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Autore: NPC_Stories    02/10/2017    1 recensioni
Sono un ranger elfo dei boschi della foresta di Sarenestar, o foresta di Mir come la chiamano gli umani. Il mio nome è Johlariel, per gli amici Johel.
Sì, ho degli amici.
Sì, per davvero, anche se sono un elfo, quelle voci che girano sul nostro conto sono solo calunnie. In realtà sono un tipo simpatico e alla mano.
Questa storia è una raccolta di racconti, alcuni brevi altri lunghi e divisi in più parti, che narrano dei periodi in cui ho viaggiato per il mondo insieme a un mio amico un po' particolare. Per proteggere la sua privacy lo chiamerò Spirito Agrifoglio (in lingua comune Holly Ghost, per comodità solo Holly). Abbiamo vissuto molte splendide avventure che ci hanno portato a crescere nel carattere e nelle abilità, e che a volte hanno perfino messo alla prova il nostro legame.
...
Ehi, siamo solo amici. Sul serio. Già mi immagino stuoli di ammiratrici che immaginano cose, ma siamo solo amici. In realtà io punto a sua sorella, ma che resti fra noi.
.
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Nota: OC. A volte compariranno personaggi esistenti nei libri o nella wiki, ma non famosi.
Luglio 2018 *edit* di stile nel primo capitolo, ho notato che era troppo impersonale.
Genere: Avventura, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1316 DR: Radici (Parte 1), ovvero È un titolo a doppio senso perché sono un elfo dei boschi


A estate inoltrata lasciai la foresta di Shilmista, dopo aver stretto accordi di mutua assistenza con Re Galladel. Gli avevo anche fornito la mia versione della storia per quanto riguardava la nostra missione sotterranea; non aveva fatto annunci pubblici, ma nel privato aveva ringraziato me e Azadeth per aver impedito che Saelas trascinasse gli altri in pericoli ancora maggiori, preso dalla sua furia vendicativa.
Alcuni degli elfi di Silverthorn con il tempo sembravano iniziare a recuperare il senno. Alcuni erano rimasti traumatizzati dalla gita nel Buio Profondo. Alcuni altri erano impressionati dal fatto che un Ruathar defunto avesse rinunciato a un’eternità di beatitudine ad Arvandor (seh!) per restare sul Piano Materiale e combattere per le vite degli elfi, anche per quelli disposti a gettare via la loro. Alcuni erano semplicemente stanchi di combattere e di soffrire.
Non tutti erano in via di guarigione, ma non c’era niente che potessi fare per loro. Un malato che non vuole guarire è un morto che cammina, in senso figurato.

Mandai un messaggio a Holly con le pietre comunicanti, per sapere dove fosse. Mi aspettava nella foresta di Sarenestar, la mia casa che era diventata anche la sua, anche se in fondo al suo cuore si era sempre considerato un ospite.
Giudicai molto positivo che fosse lì. Prima della nostra avventura a Shilmista sembrava determinato ad evitare la compagnia degli elfi.

La strada era sgombra e il clima favorevole, quindi raggiunsi Sarenestar solo alcuni giorni più tardi. Holly mi aveva detto dove l’avrei trovato: i ranger del mio clan erano organizzati in pattuglie nomadi che facevano la spola fra diversi accampamenti fissi, nella zona settentrionale della foresta. A circa una giornata di cammino sorgeva Myth Dyraalis, la città nascosta dove vivevano un gran numero di elfi dei boschi, gnomi e altre pacifiche creature. Clan come il mio avevano il compito di proteggere quel sacro insediamento, e in particolare i pericoli che venivano da nord non erano da sottovalutare. A Myth Dyraalis risiedevano i membri più vulnerabili del nostro popolo, i giovani e gli anziani, il Consiglio dei saggi e dei capi clan.
Holly non si era mai tirato indietro da quel dovere, mi aveva spiegato in quale accampamento si era stabilito. Quando arrivai nella foresta, scoprii che Holly invece era andato a Myth Dyraalis. La cosa mi sorprese molto perché lui non amava i luoghi affollati, e non amava avventurarsi in quella cittadina in particolare. La sua sensazione di essere un ospite fuori posto si acuiva sempre in presenza di persone vulnerabili.
“È andato a Myth Dyraalis insieme a tua madre” mi informò Raerlan, uno dei ranger di pattuglia quel giorno e anche uno dei pochi veri amici di Holly oltre a me.
“Lui scortava lei, o vice versa?”
Raerlan si concesse un sorriso tirato. “Entrambe le cose, credo. Mi ha raccontato come è morto. Non credo che se la sentisse di andare in città da solo.”
Il mio istinto cominciò a mandarmi segnali di allarme.
“Perché, cosa è andato a fare?” Domandai, con il cuore in gola. Raerlan mi rivolse uno sguardo significativo.
Merda.

Sarenestar è troppo fitta per muoversi a cavallo, ma anche a piedi la cittadina di Myth Dyraalis distava solo sei o sette ore da quell'accampamento.
Feci tutta la strada di corsa.
Trovai mia madre fuori dalla Sala del Consiglio, insieme a lord Lobick Binkoble Bilmink Gearfuzz, portavoce della comunità degli gnomi della città. Vedendomi arrivare, il gentile gnomo mi salutò con un cenno del capo e ci lasciò soli.
“Tuo zio Fisdril è in consiglio insieme ai saggi e agli altri capiclan.” Annunciò mia madre, parlando a voce bassa come per non disturbare un momento solenne o di cordoglio.
“Ti prego, dimmi che non c’entra Holly.”
Mi guardò negli occhi, e nel suo sguardo colsi solo tristezza e impotenza.
“Holly ha chiesto un processo. Per stabilire se può mantenere il titolo di Ruathar. Hanno chiamato i chierici, che cercheranno di entrare in comunione con il Padre degli Elfi o con un suo emissario per dirimere la questione.”
“Cosa pensi che accadrà?”
Mia madre sospirò. “Ho ascoltato la sua storia. Se vuoi la mia opinione spassionata, non è stata colpa sua. La sua sollecitudine è degna di lode, ma secondo me sta solo facendo perdere tempo al Consiglio.”
“Spero che anche il Consiglio la pensi allo stesso modo.”

L’accesso alla sala del Consiglio era precluso al pubblico, tranne che nelle grandi assemblee e nei momenti in cui il Consiglio doveva fare proclami. Questo processo si sarebbe svolto a porte chiuse. Non potevo fare altro che aspettare.
Meno di mezz'ora dopo, le porte si aprirono per lasciar uscire la maggior parte degli elfi che si erano radunati nella sala. Fra loro c’era anche il mio amico.
“Che cosa pensavi di fare venendo qui, Holly? Ti sembra appropriato disturbare il Consiglio per le tue paranoie mentali da fantasma?” Lo aggredii, dando sfogo alla mia irritazione.
Holly mi agitò un dito davanti al viso come se fossi un bambino da rimproverare.
“Non sono paranoie mentali da fantasma. Se il responso fosse chiaro come dici, lo avremmo già, e invece non è così.”
Cosa? Questo mi sorprese e accese la mia preoccupazione.
Ora che i portoni erano aperti l’accesso alla sala era consentito, quindi ignorai Holly e mi feci strada all'interno del grande edificio. La sala del Consiglio era una struttura maestosa, costruita usando come colonne portanti i tronchi di grandi alberi ancora vivi e vegeti. Il sole del tramonto filtrava fra le foglie verdi del tetto creando suggestivi giochi di colore, ma non ero in vena di fare caso all'arte o alla bellezza.
“Solaias” chiamai, avvicinandomi al Sommo Sacerdote di Corellon. Con lui c’erano altri chierici, fra cui Caelim, devoto a Solonor Thelandira, l’altro dio profondamente onorato dal nostro popolo. Sapevo però che era stato Solaias a stabilire un contatto con i reami divini, perché era lui il sacerdote più esperto.
“Ah, Johlariel.” Il chierico aveva un’aria molto stanca e provata, ma riuscì a trovare un sorriso per me. “Sei qui per parlare del tuo amico?”
“Sono qui per parlare del nostro amico.” Lo corressi, senza riuscire a liberare del tutto il mio tono dall'astio serpeggiante che provavo. Solaias se ne accorse e alzò una mano facendomi cenno di calmarmi.
“Nonostante quello che pensa, nessuno gli attribuisce la colpa o la diretta responsabilità per la tragedia occorsa a Shilmista.” Mi rassicurò.
Questo in effetti contribuì a calmarmi.
“Ma allora cos'altro c’è da dire?”
“Non lo so. L’entità con cui ho preso contatto non ha risposto alle mie domande, ma mi ha comunicato alcune parole: Alleato planare superiore. È un incantesimo molto complesso che richiede di avere grande esperienza nei misteri divini.”
“Ci occorre un alleato da altri Piani? E perché?”
Solaias agitò una mano come per dissipare le mie domande. “Immagino che lo scopriremo domani, quando avrò preparato l’incantesimo.
Ora devo prendere congedo, mi aspettano molte ore di meditazione e di preghiera.” Il sacerdote sembrava nervoso, cosa strana per lui che solitamente era così sicuro di sé. Questo incantesimo era davvero così impegnativo? Mi era sempre stato insegnato che quando la fede di un chierico è forte e il suo cuore è sincero, non c’è incantesimo che il suo dio gli negherebbe... ma forse era una fandonia messa in giro dai chierici stessi.

Il giorno dopo, a mezzogiorno, sembrava che tutta la comunità elfica di Myth Dyraalis si fosse stipata sugli spalti della Sala del Consiglio per assistere al rituale di convocazione.
Solaias e i suoi assistenti avevano tracciato con cura un cerchio magico, con glifi incomprensibili, candele, incenso e tutto il necessario. Gli spettatori sembravano soprattutto curiosi di sapere perché un processo relativamente semplice avesse richiesto l’evocazione di un emissario delle divinità.
Anche Holly era presente; se ne stava in piedi non lontano dai chierici, accompagnato da due guerrieri elfi che secondo la tradizione avrebbero dovuto controllare che non fuggisse. In questo caso era solo una formalità, ma mi dava fastidio comunque.

Solaias allargò le braccia e improvvisamente nella sala calò il silenzio. Uno dei suoi assistenti gli portò una pergamena chiusa con un nastro dorato, trattandola come se fosse una reliquia sacra.
Se c’è una cosa che la compagnia di Holly mi ha insegnato è a guardare oltre le apparenze cercando un secondo o anche un terzo strato di significato in ogni forma di comunicazione, e una rappresentazione scenica era una forma di comunicazione. In quel momento, con l’occhio clinico dato dall'abitudine, vidi un chierico che per lanciare quell'incantesimo aveva bisogno di leggerlo su una pergamena, e che quindi avrebbe potuto fallire... nella Sala del Consiglio, in modo plateale. Guardando ancora più in profondità, compresi che tutta la teatralità del momento serviva probabilmente a dargli sicurezza o a non sminuire la sua posizione davanti a tutti a causa di questa sua mancanza.
Solaias doveva essere consapevole della gravità del momento, ma era un buon sacerdote e si era preparato a dovere; anche se l’incantesimo era al di là delle sue possibilità, riuscì a leggere la pergamena e ad eseguirlo alla perfezione.

Non so che formula abbia recitato perché la sua preghiera simile a un canto era in una lingua a me ignota, forse la lingua degli esseri dei Piani celesti. Ad ogni modo c’era una parola che aveva ripetuto più di una volta, Karasel. Non sapevo cosa volesse dire, era un nome o un’incitazione?
All’improvviso una vampata di luce divampò nel cerchio magico e una musica celestiale riempì l’aria, riverberando in centinaia di eco negli angoli e negli anfratti della sala. Era talmente bella che perfino gli animaletti che vivevano sugli alberi si avvicinarono per ascoltare. In un crescendo di note, la luce lentamente si dissolse e la momentanea cecità di chi ne era rimasto abbagliato cominciò lentamente a svanire. Holly guardava ancora verso il cerchio magico, ma vidi che aveva una mano sopra agli occhi per schermarsi un po’ dalla luce. I chierici avevano continuato a cantilenare a occhi chiusi, saggiamente.
Una figura dall'aspetto vagamente alieno cominciò a delinearsi mentre la luce svaniva.
Quando finalmente fummo tutti in grado di vederla bene, non sapevo cosa pensare.
Era chiaramente di sesso femminile anche se era più grande di una donna, era ben proporzionata ma decisamente fuori scala. La parte inferiore del suo corpo assomigliava alla coda di un serpente di colore bruno-dorato ed era attorcigliata a terra, quindi sicuramente se si fosse levata in tutta la sua altezza sarebbe stata ancora più imponente. La parte superiore aveva fattezze umanoidi, sarebbe potuta passare per una mezzelfa dai tratti vagamente serpentini. I suoi lunghi capelli, bruno-dorati come la coda di serpente, cadevano sciolti e selvaggi sulle spalle e alcune ciocche erano adornate da piccoli ciondoli a forma di note musicali. Le sue splendide ed enormi ali da angelo sembravano composte di sottili piume di oro puro. Nel complesso era bellissima, ma anche un po’ terrificante. La musica che produceva suonando il suo flauto d’argento era meravigliosa quanto lei.

Quando ebbe finito di suonare il brano che aveva iniziato, la creatura ripose il flauto con tutta calma. Da quel gesto intuii che probabilmente dava più valore all'arte stessa che al motivo per cui si trovava lì. Lasciò vagare il suo sguardo per la sala e alla fine posò i suoi occhi dorati sul sacerdote che l’aveva evocata.
“Io sono Karasel, campionessa di Faerinaal” annunciò, parlando nella lingua comune. Un fiume di sussurri cominciò a serpeggiare nella sala. Il nome di Faerinaal era noto a quelli che sapevano qualcosa dei misteri divini: era il mitico consorte di Morwel, Regina delle Stelle, Signora degli Eladrin. Il fatto che una servitrice prediletta di un Nobile Tulani fosse stata inviata proprio nella nostra foresta, e per una questione minore, era davvero un evento inatteso e sconvolgente.
“Nobile signora, per quale motivo sono stato incaricato di evocare proprio voi? In che modo la mia richiesta di avere una guida in una decisione terrena può aver toccato così alte sfere?” inquisì Solaias, dando voce al dubbio di tutti noi.
La maestosa lillend sorrise con indulgenza, e quando parlò di nuovo la sua voce aveva un’intonazione più soffice. “La vostra questione non è che un pretesto per trovare un accordo che possa essere vantaggioso per tutti. Posso parlare con il Ruathar?”
Holly si fece avanti in silenzio, incapace di staccare gli occhi da quella creatura celestiale. Lei lo squadrò a sua volta per molti interminabili secondi.
“Sono a conoscenza del motivo per cui non ti reputi più degno di farti chiamare amico” cominciò lei, con il tono di voler fare un'arringa “ma secondo il parere dei tuoi compagni mortali, e anche secondo il parere dei Seldarine, la tua unica colpa è stata una certa misura di negligenza. Considerata la tua condizione, si può capire per quale motivo non avessi desiderio di calcare il suolo di Shilmista. Hai qualcosa da obiettare al riguardo?”
Holly la stava già guardando storto e colse l’occasione per ribattere. “Sì, signora, ho qualcosa da obiettare. Non desidero che vengano usati due pesi e due misure. Dovrei essere giudicato in quanto Ruathar e non in quanto... qualsiasi altra cosa.”
Karasel annuì con aria seria, accettando la sua recriminazione.
“Se devo giudicare il tuo caso semplicemente come Ruathar, non c’è nulla che ti obbligasse a recarti all'interno dei confini di Shilmista. Il tuo cordoglio per l’accaduto è naturale, ma il senso di colpa che provi non è diverso da quello che coglie i sopravvissuti a un disastro: privo di alcun fondamento logico. Al contrario, gli elfi di Shilmista sono clan isolazionisti e non amano gli stranieri, tollerando solo la compagnia di altri elfi; evitare di recarti in casa loro è stato rispettoso delle loro preferenze.”
“Ma io avrei dovuto cercare un contatto.” Insistette lui. “Me lo imponeva il mio credo religioso.”
Karasel sorrise sottilmente. “Allora dovresti chiedere alla tua dea di esprimere il giudizio, non agli elfi. Prima che ti arrabbi, conosco anche la sua opinione, ed è quella che ti ho esposto all'inizio: eccessiva leggerezza e negligenza.”
“Qual è il verdetto, dunque?” Holly lo domandò quasi in tono di sfida.
Karasel sospirò, forse a corto di pazienza. Holly è una persona a cui ci si abitua nel tempo, e nel tempo si impara ad apprezzare i suoi lati positivi, ma all'inizio molti giudicano insopportabile il suo carattere testardo e irrispettoso.
“Anche tu, come tutte le persone del mondo, non sei infallibile. Non tormentarti perché non hai il dono della preveggenza o dell’onnipresenza, se ti interessa sviluppare simili capacità dovresti cercare di diventare un dio anziché importunare coloro che lo sono già.”
Holly prese il commento per quello che era, una provocazione, e alzò gli occhi al cielo. “Però i miei signori comprendono il tuo desiderio redimerti dai tuoi errori, e questo desiderio ti fa onore. Nel tuo cuore sei un amico degli elfi, desideri continuare a essere amico degli elfi e loro ti considerano un amico. Pertanto sono stata inviata qui per proporti un modo per fare ammenda, così da ristabilire il tuo onore di difensore del popolo elfico. A quel punto, perfino tu dovrai riconoscere che meriti il nome di Ruathar.”
Questo riuscì a suscitare il sincero interesse di Holly. Lui era un guerriero e una soluzione pratica poteva soddisfarlo molto più delle vuote parole di un chierico o perfino di un dio.
“Hai tutta la mia attenzione, Signora.”
Il sorriso furbo di Karasel si estese anche ai suoi luminosi occhi dorati.
“Penso che dovremmo parlare in privato.”

La sala venne fatta sgomberare. Restarono solo Karasel, Holly e Solaias... e in realtà anch'io, perché imposi caparbiamente la mia presenza affermando che se Holly fosse partito per una missione pericolosa, non l’avrei lasciato andare da solo.
“Non sarà solo, buon ranger.” Mi corresse Karasel. “Anche io andrò con lui. Inoltre ci sono altri due volenterosi eroi che sono già stati reclutati a Evermeet per la missione: lady Shanyrria Alenuath, una esperta cantora della lama, e lord Yalathanil Symbaern, un potente e anziano mago.”
Le rivolsi uno sguardo che esprimeva tutti i miei dubbi. “Signora, a maggior ragione non posso lasciare Holly in compagnia di simili persone, dovrò dare fondo alle mie doti diplomatiche se vogliamo che questo sodalizio duri più di cinque minuti. È un amico affidabile e starei al suo fianco fino all'ultimo respiro, ma è lento ad ispirare fiducia.”
Holly mi rivolse un'occhiata sprezzante ma non disse nulla. Poteva anche mettere il broncio, ma lo sapeva che avevo ragione.
Karasel considerò la mia idea molto seriamente. “Non posso davvero ribattere a questo.” Decise infine. “Ma prima di prendere un impegno così gravoso, aspetta almeno di sentire in cosa consiste la missione, perché nonostante sia di rilevanza capitale per il futuro della razza elfica è anche estremamente pericolosa e oscura.”
Holly adesso era molto interessato.
Mannaggia a lui, mannaggia a me, mannaggia a chi l’ha messo sulla mia strada.

Non riporterò il nostro dialogo nei dettagli, ma la parte rilevante si può narrare in forma di racconto. Karasel ha l’indole della cantastorie e ci rivelò affascinanti angoli oscuri della storia del popolo elfico.
Beh, di un popolo elfico.

Migliaia di anni fa, prima che i continenti si separassero, prima delle Guerre della Corona e prima che i drow venissero banditi nel sottosuolo, la razza dei loro predecessori elfi scuri viveva sotto la luce del sole insieme agli altri popoli elfici. La prima nazione di elfi scuri ad essere fondata fu Ilythiir, inizialmente un piccolo regno che nel tempo crebbe ad occupare le lande che oggi sono note come le pianure dello Shaar. Con il tempo quel regno divenne sempre più corrotto, dedito allo schiavismo e al culto di Ghaunadaur (Holly si lasciò sfuggire una smorfia a questo punto, detesta in modo particolare il dio delle melme e i suoi seguaci). Il regno divenne aggressivo verso i suoi vicini ma non si lanciò in vere e proprie campagne di conquista prima delle Guerre della Corona. La storia che ci interessa però ebbe luogo molto prima.
A quel tempo, e stiamo parlando di circa 25000 anni fa o anche più, gli elfi scuri erano ancora ignoranti sul resto del mondo e inconsapevoli delle potenzialità degli altri reami elfici, e il regnante di Ilythiir, il crudele arcimago Ka’Narlist, si limitava a raccogliere informazioni e condurre abietti esperimenti magici nel suo castello ad Atorrnash. Pochi secoli dopo la malvagità delle macchinazioni e delle ambizioni di Ka’Narlist riuscì ad attrarre perfino l’attenzione di Lolth, la demoniaca Regina Ragno, che decise in quel momento che avrebbe preso l’arcimago come consorte e conquistato la fedeltà degli elfi scuri. Desiderava tornare ad essere una dea venerata su Toril come era stata un tempo.
Lolth e Ka’Narlist generarono molti figli, mortali con sangue divino, che si mescolarono con gli elfi scuri di Ilythiir dando vita a una progenie perfino più vile e malvagia di quanto già non fosse. Fu probabilmente in quel periodo che alcuni elfi scuri, disgustati da quel livello di corruzione, fuggirono nel nord per fondare un altro regno insieme agli elfi silvani. Il sangue di Lolth quindi scorreva soltanto negli elfi scuri di Ilythiir, e della capitale Atorrnash in particolare.
Fu proprio nel suo castello ad Atorrnash che Ka’Narlist trovò la morte, millenni dopo, quando il mythal dell’Ever’Sakkatien devastò le lande di Toril causando la separazione delle terre emerse e fra le altre cose la caduta e la completa distruzione della città.
Si diceva però che forse Ka’Narlist potrebbe essere in qualche modo sopravvissuto alla caduta, in spirito se non nel corpo, rinchiudendo la sua anima dentro una delle perle nere in cui di solito imprigionava le anime dei suoi nemici.

Ora, a distanza di quasi ventimila anni, qualcosa di oscuro si stava risvegliando sotto il Bosco del Crepuscolo, sulle rive meridionali del Lago dei Vapori.
Era sempre stata una foresta selvaggia e inospitale, infestata da creature malvagie, ma ora c’era qualcosa di più.
Karasel non sarebbe stata mandata a prendere contatti con il Consiglio stesso di Evermeet se la minaccia non fosse stata reale e attestata. Una minaccia che poteva riguardare tutta la razza elfica e anche ogni altra razza civilizzata dei Reami, se Ka’Narlist fosse davvero stato ancora vivo e avesse trovato un modo per sfuggire alla sua prigione, oppure se qualcun altro avesse trovato la città sepolta di Atorrnash e i malvagi artefatti magici che conteneva. Era qualcosa che avremmo dovuto indagare e fermare, a qualunque costo.

           

   
 
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