Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Luxanne A Blackheart    01/10/2017    2 recensioni
"Noi due siamo uguali, anche se diversi, Zafiraa. Siamo uguali perché siamo stati rinnegati. Siamo diversi perché distruttivi in modo differente: tu come la neve, io come il fuoco."
Zafiraa ha diciotto anni e due problemi. È albina e una piratessa, una delle più temute ed odiate dei sette mari. Fattori questi che rendono il sopravvivere,  in una società fortemente maschilista e  superstiziosa, molto difficile.
Zafiraa ha un rivale che cerca di catturarla, direttamente imparentato con il sultano, che la vuole morta dopo il torto subito.
Ma non appena le loro spade affilate si incontreranno, capiranno di essere due animi affini i cui destini e passati sono fortemente collegati fra di loro.
Sono neve e fuoco.
Sono rinnegati dalla stessa terra.
Sono un uomo e una donna che non hanno un posto nel mondo e che cercheranno di crearselo. Insieme, separatamente, chi può dirlo?
L'importante è che due occhi verdi da cerbiatta e capelli rossi come il fuoco non muovano le carte in tavola, girandole a proprio favore. Perché il tempo passa per tutti, ma le abitudini restano.
Segreti mai rivelati, bugie, odi repressi e amori proibiti e immorali... siete pronti a rientrare a Palazzo Topkapi e vivere una nuova avventura?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A






02 novembre 1550, Russia.
E' passato molto tempo dall'ultima volta nella quale ho riportato i miei pensieri su questo diario, essendo accadute molte cose spiacevoli.
Tre giorni dopo, il 28 ottobre, sono riuscito a trovare lei, un concentrato di rabbia, ribellione, sfrontatezza e capelli rossi. Le ho dato il nome Roxelana per via dei suoi capelli, di un colore talmente acceso da non averlo mai visto prima. Sono certo sarà una degna concubina per il mio adorato fratello e una volta messa in riga e capito qual è il suo posto, potrà adempiere ai suoi doveri correttamente.
Credo mi odi profondamente e il sentimento è reciproco. E' di un arroganza tale da farmi impazzire e non vedo l'ora di ritornare a Costantinopoli, ritornare dalla mia adorata Hatice, il mio primo, vero e unico amore.
Siamo stati attaccati durante il viaggio di ritorno e sono riuscito a mettere in salvo Roxelana per miracolo, poiché un maledetto russo l'aveva quasi dissanguata. Tutto il resto delle ragazze che sarebbero state annesse all'Harem, sono state uccise durante l'attacco, così come quei raccapriccianti mercenari.
Io e la rossa siamo riusciti a scappare per miracolo e arrivati in una piccola città portuale, da dove abbiamo preso la nave di mio fratello Drake e Fiammetta per giungere fino a Costantinopoli. E' da qui, che adesso sto scrivendo, con un braccio ferito e Roxelana svenuta sul letto dei miei fratelli.
Credo che dopo tutta questa faccenda, dormirò per giorni interi.
Fiammetta ha avuto una delle sue visioni, nella quale affermava che sarei morto per colpa sua, di Roxelana... Ho sempre temuto le sue premonizioni molto internamente, che sia vero? Ma come? Io e la rossa non avremo più modo di parlare d'ora in avanti... Mi chiedo, se tutto ciò abbia senso e se Fiammetta sia riuscita a decifrare perfettamente la sua visione.”




Il giorno dopo Zafiraa era scomparsa. Mustafà fu svegliato dai raggi luminosi del sole, la parte che lei aveva occupato vuota e il silenzio tombale che gli faceva fischiare le orecchie.
Si mise seduto, guardandosi attorno, confuso e svestito. Guardò le lenzuola, sporche di sangue; per terra c'erano le due camicie da notte e nulla più.
-Zafiraa! - La chiamò, nella speranza che ella si fosse nascosta, ma non ricevette risposta. Si alzò, mettendosi gli stessi abiti del giorno precedente, inciampando mentre si allacciava gli stivali di corsa. - Sei un idiota, che cosa hai combinato! -
Uscì dalla stanza, correndo per i corridoi e osservando qualsiasi angolo buio, stanza aperta, interrogando qualsiasi servitore o servitrice. Di lei, dei suoi capelli, non c'era traccia. Cominciò a correre, ignorando lo spettacolo che stava dando; aveva solo un pensiero per la mente, una sola persona. Doveva trovarla, doveva dirle qualcosa e cercare di spiegarsi, come meglio poteva. Dopo una notte del genere, nella quale lei gli aveva dato tutto ciò che le era rimasto, tutta se stessa, dopo che gli aveva lasciato prendere il comando, sapendo quanto importante era per lei, non poteva, non doveva lasciarla andare in quel modo.
Solo per questa notte, aveva detto. E lui aveva annuito, drogato di lei e del suo odore. Ma doveva dirglielo, doveva dirle che sarebbe restato per tutta la vita, se solo lei avesse voluto. Avrebbe persino abbandonato Fatma per lei, avrebbe abbandonato qualsiasi cosa. Poteva sembrare prematuro un pensiero del genere, folle, non degno di un uomo forte come lui, ma i fatti stavano così; la realtà era quella e non avrebbe potuto essere più meravigliosa e spaventosa al tempo stesso.
Quando girò l'angolo, il principe ereditario si scontrò con la sultana, il sultano e Fatma, che gli sorrise felice di vederlo.
-Scusatemi, ma ho del lavoro da fare. - Disse, non degnando di un solo sguardo nessuno dei presenti e continuando a far muovere gli occhi in maniera irregolare alle loro spalle, quasi in modo demoniaco. Il sorriso di Fatma si spense e i sultani lo guardarono stupiti. Ignorò le urla e gli ordini di suo padre che gli imponevano di ritornare indietro e scusarsi, continuando a correre.
Alla fine la trovò, seduta in un angolino buio, vicino alle cucine, che giocherellava con i suoi lunghi capelli bianchi, sola. Gli altri servi le passavano accanto, facendo finta di non vederla.
-Zafiraa... - Sussurrò lui tra il fiatone e l'agitazione. Lei alzò la testa e gli puntò addosso quei grandi occhi verdi, resi lucidi dal pianto. Si inginocchiò e l'afferrò per le spalle, facendola alzare. Mustafà poggiò la mano sulle sue guance, osservandola. Lei lo guardò, ma non aggiunse altro. - Finalmente ti ho trovata. -
-E' qui che passo la maggior parte del mio tempo. Se avevi bisogno di qualcosa, potevi mandarmi a chiamare. Non devi venire qui. - Zafiraa si allontanò da lui, appoggiandosi al muro.
-Non mi servi in quel senso. Volevo parlarti. -
-Di che cosa? -
-Di questa notte. -
-Non c'è nulla da aggiungere. -
-Io credo di sì, invece, e tu lo sai benissimo. -
-Ho detto che non c'è nulla da aggiungere! - Mustafà venne spinto via da Zafiraa, che fuggì per l'ennesima volta lontano da lui e da tutti i suoi buoni propositi. - Non puoi fuggire per sempre. Per te ho trattato male mio padre, il sultano! -
-Non te l'ho chiesto io! -
-Non ti lascerò di certo farti andare via così, oggi non sarai tu ad avere l'ultima parola, mia cara Zafiraa. - Mustafà le corse dietro, sotto lo sguardo stupito di tutti i servitori, che cominciarono a sussurrare furtivi.






-Ci ha fatto fare una figuraccia, Selim, davanti alla nostra ospite! E per cosa, poi? Per seguire quella serva, quella Zafiraa! -
-In effetti, mia cara, è stato un comportamento abbastanza sconsiderato da parte sua... Non so più che cosa gli succeda. E' diventato sfrontato, ribelle, disattento. Mio figlio non era così. - Hurrem lo guardò e gli occhi le scintillarono di furbizia. Si sedette accanto al marito, sul bracciolo della sedia e gli fece posare la pipa che aveva fra le labbra.
-Probabilmente dovresti farti due domande, mio angelo. Credi davvero che Mustafà sia capace di governare un impero grande come il nostro? Non è adatto... Forse dovresti pensare a qualcos'altro o qualcuno di più adatto. Gli eredi di certo non ti mancano... -
-Che cosa stai dicendo, Hurrem? E' mio figlio, il primo, e gli spetta di diritto. -
-Tuo figlio è un inetto. -
-Il nostro primo figlio, invece, è uno storpio. Credi che qualcuno lo accetterà mai? - La rossa si mosse prima di avere la forza di fermarsi. Colpì il marito con un sonoro schiaffo che risuonò per tutta la camera matrimoniale. Il sultano voltò il capo, massaggiandosi la parte colpita. Si alzò dal suo posto, tormentandosi le mani e il labbro. Aveva appena colpito suo marito, per la prima volta, dopo venti anni di matrimonio.
Succedeva spesso che, quando qualcuno nominava il suo figlio maggiore, lo dispregiava o solo lo guardava in modo così compassionevole, il cuore le doleva incredibilmente e le faceva una rabbia talmente ancestrale che avrebbe potuto incendiare una intera città, un impero. Era il suo preferito, non poteva farci niente... Non che non amasse il resto dei suoi figli, ovviamente. Ma per lei, anche se era orribile solo pensarlo, era il figlio che amava un po' di più e per il quale avrebbe fatto la peggiore pazzia. Lo amava infinitamente, soprattutto e anche perché suo padre era stato il suo primo amore, un amore morto giovane, ucciso, che la torturava tutt'ora nei sogni.
Ma non era solo lei ad amarlo, anche suo marito, Selim, il sultano, lo amava quanto e forse più di lei. Non si era fatto condizionare dalla sua malattia, né dalla sua impossibilità fisica. No, lo aveva trattato esattamente come tutti gli altri, rimproverandolo quando faceva qualcosa di sbagliato e lodandolo quando l'istruttore personale gli raccontava della sua mente acuta, intelligente e ben predisposta allo studio, a differenza dei suoi fratelli che eccellevano nell'arte della guerra.
Si girò, con le lacrime agli occhi, andando ad abbracciare suo marito che la guardava confuso.
-Scusami, amore mio, scusami. Ma quando qualcuno chiama storpio Mehmed, sai che mi fa imbestialire. Il mio povero bambino se lo sente sussurrare ogni giorno da estranei, non voglio che lo faccia anche suo padre. - Selim sospirò, ricambiando le tenerezze. Erano invecchiati così all'improvviso, da non rendersene conto.
-Lo so, mi sento male per averlo solamente detto. Ma la realtà è questa. Nessuno dei visir accetterà mai Mehmed come loro sultano. Sarà anche molto intelligente, se ne intende di politica... Sarebbe sicuramente un buon sultano, spesso chiedo consiglio a lui come facevo con Ibrahim, ma nessuno lo vorrà mai per la sua piccola imperfezione, per la sua malattia. Il sultano deve essere sinonimo di perfezione, splendore, così come lo è il suo impero. -
-Lo so, amore mio, lo so. Ma io non intendevo lui. Io credo che ci sia del potenziale anche in Selim o Bayezid. Abdullah e Cihangir sono troppo giovani, ma cresceranno. Se noi li istruissimo da adesso... -
Selim sospirò, portandosi le mani fra i capelli. - No, non posso farlo, Hurrem. E' mio figlio. E' il suo posto, gli spetta di diritto. -
-Non è più tuo figlio, caro Selim. Tuo figlio è morto nel momento esatto in cui lo hai portato via, vent'anni fa. Suo madre lo ha plasmato nelle sue abili mani, proprio come stava cercando di fare con te, e ci è riuscita. Non è colpa sua, perché era sua madre, ma lui odia me, odia tutti i nostri figli e maggior ragione odia te, che lo hai allontanato via per stare con me. L'unico che gli sta a cuore è Mehmed, e Allah sa solo perché. - Hurrem sospirò, abbracciando da dietro il marito e baciandogli il collo. - Pensaci, so che è difficile, ma pensaci. Me lo prometti? -
-Va bene, d'accordo. Ci penserò. Vedrò come si comporta e dopo agirò di conseguenza. -
Hurrem nascose il viso tra il collo del marito, accennando un sorriso di vittoria. Avrebbe fatto come diceva lei, come sempre dopotutto. I suoi figli avrebbero governato quell'impero, nessun altro.




Zafiraa era riuscita a nascondersi per tutto il giorno, ma non era servito a nulla. Mustafà l'aveva ugualmente trovata e lei aveva dovuto fuggire da capo, attirando l'attenzione di tutti i servitori.
Alexandros l'aveva vista urlare qualcosa in greco e le era venuto incontro, trovandole un nascondiglio tra i passaggi segreti dell'enorme palazzo e lì, tra topi, umidità e freddo, era riuscita a stare tranquilla per un po', lontana da tutti i problemi. A dir la verità, aveva anche dormito, approfittando della tranquillità di quelle mura solide e sicure. Mustafà era diventato il suo incubo.
Si era data solamente della stupida, per tutta la durata della notte, quando lui l'aveva stretta a sé e aveva dormito con la testa poggiata sul suo petto, mentre lei gli accarezzava i riccioli. Felice.
Si era data della stupida, perché aveva infranto la sua regola numero uno, non innamorarsi mai, soprattutto se lui era il figlio del tuo nemico.
Si era data della stupida perché era stata veramente felice quelle poche ore della notte, tra le sue braccia, bella, al sicuro, donna, che per tutta la sua vita. Si era sentita nel posto giusto. Si era sentita normale, non una malata che tutti evitavano per il colore dei suoi capelli e per la pelle pallidissima.
Si era data della stupida, perché aveva ceduto alla tentazione.
Si era data della stupida, perché si era innamorata e le piaceva talmente tanto Mustafà, che gli aveva persino perdonato di aver ucciso i suoi genitori. Si era data della stupida, perché scappava, perché era una codarda che non sapeva affrontare le situazioni di petto.
Si era data della stupida, perché molto probabilmente lo era e anche lui.
E poi aveva pianto, aveva versato poche lacrime e ci aveva messo tutta se stessa per farlo, perché lei non sapeva come si faceva. E si era sentita meglio, molto meglio. Aveva capito perché le donne piangevano sempre. Era veramente liberatorio!
E lui, il suo principe, arrivò proprio in quel momento. Quando lei si stava asciugando le ultime lacrime.
Zafiraa era seduta per terra, con le ginocchia vicino al petto, tirava su col naso e gli occhi rossi e gonfi. Mustafà, invece, sembrava un pazzo, con i capelli che andavano in tutte le direzioni e i vestiti spiegazzati.
-Ti ho trovata, finalmente! Ti ho cercata ovunque. Ho dovuto perdere due sacchetti d'oro contro tuo fratello, prima di farmi dire dove ti eri cacciata! - Le andò incontro, sollevandola contro la sua volontà. Zafiraa non osava guardarlo negli occhi, i suoi bei e grandi occhi neri. Osservava per terra, o i suoi piedi, o la spilla che lui portava sulla fodera della spada. Lo aveva troppo vicino, sentiva il calore che emanava la sua pelle e per lei era impossibile ragionare, non dopo la notte precedente. No, non sapeva respirare, lui le aveva tolto la facoltà e la volontà di farlo. E lui, voleva solamente deriderla, lui non provava lo stesso per lei. L'aveva solo usata. - Perché scappi sempre da me? -
-Proprio per tutto questo, Mustafà. Perché non mi piace affrontare questo genere di cose. -
-Ma noi dobbiamo parlare. -
-Di che cosa? Sono stata solo un'avventura di una notte per te, ammettilo. Lo so e non mi interessa. La mia prima volta doveva pur accadere con qualcuno. -
Mustafà rise, scuotendo i bei riccioli scuri. - Lo fai sempre. -
-Faccio cosa? -
-Quando qualcosa di ferisce, cerchi sempre di fare la strafottente, la menefreghista. E' stata la tua prima volta, con me, mi hai donato qualcosa che ti era caro. Non me ne sono approfittato della situazione, volevo farlo per un motivo preciso, non perché non avessi nessuno. E dopo questa notte, so che lo hai fatto anche tu. In un momento del genere, neanche tu, riusciresti a fingere. - Mustafà le accarezzò la guancia. Zafiraa fremette sotto il suo tocco, ispirando e arrossendo. L'aveva toccata con una simile dolcezza e tenerezza, proprio come in quel momento... Non c'era stato niente di carnale, animalesco, primitivo come nel campo di battaglia. Nessuno voleva prevalere sull'altro; c'era solo quella sensazione di dare di più, di colmare quello spazio.
-Non dire cose di cui ti potresti pentire, Mustafà, sei ancora in tempo per fuggire. -
-Fra noi due sei tu quella che fugge. - La baciò, togliendole il respiro. Zafiraa chiuse gli occhi, lasciandosi amare da lui, da quelle mani, dalla sua bocca. - Ti ho trovata, finalmente. Ho passato tutta la vita a cercarti, tant'è che avevo perso la speranza. Ti ho trovata ed eri proprio sotto il mio naso. Non avevo mai pensato di innamorarmi di te, ma ti ho trovata. La mia persona, la mia metà, il mio bene più grande. - Mustafà sospirò, notando la faccia terrorizzata e interrogativa della sua interlocutrice. Non capiva, o meglio, non voleva capire, poiché voleva dire cambiare le cose e lei odiava con tutta se stessa i cambiamenti. - Quello che voglio, molto confusamente dire, perché saper pronunciare frasi romantiche non è tra i miei innumerevoli talenti... -
-Neanche la modestia. - Borbottò Zafiraa, facendo un passo indietro, quando Mustafà le rifilò quella occhiataccia, quella che le intimava di stare zitta.
-Voglio stare con te in tutti i modi nei quali due persone potrebbero mai pensare o aspirare. Non sono un ingenuo. So, che non sarà facile. So, che dovremmo fare enormi passi in avanti per rendere tutto perfetto, o almeno normale e non strano, perché siamo soldati, più che persone che provano questo genere di sentimenti. O almeno, per me lo era, prima di conoscerti. Te l'ho detto, non sei solo una serva qualsiasi. Per me sei la mia cosa bella, sei la donna con la quale mi voglio impegnare, sei quella che si è presa il mio cuore e la mia facoltà di guardare qualsiasi altra donna e non trovarle uniche come te. Sei ciò per il quale io morirei e mi farei uccidere.-
Zafiraa lo guardò, non sapendo cosa dire, non sapendo cosa fare, cosa pensare. Cosa avrebbe mai potuto rispondere, lei che non era brava con le parole e con i sentimenti, ad una simile dichiarazione in un passaggio segreto, mentre i topi sembravano osservarla in attesa di qualsiasi cosa?
-Grazie. - Fu tutto quello che disse. Mustafà la osservò, palesemente deluso. Si aspettava qualcosa di più, qualcosa che potesse eguagliare ciò che aveva detto? Ma niente di tutto ciò che le veniva in mente avrebbe potuto rendergli giustizia. - Grazie, per tutto ciò che hai detto. Grazie, per tutto ciò che provi. -
-E quindi? Che cosa mi rispondi? Vuoi... Vorresti provare a fare questo enorme salto nel vuoto, con me? -
-E se dovesse andare male? -
-Perché pensare al peggio, quando potremmo provare? Dovremmo nasconderci, perché mio padre non approverà mai, sopratutto adesso che Fatma è a corte. Ma è te, che voglio, non farmi quello sguardo. E' solo te. - Mustafà la guardò, tutto occhi neri, vulnerabilità e speranza. Zafiraa annuì, non riuscendo a scappare. Questa volta era come incollata al pavimento e solo quando Mustafà la prese in braccio, abbracciandola, riuscì a riprendersi e sorridere.
Per un attimo, un bellissimo attimo, si dimenticò chi erano, quale era il loro passato e i loro ruoli. Per un attimo, erano solamente Mustafà e Zafiraa, un uomo e una donna comuni, che avevano appena cominciato una relazione.
Un bellissimo attimo, un momento che aveva il sapore di felicità, un sapore talmente delicato e fresco, al quale non era abituata.






AN//
Eccomi qui, con questo capitolo che penso sarà piaciuto a molti di voi. O almeno a quelli che shippano la Mustafiraa!
Lasciatemi un parere su cosa ne pensate e se secondo voi dureranno. XD
La nostra Roxelana tesse la sua tela, come un abile ragno, come sempre e Selim le da sempre ascolto. Non sono per niente cambiati dall'ultima volta, tanti anni prima!
Ad ogni modo, adoro scrivere di Ibrahim, nel suo diario, è un personaggio che ho amato veramente tanto e mi manca. Quindi, d'ora in poi ci sarà una pagina del suo diario per ogni capitolo!
Spero che questa storia vi stia piacendo, dunque, e che i capitoli siano di vostro gradimento.
Alla prossima!

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Luxanne A Blackheart