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Autore: ejirella    01/10/2017    0 recensioni
Chiedo scusa ma non potrò più scrivere su questo sito poiché sono stata vittima di plagio. Se ci tenete a sapere come prosegue la storia seguitemi su https://www.wattpad.com/story/139876793-la-triade!! :)
Lui, il tipico figlio di papà. Nato e cresciuto negli agi, con hobbies costosi e con poco interesse nelle attività familiari.
Lei, di modeste origini. Una vita di sacrifici, sempre pronta a farsi in quattro per gli altri ed uno spiccato senso nel capire le persone.
Non possono essere più diversi, ma qualcosa li lega in modo indissolubile. Che cosa? Leggete e lo scoprirete.
Una storia appassionante e ricca di colpi di scena.
Piano piano i protagonisti si sveleranno ed imparerete a conoscerli.
Non vi rimane altro da fare, STAY TUNED!!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Hai fatto colpo?” chiese più tardi Brenda, l'amica di Lauren.

“A che ti riferisci?” rispose lei tranquilla iniziando a togliere i piatti.

“A Colin Futol! A chi altri? Era lì fuori insieme a te prima”

“Ah davvero... Non me ne sono nemmeno accorta” replicò lei sovrappensiero.

“Sai che è un donnaiolo vero?” domandò Brenda seria.

“Perché me ne parli come se pensassi che ne sia lontanamente interessata?”.

“Così giusto per esserne sicura. La sua fama lo precede. Prima ci ha provato con Carmen” disse riferendosi alla ragazza poco distante.

“In cucina se ne stava vantando. Si può essere più superficiali?” alzò gli occhi al cielo “Ci è mancato poco che mi chiedesse il numero!” Le faceva il verso.

“Non ne parliamo Bren, siamo qui per lavorare. Non per entrare nelle grazie del signorino Futol” concluse la frase con un inchino regale.

“Oh mi scusi vossignoria, non era mia intenzione fare certe allusioni” rise l'amica.

“Non fare la stupida e aiutami a piegare le tovaglie” Lauren prese un'estremità e Brenda quella opposta. “Non ti ho ancora ringraziata per avermi fatta assumere stasera”.

“Figurati, non c'è problema. Sei stata brava” rispose Brenda.

“Ottimo lavoro Candence” confermò il capo cameriere passando di lì “Brenda poi sistemate insieme le tovaglie in quella sacca laggiù. Così verranno portate in lavanderia” Si girò ed aggiunse “Tieniti libera per il prossimo evento”. Detto ciò se ne andò per dare altre direttive.

“Direi che è andata molto più che bene. A me rivolge la parola solo per darmi ordini o riprendermi”. Rivelò Brenda imbronciata non appena Chris, il capo cameriere, fu lontano.

“Non te la prendere, dice così perché non mi conosce” sghignazzò.

Ci volle ancora un'ora prima che tutto lo staff fosse congedato.

“Sono proprio stanca, non vedo l'ora di farmi una doccia e buttarmi a letto”.

“Domani mattina solita corsetta Lo?”

“Sono di turno al bar Bren. Mi dispiace, ma non posso proprio”.

“Figurati capisco. Amica mia però tu lavori troppo, dovresti staccare un po’ la spina”.

“Non sai quanto mi piacerebbe farlo” rispose incupita “Ma non tutti se lo possono permettere” aggiunse guardando la residenza dei Futol alle sue spalle. “Grazie ancora per il lavoro”.

Si salutarono, Lauren prese la bici e pedalò fino a casa.

Il vento non le dava fastidio. Al contrario le faceva piacere dandole un senso di libertà che non provava da molto. La serata era piuttosto limpida. Solo qualche nuvola infastidiva la luna splendente.

A metà strada si fermò al vecchio pontile.

Aveva preso quell'abitudine da quando si erano trasferite. Ogni volta che tornava a casa faceva una piccola deviazione per andare là. Quel luogo era semi nascosto, ma di una bellezza unica a suo parere.

Da lì potevi ammirare la vegetazione selvaggia che si sposava con le acque impervie del fiume e in sottofondo, soprattutto in primavera, gli uccellini cantavano allegri.

Una sorta di contrasto tra la natura selvatica e fredda e quella mite e docile che ben rispecchiavano l'essenza di Lauren Candence.

La luna sembrava avere un'attrattiva su di lei dalla quale non si poteva sottrarre.

Chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Una volta aperti si sentiva più energica, rinvigorita da una nuova carica interiore.

Giunse a casa, molto più modesta rispetto a quella in cui aveva appena trascorso la serata.

Legò la bici al tronco di un albero e guardò il caseggiato che aveva di fronte.

Più di un caseggiato si trattava di un blocco unico di cemento del tutto uguale ai palazzi vicini. Il quartiere popolare distava un po’ dal centro cittadino ed il motivo era che creava un brutto impatto visivo: occupava la parte est della città ed insieme al fiume le faceva da cornice.

Non aveva sempre vissuto lì. Prima viveva in città, la sua casa aveva un giardino e la sua bici, una delle poche cose che le erano rimaste, veniva appoggiata alla staccionata in un punto preciso. Lì padre ogni anno le segnava l’altezza per vedere quanto fosse cresciuta.

Prima che si trasferissero era arrivata al limite dell’asse di legno. Forse era un segno, un segno del cambiamento che l'avrebbe investita come un treno da lì a poco, un monito sulla sua vita: non avrebbe più trascorso del tempo in quel giardino, in quella casa.

Fece un respiro ed affrontò le otto rampe di scale che la separavano dall'appartamento.

Entrata in casa evitò accuratamente di passare per il salotto dove il dramma di una soap opera stava catturando tutta l’attenzione della madre. Il volume era altissimo, ma lei sembrava non accorgersi di tutto quel chiasso. Sul tavolino vicino era posata una bottiglia di vino vuota e nella sua mano un calice colmo minacciava di cadere.

“Ciao Hiro” bisbigliò Lauren al gattino che le venne incontro. “Hai mangiato oggi?” Il gattino miagolò furente.

Consapevole della risposta, lo prese di peso e lo portò in cucina.

Lo spettacolo che le si presentò davanti era ben diverso rispetto a quello che aveva lasciato quando era uscita. Malgrado diverse ore prima avesse pulito tutto, il lavandino era pieno di piatti da lavare.

Con un sospiro si tirò su le maniche ed aprì il rubinetto.

Aveva appena iniziato quando il gatto le ricordò il motivo per cui erano lì facendo cadere un coperchio per terra.

Il baccano destò la madre che iniziò a gridare con voce impastata “Lauren sei tu?”

“Hai visto cosa hai combinato? Ora non mi lascerà più in pace”.

Con un altro sospiro andò in sala, non prima di aver dato da mangiare a Hiro che ora sembrava più contento di quando era arrivata.

“Dove sei stata? Prima ti ho chiamata ma non hai risposto”. Le chiese con gli occhi incollati allo schermo.

“Sono andata alla casa dei Futol per un lavoro, te l'ho detto prima di uscire, ricordi?”

Non ci fu risposta perché aveva ripreso a guardare la televisione.

Di recente le conversazioni si erano stringate sempre di più e Lauren si sentiva più sola che mai all'interno di quella casa.

Guardò ancora una volta negli occhi la donna che l'aveva cresciuta, non riconoscendola più. La morte prematura del marito l'aveva distrutta e lei non si era più ripresa. Fissava lo schermo con occhi vacui. Come se guardasse oltre, qualcosa che Lauren non poteva vedere.

Hiro intanto aveva preso a giocare con una pallina ai piedi della poltrona.

Sua madre neanche lo guardava, persa nei suoi pensieri. Pensieri preclusi a Lauren.

Il terapista le aveva consigliato di prendere un animale affinché le tenesse compagnia quando lei non era in casa.

All'inizio era stata contenta della novità, pensarono a lungo al nome da dargli.

“Potremmo chiamarlo Scheggia” propose contenta.

“Come mai Scheggia?” Le chiese Lauren.

“Mi sembra evidente! Non resta mai fermo” Rise la madre cercando di afferrarlo “Vedi, è proprio una scheggia”.

“Potremmo chiamarlo Hiro invece. In giapponese significa rosso. Me lo ha detto papà una volta che...” Subito si morse la lingua guardandola timorosa.

L'umore della madre mutò rapido.

Smise di cercare di prendere Hiro. Il suo sorriso si spense e gli occhi si incupirono.

Se la prese con sé stessa per non aver cercato di evitare l'argomento.

Adesso il gatto, che avrebbe dovuto sollevarla un po', avrebbe avuto un qualche collegamento col marito. Ogni cosa si riferisse a lui la faceva star male.

Lauren tornò al presente. Con Hiro era stata veramente convinta di poter avere indietro la madre spensierata con la quale era cresciuta.

Quanto si sbagliava! Da quell'uscita infelice la situazione era peggiorata fino allo stato attuale.

Tornò in cucina e si preparò qualcosa da mangiare. Il gatto la seguì: saltò prima sul tavolo e poi si acciambellò sulle sue gambe.

Dalla stanza vicino proveniva il rumore della televisione e nient'altro. Aveva più familiarità con la voce della protagonista della telenovela che non con quella della madre Cynthia.

Lauren mangiava in silenzio, curva sul tavolo. Sin da piccola le era stato insegnato a tenere la schiena dritta e la testa alta perché nessuno al mondo poteva atterrire i Candence.

Ma quali Candence!? Il padre era scomparso, la madre era presente ad intermittenza e la sorella le aveva voltato le spalle.

“Sei rimasto solo tu Hiro!” Il gatto rispose facendo le fusa.

In quella casa non riusciva a sentirsi a suo agio. La considerava una sistemazione provvisoria, temporanea ormai da diversi anni.

Si alzò cercando di scacciare i pensieri negativi. Si distese e si diede una scrollata come se, così facendo, potesse alleggerire il carico emotivo che le gravava sulla schiena.

Strinse i denti e si fece forza: buttò la bottiglia di vino vuota, ripulì la cucina, si fece un doccia e si gettò finalmente a letto.

Stanca per la giornata di lavoro, ma soprattutto stanca della sua vita.

  
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