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Autore: Arsax    05/10/2017    2 recensioni
Sequel di "The Bloody and Dark Princess"
Non potevo credere di averlo fatto. Non ci riuscivo. Non volevo. Sapevo di essere un mostro e le mie mani erano sporche del sangue di diverse persone già a venticinque anni, ma mai avrei pensato che la mia prossima vittima sarebbe stata lei.
Mi guardava con quegli occhi azzurri, sbarrati dalla sorpresa tanto quanto i miei. Volevo poter tornare indietro nel tempo e non compiere quel gesto, per impedire che si arrivasse a quel punto.
Avevo già perso la donna più importante della mia vita a soli sei anni e non volevo perdere anche lei.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 5


Passai una settimana chiuso in camera mia, eccetto per consumare i pasti e andare agli allenamenti con Dimitri, svolti sotto l'occhio vigile di mio padre per accertarsi che non mi fermassi per le coste rotte. Mi ero chiuso in un ostinato silenzio che nemmeno le battute di Dimitri riuscivano a rompere.
Avevo riflettuto parecchio in quei giorni ed ero arrivato alla mia conclusione: l'amore non mi aveva portato nient'altro che sofferenza.
In quei giorni silenziosi e bui, avevo ripudiato quel sentimento con tutte le mie forze. Avevo smesso di guardare le foto della principessa e mi obbligavo a non pensarla mai. Tutt'al più pensavo al potere che il nostro matrimonio avrebbe concentrato nelle mie mani. Sarei entrato nella storia dei vampiri e tutti si sarebbero ricordati di me.
Quella sera stavamo cenando come al solito e mio padre era intento a ignorarmi, come aveva fatto per tutta la settimana, quando a un certo punto rivolse la sua attenzione su di me, come se mi vedesse per la prima volta.
-Allora, Stefan, sei guarito?- domandò facendo ridacchiare mio zio.
Quando avrei voluto trapassare l'essere viscido quale era mio zio col paletto. L'avevo sempre odiato perché faceva lo spavaldo soltanto perché era sotto la protezione di mio padre. Sicuramente non ero l'unico a volerlo vedere morto e sepolto, ma mi avevano insegnato a portare rispetto ai membri più anziani della nostra famiglia. Era solo per quel motivo se non gli piantavo il coltello da burro nel petto.
-Non sono mai stato malato del tutto, padre. Sono stato così stupido e non so cosa mi sia preso. Vi chiedo scusa.- risposi con decisione.
Mio padre mi osservò a lungo e poi accennò un sorriso divertito.
-Quindi la mia lezione ti ha aiutato.
-Certo, padre. Vi ringrazio per avermi fatto ritornare in me e mi scuso di nuovo per il comportamento irrazionale tenuto.
Mi sarei voluto picchiare da solo. Lo ringraziavo anche per avermi fatto sentire un verme e per avermi malmenato?! Ma che diavolo avevo al posto del cervello? Spaghetti scotti?!
-Ecco di nuovo mio figlio!- esclamò divertito mio padre. -Lucian, non sei contento che tuo nipote sia rinsavito?
-Su questo non ci giurerei molto, ma mi fido del tuo giudizio.- borbottò scettico.
“Il coltello da burro è piuttosto vicino. Se fossi abbastanza veloce, forse...”.
-Fidati, è tornato sano di mente.- rispose mio padre ridacchiando. -Ho un compito per te, ora che sei guarito. Tuo zio Lucian ha detto una cosa saggia per una volta: la principessa è immune al tuo fascino, quindi non basteranno poche sere a farla innamorare di te. Il tuo compito sarà di raggiungerla a Torino e di frequentare l'università con lei. Si sono già occupati di prendere in affitto l'appartamento di fronte al suo e di iscriverti all'università. Andrai a Torino fra due settimane.
Dovetti sforzarmi per non urlare di gioia. Finalmente sarei stato lontano da mio padre e mio zio e avrei potuto, o meglio dovuto, passare molto tempo con Serena. Mi sembrava un sogno stare lontano da quel luogo per tanto tempo.
-Certo, ho capito.- risposi impassibile.
-Hai avuto una splendida idea, Lucian.- si congratulò con lui mio padre e questo mi guardò gongolante.
-Le migliori idee arrivano quando meno te lo aspetti.

Il mattino seguente mi presentai a lezione con Dimitri. Mio padre non ci avrebbe supervisionati perché ero “guarito” e quindi sapeva perfettamente che avrei svolto la mia lezione. Dimitri mi osservava con un sorriso smagliante, come se avesse compiuto una marachella.
-Allora?
-Allora cosa?- domandai confuso.
-Non mi ringraziate?
Quando Dimitri si comportava in quel modo, significava che ne aveva combinata una delle sue. Una volta era riuscito a far sentire in colpa mio padre perché mi aveva punito con un po' troppa foga. Dimitri aveva premuto sul fatto che se mi avesse reso infermo in modo permanente, lui non avrebbe più potuto utilizzarmi in alcun modo. Il giorno seguente, mio padre mi aveva fatto ricevere una katana realizzata dai migliori artigiani del Giappone. Era stato un modo tutto suo per scusarsi, ma mi aveva fatto immensamente piacere.
-Che cos'hai fatto?
-Mi dicono che siete perspicace, ma a quanto sembra si sbagliano di grosso.- mi canzonò. -E' successo qualcosa in particolare ieri sera?
A quel punto sbarrai gli occhi sorpreso e mi ritrovai a sorridergli immensamente grato.
-Hai suggerito a Lucian di mandarmi a Torino, non è così?
-Diciamo che gli ho fatto credere che l'idea fosse stata sua. Per un bel po' di tempo starete lontano dalle grinfie di vostro padre e vostro zio.
Era in momenti come quello che rimpiangevo che non fosse lui mio padre. Si comportava esattamente come tale alcune volte, ma il nostro rapporto era più d'amicizia che familiare.
-Non so come ringraziarti.
-Sta' lontano da tuo padre e mi avrai ringraziato abbastanza.
Di tanto in tanto Dimitri dimenticava di darmi del voi e lo correggevo canzonandolo, ma in quel momento non me la sentii.
-D'accordo.- risposi sorridendo.
-Oggi non me la sento di combattere. La spalla mi dà di nuovo problemi, perciò oggi ci concentreremo sulla teoria.
Lui non aveva mai avuto male alla spalla, ma dato che non c'era mio padre a controllarci, mi aveva fatto intuire che avrebbe svolto una lezione di teoria per farmi guarire a dovere.
Gli sorrisi nuovamente in segno di ringraziamento e iniziammo la nostra lezione.

Due settimane dopo stavo preparando gli ultimi bagagli per prendere il volo del primo pomeriggio. Non riuscivo ancora a credere che Dimitri fosse riuscito a farmi allontanare da lì e non avrei mai avuto abbastanza parole per ringraziarlo, nonostante il mio vocabolario fosse molto nutrito, se non addirittura obeso patologico.
Bussarono alla porta e mi si presentò un Dimitri gioioso e sorridente, anche se nei suoi occhi lessi una punta di nostalgia.
-Siete pronto?
-Mai stato più pronto. Sei venuto per salutarmi e piangere?- domandai ridacchiando.
-Senza voi fra i piedi, avrò una montagna di tempo libero. Per me la vostra partenza è una liberazione!- rispose scherzosamente, per poi passarmi un biglietto. -Questo è il mio indirizzo e-mail. Suppongo che avrete bisogno di parlare con qualcuno senza peli sulla lingua.
-Non credevo che avessi una e-mail, anzi ero fermamente convinto che neanche sapessi cosa fosse.- lo canzonai ridacchiando.
-Ho sessant'anni e non sono così vecchio da non sapere cos'è e come si usa. Fate buon viaggio, principe Stefan.- rispose dandomi una pacca sulla spalla amichevole.
-Dimitri?
-Sì?
-Dammi del tu e chiamami semplicemente Stefan quando siamo soli.
A quella mia richiesta, vidi Dimitri sorridere gioiosamente, come se gli avessi detto che dal giorno seguente il re sarebbe stato lui.
-Hai aspettato tanto per chiedermelo, Stefan. Fa' buon viaggio.
-Ti scrivo appena arrivo, promesso.- risposi sorridendo.
-Anche perché voglio sapere com'è questa principessa quando non si comporta da principessa.
Dimitri aveva intravisto Serena quando c'era stata la riunione del Consiglio, ma non aveva avuto modo di parlarci. Da quando gli avevo detto come mi si era presentata quando ero andato di nascosto a Torino e dopo aver visto il segno del suo schiaffo, era diventato curioso come un cebo cappuccino.
Lo salutai nuovamente e mi diressi verso la macchina che mi avrebbe accompagnato all'aeroporto di Sighisoara.

Al mio arrivo, verso sera, trovai una macchina con autista ad attendermi, come mio padre mi aveva detto. I nostri saluti erano stati brevi e freddi, molto diversi da quelli fra me e Dimitri.
-Mi raccomando, non deludermi.- si era raccomandato.
-Farò tutto il possibile e anche l'impossibile per far cedere la principessa. Arrivederci, padre.- avevo risposto inchinandomi, prima di salire in auto.
Quando l'autista partì per portarmi nel mio nuovo appartamento, tirai un profondo sospiro di sollievo. Finalmente ero da solo, lontano da quell'inferno di monotonia e umiliazione. Finalmente ero libero. Nonostante dovessi assolvere il compito che mio padre e mio zio mi avevano assegnato, per me quella era la libertà. Non avevo tutti in comfort che avevo al castello, come ad esempio i domestici e i cuochi, ma almeno potevo fare tutto ciò che volevo, provare ogni emozione senza dover subire le punizioni e le umiliazioni di mio padre.
Arrivammo alla palazzina che conoscevo bene e l'autista portò i miei bagagli nell'appartamento che mi avevano affittato. Non era male. Era stato arredato con divano e poltrone di pelle, televisione ultimo modello, pianoforte a coda nero, camera con letto matrimoniale già fatto e cucina in acciaio inossidabile, che avrei usato ben poco.
Detti la mancia all'autista e prima di poter chiudere la porta, vidi la porta dell'appartamento di fronte al mio aprirsi e sbucare Andrea e Paola Serafini, che mi osservarono piuttosto sorpresi.
-Buonasera, signori Serafini.- risposi facendo un cenno col capo. -Sono il vostro nuovo vicino.
I due mezzosangue si guardarono confusi, ma mi regalarono un paio di sorrisi amichevoli.
-Principe Stefan, non pensavamo di vedervi qui.- esordì Paola.
-Vi prego di chiamarmi semplicemente Stefan e di darmi del tu, quando non siamo a incontri ufficiali.- risposi con un sorriso appena accennato.
Un detto affermava qualcosa sul farsi amici i genitori per arrivare alla figlia, o qualcosa del genere che non ricordavo, e così avrei fatto. Avrei fatto passare i genitori di Serena dalla mia parte prima di passare a corteggiarla nuovamente.
-Come mai sei qui, Stefan?- domandò Andrea.
-Diciamo che mio padre e mio zio mi hanno consigliato di venire qui e conoscere meglio la principessa.- risposi vago.
-Ti va un bicchiere di vino? C'è anche qualche bottiglia di sangue, ma non è prelibato come quello che avete nelle cantine del castello.- disse Andrea amichevole.
-Un bicchiere di vino lo prendo volentieri.
Andammo nel loro appartamento e dovetti trattenermi dal fare una smorfia. I mobili della cucina dovevano avere circa vent'anni, il tristissimo divanetto era cosparso di macchie che non sarebbero più venute via, ma rimasi incantato a guardare le foto appese alle pareti. Raffiguravano Serena in ogni posa, ogni età o travestimento. C'era la foto di Serena di appena cinque anni vestita da pirata; la foto delle elementari col grembiulino azzurro, due codini alti e qualche dente mancante; la foto del primo giorno del liceo e anche la foto dell'ultimo. In quella foto c'erano Erika Berti, Lorenzo Galvani e Mirko Almazi, che stringeva a sé Serena. Il viso di Mirko era stato scarabocchiato con un pennarello nero e un fumetto riportava la frase “Sono un lurido verme”. Mi ritrovai a sorridere per quella semplice frase, che usavo molto spesso anche io.
-Siediti pure, non vergognarti.- mi chiamò Paola e io rimasi un po' spiazzato.
Io vergognarmi? Perché avrei dovuto?
Feci come mi disse e sorseggiai il bicchiere di vino rosso, sicuramente proveniente dal supermercato sotto casa.
-Immagino che la tua presenza qui faccia parte del corteggiamento, giusto?- iniziò Andrea e io annuii placidamente. -Allora penso di poterti parlare da uomo a uomo. Vedi di non far soffrire mia figlia, perché anche se sei un principe Lovinescu, non mi farò scrupoli a spaccarti la faccia. Se non l'ho fatto con Mirko è perché Serena e Paola me l'hanno impedito, ma non starò a vedere una seconda volta mia figlia piangere disperata.
Fu quasi minaccioso. Quasi. Quell'uomo voleva proteggere sua figlia anche da un cuore spezzato, nonostante non fosse veramente sua figlia. Fui invidioso di Serena per un solo istante. Mio padre non avrebbe mai fatto così.
-Non devi preoccuparti. Rispetterò vostra figlia e non le farò mai un torto.- risposi con decisione e vidi Andrea soddisfatto. -Immagino che al momento non sia qui, visto che mi hai parlato in questo modo.
-No, è uscita con i suoi amici per festeggiare il rientro all'università.- spiegò Paola.
-Oh, immagino che domani dovrò presentarmi anche io a lezione.
-Cosa?- chiesero entrambi sorpresi.
-Mi sono iscritto all'università di biologia.- risposi facendo spallucce.
Marito e moglie si guardarono di sottecchi e in quello sguardo mi parve di vedere un intero discorso fra loro. Con un semplicissimo sguardo, avevano avuto un'intera discussione. Fu una cosa che mi affascinò. La complicità fra marito e moglie era una cosa a me del tutto sconosciuta.
-Non credo che ci saranno problemi se Serena ti accompagnerà e ti mostrerà il campus. Deve seguire nuovamente qualche corso del primo anno e probabilmente starete insieme tutto il giorno, così non ti sentirai spaesato.- spiegò Paola, sorridendomi teneramente.
Era un sorriso che non vedevo da diciannove anni: il sorriso di una madre amorevole. Provai subito simpatia per quei due, nonostante fossero dei mezzosangue, e pensai a quanto fosse fortunata Serena. Non c'era da stupirsi che fosse diventata la meravigliosa persona quale era. Astrid e Marius sarebbero stati fieri di lei.
-Ciò mi conforta non poco.
Sentimmo la porta di casa aprirsi e pensai che potesse fermarmisi il respiro. Mi ero dimenticato di quanto fosse bella, anche con una maglietta nera più grande di due taglie con un disegno e la frase “Bullet for my Valentine”, jeans a sigaretta scuri e le immancabili Converse martoriate.
Quando mi vide seduto al tavolo della sua cucina con i suoi genitori, vidi tutto lo stupore che stava provando in quel momento. Mi alzai in piedi, come voleva la galanteria, e le sorrisi.
-Buonasera, Serena.
-E tu cosa ci fai qui?- chiese con voce acuta.
La trovai adorabile e dovetti trattenermi dal ridere. La sua agitazione era talmente alta da riversarsi persino nel tono della voce.
-Come ho detto un mese fa alla riunione del Consiglio, voglio conoscerti meglio e corteggiarti a dovere. Non posso di certo farlo a chilometri di distanza, così ho affittato l'appartamento di fronte e, da buoni vicini quali sono, i tuoi genitori mi hanno invitato a prendere un bicchiere di vino.- risposi in tutta tranquillità e la vidi sbiancare.
-Mamma!
-Tesoro, era giusto invitarlo. Dopotutto è da solo, in un ambiente completamente sconosciuto per lui e senza conoscere nessuno.- mi difese Paola spiazzandomi.
Non riuscivo a credere che Paola, poco più che una sconosciuta per me, mi stesse difendendo da sua figlia. Nessuno mi aveva mai difeso. Solo io mi difendevo e mi ritrovai a guardare Paola con un misto di gratitudine e meraviglia, ma solo per un istante. Non volevo farmi scoprire a mostrare gratitudine, men che meno a due mezzosangue.
-Nessuno gli ha chiesto di venire qui.- protestò Serena, guardando i suoi genitori come se l'avessero tradita.
Quante storie per un semplice trasloco! Non le stavo puntando un paletto al cuore e minacciandola di sposarmi. Tutta quella storia mi stava divertendo da impazzire e sinceramente volevo vedere la faccia che avrebbe fatto all'apprendere la seconda novità.
-Be', dovrai anche aiutarmi ad ambientarmi all'università.- dissi soavemente.
Serena mi osservò a occhi sbarrati, come se fossi una creatura strana proveniente da un mondo parallelo al nostro. La confusione e lo sconcerto passavano velocissimi nei suoi occhi.
-Me se sei stato proprio tu a dire che l'università è una cosa frivola e inutile.- affermò decisa, ma io le sorrisi in modo accondiscendente.
-Mi hai fatto venire la curiosità. Potrebbe rivelarsi un'esperienza interessante.
-Ma qui non staresti per niente bene.- iniziò nel vano tentativo di dissuadermi a restare lì e dovetti mordermi le labbra per non ridere a crepapelle. -Non hai la servitù che ti lava le mutande o che ti prepara da mangiare. Non è un posto adatto a te, diglielo anche tu, mamma.- disse con una velocità che mai avevo sentito prima e, ovviamente, con la voce acuta.
Era sorpresa dalla mia decisione di iscrivermi all'università, ma non potevo biasimarla anche perché un mese prima l'avevo definita una cosa frivola.
-Serena, stai dicendo un sacco di sciocchezze e non fare la voce acuta.- la riprese la madre sorridendo.
-Io non sto facendo nessuna voce acuta.- ribatté, con voce acuta.
Non ce la feci più e scoppiai a ridere di gusto. Tutta quella scena era la più spassosa della mia vita. La vera Serena mi faceva ridere e impazzire.
Serena strinse i denti e mi guardò più irritata che mai. -Io vado a dormire. Buonanotte.
-A domani principessa, o meglio collega universitaria.- la punzecchiai salutandola, ma lei andò in camera sua a passo di carica.
-Perdonala. Ci vorrà un po' di tempo prima che si abitui alla novità.- si scusò Andrea.
-Non c'è problema, la capisco. Questa è una novità per tutti e due.- la difesi.
Non mi sentivo così rilassato da... be', da una vita! Niente doveri, niente più stare sempre sull'attenti a ogni cosa che dovevo dire. Era una sensazione meravigliosa la libertà.
-Credete che dovrei andare a calmarla un po'?- domandai ai suoi genitori.
-A tuo rischio e pericolo.- rispose sua madre trattenendo una risata.
Bussai in camera sua, ma non mi rispose. Accostai l'orecchio alla porta e sentii che era sul balcone a parlare al telefono con qualcuno, probabilmente con suo zio. Entrai senza farmi scrupoli e la vidi darmi le spalle, in una mano reggeva il telefono e nell'altra una sigaretta.
La sua camera era completamente diversa dalla mia. Se la mia aveva lo stretto necessario per dormire e vestirsi, la sua era provvista di ogni cosa possibile e immaginabile. C'erano libri sparsi un po' ovunque, quadri e puzzle incorniciati appesi alle pareti azzurro pastello, CD e DVD messi in ordine e anche un frigobar, probabilmente contenente qualche bottiglia di sangue. Sul comodino si trovavano anche i dizionari di rumeno e tedesco e non riuscii a non trattenere un sorriso. Si stava davvero impegnando.
-E' esattamente come ti ho scritto per messaggio.- disse troppo impegnata a parlare al telefono per accorgersi che mi stavo avvicinando.
Silenzioso come un gatto uscii in balcone, le presi il telefono dalle mani e lo accostai all'orecchio.
-Pronto Wilhelm, sono Stefan. Stai tranquillo, non permetterò a nessuno di fare del male a Serena, puoi dormire sereno. Buonanotte.
Riattaccai la chiamata e restituii il telefono alla proprietaria, che non riusciva a fare altro se non guardarmi sbigottita.
-E' un brutto vizio. Dovresti smettere.- dissi indicando la sua sigaretta.
Sul suo viso riapparve di nuovo l'irritazione e adorai il modo in cui aggrottava le sopracciglia quando era irritata.
-Ma come diavolo ti...
-Senti- la interruppi prima che iniziassimo a litigare. -so che è stata una sorpresa per te, ma non stavo scherzando quando dicevo di volerti conoscere.
Ero sincero come non lo ero mai stato. Quella donna mi aveva scombussolato tutto. Ogni convinzione, ogni sentimento. Aveva scombussolato la mia intera vita e anche se mio padre e mio zio mi avevano ordinato di sedurla, io volevo conoscerla e sedurla.
Serena mi guardò intensamente, nel vano tentativo di capire che cosa avessi in mente.
-E poi non avevo scelta. Mio padre e i miei zii mi hanno "caldamente consigliato" di venire qui. Ho l'occasione di conoscerti e di eseguire gli ordini, quindi prendo due piccioni con una fava.- aggiunsi con nonchalance.
-Non pensavo che Stefan Lovinescu prendesse ordini da qualcuno, e poi in che senso ti hanno "caldamente consigliato"?- domandò sinceramente incuriosita.
Nel suo tono di voce notai una nota canzonatoria, ma non mi dispiacque. Era giocosa e sarcastica, esattamente come lo ero io.
-Diciamo che sono vampiri ai quali non si disobbedirebbe, se si ha cara la pelle.
Mi guardò nuovamente, ma prima che sfociassimo in un silenzio imbarazzante, la informai di un piccolo particolare.
-Domani dovrai accompagnarmi in facoltà. La mia macchina non è ancora arrivata e non so la strada per arrivarci.
-Domani mattina vado a fare colazione al bar dove lavora una mia amica, Erica.- ribatté, ma non avrei mai preso un taxi per andare all'università, o peggio un autobus!
-Non è un problema. Sarà la mia prima volta in un bar.- risposi.
Ero curioso di vedere come fossero i bar italiani. Nel mondo la parola “bar” era sinonimo di “beoni”, ma lì era sinonimo di “colazione”, “pranzi” e “beoni”.
-Non sei mai stato in un bar?- chiese enormemente sorpresa, come se le avessi appena detto che non sapevo leggere.
-Certo che no. Ho sempre consumato i pasti negli hotel o nei ristoranti.
Era ovvio che non avessi mai messo piede in un bar.
-Forse è meglio che ti lasci riposare.- aggiunsi. -Domani sarà una giornata piuttosto impegnativa. Buonanotte, Serena.
Le baciai la mano e tornai nel mio appartamento, non prima di aver salutato Paola e Andrea. Chiusi la porta del mio appartamento e mi scappò un sorriso a fior di labbra.
Non riuscivo a credere che una semplice donna potesse cambiare completamente il mio modo di pensare e di vivere. Se cinque mesi prima mi avessero detto che mi sarei innamorato di una donna, probabilmente l'avrei fatto rinchiudere in una cella con la camicia di forza e visitare dallo psichiatra più vicino, ma non in quel momento.
L'amore mi aveva cambiato, ma reso un debole. Ero un debole? L'amore era per deboli? Mi ero comportato da idiota con la principessa Serena e l'avevo guardata con uno sguardo da idiota. In quei minuti trascorsi con la principessa non avevo pensato minimamente al potere che deteneva nelle sue meravigliose mani.
Le parole di mio padre e di Dimitri continuavano a scontrarsi nella mia mente e mi provocarono l'insonnia, così decisi di mandare una mail al mio unico alleato e amico.

“Dimitri,
ti scrivo questa missiva per informarti che sono arrivato a Torino senza intoppi e che il mio appartamento è vivibile. I nostri arredatori hanno fatto un buon lavoro, ma questo piccolo appartamento da scapolo non potrà mai raggiungere la bellezza del castello in stile gotico dei Lovinescu. L'unica cosa positiva, anzi le due cose positive qui sono la libertà e la principessa Serena.
Dimitri, non ho mai assaporato veramente la libertà come oggi. Da quando ho conosciuto la principessa e da quando non ho fatto altro che pensare al potere che avrei conquistato col nostro matrimonio, ovvero da tutta la mia vita, non ho mai conosciuto la libertà.
La principessa Serena. Dovresti vederla. È spassosa, meravigliosa e con la battuta tagliente e sarcastica sempre a portata di mano. Ipotizzo che anche lei sia una persona abituata a leggere le persone, perché la vedo osservare attentamente i miei occhi gelidi e privi di emozione nel vano tentativo di capire a cosa penso. Dovresti conoscerla per quello che è, andreste d'accordo.
Se sono noioso, dimmelo e mi fermo. Non voglio assillarti con le mie paranoie da “verginella innamorata”, ma è anche per questo che ti ho scritto.
Dimitri, tu mi hai detto che l'amore non è per i deboli, ma che riesce a darti la forza di spaccare una montagna a mani nude (tue testuali parole), mentre mio padre afferma il contrario. Non ho mai avuto rapporti con l'amore, non l'ho mai visto, ma solo letto e ho sempre pensato che fosse una cosa inadatta a me. Sono in guerra con me stesso, amico mio, e chiedo consiglio a te, che hai vissuto molte più esperienze sulla tua pelle, per cercare di trovare un po' di pace.
Questa notte la passerò a crogiolarmi nel dubbio e credo che continuerò a farlo fino alla tua risposta, ma ora passiamo a cose serie. Potresti tenermi al corrente di qualche informazione che potrebbe essere sfuggita dalle riunioni che tengono i membri più anziani della mia famiglia? Te ne sarei estremamente riconoscente, anche perché negli ultimi mesi non hanno mai richiesto molto la mia presenza e ciò suscita in me non pochi sospetti.
Il tuo dubbioso amico,
Stefan.”

Angolo autrice.
Buonasera a tutti! Eccoci al quinto capitolo di questa storia. Inizia l'avventura del nostro Stefan e a breve verrete a conoscenza di un segreto che, probbilmente, vi ha lasciato un po' interdetti; un piccolo particolare che avrete notato xD
Vi ringrazio per aver messo la storia tra le seguite/preferite e per i commenti. Grazie davvero, vi mando un bacione enorme e al prossimo capitolo!
Arsax <3
  
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