avrebbe scritto presto. Sì, Xander sarebbe arrivato presto e lei avrebbe avuto le sue risposte. Doveva solo resistere ancora un po’. Poteva farcela.

Ileana lasciò cadere la spugna nella tinozza. Si sentiva meglio; e più stanca. Aveva bisogno di dormire, e lo sapeva – non sarebbe stata in grado di razionalizzare un bel niente se non si fosse concessa una notte di sonno ristoratore, finalmente comoda e al caldo.

Tornò nella stanza, arrotolata in un asciugamano, e si diresse all’armadio: per lo più era pieno di vestiti da bambina, ma c’era una pila di abiti ripiegati che sembravano essere della sua taglia. Ovviamente, erano tutti bianchi – quindi chi era stato incaricato di trovarle dei vestiti non sembrava avere lo stesso riguardo di Zoe, si disse con una smorfia. La camicia da notte color avorio pareva bruciarle la mano mentre la esaminava. Le sarebbe piaciuto tirarla nella tinozza, e invece se la lasciò scivolare addosso – non sapeva quando i ninja sarebbero tornati a strisciare tra le ombre, e di certo non aveva voglia di farsi trovare nuda solo per principio.

Era una bellissima camicia da notte, non poteva certo negarlo. Tutta di seta delicata, con ricami di fiori di ciliegio rosa antico. Sembrava piuttosto leggera considerato che erano nella stagione delle nevi, ma aveva già notato che a Hoshido faceva molto meno freddo che a Nohr. Era per via dell’Oceano Orientale, non così lontano da Shirasagi: mitigava anche il freddo più mordace, e Zoe in effetti aveva menzionato che la neve era rara ad Hoshido.

Richiuse l’armadio, ma non prima di averci infilato tutti quegli inquietanti giocattoli con le maschere rosse; si sarebbe preoccupata di ripulire il resto del disordine l’indomani.

Ileana si passò una mano sul viso, poi fissò il letto con disappunto. A livello del pavimento. Non sembrava comodo, niente affatto. Non le importava se fosse normale a Hoshido, ma dormire sul pavimento non le sembrava per niente… igienico. Fece un giro della stanza, fermandosi appena arrivò accanto alla finestra. Scostò le tende e guardò in alto.

Si chiese come facessero gli hoshijin a vivere sotto un cielo così triste: non si vedevano nemmeno la metà delle stelle che rischiaravano la notte di Nohr – certo, il loro giorno era vivido e lussureggiante, ma avrebbe scelto mille volte le nubi perenni di Nohr piuttosto che le loro notti vuote. Perlomeno, la luna brillava come non mai, ed era perfettamente visibile dalla sua finestra. E il davanzale interno era abbastanza ampio da essere comodo.

Ci mise solo un secondo a decidere, e solo qualche momento in più per togliere tutte le lenzuola dal letto per avvolgersele intorno, dopo averle scosse dalla polvere. Prima di rendersene conto, era già arrotolata sul davanzale, appoggiata al vetro della finestra; era freddo al tatto, ma la aiutava a respirare. Guardò di nuovo la luna, che si rifletteva vivida nei suoi occhi verdi.

Niles avrebbe odiato le notti hoshijin, si ritrovò a pensare, e sentì qualcosa in lei spaccarsi.

Niles. Odin, Laslow, Selena. Jakob, Flora, Felicia. Gunter. Tutti loro avevano avuto un ruolo importante nella sua vita, come i suoi fratelli e le sue sorelle.

Niles le aveva insegnato a tirare con l’arco e a muoversi furtivamente. Era stata un’amicizia difficile, la loro, visto quanto si erano odiati per anni – da quando lei ne aveva undici finché non ne aveva compiuti sedici. Era certa che l’unica cosa ad averlo trattenuto dal romperle delle ossa per farla muovere con la flessibilità che pretendeva era stata la presenza di Leo. Ma avevano superato quella fase, alla fine, e lui le aveva insegnato le stelle.

Odin era la sua tregua, il suo compagno di giochi. Avevano messo in scena mille e mille storie, per ore, per giorni addirittura quando i suoi fratelli e sorelle passavano la notte alla Fortezza. Aveva avuto una cotta per lui, da ragazzina. Non riusciva a immaginare la vita senza di lui.

Laslow le aveva dato lezioni di danza, per insegnarle tutte quelle mosse che Xander proprio non riusciva a farle imparare durante il loro addestramento. Ileana aveva sempre odiato la scherma perché faceva pena con una spada in mano, ma Laslow era riuscito a rendergliela sopportabile – anche perché poi prendeva sempre il tè con lei e Felicia. Quella grazia che aveva la doveva a lui.

Selena l’aveva portata a caccia, due o tre volte: le aveva insegnato a uccidere. Ileana l’aveva odiata, aveva strillato e annaspato e pianto; Selena aveva lasciato che si sfogasse, e l’aveva abbracciata una volta calmatasi. Le aveva detto che andava bene che lo trovasse disgustoso, che era giusto, ma che doveva imparare a digerirlo perché un giorno sarebbe entrata nell’esercito, e uccidere sarebbe stato all’ordine del giorno. Non poteva fare certe scenate sul campo di battaglia. Col tempo, Ileana aveva compreso quelle parole, le aveva fatte sue, e si era scusata. E aveva sempre fatto in modo che Selena sapesse quanto fosse apprezzata.

Jakob era un nemico-amico. L’aveva viziata oltre ogni ragionevole limite e si prendeva cura di lei con un’attenzione che batteva persino Gunter, e lei gli era grata. Ma aveva anche quell’orrenda abitudine di andare a raccontare tutto a Xander – soprattutto quando pensava che la sua protetta stesse tramando qualcosa. Una volta, Ileana aveva cercato di scappare dalla Fortezza per partecipare alla Festa delle Maschere con le sorelle, e lui aveva fatto la spia al Principe Ereditario. Ileana era stata colta sul fatto e rispedita in camera sua senza nemmeno mettere piede fuori dalle mura della torre. Da allora, aveva smesso di considerare Jakob un complice, ma gli voleva comunque bene.

Flora e Felicia erano state le sue complici, le sue compagne. Avevano il loro piccolo club del libro, le avevano insegnato a cucinare e a cucire e a pulire – beh, Flora le aveva insegnato, perché Felicia faceva più danni che faccende. A volte avevano congelato il pavimento del salone della torre per pattinare sul ghiaccio. E se Ileana si ammalava, Felicia le stava accanto per tenere sotto controllo la febbre, non curandosi del rischio di ammalarsi lei stessa.

Gunter era stato il primo – prima di Xander e prima di Jakob, era stato il primo a tenerla al sicuro e a giocare con lei. E avevano giocato tanto, soprattutto a nascondino. E a volte lei si nascondeva così bene, che l’unico modo di trovarla era proporle di giocare a palla.

Niles. Odin, Laslow, Selena. Jakob, Flora, Felicia. Gunter. Xander, Camilla, Leo, Elise. Avevano… potevano averle mentito tutti, tutta la sua vita? Avevano finto ogni parola, ogni sorriso, ogni abbraccio? Se gli hoshijin non mentivano…

Esalò un singhiozzo, e il riflesso della luna s’increspò nei suoi occhi quando si riempirono di lacrime.

No, no.

Non doveva pensarci.

Beneficio del dubbio, per tutto e tutti. Doveva tenere la mente aperta e le orecchie tese. Non doveva fidarsi di nessuno e non doveva abbassare la guardia. Doveva assorbire ogni briciola di informazione per capirci qualcosa, e doveva stare attenta a non farsi scappare niente – giusto per sicurezza. Doveva solo aspettare.

Sarebbe stato difficile, e stressante, e sfibrante. Lo sapeva. Le sembrava che le stessero strappando il cuore e che lo stessero schiacciando al tempo stesso… e allora, in quel momento, Ileana guardò la luna.

-Buonanotte.- sussurrò.

Lo faceva sempre, quando era ancora nella sua torre e i suoi fratelli e sorelle erano lontani: affidava il suo augurio al vento e lasciava che lo portasse da loro. Stavolta non c’era vento che potesse portar loro il suo affetto, ma lei sperò che potessero sentirlo comunque.

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Writers' Space:

Eccoci qua!

No, non siamo morte, giuro. Abbiamo avuto un po' tante cose da fare, la vita ha rischiato di risucchiarci via e abbiamo fatto un po' fatica, maaaaa... eccoci qui!

Siamo finalmente arrivate a Shirasagi, con una tensione che si taglia con un grissino e Ileana tesa come un gatto bagnato. Abbiamo avuto un excursus nel punto di vista di quel santo di Kaze, che meriterebbe una statua, e abbiamo fatto un voletto assieme alle nostre ragazze. Ci aspettano crisi isteriche a manetta, ve lo possiamo assicurare!

Grazie infinite per essere arrivati fin qui!

Un abbraccio,

Clarisse&B

   
 
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