Our
hands - 1
Tsukishima
era stanco. Non era stata tanto la levataccia della mattina a
sfiancarlo, quanto
il dover stare in mezzo alla folla che lo spintonava qua e
là. Tokyo era
qualcosa di pazzesco, pareva impossibile trovare dello spazio personale
in quella
città frenetica e troppo piena di negozi, ristoranti,
palazzi e gente che
consumava ossigeno.
Tsukishima
odiava il caos e qualsiasi cosa che scombinasse la sua routine, gli era
persino
difficile accettare l’idea di essere andato lì di
sua spontanea volontà; di
sicuro era colpa di Hinata e della pallonata che gli aveva schiantato
in testa
invece che dall’altra parte del campo.
All’improvviso
si sentì afferrare una mano e, sorpreso, se la
guardò, osservando il modo in
cui veniva stretta da quella più larga di Kuroo.
“Che
fai?”
“C’è
un sacco di gente, anche se sei alto e spicchi in mezzo alla folla non
ho
intenzione di perderti. E poi… avevi
un’espressione così spaesata, pensavo
avessi bisogno di un po’ di conforto.”
La
luce divertita nel suo sguardo smentiva quelle parole apparentemente
preoccupate, Tsukishima vedeva bene la fatica che l’altro
stava facendo per non
sorridere.
“Tch
– sbuffò, sistemandosi gli occhiali –
non ce n’è bisogno, per chi mi hai preso?
Abito a Sendai mica nelle caverne, sono abituato anch’io alla
folla.”
La
bocca larga di Kuroo si distese a formare un cerchio perfetto e
già quello
sarebbe bastato a Kei per irritarlo, ma il tono cantilenante che
usò poi lo
fece proprio andare fuori dai gangheri.
“Ceeerto,
infatti erano i miei compagni ad aver scambiato un semplice traliccio
per la
Tokyo Tower, vero?”
“Tch,
vuoi mettermi allo stesso livello di quegli idioti?”
sbuffò nuovamente,
tentando di mascherare con la superiorità la vergogna per
quel ricordo. Come se
non bastasse, ormai Kuroo sghignazzava apertamente e così
lui strattonò il
braccio, cercando di sciogliere la stretta delle loro mani, ma senza
riuscirci.
Le dita di Tetsurou erano forti, esperte e affatto intenzionate a
lasciarlo
andare via ora che lo aveva catturato.
“Sta’
fermo Tsukki, ti ho già detto che non voglio perderti
– lo guardò con
quell’espressione sorniona, accentuata dal ciuffo che gli
copriva l’occhio – in
fondo io non sono un
idiota.”
Tsukishima
sentì una strana sensazione allo
stomaco, come se qualcuno glielo stesse strizzando forte e
cercò di dare la
colpa a tutto il cibo che Kuroo gli aveva fatto mangiare quel giorno.
Eppure
mentre camminava al suo fianco, con la mano nella sua e le dita
strettamente
allacciate, ebbe qualche dubbio e si domandò se
l’idiozia fosse contagiosa,
perché doveva essere per forza così. Hinata
doveva averlo infettato, altrimenti
non si spiegava il senso di benessere che provava dopo una levataccia
prima
dell’alba, noiose ore di treno e con quella mano che
stringeva a sua volta la
propria, per nulla intenzionato a lasciarla andare. E, a quel punto,
chissà
cosa gli avrebbe trasmesso Kuroo continuando a stare così,
palmo contro palmo,
pelle su pelle.
L’angolino oscuro: 481 parole stavolta. Mi
piacciono
le flashfic e la loro brevità, il dover concentrare un
concetto e le emozioni,
ma si scontrano ogni volta con la mia logorrea e arrivo sempre al
limite XD
Se
vi state chiedendo il perché di quell’1 nel
titolo, è perché questa è la prima
di una serie di flash dedicate alle mani e alla loro importanza; se non
ve lo
siete chiesti va bene lo stesso, io ve l’ho detto. Stavolta
abbiamo visto i due
che si tengono per mano per la prima volta, un contatto tanto banale,
innocente
persino, eppure tanto importante e pregno di significati,
già solo così si
riesce a trasmettere qualcosa alla persona che ci sta a fianco e,
davvero,
chissà cosa sentirà Tsukki da questa stretta di
Kuroo.
Come
sempre spero che anche questa vi sia piaciuta, alla prossima!