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Autore: DaisyCorbyn    30/09/2017    1 recensioni
[19 anni dopo] [Next generation]
Alwys ha passato i primi 11 anni della sua vita a nascondersi per la sua natura da lupo mannaro, fino a quando un giorno Ted Remus Lupin bussò alla sua porta per dirle di essere idonea per frequentare Hogwarts. Alwys così inizierà una nuova vita con i suoi amici Albus e Rose, nonostante una presenza oscura cercherà di impossessarsi del Mondo Magico.
Dal Capitolo 2:
«Mi chiamo Ted Remus Lupin, sono un professore della Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Quando un bambino con poteri magici compie 11 anni, riceve una lettera dalla scuola per poter essere ammesso. Non sempre, però, il bambino ha i genitori anch’essi dei maghi e, quando ciò accade, viene inviato un professore per spiegare alla famiglia la situazione. Tu sei stata ritenuta idonea per frequentare Hogwarts e io sono il professore che risponderà a tutte le tue domande» finì con un sorriso e si sistemò l’impermeabile.
I genitori guardarono la figlia annuendo e sorrisero dolcemente come se stessero cercando di convincerla con lo sguardo.
«No» fu l’unica parola che Alwys disse dopo essersi ripresa dal quel fiume di informazioni.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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14
La Mappa del Malandrino

 
 
Era ormai passata un’ora dal coprifuoco: il Corvonero per tenersi sveglio aveva ripassato mentalmente la lezione di Pozioni e aveva preparato un percorso alternativo a quello dell’altra volta perché Hagrid lo aveva quasi scoperto. Il ticchettio dell’orologio scandiva gli attimi che lo separavano da ciò che stava per fare. Appena un gufetto di legno uscì da esso, capì che era ora di andare. Ovviamente era andato a letto con l’uniforme: il pigiama non avrebbe mai potuto sopportare il freddo della notte. Scaltramente scese dal letto, prese le scarpe che poi avrebbe messo fuori dalla stanza, il mantello, lo zaino e ovviamente la bacchetta. In punta di piedi scese le scale e si posizionò davanti alla porta che dava sul corridoio.
«Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.»
Sulla pergamena si disegnò la mappa di Hogwarts. «Cavolo… la professoressa Lewis è in giro» dovette cambiare il suo piano perché la professoressa era proprio ferma davanti all’uscita che voleva prendere lui.
Seguito dalle imprecazioni dei quadri per la luce proiettata dalla sua bacchetta, arrivò fuori e strinse la stoffa del mantello per il pungente freddo che gli entrò dentro le ossa.
«Che ci fai qui?»
Una voce alle sue spalle gli fece venire un tuffo al cuore: si girò lentamente per vedere chi fosse e solo in quel momento si rilassò.
«Julie mi hai fatto morire di paura…» sussurrò lui.
«Bene, così mi farai un po’ di compagnia nell’aldilà» lo stuzzicò lei ridendo.
«Davvero simpatica, comunque sai perché sono qui.»
«Sì, è vero, ma siccome sei venuto anche ieri sera, pensavo che oggi non saresti venuto» spiegò lei incrociando le braccia al petto. «Non puoi farlo ogni giorno.»
«Devo assolutamente imparare questo incantesimo entro domani» disse lui prendendo in mano il libro di incantesimi.
Julie sbuffò sonoramente e lo guardò con il suo sguardo da mamma in pensiero, ma sapeva che non avrebbe mai convinto quel testardo.
«Sai che potrei andare a dire tutto alla McGranitt?»
«Ma so che non lo farai» disse lui riprendendo a camminare. «Per questo ti adoro.»
«Tu adori solo chi ti conviene» constatò lei ricevendo in risposta una risata.
Per arrivare nel solito posto dal punto in cui era uscito, sarebbe dovuto passare per le due casette dei custodi. E sapete chi fa la guardia la sera? Ipos, il lupo cecoslovacco di Damien. Fortunatamente fino ad allora non lo aveva mai incontrato, ma la paura lo assaliva ogni volta.
«Qui io ti lascio» disse lei fermandosi davanti alla soglia della collinetta. «Ti aspetterò qui.»
«Come sempre» rispose lui sorridendole dolcemente.
Incominciò a camminare fra i ciuffi d’erba leggermente bagnati che ogni volta gli sporcavano le scarpe che prima di tornare nel dormitorio doveva pulire per destare qualsiasi sospetto. Era a pochi passi dalle capanne e, mentre passò vicino ad esse, mentalmente pregò affinché nessuno lo scoprisse.
«Cazzo!» imprecò ad alta voce portandosi una mano al petto come per capire se il suo cuore stesse ancora battendo dopo lo spavento.
Ipos guardò James con sguardo interrogativo: molto probabilmente non lo avrebbe attaccato perché lo aveva riconosciuto, ma si stava chiedendo cosa ci facesse fuori dal castello a quell’ora.
«Sei proprio un bel cagnolone» James si avvicinò per accarezzarlo, ma il lupo lo guardò con aria più sospetta «Ok, mi hai beccato… Tranquillo, non sto scappando» lo sguardo del lupo si rilassò e si lasciò accarezzare «Per favore non dirlo a Damien, per me è importante uscire la sera.»
Ipos abbaiò e con qualche salto si allontanò dal ragazzo come per dirgli di fare strada.
Dopo qualche minuto arrivarono in uno spiazzo protetto da occhi indiscreti, grazie a qualche masso e albero, sul confine della Foresta Proibita. Il Corvonero posò lo zaino per terra, prese il libro di incantesimi e lo poggiò sopra un sasso come se fosse un leggio. Si mise in posizione e incominciò a lanciare degli incantesimi sempre con più foga, cercando di azzeccare la pronuncia e di metterci tutta la forza che aveva nel corpo. Piccole luci spuntavano dalla sua bacchetta che flebili si perdevano nell’aria senza scalfire nemmeno la corteccia dell’albero che aveva puntato. Si riposizionò e prese un bel respiro, ma era come se quella notte la sua bacchetta non volesse collaborare.
La abbassò e respirò affannosamente: «Non basta…»
Riprese a lanciare incantesimi ma la stanchezza e la mancanza di sonno incominciarono a farsi sentire. Le sue gambe cedettero e cadde per terra, Ipos si avvicinò a lui e preoccupato gli leccò il viso.
«Sto bene, tranquillo.»
Il lupo si accucciò accanto a lui e poggiò il muso sul suo grembo.
«Ipos non guardarmi così! Devo farlo.»
Gli accarezzò il muso beandosi del suo calore perché quello della sua mano era ormai del tutto sparito per il freddo della notte. Il vento gli pizzicò le guance, il cielo era macchiato da una immensa distesa di stelle che incorniciavano la luna perfettamente a metà.
James strinse i pugni per la rabbia: perché non riusciva a diventare più bravo?
Perché Damien pensa che io sia un ragazzino?
Il cane lo guardò come se potesse leggere i suoi pensieri e ciò fece imbarazzare James per la stupida domanda che si era posto.
«Lascia stare…»
Si coprì il volto con un braccio, si distese sull’erba e assaporò l’odore della rugiada che si stava depositando sopra i fili d’erba che gli stuzzicavano il volto.
«Gli dimostrerò quanto valgo» si alzò facendo sussultare Ipos che beatamente stava godendo del calore della sua pancia e riprese ad allenarsi.
A chi voleva dimostrarlo? A Damien? Non solo a lui…
“Ha gli occhi di mia madre.”
Anche se era piccolo quella scena era ben impressa nella sua mente: suo padre seduto sulla sedia a dondolo che fissava il vuoto oltre la finestra, Albus accucciato fra le sue braccia che lo guardava con aria interrogativa e la zia Hermione che gli accarezzava le spalle. Da quel momento sapeva che qualcosa sarebbe cambiato, anche se aveva solo tre anni in fondo era come se lo sapesse.
Mise più foga nell’ultimo incantesimo e ciò gli fece appannare la vista per qualche secondo.
Buttò la bacchetta per terra, alzò il viso e urlò verso le stelle: «Perché?»
“Ha detto la sua prima parola!”
“Guarda Harry, Albus sta cammiando!”
“Albus sei un bambino prodigio!”
“Albus ha ricevuto la sua lettera!”
“Albus.”
«Perché non posso essere io?» strappò qualche ciuffetto d’erba e li strinse nelle mani come per sfogare tutta la sua rabbia.
Non avrebbe pianto perché non era triste, era solo deluso, deluso da sé stesso. Ipos si avvicinò a lui, gli leccò il viso e andò via. Era rimasto solo, di nuovo.
Prese il libro di incantesimi e cambiò pagina: doveva continuare ad allenarsi, non gli importava di essere stanco, non gli importava delle lacrime che gli appannarono la vista. Gli incantesimi, però, incominciarono ad essere più fiacchi, nonostante la foga fosse aumentata, la forza incominciava a mancargli. Il freddo gli sembrò più pungente e cercò di coprirsi di più col mantello, ma fu del tutto inutile. Non voleva tornare al dormitorio, voleva imparare tutto ciò che gli era possibile e la stanchezza non lo avrebbe ostacolato.
«Ho una coperta se vuoi» quella voce.
Il cuore di James incominciò a battere a mille, si bloccò con la bacchetta ancora sospesa in aria e incominciò a cercare una scusa plausibile per giustificare cosa ci facesse fuori dalla scuola a quell’ora.
«Non chiamerò nessun professore se è questo ciò che ti stai chiedendo.»
Il Corvonero si girò lentamente e vide Damien con in mano una coperta. Posò ciò che aveva in mano e se la mise addosso provando subito una sensazione piacevole. Il licantropo lo guardò con uno sguardo dolce e pieno di sensi di colpa.
«Non devi dimostrare niente a nessuno.»
James si girò e si morse il labbro: sicuramente stava pensando che fosse un ragazzino.
«Grazie.»
Calò il silenzio, il ragazzo sistemò le sue cose dentro lo zaino e a testa bassa passò accanto a Damien che alzò la mano come se volesse accarezzargli i capelli, ma la bloccò riportandosela lungo i fianchi. Sbirciò dentro la borsa del ragazzo e notò una strana pergamena.
«Cos’è?» lo prese per una spalla per girarlo.
«Non toccarmi!»
Forse aveva esagerato con il tono della sua voce, infatti, appena guardò gli occhi preoccupati e confusi di Damien, arrossì e spostò il suo sguardo fra gli alberi che si muovevano al ritmo del vento.
«Una mappa di Hogwarts» rispose con tono evasivo.
«È grazie a quella che esci la sera senza farti scoprire?» James non rispose, ma il suo silenzio fece intuire la risposta al lupo. «Ci rimetterai la salute.»
«Non sono affari tuoi se non sbaglio.»
«Ma della McGranitt sì.»
Il Corvonero fulminò con lo sguardo il sorriso beffardo di Damien che non si scompose.
«Cosa vuoi?» suonava strana come domanda: cosa doveva volere un tipo come Damien?
«Che tu la smetta di farti del male così, non hai bisogno di allenarti di nascosto» il licantropo si avvicinò al ragazzo: nel suo sguardo non c’era compassione, solo tanta dolcezza che fece rilassare James.
«Va bene» continuò a non guardarlo negli occhi, se lo avesse fatto non avrebbe saputo mentire.
«Non devi darmi il contentino» James sbuffò facendo ondeggiare un ciuffo ribelle. «Dammi la mappa.»
«Cosa? No!» il ragazzo si allontanò e si portò al petto lo zaino come se fosse la cosa più preziosa che possedesse. «E se la usi per… per cose strane?»
«Cose strane? Ma che hai in quella testolina?» disse Damien guardandolo sbigottito con la mano sospesa in aria attendendo di avere la mappa.
«È un regalo di mio padre, non posso dartela.»
Non era un regalo tecnicamente, più che altro suo padre aveva fatto finta di non averlo visto prenderla dalla sua scrivania.
«Allora la nasconderemo» il ragazzo lo guardò confuso, poi il suo volto si illuminò.
«Nella stanza delle necessità?» il licantropo annuì, ma James strinse di più la sacca. «Non posso, mi serve.»
«A cosa? A perdere ore di sonno per esercitarti?» il tono di Damien era autoritario e ciò fece trasalire il ragazzo che non aveva mai visto il suo sguardo così severo.
«Non puoi capire» spostò lo sguardo come se sostenere il suo fosse un’impresa colossale.
«Spiegami allora» Damien si avvicinò di nuovo e questa volta James rimase fermo dov’era assorto nei suoi pensieri.
I loro sguardi si incatenarono di nuovo, la bocca carnosa del lupo incorniciata da una rada barba era rivolta all’insù, invece quella sottile del ragazzo all’ingiù.
«Devo diventare più forte.»
Quella frase nei suoi pensieri sembrava così perfetta, così piena di senso, invece in quel momento, in balia del vento autunnale, era solo un piccolo sospiro del cuore infranto di un ragazzo.
«Sei proprio di coccio!» Damien gli arruffò i capelli con così tanta forza che fece scappare qualche lamento dalle labbra del ragazzo. «Sei solo al terzo anno e già pretendi di essere il più grande mago di tutti i tempi.»
Quelle parole arrivarono dritte nel petto di James che si coprì il volto diventato terribilmente rosso per la vergogna.
«Facciamo così: aspetta qualche anno, diventa più forte grazie alle lezioni e poi, se non sarà abbastanza, ti allenerai la sera. Non farlo adesso, ci rimetti solo tu.»
Il Corvonero non rispose, la coperta cadde per terra, ma lui la lasciò lì. Alzò lo sguardo verso gli occhi blu di Damien che ansiosi aspettavano una risposta.
«Facciamolo.»
Entrarono a scuola, nessun professore era più in giro e ciò permise loro di girare tranquillamente fra i corridoi. Quando Damien si avvicinò a James per guardare meglio la mappa, il ragazzo pregò mentalmente che non sentisse il suo cuore che come un tamburo batteva nel suo petto. James era molto stanco e tutte quelle scale si sentirono molto, invece Damien non sembrò farci caso perché era troppo intento a scrutare l’oscurità che cercava di inghiottire la flebile luce proiettata dalla bacchetta. Arrivati al settimo piano si fermarono davanti ad un enorme muro su cui niente era appeso.
«E ora?» il Corvonero non aveva mai usato la Stanza delle Necessità, aveva solo sentito qualche storia raccontata da suo padre.
Damien fece allontanare il ragazzo e poi fece avanti e indietro per tre volte davanti a quell’insignificante muro spoglio.
«Cosa dovrebbe succ-» prima che James poté dare sfoggio alla sua arroganza, un’enorme porta comparì davanti a loro completamente nera.
«Questo» disse soddisfatto il licantropo guardandolo con un sorriso beffardo.
Entrarono dentro la stanza e dei sospiri di meraviglia uscirono dalla bocca di James mentre guardava estasiato l’innumerevole quantità di oggetti che c’era.
«Devo venirci più spesso» disse sorridendo come un bambino davanti ai suoi regali ricevuti a Natale.
«È per questo che nasconderò io la mappa, così che per poterla riavere chiederai a me» quella affermazione fece disegnare un’espressione di stupore nel volto di James, ma lo sguardo di Damien non ammetteva repliche.
«Fatti un giro mentre cerco un posto adatto» gli disse il lupo sfilando la mappa dalla borsa del ragazzo per poi allontanarsi facendogli l’occhiolino.
James si girò e andò dal lato opposto: vi erano un sacco di oggetti come mappamondi, quaderni, lampade, modellini dell’universo e tanto altro. Un libro impolverato però catturò l’attenzione del ragazzo: Infusi e pozioni magiche. Cosa ci faceva un semplice libro di pozioni lì dentro? Lo prese, soffiò sopra di esso per togliere lo strato di polvere che si era andato a creare e lo aprì: questo libro è proprietà del principe mezzosangue. James si grattò la testa cercando di ricordare se avesse mai sentito quel nome, ma non riuscì a trovare nulla. Sfogliò qualche pagina ingiallita e mal ridotta e notò che vi erano molti scarabocchi, li lesse e capì che era la spiegazione dettagliata per preparare delle pozioni molto difficili e incantesimi di cui non aveva mai sentito parlare.
«Eccomi» la voce di Damien lo fece sobbalzare e rapidamente mise il libro dentro lo zaino sperando di non essere visto. «Possiamo andare?»
Il ragazzo annuì e uscirono fuori: forse qualcosa di buono l’aveva avuta.
Damien insistette per accompagnarlo fino al dormitorio, James si chiese perché visto che senza la mappa non avrebbe potuto fare nulla. Camminarono in silenzio, solo i loro passi riecheggiarono in tutto il corridoio e più andavano verso la torre di Corvonero, più James dovette coprirsi col mantello per il freddo che stava aumentando.
Damien si fermò e lo guardò.
«Tieni» si tolse il giubbotto rimanendo a maniche corte.
«No, posso stare» rispose prontamente.
Il licantropo in tutta risposta gli lanciò in testa il giubbotto e riprese a camminare. James, che non aveva la bacchetta che lo illuminava, si mise il giubbotto che era tre volte più grande di lui e si affrettò per raggiungerlo. Strinse la stoffa beandosi del calore lasciato da Damien insieme al suo profumo che James cercò di analizzare: fumo, terriccio e l’odore di Ipos. Arrivarono ai piedi della scala a chiocciola che portava alla porta della sala comune.
«Grazie» James stava per togliersi il giubbotto ma Damien lo fermò.
«Me lo dai un’altra volta, il camino sarà spento e ci sarà molto freddo.»
Per un attimo il ragazzino si chiese come faceva a sapere che ci fosse un solo camino, ma scacciò subito quel pensiero dandosi mentalmente dello stupido.
«Grazie…» si girò e incominciò a salire le scale, imbarazzato per lo sguardo penetrante di Damien che non lo lasciò nemmeno quando fu sotto le coperte.
   
 
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