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Autore: Happy_Pumpkin    19/06/2009    4 recensioni
Raccolta di missing moment dedicati a vari personaggi di Deathnote. Il rating va dal giallo all'arancione, presenza di shonen-ai.
1) Heartbeat [Mihael Keel; Kyomi Takada] Spero che non senta il mio cuore battere. Lo sentirà. Come può non sentirlo?
2) Falling [Elle; Light] Peccato che, a differenza di quanto accadeva con le fragole, non ci sarebbe stato nessuno a raccoglierli.
3) Mother [Light; Sachiko] Quello che stava morendo non era soltanto un assassino. Era suo figlio.
4) Confidence [Mello; Near] Erano due poli con la stessa identica carica che, pur tentando di incontrarsi, finivano sempre per respingersi.
5) Confidence [L; Misa] Erano sempre in tre: anche nella stanza più affollata.
6) Shot [Teru; Light] Chi, se non Dio, poteva controllare l'incontrollabile?
7) Smoke [Mello; Matt] Non cercava risposte; voleva semplicemente una via d'uscita, anche se non sarebbe stata quella a salvarlo.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri personaggi, L, Light/Raito, Mello, Near
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tipologia: One-shot
Rating: giallo
Genere: Introspettivo, malinconico
Avvertimenti: Shonen-ai
Personaggi: L, Light




Falling



Una pluralità di schermi illuminavano la postazione della scrivania, simili a tante stelle artificiali o a un triste trionfo di flash fotografici. Light era seduto compostamente presso la sedia;
teneva le braccia rigidamente appoggiate in grembo, quasi per nascondere la respirazione lenta del suo torace, e a volte spostava il suo sguardo in direzione di Elle.
Lo guardava e non capiva.
Non capiva perché apparisse migliore quando anche lui, tra le pieghe dei vestiti slargati, doveva per forza di cose nascondere qualcosa. Entrambi, alla stregua di messaggeri incorruttibili, proteggevano la propria identità perché sapevano che in caso contrario la Morte – perfetta e puntuale – avrebbe fatto loro visita: ironico, dopo che Light era convinto di averla messa al proprio servizio.
Lo osservò silenzioso, reclinando appena la testa mentre gli occhi acuti cercavano di squarciare le ombre della notte; Elle stava seduto accovacciato su di una scomoda sedia, come se avesse paura di toccare il pavimento: ricordava un bambino che rifiutava di sentire freddo ai piedi. Le mani secche, prosciugate quanto canali privi d'acqua, appoggiavano l'una compostamente su di un ginocchio, l'altra portata verso la bocca semi aperta, con il pollice che pendeva stancamente da un labbro teso.
Poi, scrutatore, il giovane Yagami spostò la testa in direzione di una grande ciotola di fragole rosse al pari del sangue: risaltavano sul bianco della plastica che le custodiva, simili al carro di un trionfo che riceveva rose delicate al suo passaggio.
In quel momento Ryuzaki tese un braccio verso il recipiente e, senza degnarsi di guardare cosa stesse facendo, afferrò con la punta delle dita un frutto che troneggiava sugli altri. Silenzioso, Light seguì quel movimento lento finché la fragola non finì tra le labbra avide di Elle.
I denti bianchi, rilucenti di fronte allo schermo ipnotizzante, affondarono nella polpa purpurea senza che nemmeno una goccia di succo carminio fosse sprecata; le dita leggere tenevano strette quella primizia dall'odore appena zuccherato mentre veniva masticata golosamente, quasi con il timore che presto o tardi sarebbe sparita.
Light deviò lo sguardo sfiorando per istinto le proprie labbra, ingiustamente secche, come se un intero deserto lo circondasse impedendogli di bere; cercò di deglutire ma con sua stessa sorpresa non aveva più saliva da far scivolare in gola, forse a malapena ci sarebbe stata la propria vita che pure – assetata quanto lui – lo prosciugava a sua volta.
Improvvisamente, tra i veli dell'oscurità, si fece strada la voce di Elle:

“Cosa vuol dire essere Dio, Light-kun?”

Quest'ultimo spalancò appena gli occhi, colto inizialmente alla sprovvista, ma in un attimo fulmineo rimise la sua maschera da teatrante nel volgersi verso il proprio interlocutore.

“Perché questa domanda, Ryuzaki?”

In un primo istante non ci fu risposta. In seguito il detective guardò Light con occhi immobili, penetranti quanto privi di espressione.

“Ho ragionato a lungo. Ora voglio sentire le tue conclusioni.” mormorò senza smettere di fissarlo.

Prese un'altra fragola, questa volta tenendola sospesa per il rigoglioso ciuffo di foglioline verdi, apparentemente indeciso se lasciarla cadere a terra o salvarla.
Light assottigliò le palpebre, mentre le labbra si erano ridotte a una linea perfetta ma invisibile:

“Pensi che io sia in grado di rispondere?”

Un secondo di silenzio.

“Sì.”

Dicendo questo Elle, con un gesto lento della mano, si portò il frutto alla bocca aperta di qualche millimetro. Light lo fissò e in quel preciso istante, nella vicinanza elettrica tra frutto e labbra seducentemente in attesa, socchiuse gli occhi trattenendo il respiro.
I due tornarono quindi a fissarsi, muti.
Le onde sugli schermi alteravano la percezione del buio, regalando agli osservatori indiscreti migliaia di frammenti di vita; in realtà i due ragazzi non facevano altro che scrutare ciò che non potevano toccare, rendendosi conto che lo stesso matematico principio poteva essere applicato al loro artificioso rapporto.
Infine Light notò nel mucchio una fragola più ammaccata delle altre, forse ingiustamente maltrattata dalle sue sorelle; la prese tra le mani e dopo aver avuto la folle idea di schiacciarla si limitò a dire impassibile:

Questo vuol dire essere Dio.”

La lasciò cadere con freddezza studiata, facendola schiantare a terra.
Il frutto, già malandato, si spappolò in una sostanza indefinita e schizzi rossi andarono a macchiare le piastrelle grige. L'odore, intenso quanto quello del sangue dopo un omicidio, si diffuse nella stanza che prima sapeva di lavoro.
Elle ruotò con la sedia, accennando a un sorriso:

“Curioso. Ritenevo fosse più giusto raccogliere chi era caduto anziché gettare ciò che ritieni imperfetto. Non posso però negare di essermi aspettato un simile gesto da parte tua. Light.”

Sussurrò quasi il suo nome.
Si fronteggiarono, consapevoli che qualcun altro presto o tardi avrebbe raccolto quelle polpe seducenti dal pavimento; entrambi invece avrebbero continuato a ingannarsi vicendevolmente, rispondendone al proprio Dio personale.
Improvvisamente Elle si alzò appoggiando a terra prima un piede poi l'altro; scalzo si diresse oltre la postazione, limitandosi a infilare le mani nelle tasche dei jeans mentre i gomiti si allargavano verso l'esterno, nel tentativo di farsi spazio in una folla invisibile.
Light non si mosse; lo seguì con lo sguardo massaggiandosi contemporaneamente la fronte. Avrebbe voluto poterlo pedinare, scoprire dove si stava dirigendo, quasi con l'ossessione e la curiosità morbosa di un adolescente, ma non poteva: ogni istinto, ogni cosa che lo facesse sentire realmente umano doveva essere eliminata. Un nome uguale a tanti da annotare sul proprio quaderno.
Rimase con le orecchie tese, fingendo di fissare un punto indefinito del monitor; quando smise di sentire i passi del collega di lavoro corrugò appena le sopracciglia, valutando l'ampiezza dell'ombra che avrebbe nascosto quel segno di turbamento.
Il giovane Yagami non disse nulla; si limitò dopo diversi secondi ad alzarsi in piedi simulando pazienza. Quasi inconsciamente sistemò la cravatta come era solito fare, appiattendola sul proprio petto, mentre passo dopo passo aggiustò i polsini con la professionalità di chi debba presenziare una qualche importante cerimonia.
Avanzando nella semioscurità per qualche istante non seppe orientarsi ma fece un rapido calcolo mediante i suoi stessi passi, così da ricordarsi esattamente dove fossero collocate le pile di documenti che da un po' di giorni Elle aveva ammucchiato per la stanza. Scorse la finestra che dava sul balcone informale aperta.
Vide Ryuzaki intento a dargli le spalle: continuava a tenere le mani nascoste tra le pieghe dei jeans e la maglia slargata ne nascondeva i polsi asciutti. Il ragazzo si voltò accennando a un sorriso tirato, coi contraddittori occhi immobili che invece non esprimevano alcunché, racchiudendo dietro le occhiaie ciò che realmente volevano comunicare.
Light sospirò appena, infine si scoprì a lanciare un'occhiata al cielo privo di stelle, soffocato dai fumi della città; affiancandosi al detective si massaggiò con compostezza il collo socchiudendo gli occhi come per tornare un istante a vivere, fuori dalle mura di quell'albergo a tratti surreale.

“Credo che tu abbia ragione, Light.” ammise improvvisamente Elle, portandosi l'indice alla bocca mentre guardava i grattacieli fingere di poter toccare il Paradiso.

“A che proposito?” domandò, pur sapendo benissimo a cosa si riferisse.

“Dio decide chi resta e chi no. La pensi così, non è vero?”

“Quello è il potere di Dio: averlo non ti rende automaticamente tale.” obiettò impassibile.

“Giusta osservazione.” convenne Elle.

Perché Kira, per quanto potente sia, non sarà mai Dio. Anche lui è una di quelle succose fragole che, presto o tardi, si ritroverà a sua volta a essere gettata via dal recipiente.

E questo lo sapevano entrambi.
Light non toccò il mancorrente, si limitò a tenere le braccia rigidamente abbandonate lungo i fianchi; i suoi occhi si ritrovarono a fissare quelli di Elle che improvvisamente indagò:

“Se io cadrò potrò contare sul tuo sostegno?”

Inconsciamente Light guardò la strada metri e metri più sotto, brulicante di vita mentre loro – simili a pretenziose divinità – dall'alto osservavano quegli umani apparentemente uguali ma in realtà tanto piccoli e fragili.

“Certo – ammise calcolatore Light, per poi aggiungere con un sorriso falso – tu faresti lo stesso per me.”

“Impossibile.”

Calò il silenzio.
Light assottigliò gli occhi, squadrando Elle. Senza rendersene conto aveva finito per stringere il mancorrente d'acciaio, accompagnato dall'aria notturna che gli scompigliava appena i capelli, al contrario di quanto accadeva con la cravatta che – opportunamente fermata – rimaneva immobile alle carezze fatte di vento.
Elle si voltò verso di lui:

“Tu sei già caduto, Light.”

Chissà perché ma dopo quelle parole il giovane Yagami avrebbe voluto abbracciare Elle. Era lì, di fianco a sé, ripiegato nei suoi stessi vestiti al pari di un panno vittima dell'incuria; respirava, lento, metodico – metodico quanto lo era nel mordicchiarsi un'unghia tagliata corta.
Avrebbe voluto abbracciarlo per sussurrargli a un orecchio che era stanco.
Se non fosse stato Kira, Elle lo avrebbe compreso e allora, magari, gli avrebbe finalmente concesso di riposare.

*°*°*°*

Fu lui a stringerlo tra le braccia per farlo dormire, raccogliendolo al momento della caduta proprio come gli aveva assicurato. Con l'amore di un amante e la premura di una madre.
La loro rivalità correva instancabile accanto all'attrazione reciproca: entrambi avevano continuato a cercarsi, inseparabili, magnetizzati l'uno verso l'altro. Fino a che in quella corsa sfrenata qualcuno dei due non fosse crollato, per colpa di chi esattamente non aveva realmente importanza.
Elle non parlò; lo fissava non con occhi accusatori bensì fastidiosamente consapevoli: sembrava che in realtà lui avesse sempre saputo di dover morire.

“Sei caduto insieme a me, Elle.”

Peccato che, a differenza di quanto accadeva con le fragole, non ci sarebbe stato nessuno a raccoglierli.


Sproloqui di una zucca

Sono consapevole di aver creato un'emerita schifezza, ne sono proprio convinta, quindi chiedo anticipatamente scusa a chiunque si aspettasse qualcosa di diverso. Fino all'ultimo non sapevo se postare o meno questa cosa... ma tant'è, alla fine mi sono decisa, perché era una shot che avevo pensato da parecchio.
Questo è il modo nel quale concepisco il rapporto tra Elle e Light, un'attrazione che non può diventare altro perché inevitabilmente i due sono costretti a respingersi.
Mi auguro che i personaggi non siano troppo OOC, nel qual caso avvisatemi *O*

La prossima one-shot sarà Mother, con protagonisti Light e Sachiko.

   
 
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