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Autore: Menteconfusa    01/10/2017    0 recensioni
Helen O'Connell, un nuovo personaggio, una nuova identità nel mondo magico di Harry Potter. Tutto ha inizio a King's Cross il 1 settembre 1991. Ancora segreti dal passato di Harry? Forse..
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Famiglia Black, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Durante l'infanzia di Harry
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Il tempo passò in fretta. Dai primi giorni caotici, iniziarono a trascorrere le settimane e in men che non si dica erano già passati due mesi.

Portavo avanti il mio lavoro di sorvegliante ogni giorno, assicurandomi che Harry arrivasse indisturbato ad ogni lezione, sempre attenta a non farmi vedere. Tre sere a settimana ero costretta a rimanere nei paraggi del campo di Quidditch per gli allenamenti della squadra di Grifondoro, di cui Harry era entrato a far parte qualche tempo prima.

Non mi pesava avere da fare tutto il giorno, lavorare manteneva la mia mente occupata da spiacevoli ricordi sempre in agguato dietro ogni angolo.
Nei rari momenti di tranquillità in cui mi ritrovavo con niente da fare, mi allontanavo dal castello per dirigermi ad Hogsmade, al pub di madama Rosmerta, avendo chiesto che la mia posta fosse recapitata li e non al castello, per tenere a bada i curiosi.

Avevo notato, con mio sommo rammarico, che tenermi in disparte per non farmi notare quando mi trovavo circondata dai ragazzi era di ben poco aiuto. Ai loro occhi iniziavo ad apparire una figura misteriosa e solitaria, dai mille segreti, che non scambiava un paio di parole con nessuno se non per rifilare qualche ramanzina poco convincente.
Nonostante la professoressa McGrannitt mi avesse spronato in più di un’occasione a parlare con il mio figlioccio, da quella prima mattina di scuola non avevo più incrociato direttamente la sua strada.

Era curioso come dovendomi immedesimare nella sua ombra e seguirlo dappertutto, quel ragazzino riuscisse comunque a sfuggirmi. Solo un mese prima avevo sentito il signor Gazza lamentarsi del fatto che qualche studente si era intrufolato nel corridoio del terzo piano, severamente vitato. E io lo sapevo, lo sapevo per certo che ci fosse di mezzo Harry Potter. Se aveva ereditato anche solo un quarto dello spirito irriverente e scapestrato di suo padre, quel divieto assoluto lo doveva aver attratto come le api al miele. Ed ecco che improvvisamente mi ero resa conto che ero stata io ad aver permesso che accadesse. Di sicuro Silente non poteva pretendere che mi nascondessi nell’armadio del ragazzo in attesa che sgattaiolasse da qualche parte, ma certo è che dopo quella volta raddoppiai la mia sorveglianza.

Mi svegliai la mattina del 31 ottobre circondata dall’invitante odore di zucca al forno che, esattamente come nei miei ricordi, aveva invaso tutta la scuola. C’era stato un tempon in cui Halloween era stata la mia festività preferita. Il banchetto più delizioso del solito, le decorazioni, i dolciumi… il mio primo bacio.
Ricordo di aver fantasticato per giorni e giorni dopo quel veloce bacio rubato prima della cena in sala grande. All’epoca non mi importava nemmeno che il ragazzo in questione non fosse quello per cui avevo una cotta (soprattutto perché mi era sempre stato chiaro che Sirius non mi vedesse solo come un’amica), ero stata baciata e mi sentivo la ragazzina più forte del mondo. Così felice che mi sembrava che i miei piedi non toccassero terra.
Quella mattina avevo ricevuto un breve invito anonimo a farmi trovare fuori dalla sala dei trofei poco prima dell’ora di cena. Certo, il fatto che il mio presunto ammiratore desiderasse restare segreto mi faceva sentire a dir poco sospettosa, e per quanto mi fossi sforzata di restare impassibile, avevo passato tutta la giornata a guardarmi intorno in attesa di un qualunque piccolo sguardo da parte di tutti i ragazzi che vedevo. Dopotutto, poteva trattarsi anche di un perfido scherzo.
Avevo aspettato nervosamente per tutto il giorno, fino a quando giunta l’ora fatidica, mi ero diretta verso la sala dei trofei. Avevo aspettato qualche minuto, e proprio quando stavo per arrendermi al fatto che ero stata presa in giro, avevo sentito dei passi riecheggiare nel corridoio.
Presa alla sprovvista, mi ero nascosta dietro ad un armadio, aspettando di vedere chi si sarebbe presentato.
Non potrò mai dimenticare lo stupore che provai quando a pochi passi da me si era fermato l’ultimo ragazzo che pensavo potesse avere interessi nei miei confronti. Dopotutto, avevamo parlato poche volte e anche per colpa della sua timida riservatezza, parte di me riteneva impossibile che alla persona in questione potesse piacere qualcuno.

“Stupido, stupido, stupido!” aveva detto lui picchiandosi il pugno sulla testa “questa è l’ultima volta che do retta a Sirius e alle sue idee” 

Poi ad un tratto si era accasciato a terra e si era accovacciato in uno spazio tra due teche. Probabilmente aveva pensato che non mi fossi presentata all’appuntamento. Ricordo di aver pregato tra me e me che non si mettesse a piangere, soprattutto perché a quel punto mi sarei sentita più in colpa del sopportabile. Ci avevo impiegato tre minuti abbondanti prima di decidere che la cosa migliore era uscire e affrontarlo, dirgli che apprezzavo molto il suo invito, ma che era meglio restare amici. Così, proprio quando lui iniziava a rialzarsi, ero sgattaiolata fuori dal mio nascondiglio.

“Remus …” avevo balbettato.

Lui aveva alzato la testa di scatto e mi aveva scrutato dall’alto in basso, come a capire se fossi reale o solo frutto della sua immaginazione. Poi era scattato in avanti e prima che potessi fare un qualunque movimento o pronunciare la benché minima parola, mi aveva afferrata per le spalle e mi aveva baciato.
Un bacio goffo, umido e frettoloso, ma pur sempre un bacio.

Il ricordo di quell’episodio mi fece sorridere, mentre mi stiracchiavo rigirandomi tra i cuscini del mio enorme letto a baldacchino.

La giornata procedette spedita, tra una lezione e l’altra, sempre su e giù per le scale, accompagnata da un senso di allegra calma.
Quella sera a cena, la sala grande era al massimo del suo splendore. Erano passati tanti anni dall’ultima volta che l’avevo vista tirata a lucido e addobbata a festa. Era tutto perfetto: il sontuoso banchetto era servito in piatti d’oro zecchino, mentre stormi di pipistrelli si libravano in volo tra il soffitto e le lunghe tavolate. Quello spettacolo meraviglioso rendeva quasi sopportabile perfino stare seduti di fianco a Severus Piton. Quasi.

La prima cosa che si impara fuggendo, è che le catastrofi le avverti ancor prima che si verifichino i primi problemi. E’ palpabile nell’aria che qualcosa sta per succedere. Per questo, quando ormai la cena stava volgendo al termine ed era arrivato il turno del dolce, la terribile sensazione, un lieve prurito alla base del collo, che qualcosa di orribile stesse per avventarsi sulla scuola, mi aveva investita in pieno.

“Lo senti anche tu?” avevo sussurrato poggiando le posate e puntando i miei occhi in fondo alla sala.
Piton, probabilmente stupito dal fatto che gli stessi deliberatamente rivolgendo la parola si era girato ad osservarmi. “Sei sicura di star bene O’Connell? Credo tu abbia bevuto un bicchiere di troppo. Si sa che alla tua età può rivelarsi fatale” aveva ribattuto lui con sguardo sprezzante.

Ed improvvisamente, eccolo. Il guaio.
Il professor Raptor correva a perdifiato nella sala grande, fino al tavolo dei professori, fino al Professor Silente e diceva … “Un troll… nei sotterranei… pensavo di doverglielo dire”. Dopo di che era crollato a terra svenuto.
In quell’istante si scatenò un putiferio. Ragazzi che urlavano, gente che fuggiva da un capo all’altro della stanza, mentre Silente produceva qualche scoppio con la bacchetta per attirare l’attenzione degli studenti.
Dopo aver dato l’ordine ai prefetti di scortare i ragazzi nei loro dormitori, si era girato a guardarmi, lanciando uno sguardo fin troppo eloquente. Io avevo annuito, affrettandomi a seguire i ragazzi Grifondoro del primo anno.

Naturalmente era impossibile che Harry si tenesse fuori dai guai. Mi ero nascosta dietro una colonna cercando di tenerlo d’occhio, quando lo avevo visto strattonare un braccio di Ronald “Ci ho pensato solo ora… Hermione!”
“Hermione cosa?” aveva risposto l’altro.
“Non sa del troll”
Dopo un attimo di esitazione eccoli sfrecciare attraverso il corridoio dirigendosi verso i sotterranei.
“Aspettate!” gridai con quanto più fiato avevo in gola. Ma il baccano che mi circondava era troppo forte perché mi sentissero. Iniziai a correre cercando di evitare le ondate di folla del corridoio, poi mi decisi a prendere una scorciatoia.

Corsi a più non posso scendendo i gradini a due a due, mentre passavo in rassegna tutte le cose orribili che sarebbero potute accadere a quei due ragazzini. Quando ormai erano dieci minuti che correvo, finalmente arrivai alla mia destinazione. La prima cosa che mi colpì fu il silenzio tombale che mi circondava. Temevo che una volta entrata sarei state testimone di uno scempio. Non solo testimone, colpevole.
“Puah! Caccole di Troll!”
Una voce. La sua voce! Mi catapultai all’interno del bagno e in mezzo alle macerie la prima cosa che notai, non fu la stanza distrutta, il cadavere del troll o i due bambini terrorizzati che si erano girati a guardarmi. Vidi Harry, mi dava le spalle e non mi aveva sentito arrivare. Improvvisamente realizzai quanto era stata grande la portata dello spavento e quanto mi sentissi assurdamente sollevata nel vederlo sano e salvo. Mi avvicinai a grandi passi verso di lui lo afferrai per le spalle e lo girai verso di me.
“Cosa diavolo ti è saltato in testa?!” dissi nel sibilo più controllato che riuscii ad emettere. Lui mi guardò, confuso.
“Dovevamo avvisare Hermione” disse Ronald alle mie spalle.
“Stai bene?” chiesi ad Harry. Certo, in qualità di sorvegliante era un comportamento alquanto egoista nei confronti degli altri bambini, ma la mia priorità era Harry, il mio figlioccio. Alla fine il suo esitante cenno di assenso mi aveva riscosso, così mi ero alzata e avevo chiesto anche agli altri due se fosse tutto a posto. Probabilmente gettarmi a capofitto su Harry era stato un errore. Mi aveva osservato con lo sguardo di chi viene aggredito da un perfetto sconosciuto, mentre io cercavo di riprendermi dallo spavento scuotendolo per le spalle.
“Siete in un bel guaio” dissi loro. Per quanto mi sforzassi, la sensazione di essere stata inutile e di aver rischiato la vita di Harry non mi abbandonava.

Quando Piton e la professoressa McGrannit accorsero nel bagno, io mi incamminai verso la porta.
‘Meglio lasciare le faccende da insegnanti agli insegnanti’ mi dissi.

Camminavo lentamente verso la mia stanza, tenendo lo sguardo fisso al pavimento. Mi era stato affidato un compito e avevo fallito. Come poteva Silente affidarmi la vita di un ragazzino, se alla prima occasione di pericolo non riesco neanche a trattenerlo dal buttarcisi dentro a capofitto?

Amareggiata, giunsi alla mia stanza. Quando aprii la porta e alzai lo sguardo, vidi l’ultima persona sulla faccia della terra che avrei pensato di rivedere.

“Helen, finalmente, dopo tutti questi anni”

L’incubo mi aveva raggiunto.



Dopo mesi, mesi, mesi e mesi di assenza, durante i quali ho affrontato il muro di Berlino dei blocchi dello scrittore, ho deciso di riprendere a scrivere. Ho anche pensato che ripartire da questa storia fosse il modo migliore per rifarmi la mano. Mi rendo conto che questo capitolo non sia dei migliori, ma mi è servito più che altro per riprendere da dove avevo lasciato.
Se vi va, fatemi sapere che ne pensate.
A prestissimo (questa volta sul serio) con il prossimo episodio.
   
 
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