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Autore: Silvianap    06/10/2017    6 recensioni
Storia Braime scritta da hardlyfatal, che mi ha gentilmente concesso di TRADURRE.
SPOILER!! per chi non è in pari con la settima stagione.
- Brienne perde sé stessa e Jaime è cambiato per sempre. Un'ipotesi su come Jaime potrebbe riunirsi con Brienne, ora che ha lasciato Cersei ed Approdo del Re per andare a Nord a combattere contro gli zombie ghiacciati.
Humor, drama, risvolti hot ed inaspettati... cosa volete chiedere di più? -
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brienne di Tarth, Jaime Lannister, Podrick Payne, Tormund Giantsbane
Note: Traduzione | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 2



Raggiunsero le truppe del Nord il secondo giorno, proprio mentre il sole stava tramontando ed erano intenti a preparare il campo per la notte.

“Chi va là- oh, siete voi, mia Signora”, disse la guardia a cui si stavano avvicinando. “Il Re avrebbe voluto vederti non appena fossi ritornata”.

“Era quello che volevo fare anche io”, rispose Brienne. “Si trova nella tenda della Mappa?”

“Si, mia Signora”. Lo sguardo della guardia scattò verso Jaime, restringendosi prima di passare a Podrick ed annuire verso di lui.

Brienne li condusse nella parte Dothraki dell’accampamento, lasciando proprio a questi ultimi i loro cavalli.

“Pod, assicurati che sia stata piantata una tenda per noi e porta lì le nostre cose”, ordinò al suo scudiero. “Dovrebbe essere fissata qui intorno… da qualche parte”.

Usò la sua altezza elevata per individuare il carro con le loro provviste.

“Da quella parte, vicino agli Immacolati, credo”, disse, e poi si allontanò, aspettandosi chiaramente che Jaime la seguisse. Divertito, lui semplicemente rimase fermo dov’era e aspettò finché lei non si fermò per guardare impazientemente indietro, verso di lui.

“Tu vivi per farmi irritare”, borbottò mentre Jaime molto lentamente avanzava per unirsi a lei.

“Si, è vero”, concordò lui. Lei si limitò a sbuffare dal naso mentre riprendeva la marcia, una mano sull’impugnatura di Giuramento.

Arrivata alla tenda più grande di tutto l’accampamento, si fermò davanti alle guardie.

“Mia Signora”, disse uno di loro, poi infilò la testa nell’ingresso e disse “Vostra Grazia, Lady Brienne è qui. Con-”.

Tirò fuori la testa dalla tenda e guardò Jaime.

“-un Lannister, a giudicare dall’aspetto”, concluse.

“Ne sono rimasti soltanto tre di noi”, disse lentamente una voce familiare che proveniva dall’interno, “e poiché dubito fortemente della presenza di uno, dev’essere di sicuro l’altro”.

L’ingresso venne aperto e Tyrion era fermo lì, esaminando la coppia.

“Inaspettato”, disse, “ma benvenuto”. Spostandosi di lato, fece ad entrambi cenno di entrare.

Non appena entrato, Jaime poté vedere il Re del Nord in piedi, estremamente vicino alla Regina usurpatrice, Daenerys Targaryen, mentre erano chinati su una mappa distribuita su un tavolo improvvisato. Su entrambi i lati della tenda si trovavano i rispettivi consiglieri, un vecchio uomo brizzolato vicino a Jon e una donna piuttosto giovane vicino a Daenerys. Anche l’eunuco, Varys, era lì, così come Jorah Mormont e poi un altro giovane con un’armatura apparentemente esotica.

E, con sua sorpresa, anche Sandor Clegane, che si accigliò mentre lo guardava da un angolo lontano.

“Sembra una riunione di famiglia”, disse Jaime con leggerezza.

“Si, se sei un membro della più disfunzionale famiglia in tutta Westeros”, disse Tyrion. “Cosa che siamo”.

“Almeno siamo onesti al riguardo”.

“Almeno su questo”.

I fratelli si fissarono l’un l’altro per un lungo momento, così come gli altri fissavano loro due, finché non iniziarono a ridere.

Jaime posò la mano sulla spalla di Tyrion. Con un pubblico del genere, quello non era il momento di parlare col cuore, ma voleva far sapere a suo fratello quanto fosse felice di rivederlo. Tyrion guardò in alto verso di lui e nei suoi occhi c’era riconoscenza.

Jaime si rimise dritto e guardò gli altri.

“Vostra Grazia”, disse rivolgendosi a Jon, poi a Daenerys, “Vostra Altra Grazia”.

Era bella, senza dubbio, in modo cristallino, come una dolce violetta –fragile, delicata, incline ad essere schiacciata da troppa forza. Non era assolutamente una robusta donzella creata per sopravvivere a qualsiasi tempesta.

Ma c’era fierezza nei suoi occhi quando fece un passo nella sua direzione, studiandolo con uno sguardo penetrante.

“Non riesco a decidere se la tua carica contro di me ed il mio drago fosse la cosa più coraggiosa che abbia mai visto”, disse lei, “o la più stupida”.

“Non potrebbero essere entrambe?”, provò a risponderle con il suo sorriso più affascinante.

Lei lo fissò di rimando, il volto pietrificato.

“Non fare l’idiota”, mormorò Brienne al suo fianco.

Daenerys la guardò, scioccata.

“Non tu, Altezza, ovviamente”, si affrettò a dire Brienne. “Lui. Prende tutto davvero poco seriamente, a meno che non venga costretto”.
“È vero”, concordò Jaime. “È un mio problema molto noto”.

Tyrion mise una mano sugli occhi, la bocca si muoveva senza parole.

Daenerys continuò a fissare Jaime. Gli occhi di lei stavano cominciando a ricordargli quelli di Brienne; i suoi erano più color ametista rispetto allo zaffiro di quelli di Brienne, ma entrambi erano grandi e severi e lo facevano sentire uno scolaretto impertinente.

…in modo piuttosto diverso, comunque.

“Potresti essere costretto alla serietà se prendessi l’altra tua mano, Ser Jaime?”, chiese Daenerys, molto tranquillamente, con l’acciaio nella voce e negli occhi.

Il giovane uomo nell’uniforme esotica fece un passo avanti, mentre la sua mano andava sul suo arakh. Jaime si rese conto che bastava un singolo comando per renderlo di nuovo monco e, questa volta, in un modo da cui non sarebbe mai riuscito a guarire.

Ah. Aveva fatto male i calcoli. Quella non era una donna che avrebbe risposto agli scherzi o al fascino.

“Chiedo perdono, Vostra Grazia”, disse con sincerità. “Non intendevo mancare di rispetto”.

Lei lo fissò per un momento ancora.

“A cosa dobbiamo l’onore della tua presenza?” chiese, facendosi indietro per riunirsi a Jon Snow vicino alla mappa, apparentemente dimenticandosi della sua insolenza… o facendo finta di niente, per il momento, almeno. “Hai condotto qui le truppe Lannister che erano state promesse per aiutarci?”

“Non l’ho fatto”.

Daenerys lo guardò freddamente. “Sei venuto da solo? Quale ardita strategia, inviare un solo guerriero per conto di un intero regno. Devi essere un combattente formidabile, senza dubbio”.

Quello fu un commento all’altezza di Cersei stessa; Jaime ne rimase aspramente impressionato.

Brienne fece finta di sistemare Giuramento e gli diede una gomitata sul fianco.

“Temo di dovervi dire che la Regina Cersei non spedirà i suoi uomini a combattere contro l’armata dei morti, come promesso”, disse lui, consapevole che tutti gli occhi erano puntati su di lui. “E che Euron Greyjoy è andato a prelevare la Compagnia Dorata da Essos così da integrarla alle già diminuite forze Lannister. Il suo ritorno è previsto in due mesi, al massimo”.

Jon aggirò il tavolo e si avvicinò. “In qualche modo non ha capito la situazione che stiamo affrontando?” Strinse la mascella per la frustrazione, voltandosi per rivolgersi a Daenerys e ai loro consiglieri. “Abbiamo dimostrato la minaccia, senza dubbio. Hai visto quell’essere coi tuoi stessi occhi, Ser Jaime”.

“L’ho visto”, confermò. “E sono terrorizzato, così come lo siete anche voialtri. Sono preoccupato quanto voi riguardo la sua scelta”.

“Fammi indovinare”, cominciò a dire Tyrion. “Lei pensa che stiamo esagerando. Pensa che se lascerà che le truppe delle Altezze fronteggino i non morti, potrebbero abbatterne a sufficienza in modo che, nel momento in cui arriveranno ad Approdo del Re, la Compagnia Dorata sarà in grado di spazzarli via facilmente. Ho ragione?”

“Hai ragione”.

“La sua arroganza e mancanza di previsione saranno la sua rovina”, disse Daenerys.

“Si”, concordò Jaime, e fu sorpreso di non sentire la disperazione e il rimorso che si sarebbe aspettato nel pensare alla prospettiva di un’eventuale sconfitta di Cersei, o persino alla sua morte. Si accorse che Tyrion lo guardava attentamente.

“È per questo che sei qui?” chiese Jon Snow. “Per evitare di finire come lei?”

“Sono qui perché lei ha fatto una promessa. A tutti voi. E la stessa prevedeva che mi impegnassi a combattere al Nord, contro quelle creature. Non ho molto altro da offrirvi, e posso anche non aver pronunciato personalmente la promessa, ma ho intenzione di onorarla. Se mi accetterete”.

“Tuo fratello mi ha detto che eri uno dei migliori guerrieri di Westeros, prima che ti tagliassero la mano”. La regina lo esaminò di nuovo, questa volta guardando la mano dorata fissata alla fine del suo braccio destro. “Un peccato; avremmo potuto usare un simile cavaliere nella guerra che sta per arrivare”.

Jaime strinse la mascella; si sarebbe mai abituato ad essere l’ombra inutile delle sue precedenti abilità? La rabbia per il mancato riconoscimento del suo valore, mai pienamente arginata, gli contorceva lo stomaco. Al suo fianco, Brienne si spostò, e il suo gomito lo toccò di nuovo, questa volta non per ammonirlo, ma per confortarlo, facendo ridurre un po’ il disgusto per sé stesso. Lei apprezzava qualcosa in lui, sebbene soltanto gli dèi sapessero cosa.

“Tuttavia eri tu la mente dietro i sotterfugi di Castel Granito ed Alto Giardino, vero?”

“Ero io”.

Lei lo guardò per un altro momento.

“Allora vieni, e dicci cosa pensi che potremmo fare per bloccare il flusso dei morti che ha attraversato la Barriera”.

Attraversato la Barriera?”

“Abbiamo ricevuto un corvo”, disse Jon con voce spiacevole. “Il Re della Notte ha creato un passaggio nella Barriera. Il suo esercito sta attraversando Il Dono, mentre parliamo”.

“Come ha fatto a creare un passaggio attraverso la Barriera?” Era accaduto l’impossibile. Jaime era sconvolto e guardò Brienne per vedere la sua reazione. Lei era intontita e atterrita tanto quanto lui.

Con sua sorpresa, la regina si morse un labbro e si allontanò. Jon le si avvicinò, i loro volti erano vicinissimi mentre lui le sussurrava qualcosa.

“Il drago di Sua Grazia, Viserion, è stato ucciso dal Re della Notte quando lei e altri hanno catturato l’essere che è stato portato ad Approdo del Re come prova per nostra sorella”, spiegò Tyrion, la sua voce era grave. “Quello che sappiamo è che il Re della Notte ha tramutato Viserion in uno di quegli esseri. Sembra che il fuoco del drago abbia fatto crollare una parte del muro”.

Jaime non aveva parole. Nemmeno una. Per una volta nella sua vita, non riuscì a pensare ad una sola battuta o ad un commento per commentare un tale sviluppo.

“A quanto vedo hai compreso la gravità di questa catastrofe”, concluse Tyrion.

“Siamo fottuti”, sibilò Jaime.

“Fondamentalmente, si”, disse suo fratello.

Brienne fece un suono disgustato. “Se ci arrendiamo ancora prima che la guerra sia iniziata, abbiamo già perso”, sbottò, fissando Jaime con uno sguardo furioso. “Lo sai meglio di me, Jaime. Ogni combattente presente tra noi, in questa tenda, lo sa bene”.

Tutti la guardarono, sorpresi.

“Non siamo morti finché non siamo morti. Quindi finché non siamo morti, combattiamo. Non c’è altro”.

Jaime sentì un tale orgoglio in lei, in quel momento. Da dove diavolo aveva preso la sua determinazione? Il suo coraggio? La sua forza?

Lei si scosse un po’ non appena il suo sguardo si soffermò nel suo dopo aver esaminato tutti gli altri nella tenda, e si fissarono a vicenda per un lungo, strano momento.

“Ah, dove saremmo senza Lady Brienne?”, chiese il vecchio gentiluomo al fianco di Jon, con il familiare accento  di Fondo delle Pulci.

“In rovina, ecco dove”, disse Jon, con il suo chiaro linguaggio del Nord e un veloce sorriso.

Accanto a Jaime, Brienne arrossì e guardò in basso, verso il terreno calpestato.

“Un vero esempio”, mormorò Tyrion con tono scherzoso, ma rimase sbigottito dall’occhiata ostile che Jaime gli lanciò.

“Lei è un esempio”, ringhiò a suo fratello. “Non le mancherai di rispetto”.

E tutti gli altri lo fissarono, inclusa Brienne, che si accigliò con violenza.

“Le mie scuse”, disse Tyrion, passando lo sguardo da lui a lei con un’espressione che mostrava la nascita di una consapevolezza che a Jaime non piaceva.

L’impacciato silenzio venne interrotto dal suono di un rumoroso sbadiglio.

“Mi dispiace”, disse Podrick con un sorrisetto imbarazzato mentre era fermo ad un lato della tenda, chiaramente era entrato con discrezione nel corso della loro tesa conversazione.

“Abbiamo cavalcato molto per raggiungervi, Vostra Grazia”, disse Brienne rigidamente. “Potremmo andare a cercare qualcosa con cui cenare e poi a dormire?”

“Ma certo”, disse Jon. “Grazie, Lady Brienne. Sono lieto che tu sia tornata sana e salva con noi”. Poi guardò Jaime. “Non sono sicuro di cosa fare con te, Ser Jaime”.

“Puoi incatenarmi a Brienne, se potrebbe farti sentire meglio”, suggerì lui. “Ci sono piuttosto abituato”.

Una tenda piena di sguardi perplessi si concentrò su di lui.

“Un altro scherzo, Ser Jaime?” gli chiese Daenerys, che si era apparentemente ripresa dal turbamento.

“In realtà, no” rispose. “Ho trascorso –quanto tempo è stato, donzella?- almeno un mese sia legato che incatenato a lei, letteralmente. Prima come suo prigioniero, poi come suo compagno di prigionia quando fummo catturati”.

Lui lanciò a Brienne uno sorriso nostalgico, che lei ricambiò con uno sguardo fulminante.

Daenerys guardò il suo Primo Cavaliere con occhi spalancati.

“Si, ogni Lannister è matto alla propria maniera”, disse Tyrion per rispondere alla sua domanda inespressa ‘è fuori di testa?’. “Nel caso di Jaime, lui trova piacere dove molte persone troverebbero soltanto sofferenza. Lo testimonia il suo persistente supporto a nostra sorella nonostante lei da lungo tempo ormai non fosse un’ottima compagnia”.

“Garantirò io per lui”, disse Brienne ad alta voce, chiaro tentativo di mantenere l’attenzione sulla questione. “E se cercherà di fare qualsiasi cosa, lo sventrerò come una trota”.

“Certamente qualcosa di molto più maestoso di una trota”, mormorò Jaime. “Che ne pensi di-”

“Con il vostro permesso, Altezze”, disse Brienne, e lo trascinò fuori dalla tenda per il colletto.

Lo spingeva avanti a lei, con Podrick dietro di loro incapace di smettere di sorridere mentre Brienne borbottava imprecazioni e minacce di danni fisici. Niente esaltava Jaime tanto quanto farla impazzire.

“Pod, hai trovato una tenda per noi?” domandò lei, guidando il loro trio verso la zona dell’accampamento che era stata riservata alla cucina.

“No, mia Signora”, replicò lui. “Non ce n’è nessuna disponibile. Potrebbe essere stata rivendicata da qualcun altro, pensano. Magari possiamo dividerne una con dei soldati? Alcuni degli Immacolati sono ragazzi simpatici e-”.

Brienne scosse la testa mentre prendeva la ciotola di stufato e un pezzo del pane che le porgeva il cuoco. Si avviarono verso un luogo dove erano state poste alcune assi su dei tronchi d’albero, formando tavoli molto grezzi, e si sedettero su degli sgabelli improvvisati, per mangiare. Lo stufato fu il benvenuto nello stomaco di Jaime ed egli stesso si sentì piacevolmente pieno e assonnato quando finirono il pasto.

“Possiamo dormire nuovamente all’aperto, se dobbiamo. Sembra essere una notte limpida”, disse lei alla fine.

Sopra di loro, il cielo non presentava nuvole ed era brillantemente illuminato da una luna quasi piena, ma il loro respiro si annebbiava nell’aria gelida. Senza il caldo contenuto dai confini di una tenda, c’era una buona possibilità di congelamento, e Jaime aveva già perso sufficienti parti del corpo. Voleva conservare tutte le dita dei piedi e le rimanenti dita della mano, possibilmente, a dirla tutta.

“Vi ho trovati”, disse una voce vicina, e Jaime sobbalzò un po’ nel vedere suo fratello al suo fianco. “Re Jon dice che se non riuscite a trovare una tenda, potete usare la sua”. Fece una pausa, poi aggiunge delicatamente “Non ne avrà bisogno”.

Brienne e Jaime si scambiarono uno sguardo consapevole.

“Questo è davvero gentile da parte di Sua Grazia”, disse lei. “Per favore, ringrazialo per la sua cortesia”.

“Vi offrirei di condividere la mia”, disse Tyrion, “ma…”.
Cominciò piano ad allontanarsi, un’espressione torva apparve sul suo volto mentre una seguace dell’accampamento salterellava attraverso la radura nella sua direzione. “Non vorrei tenervi svegli tutta la notte”.

Brienne fece una smorfia. Jaime si morse un labbro per impedirsi di sogghignare.

“Lo vedo”, disse a Tyrion. “Non affaticarti troppo”.

“Oh, non preoccuparti”, gli rispose lui. “Sono ben allenato per questo genere di cose”.

Brienne trasalì. Jaime non riuscì più a trattenere la sua risata. Tyrion andò via con la donna, la sua mano appoggiata saldamente sul suo fondoschiena.

“Beh, troviamo questa tenda degna di un re e riposiamoci”, disse Jaime.

Podrick balzò in piedi. “Prendo le nostre cose”, disse, e se ne andò.

Brienne consegnò a Jaime il suo pezzo di pane avanzato. “Tuo fratello mi ha provocato il voltastomaco”, brontolò.

Lui sorrise e lo mangiò in tre morsi, contento di averne un po’ di più. Avrebbe potuto avere bisogno di qualche razione extra se avesse voluto sopravvivere al freddo nel Nord.

Lei lo guidò alla tenda di Jon. Era grande ma semplice, ben riparata dalla miriade di strappi e lacerazioni, e scarsamente arredata –c’era soltanto un vasto letto e un basso sgabello sistemato in ognuno dei quattro angoli.

Podrick arrivò poco dopo.

“Finalmente un letto”, disse allegramente, stendendo la sua coperta lungo un lato di esso.

“Dobbiamo condividere?”, chiese Jaime. “Questa sarà una cosa nuova per me”.

Quando Brienne e Podrick lo guardarono, confusi, chiarì dicendo “…dividere un letto con due persone. Di cui una è un uomo”.

Podrick sbatté gli occhi, capendo, ma ignorando la situazione, mentre Brienne arrossì, ma lo guardò ferocemente.

“Oh, stai calma”, borbottò lei, spiegando la propria coperta verso il centro.

Jaime mormorò, a sé stesso, qualcosa sulla loro totale assenza di umorismo, ma spiegò comunque la sua coperta sul lato lontano del letto. Non persero tempo prima di salirvi e lui fu colpito -soltanto un po’- da quanto fosse incredibilmente comodo non solo avere il morbido (anche se pungente) materasso di paglia sotto di loro, ma anche avere Brienne (non meno spinosa) premuta di lato, che irradiava calore. Inclinò la testa per riposare proprio contro la spalla di lei.

“Buonanotte, donzella”, sussurrò, soffocando una risata nel sentire lei che sospirava esasperata, e stava ancora sorridendo quando si addormentò di lì a poco.
 

                                                                               *****
 

Jaime si svegliò il mattino seguente nel momento in cui Brienne ansimò sgomenta nel suo orecchio e si allontanò, lasciando che l’aria gelida gli colpisse la schiena dove, fino a qualche attimo prima, lei lo stava abbracciando da dietro. Quella reazione gli fece capire che lei non lo aveva fatto di proposito e che quindi era abbastanza inorridita dall’accorgersi che era successo. Jaime rimase sdraiato lì, in silenzio, perché non voleva farla imbarazzare facendole sapere che, al contrario di lei, lui era consapevole di quanto lei si fosse stretta a lui, durante la notte.

E anche perché non voleva rivelarle in alcun modo la presenza dell’erezione che aveva cominciato a formarsi non appena si era svegliato e si era reso conto della posizione in cui erano finiti, e del senso di sicurezza e di comodità che provava dall’essere circondato da lei.

Stava diventando… complicato.

Beh, più complicato.

Jaime la guardò con occhi socchiusi mentre la sensazione del suo calore addosso si dissipava, e intanto lei si guardava intorno. Soddisfatta dal fatto che sia lui che Podrick fossero ancora addormentati, Brienne effettuò il cambio d’abiti più veloce che avesse mai visto. Veloce, si, e si era ricoperta in pochi secondi, ma non così veloce da permettere alla sua vista acuta di­ mancare la visione di profilo della sporgenza di un capezzolo increspato dal freddo e della pallida curva di vita e fianco mentre infilava i piedi e le gambe in nuovi calzoni. 

Con un’ultima, preoccupata occhiata verso di lui e non, curiosamente, verso l’ancora addormentato Podrick, Brienne fuggì dalla tenda, e Jaime venne lasciato con un russante scudiero e un membro abbastanza rigido da usare come martello.

Stava diventando sempre più duro (gioco di parole voluto) fingere di vederla solo come un’amica. Se doveva essere onesto con sé stesso, era diventato duro (gioco di parole nuovamente voluto) da Delta delle Acque, quando lei provò a persuadere il Pesce Nero ad arrendersi. Il sollievo nel vederla di nuovo, l’affetto che provava per i suoi modi ormai familiari, la maniera in cui si muoveva e parlava…

Il modo che aveva di spingerlo ad essere un uomo migliore, come mai nessun’altro aveva fatto o faceva. La fede che lei aveva in lui, che lui potesse davvero diventare un uomo migliore.

Quel sollievo non era ciò che avrebbe potuto provare nel rivedere un vecchio amico. E non era nemmeno lo stesso che provò rivedendo suo fratello, sebbene non fosse stato meno forte.

D’accordo, pensò a malincuore. Lo ammetto. La desidero.

Come ammissione, non era granché. Molto più di quello che si sarebbe mai aspettato da sé stesso, comunque, quindi era qualcosa.

Si meravigliò di quanto fosse bizzarro che l’unica donna oltre Cersei ad averlo mai tentato fosse in assoluto l’opposto di lei, in ogni modo esistente. Poteva aver pensato che, visto che Cersei era il suo ideale di donna, sarebbe stato suscettibile soltanto a lei: delicata e bellissima, aggraziata ed esile, un aspetto ingannevolmente gentile che nasconde una mente di grande astuzia e calcolo.

Non aveva senso finché, all’improvviso, ne ebbe.

Jaime aveva gravitato intorno al suo ideale, va bene.

E non era Cersei.

Al lato opposto del letto, Podrick si mosse. Sbadigliò, si stiracchiò.

“Buongiorno, mio Signore”, farfugliò, rotolando giù dal letto per trovare le sue cose. Prese dei vestiti puliti, si spogliò e rivestì con la stessa velocità nei movimenti mostrata dalla sua Signora e poi lasciò la tenda, mentre Jaime si rendeva sbalorditivamente conto di una cosa che lo scosse fin dentro l’anima.

Tutta quella delicata bellezza e l’esile grazia non significavano niente per lui. Non più. Aveva imparato, in prima persona, quanto fossero inutili. Cersei non sarebbe mai sopravvissuta a quello che aveva sopportato Brienne: il disagio, l’umiliazione. Lei era dipendente dal potere che esercitava sugli altri, il potere della bellezza, o del rango o della ricchezza. Senza quel potere, lei non era niente.

Quando Cersei aveva minacciato di ucciderlo non sarebbe riuscita nemmeno a farlo personalmente, ma aveva guardato il mostruoso Gregor Clegane per eseguire il comando.

Jaime si sdraiò sulla schiena e fissò il tetto della tenda sovrappensiero.

Brienne non era dipendente da niente, tranne che da sé stessa. Senza amici, disprezzata per la sua stazza e per la sua bruttezza, si era guadagnata la sua strada verso la fiducia delle più alte potenze sulla terra basandosi soltanto sulla solidità del suo carattere. Carattere che, quasi sicuramente, non le avrebbe permesso di avere nessun rapporto con lui se non quello che si ha con un compagno d’armi.

Sembrava che il suo destino fosse quello di soffrire per donne impossibili.

Rimase lì sdraiato su quel pungente materasso di paglia per molto, finché Brienne non entrò nella tenda.

“È tardi”, disse. “Sei malato?”

“Nello spirito, se non nel corpo”, mormorò, sedendosi.

Lei lo studiò. “Vado a tenerti da parte un po’ della colazione”.

Lui le rivolse un sorriso, alzandosi in piedi e grattandosi il petto. Maledetta paglia pruriginosa. “Sei troppo buona con me”.

“Si, infatti”, disse lei debolmente, sembrando distratta. Jaime alzò lo sguardo per guardarla e si accorse che lei stava fissando la sua cintola. O, in particolare, il punto dove i suoi calzoni erano leggermente scivolati in basso e la sua tunica si era increspata verso l’alto a furia di grattarsi. I suoi fianchi, e tutto ciò che li circondava, erano pienamente esposti alla fresca aria del mattino.

E con suo stupore, una scintilla di desiderio illuminò gli straordinari occhi di Brienne. Un po’ di colore le accese le guance mentre si voltava per uscire.

“Colazione”, ripeté lei, e lasciò la tenda.

Beh, pensò lui, almeno non sarò l’unico a soffrire. 
   
 
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