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Autore: EvrenAll    03/10/2017    1 recensioni
"Dove finiscono i sogni dimenticati?"
Sequel di Elizabeth.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rifugio










29 settembre 1991



 

Terremoti.

Tre terremoti insopportabilmente energici.

Avevo desiderato urlare.

Fare la babysitter non sembrava essere un mestiere per me. Come dannazione mi era venuto in mente di poter gestire delle bestiole del genere?

Non erano i compiti il problema, era la loro totale mancanza di voglia di stare fermi attorno al tavolo per più di dieci secondi dopo aver finito l’esercizio. E mentre la loro madre era fuori per lavoro e commissioni e le lezioni scritte terminavano trovavo Alessandro aggrappato alla mia gamba e Vanessa che mi trascinava per un braccio mentre Fernando si arrampicava sul divano e si proclamava re della casa.

Come potevano essere così composti e casinisti in momenti in istanti così ravvicinati?

Avevo pensato di mollare tutto: avevo troppa poca esperienza e troppe poche idee per gestire la loro noia dirompente.

Poi era successo qualcosa.

In una delle poche sere in cui ero rimasta a badare a loro, avevo iniziato a costruire un rifugio tra i cuscini della sala. Mentre cucinavo qualcosa per loro, avevano decorato il tutto con le coperte rubate dal divano e ci si erano infilati dentro, bisbigliando i loro segreti.

Avevo dovuto preparare loro la tavola e chiamarli più di qualche volta per convincerli a venire a mangiare. Mi avevano ascoltato quando la fame aveva iniziato a perforare i loro stomaci.

Con il passare dei giorni Frenando e Vanessa avevano iniziato a cedere più facilmente alle richieste del più piccolo, adattando i loro giochi a lui e tornando per un attimo un po’ più infantili.

Ed io con loro.

Avevo guadagnato l'accesso a quel rifugio di coperte così in fretta da non rendermene conto.

Il giorno del mio compleanno avevo trovato una torta sul tavolo della loro sala da pranzo.

Le candeline a forma di ventisei avevano illuminato il buio e tutti e tre, insieme alla loro madre, mi avevano cantato tanti auguri.

Quello nato come lavoro improvvisato si era trasformato in impegno ed affezione, e dopo sole quattro settimane il pensiero di lasciare soli quei ragazzi mi riempiva il cuore di amarezza. Accendevano un calore che pensavo di aver spento, ma pur provando quella nuova sensazione di benessere il teatrino finiva quando chiudevo la porta di casa loro alle mie spalle.

I demoni continuavano ad abitarmi dentro. I miei mostri mi divoravano, fumando le amate Malboro e seguendo di sfuggita le avventure di quel gruppo e dell’uomo che mi aveva rubato il cuore, non raggiungevo mai la pace.

Mi immergevo nei ricordi e ne uscivo con la pelle d’oca, più vuota di quando mi ero abbandonata ad essi.

Il tempo guarisce tutte le ferite, dicono.

Tempo, sì.

Ma quanto?

 
  
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