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Autore: _Qwerty_    30/09/2017    5 recensioni
Andromeda Black si scopre presto più matura della sua età e dei suoi compagni e deciderà di non aver paura delle proprie scelte, anche quando tutto sembra farle male.
Demetra Lestrange, molto talento, molti galeoni e molti complessi di inferiorità, imparerà col tempo che il compromesso non è sempre possibile, ma anche che non tutto il male viene per nuocere.
***
Eccomi qua con una nuova storia, quella che da tempo si nasconde nel pc e che finalmente ho ripreso in mano, ma soprattutto che ho trovato il coraggio di pubblicare qui. Si parlerà di Andromeda, di come ha conosciuto Ted e come ha maturato la decisione di allontanarsi dalla famiglia e scegliere lui, una nuova vita e nuovi valori, ma anche della sua miglior amica, Demetra Lestrange, un personaggio di mia invenzione, sorella minore dei famigerati Lestrange Mangiamorte e a sua volta sempre in bilico fra l’orgoglio purosangue tentato dalle arti oscure e la fedeltà ai sentimenti dell’amicizia e della giustizia.
La storia è stata scritta in parte anni fa e in parte adesso ed è una storia a cui tengo molto, per cui le recensioni sono ancora più gradite!
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Famiglia Lestrange, Nuovo personaggio | Coppie: Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Ted/Andromeda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
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19. dal passato e verso il futuro


XIX



“Spero che il regalo gli sia piaciuto davvero… Molly mi sembrava poco entusiasta, non vorrei averle dato l’impressione di volerle passare avanti e far vedere che penso di essere più brava…”
“Ma no, secondo me era solo stanca. Sono sicuro che la tutina con lo stemma di Hogwarts per il piccolo William è stata apprezzatissima!”
“Speriamo – disse Andromeda facendosi più vicina a Ted sotto la coperta – A volte penso che siano stati coraggiosissimi ad avere un bambino e meritano davvero un aiuto.”
“In che senso coraggiosi? Intendi dire a causa dei Mangiamorte e di Tu-Sai-Chi?”
“Certo. Tu sei un Auror, Arthur lavora comunque al Ministero e noi sappiamo difenderci, ma che sicurezza e che prospettiva possiamo offrire ad un bambino?”
“Noi-Sappiamo-Chi e la sua cricca prima o poi verranno sconfitti e assicurati alla giustizia e tutti noi avremo il futuro sereno che adesso ci sembra impossibile, io ne sono sicuro.”
“Sì, ma fra quanto? Non riesco a immaginare che un bambino debba crescere in un tempo così, con il terrore che da un momento all’altro loro arrivino e distruggano tutta la sua vita, ogni giorno con l’ombra minacciosa di qualcuno che possa aggredire la sua famiglia in nome della purezza del sangue…”
“Sei troppo tragica, Dromeda. E poi, almeno tu sei purosangue. La feccia della situazione sono io!” disse Ted con una risata, cercando di sciogliere la tensione.
“Non c’è nulla da ridere, Ted – ribatté lei, seria – E tu a volte mi sembri fin troppo avventato!”
“Non sono avventato, sono un Auror, e credo davvero che riusciremo a prenderli e assicurarli alla giustizia. Noi-Sappiamo-Chi è un mago molto potente, forse più di tutti quelli che la comunità magica abbia mai fronteggiato, o forse pari solo a Grindelwald. Ma Silente dice sempre che è comunque un uomo, e come Grindelwald può essere sconfitto, tanto più che molti maghi sono uniti contro di lui, perché riconoscono la sua follia.”
“Tu sei troppo ottimista, te l’ho sempre detto.”
“Beh, diciamo che ci bilanciamo! Ma su una cosa i Weasley hanno ragione: non dobbiamo abbandonarci alla paura e vedere il futuro come soltanto tutto nero, perché è proprio quello che Lui vuole, impedirci di essere felici con le nostre famiglie e terrorizzarci solo perché non abbiamo il suo schifoso sangue puro… Ma noi saremo più forti!”
Andromeda si strinse ancora di più a Ted, non del tutto convinta, ma un po’ rasserenata.
“Parli un po’ troppo da Grifondoro per i miei gusti” disse lei sorridendo.
“Ma sai che il Cappello prese in considerazione l’idea di mandarmi a Grifondoro? Menomale non lo ha fatto, o avrei passato sette anni ad essere comandato a bacchetta da Molly, come tutti i Grifondoro del suo anno!”
“E come adesso comanda a bacchetta Arthur!” disse Andromeda con uno sguardo complice.
“Stavo dimenticando che hai ancora la lingua biforcuta quando vuoi!”
“Ma smettila!”
“Piuttosto, potremmo seguire l’esempio dei Weasley e…”
Andromeda gli lanciò un’occhiata paurosamente simile a quelle di Bellatrix, ma si sciolse in un sorriso subito dopo.

***

“Padrone, sono alla porta i padroncini che chiedono di entrare!” squittì l’elfa Binky a volume altissimo correndo su per le scale, diretta allo studio del signor Lestrange.
“Falli entrare, stupida elfa!” disse la signora Lestrange.
L’elfa Binky rimase immobile, come se qualcuno l’avesse incollata a terra e lei cercasse di staccarsi torcendo tutto il corpo.
Demetra osservò il fenomeno che colpiva la creatura.
Dunque l’elfa e la magia che la legava a casa Lestrange percepivano il contrasto fra l’ordine che le stava dando la donna e l’ordine innato di obbedire solo al vero padrone di casa, segno che forse l’autorità della signora Lestrange stava diminuendo.
Demetra ne approfittò subito.
“No, Binky, non farli entrare assolutamente” ribatté, decisa.
L’elfa continuava a stare incollata al pavimento, torcendo tutto il corpo come in preda a silenziose convulsioni.
Isabella Lestrange guardava con astio la figlia.
“Falli entrare” disse alla fine il signor Lestrange, ponendo fine ai movimenti involontari dell’elfa.
I due fratelli entrarono e salutarono subito la madre.
“Padre, vogliamo solo parlare con te e domandarti una cosa” iniziò Rabastan, ostentando tranquillità.
Tutta la famiglia si spostò nel piccolo salotto accanto alla sala da pranzo, seguita dagli sguardi seri e interessati di alcuni ritratti alle pareti, che avevano iniziato a mormorare.
“So già cosa sono venuti a chiedere, ragazzo!” esclamò il ritratto di una strega in abiti d’epoca elisabettiana all’indirizzo del signor Lestrange, che riportò il silenzio con un cenno della mano.
“Siamo venuti adesso perché ci è sembrato ormai il tempo giusto. Siamo tutti maghi adulti, abbiamo finito tutti Hogwarts, tutti e tre” iniziò Rabastan, coinvolgendo anche Demetra, che intanto stava all’erta, con la mente chiusa e la mano sulla bacchetta, esattamente come stava facendo Rodolphus.
“Abbiamo tutti intrapreso i nostri percorsi di vita e pensiamo che questo possa essere il momento giusto per chiederti chi sarà l’erede di casa Lestrange. A prescindere dalla divisione dei beni su cui siamo già sistemati, sappiamo che è l’anello del fondatore della famiglia che si trasmette all’erede, inteso come colui che appunto porta avanti il nome della famiglia, a segnare il passaggio fra le generazioni” continuò Rabastan, serio, ma non rigido, anche quando il padre inarcò il sopracciglio con sospetto.
“Sappiamo che in genere il passaggio avviene più tardi, quando la generazione precedente ha ormai raggiunto tarda età – continuò il figlio maggiore – Ma i tempi stanno cambiando e questo non devi leggerlo come una sfida a te, padre, ma solo come il nostro desiderio di essere subito portatori di questo onore.”
“Quindi volete che io scelga chi sarà l’erede nominale della famiglia” concluse il signor Lestrange.
Rabastan annuì per tutti e due.
“Augusta lo aveva detto che questo momento sarebbe arrivato molto prima di quanto io immaginassi. E aveva ragione, come sempre più spesso” considerò Arminius Lestrange.
“Demetra, tu che ne pensi?” chiese infine, prendendo di sorpresa i fratelli.
Anche Demetra tuttavia fu presa alla sprovvista.
Conosceva perfettamente la storia dell’anello e il suo significato.
L’anello era appartenuto al fondatore della famiglia, un mago francese purosangue che era giunto in Inghilterra al tempo della battaglia di Hastings. Il Fondatore, come tutta la famiglia da sempre lo chiamava, si era presto fatto conoscere nella comunità magica britannica per le sue capacità di dissimulazione della realtà con la magia e con le parole, tanto da lasciare il mistero non solo su come avesse accumulato tanta ricchezza, ma anche su quale fosse il suo vero nome, al punto che era conosciuto solo come “lo straniero” o “l’estraneo”, da cui poi la stabilizzazione del cognome della famiglia.
L’anello non aveva alcun potere magico intrinseco ed era solo un anello d’argento con incastonato un onice nero di qualità ordinaria, ma il Fondatore aveva deciso che avrebbe rappresentato il passaggio di testimone da un erede all’altro della famiglia e, così diceva la storia che si tramandava, avrebbe protetto l’erede dalla malasorte e dal mal consiglio.
Qualche volta da bambina aveva fantasticato sui poteri ancora inespressi di quell’anonimo anello che stava alla mano destra di suo padre e sulla possibilità che un giorno potesse essere lei a svelarli, ma nel racconto del Fondatore la cosa era chiara: doveva passare a chi portava avanti il nome della famiglia, cioè di solito il primo figlio maschio e poi il secondo e così via.
“La decisione è comunque tua, padre, a prescindere da tutto, perché l’erede sei ancora tu” disse alla fine, accorgendosi subito dopo aver parlato che era proprio quello che i fratelli non volevano sentire.
Suo padre sorrise.
“Potrei anche decidere che sarà Demetra l’erede, o che è ancora troppo presto” disse alla fine, spostando lo sguardo fra tutti e tre.
Sulle prime nessuno disse nulla, ma alla fine Rodolphus non poté più nascondere la sua impazienza.
“Demetra non è l’erede perché è una femmina, questo era scontato.”
“Allora, chi dovrebbe esserlo di voi due?”
“Io sono comunque il primogenito” rispose Rabastan d’impulso.
“Ma sono io sposato e con la prospettiva concreta di dare eredi alla famiglia” ribatté il fratello.
Demetra colse con la coda dell’occhio la strega elisabettiana nel quadro trattenersi dal parlare per disapprovare e notò che somigliava vagamente alla zia Augusta, per quel poco che l’aveva vista.
“Un’argomentazione di rilievo” commentò il signor Lestrange, vagamente ironico.
E, con sorpresa di tutti, sfilò l’anello dal proprio dito e lo tese a Rodolphus, che non nascose anche lui la sorpresa.
Rabastan e Demetra erano come congelati e fu sua madre a rompere il silenzio congratulandosi col figlio prediletto.
“È tutto?” chiese il signor Lestrange rivolto ai fratelli, tuttavia freddo.
Rabastan era ancora ammutolito, ma Rodolphus riguadagnò subito il tono sicuro di sé.
“Grazie padre, è tutto” e fece cenno di alzarsi.
Tutti si alzarono per riaccompagnare i due nell’ingresso e solo quando stavano uscendo dal salotto esplose la protesta degli antenati nei ritratti, capitanati dalla strega elisabettiana.
“Ma ti ha dato di volta il cervello, ragazzo?” esclamarono alcuni.
“E tu figliola, digli qualcosa!” disse la strega elisabettiana all’indirizzo di Demetra, che tuttavia era ancora frastornata.
Non può essere così semplice, non deve essere così semplice, pensava sorpresa e arrabbiata, ma non riuscì a dire niente a suo padre, né in quel momento né dopo, quando lui si chiuse nello studio fino a sera.
La stessa riflessione la fecero i fratelli, una volta fuori.
“È stato troppo facile” furono le prime parole di Rabastan.
“Andiamo, Rab, ma chissefrega!”

***

“Ti vedo pensierosa. Ma qualcosa mi dice che non posso sperare di capire da solo cosa ti tormenta, a meno che tu non me lo permetta.”
L’occhiata torva che Demetra gli lanciò convinse Yaxley a non insistere.
“Hai mai pensato che avremmo potuto non essere nati quello che siamo?” disse dopo un po’.
“Intendi Babbani? Beh, no. Noi siamo quello che siamo e non saremmo potuti essere nient’altro, secondo me.”
“Ma noi siamo il frutto della scelta di qualcun altro, noi non abbiamo scelto niente. Noi non eravamo, prima che qualcuno scegliesse per noi.”
“Ti sei immersa nello studio delle dottrine sull’origine, per caso? A nessuno interessano più per davvero.”
“E i Nati Babbani, allora? Perché esistono?”
“Anche la natura fa degli errori, come fra le piante e gli animali… I maghi si sono sempre separati dai Babbani e sono i Nati Babbani ad essere l’errore, gli estranei… Spero non ti sia presa troppa simpatia per la loro questione!”
Demetra scosse il capo, ma era chiaro che Yaxley non capiva.
“Ma noi che siamo Purosangue dovremmo avere la conoscenza, essere coloro che sanno di più…”
“E lo siamo.”
“No! La mia famiglia e la tua hanno un fondatore, ma cosa sappiamo di lui e del suo tempo? Perché siamo quello che siamo? Tutto parte di lì.”
Yaxley stava per rispondere, ma Demetra continuò, seguendo il proprio filo di riflessioni.
“Noi siamo i Purosangue, dovremmo sapere perché siamo diversi dal resto dei Mezzosangue e quindi perché I Nati Babbani esistono, altrimenti, ogni teoria…”
“Siamo superiori perché ci siamo mantenuti puri, mentre loro sono un errore, punto. Mi sorprende un po’ che tu faccia simili considerazioni.”
Demetra sospirò.
“Va bene, dai, lascia perdere. Sono solo io piena di paturnie” disse, per chiudere lì il discorso.
“E se ti posso dare un consiglio, cerca di nascondere queste tue paturnie.”
Demetra capì subito dove voleva andare a parare.
“Perché sarai pure brava a nascondere quello che pensi, con l’Occlumanzia, ma non puoi nascondere all’infinito quello che dici e che fai, soprattutto. Le cose stanno per cambiare, tra pochissimi mesi avremo altri membri usciti da Hogwarts e il gruppo dovrà trovare un altro equilibrio, e sai a cosa mi riferisco…”
“Di nuovo, lo sai che io non sono una strega da duello, e mi pare che anche tu abbia…”
“Certo, ma purtroppo anche per me presto lavorare sulle menti della gente del Ministero potrebbe non essere più sufficiente. Il fatto è che non so cosa avverrà, ma un po’ l’istinto e un po’ lo spirito di osservazione mi lasciano pensare che prima o poi le cose precipiteranno, che forse sarà necessario andare contro il sangue… E vorrei che tu stessi attenta.”
Demetra sorrise suo malgrado.
Considerando il soggetto che aveva davanti, quella era la più autentica manifestazione di affetto che le avesse mai rivolto.
“Non so se si dovrà andare contro il sangue, ma di sicuro, in questo mondo, non si andrà mai contro i galeoni” rispose con una battuta, per sdrammatizzare.
“Ma comunque grazie del pensiero, Corban.”
“Figurati. Spero che tu abbia ragione, in qualche modo, sui tuoi galeoni. Sono probabilmente l’unica certezza della nostra esistenza” ribatté lui, stando allo scherzo.

***

Andromeda non sapeva cosa fosse successo da qualche settimana. Ripensava spesso a che pozioni aveva preparato, cosa aveva fatto di diverso durante il giorno, se c’erano stati episodi che potessero far sospettare che qualcuno avesse scagliato delle fatture sulla casa o proprio su di lei, ma non trovava nulla. Da giorni si sentiva strana, spesso stanca e soprattutto molto nervosa e confusa, ma quello che più la inquietava era che a volte aveva l’impressione che alcuni dettagli del suo corpo stessero cambiando senza ragione apparente. Ad esempio, aveva da sempre un neo piccolo e molto scuro sul fianco sinistro, eppure una sera mentre era a mollo nella vasca era sicurissima di esserselo visto sul fianco destro. Poi si era alzata e asciugata, e il neo era tornato al posto giusto. Solo che la cosa si era ripetuta altre mattine, sia con il neo sul fianco che poi con la forma della punta del naso. Era un fenomeno magico che non aveva mai sperimentato, nemmeno quando si esercitava sulla trasfigurazione umana, e per questo aveva subito temuto che qualcuno le avesse imposto una fattura. Una notte si era addirittura alzata in preda a un attacco di nausea molto forte e quando finalmente si era sentita meglio, dopo minuti interminabili nel bagno, alzando il capo e vedendosi nello specchio sopra al lavabo aveva colto una fugace immagine di sé bionda. Immagine che era svanita in un lampo, tanto da farle dubitare di se stessa e pensare che fosse davvero solo un’allucinazione. Ne aveva parlato a Ted e anche lui era d’accordo che ci fosse la possibilità che si trattasse di una fattura oscura, per cui avevano pensato di consultare un Guaritore al più presto. Ted avrebbe chiesto a Jeffrey, ma quando andò al San Mungo per parlargli personalmente gli dissero che al momento era in ferie in Israele e la strega della reception segnò loro un appuntamento col primo Guaritore domiciliare disponibile.
Il Guaritore che venne a casa a visitarla era un uomo di pochi anni più grande di loro, ma che sembrava dimostrare almeno il doppio dei suoi anni, e la prese molto sul serio. Le fece un sacco di domande sui sintomi, su quello che mangiava, su quali pozioni e ingredienti per pozioni aveva maneggiato di recente, oltre che una serie di altre domande piuttosto precise sulle sue abitudini di vita e sulla presenza di malattie ricorrenti e non nella sua famiglia, anche nelle generazioni passate.
“Mi porge un dito, prego?”
“Sì, ecco – e stese la mano – Vuoi vedere che è tutta colpa del sangue dei Black anche stavolta!” non si poté trattenere dall’esclamare rivolta al marito di fronte al Guaritore, che comunque era un Nato Babbano e di sicuro conosceva la famiglia solo di fama.
Poi le punse un dito con un ago argentato a forma di aculeo di porcospino e fece cadere alcune gocce in tre fialette di vetro apparentemente vuote, che si colorarono subito di tre colori diversi, come se un liquido invisibile le stesse riempiendo dall’interno. Il Guaritore le tappò con cura e poi estrasse la bacchetta e iniziò a picchiettare sui tappi, mormorando formule a mezza voce. Poi estrasse dalla borsa un oggetto del tutto simile a un cavatappi, con il quale infilzò il tappo della prima fialetta. Fece il gesto di dare uno strattone, come a portare via il tappo, ma il tappo rimase fermo, lasciando uscire dal buco creato dal cavatappi speciale un esile foglietto di pergamena.
“Ah-ah” disse commentando il primo.
Poi ripeté l’operazione con le altre due fialette, commentando l’esito rispettivamente con un “Bene, bene” molto soddisfatto e con un “Bene” meno partecipato.
“Bene, direi però che ci rivediamo per un controllo fra tre mesi esatti da oggi. La raccomandazione è la solita, non smaterializzarsi e non trasfigurarsi se non strettamente necessario” concluse rivolto ad Andromeda e fece per andarsene.
Ted strabuzzò gli occhi.
“Ma è grave? Cosa succede?”
Dall’inizio della visita, il Guaritore sorrise e si tolse l’aria seriosa che aveva tenuto tutto il tempo.
“Dipende dai punti di vista, nel senso, se eravate già preparati… Ci sono ottime probabilità che abbia capacità da Metamorfomagus. E i suoi genitori sono Babbani, vero? Insolito, direi. Sa, se ne vedono sì e no un paio di casi in una intera vita professionale, e io sono solo all’inizio!”
Ted non aveva capito una sola parola di quello che stava dicendo il Guaritore e quella sua aria da bambino che ha appena trovato una scatola di Cioccorane tutta per sé non lo rassicurava affatto.
“Comunque congratulazioni!” disse rivolto ad entrambi, prima di smaterializzarsi con un leggero pop.
“Io non ho capito nulla! Ma cosa vuol dire? C’entra ancora la tua famiglia? È una malattia ereditaria?”
Andromeda sulle prime sarebbe scoppiata a piangere, anzi no, a ridere, anzi a piangere… Insomma, tutte e due.
“Ted, sono incinta.”


***


NdA: Rieccomi! In questo capitolo ci sono luci e ombre, direi, dove la luce sono Ted e Andromeda che pensano al futuro e finalmente si apre per loro la possibilità di allargare la famiglia, mentre le ombre si addensano tutte sulla famiglia Lestrange, con i fratelli che sembrano riuscire a carpire al padre il famoso anello. Alcune precisazioni: l'anello non sarà l'oggetto magico risolvi-tutto, quanto piuttosto un simbolo, e ho voluto immaginare che Voldemort, già appassionato di oggetti magici antichi (ricordate come nel libro abbia lavorato al negozio Borgin&Burke e come avesse carpito la coppa di Tassorosso alla povera Hepzibah Smith), non avesse esitato un attimo a chiedere ai due giovani seguaci di portarglielo, convinto che un anello del genere nasconda per forza qualche potere reale. Demetra comicnia a porsi delle domande, ovviamente a modo suo, ma inizia a intuire che qualcosa non va, mentre l'inquietante Yaxley sembra sicurissimo di quello che dice. 
Ted e Andromeda invece aspettano un bambino e ho voluto immaginare che gli strani fenomeni di metamorfosi di Andromeda, assieme alla nausea gravidica dei primi mesi, siano dovuti al fatto che la piccola Ninfadora sarà una Metamorfomagus (ma niente paura, non avverranno incidenti strani durante la gravidanza!). Ho praticamente inventato di sana pianta il Guaritore che fa gli esami del sangue "magici" a domicilio e spero che la scena non suoni troppo didascalica o artefatta.
Insomma, aspetto un feedback e grazie mile a chi legge e commenta!
  
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