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Autore: _Qwerty_    07/10/2017    5 recensioni
Andromeda Black si scopre presto più matura della sua età e dei suoi compagni e deciderà di non aver paura delle proprie scelte, anche quando tutto sembra farle male.
Demetra Lestrange, molto talento, molti galeoni e molti complessi di inferiorità, imparerà col tempo che il compromesso non è sempre possibile, ma anche che non tutto il male viene per nuocere.
***
Eccomi qua con una nuova storia, quella che da tempo si nasconde nel pc e che finalmente ho ripreso in mano, ma soprattutto che ho trovato il coraggio di pubblicare qui. Si parlerà di Andromeda, di come ha conosciuto Ted e come ha maturato la decisione di allontanarsi dalla famiglia e scegliere lui, una nuova vita e nuovi valori, ma anche della sua miglior amica, Demetra Lestrange, un personaggio di mia invenzione, sorella minore dei famigerati Lestrange Mangiamorte e a sua volta sempre in bilico fra l’orgoglio purosangue tentato dalle arti oscure e la fedeltà ai sentimenti dell’amicizia e della giustizia.
La storia è stata scritta in parte anni fa e in parte adesso ed è una storia a cui tengo molto, per cui le recensioni sono ancora più gradite!
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Famiglia Lestrange, Nuovo personaggio | Coppie: Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Ted/Andromeda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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20. l'amore altrui


XX



“Mai come questa volta l’alba di un nuovo anno mi ha trovato più soddisfatto e ottimista. Stiamo raccogliendo successi, i filo-Babbani arretrano ogni giorno di più e il loro terrore ci riempie di forza ed entusiasmo. E i più giovani di voi sono la punta di diamante del gruppo, perché una risoluzione dello spirito maturata durante la vita a Hogwarts è la più forte che un mago possa avere e questo farà la differenza.”
Seduti tutti dallo stesso lato della sala, i più giovani stavano impettiti e orgogliosi.
“Difendere la purezza del sangue è l’onore più grande” parlò Lucius Malfoy per tutti.
“Già, ma purtroppo talvolta in un gruppo numeroso e disomogeneo permane il rischio che qualcuno si perda per strada – fece una pausa, mentre tutti iniziarono a chiedersi cosa volesse dire davvero – Che qualcuno interpreti a suo piacimento, che qualcuno scelga i suoi metodi e i suoi obiettivi, che, anche se non in conflitto con quelli primari, potrebbero comunque sviarlo e sottrarre energie all’obiettivo finale.”
Qualcuno aveva fatto qualcosa di sbagliato, pensarono tutti, e il Signore Oscuro avrebbe punito tutti.
“Ma questo è avvenuto anche perché io non ho saputo dare un ordine chiaro e gestire la complessità del gruppo, sia in termini di indirizzo sia con mezzi pratici” disse il Signore Oscuro cogliendoli tutti di sorpresa.
“Ritengo che sia necessario creare un legame ancora più forte fra di noi, qualcosa che leghi indissolubilmente i destini di coloro che si nutrono della morte dei Sanguesporco, qualcosa che imprima per sempre nella carne il nostro destino e al contempo sia monito incancellabile della fedeltà alla causa che avete sposato.”
La sala fu percorsa da mormorii eccitati, che tacquero però non appena Voldemort riprese a parlare.
“Questo è il segno che ci distinguerà e ci legherà per sempre. Morsmordre!”
Dalla bacchetta di Voldemort uscì inizialmente solo un getto di luce verdastra pallida e soffusa, che si espanse nella sala fino a cambiare colore virando al grigio piombo ma soprattutto fino ad assumere la fisionomia di un enorme teschio dalla cui bocca usciva la sagoma di un serpente.
“Questo sarà il Marchio Nero, il nostro simbolo, quello che evocherete dopo ogni incursione contro i Sanguesporco a testimonianza indelebile del vostro passaggio e che getterà ancora di più nello sgomento i nemici.”
Tutti annuirono con lieve ritardo, tanto erano ammirati e impressionati dalla sagoma oscura che fluttuava su di loro.
“Ma non è tutto – aggiunse Voldemort mentre tutti trattenevano il respiro – Questo è anche il segno che porterete su di voi, sulla vostra carne, e che servirà a voi per evocare la mia presenza, oltre che a me per chiamarvi tutti all’adunata, realizzando così la perfetta unione fra voi, il vostro corpo e la vostra mente e la nostra causa.”
Seguirono istanti di silenzio densi di domande.
“Vi starete chiedendo come sarà possibile realizzare ciò. Voi porterete il Marchio Nero in forma di tatuaggio sull’avambraccio sinistro e sarà vostra cura celarlo a chi non deve sapere di noi, per il momento. Tuttavia, vedete, io ho intenzione di aprire oggi una fase nuova per tutti noi. Ho bisogno di sapere chi di voi ha davvero accolto dentro di sé in maniera irrevocabile questo destino e chi invece è stato solo in cerca di potere personale. Per questo, io donerò a tutti voi il Marchio Nero, ma esso diventerà reale e attivo e indelebile solo quando mi avrete dimostrato una reale e perfetta fedeltà, assolvendo al particolare compito che assegnerò a ciascuno di voi. Chi non riuscirà o non vorrà portare a termine il compito, vedrà sparire il tatuaggio come un qualunque incantesimo, ma allora sarà chiaro che egli è chiamato fuori da ogni nostra azione e potrà soltanto sperare nell’accoglienza e nella protezione degli Auror. Ma sono convinto che questo non avverrà, perché nessuno di voi sarà così vile o inetto.”
Una risata demoniaca accompagnò le ultime parole del Signore Oscuro.
“Adesso vi metterete in fila e mi offrirete il braccio sinistro e riceverete il Marchio e l’indicazione su quale sarà la vostra prova. Per portarla a termine e dimostrarmi la vostra fedeltà, avrete tutti lo stesso tempo: un mese. Potrete confrontarvi fra voi circa le prove, ma non aiutarvi a vicenda. Ogni prova è assolutamente personale e sono sicuro che non sarete così sciocchi da cercare di trovare scorciatoie.”

***

Il tempo stava passando e ormai non mancavano più molto al momento del parto. Andromeda cercava di non preoccuparsi più del necessario, anche per la questione della possibilità che il bambino avesse qualità da Metamorfomagus. A quello erano dovuti gli episodi con i nei che cambiavano posto, i capelli e il naso ogni tanto leggermente diversi e soprattutto i suoi continui sbalzi d’umore, ma il Guaritore aveva assicurato che non c’era nulla di cui preoccuparsi, anzi, erano segno che il bambino era sano e attivo. Le aveva tuttavia prescritto una pozione per tenere a bada i sintomi più fastidiosi, perché potevano interferire con la sua capacità di eseguire incantesimi in sicurezza e sul suo stato d’animo generale. Non era mai stata un fenomeno in Pozioni, ma con le istruzioni del Guaritore era sempre riuscita a prepararsi da sola la pozione. Anche in farmacia a Diagon Alley continuava ad andare da sola, nonostante Ted fosse contrario, ma lei si era sempre imposta di non fare “una vita da malata” solo perché aspettavano un bambino e cercava in tutti i modi di non costringere Ted a stare assente dal lavoro a causa sua.
Erano i primi giorni di gennaio e faceva molto freddo, anche se quell’inverno aveva nevicato poco. In farmacia non c’era praticamente nessuno, eccetto lei e il mago che la precedeva in fila. Poi il campanello del negozio suonò e Andromeda si voltò senza pensare.
“Ciao” disse Andromeda.
Narcissa Black non rispose e fece appena in tempo a spostare lo sguardo da un’altra parte.
Era accaduto altre volte che si incrociassero a Diagon Alley, ma erano sempre state entrambe in compagnia di qualcun altro, per cui era ovvio che avessero fatto finta di non conoscersi. Lì però erano da sole e Andromeda voleva assolutamente che la sorella le parlasse, anche solo per sentire le stesse parole di disprezzo di Bellatrix, ma almeno dalla sua voce, e non da quella di qualcun altro che si arrogava il diritto di parlare per lei.
“Non essere maleducata, Cissy. Non è da te” continuò Andromeda.
Sua sorella sospirò.
Era ormai una strega adulta, diciassette anni compiuti da un bel po’, e dopo aver finito Hogwarts a giugno avrebbe sposato Lucius Malfoy, in un matrimonio rigorosamente purosangue che avrebbe dovuto eguagliare quello di Bellatrix. O almeno, questo è quello che aveva saputo dai racconti degli amici di Ted che lavoravano al Ministero.
“Avanti, di’ almeno qualcosa. Insultami.”
“Non abbiamo più nulla da dirci, sei tu che hai tradito tutti noi” rispose Nacrissa a voce bassissima.
“Molto bene, un ottimo inizio. È vero, sposerai Malfoy dopo la scuola?”
“Sì, certo. Il nostro è un fidanzamento come si deve” ribatté Narcissa ostentando alterigia.
“Un fidanzamento come si deve, ovviamente.  Tu lo ami?”
Narcissa restò a bocca aperta a quella domanda e non seppe rispondere subito.
“E lui ti ama, almeno un po’?” incalzò Andromeda, sempre a voce molto bassa.
“Tu non sai niente! Tu sei l’ultima che può parlare!”
“Dimmi perché. Sono ancora tua sorella.”
“No! Tu ti sei andata a mescolare con quella feccia, sangue nel sangue – e accennò con lo sguardo alla pancia di Andromeda – Tu hai tradito tutti noi!” ripeté.
Narcissa parve scossa da un brivido e Andromeda notò che aveva gli occhi lucidi, ma non cessò di guardarla con severità.
“Io non credo che questo sia davvero tutto quello che pensi. Almeno una volta, Cissy, di’ la verità e…”
“Basta! Tu hai tradito tutti noi!” e uscì dal negozio, rossa in volto e con gli occhi lucidi.

***

Narcissa impiegò alcuni minuti a riprendersi dall’incontro improvviso con Andromeda, camminando quasi a caso davanti ai negozi di Diagon Alley.
Come poteva sua sorella permettersi di farle quelle domande? Come poteva permettersi di chiederle se lei amava Lucius o se lui amava lei? Credeva forse di essere l’eroina di una storia tragica che si arrogava il diritto di giudicare le vite altrui dall’alto della sua sofferenza? Andromeda se l’era andata a cercare, la sofferenza, mettendosi con quel Nato Babbano e doveva accettarne tutte le conseguenze, per come la vedeva lei, per come tutti la vedevano. Ed era vero quello che lei aveva detto: il suo era un fidanzamento per bene, anzi, molto di più. E non era vero niente che il fatto che Andromeda avesse rinunciato all’agio e al prestigio della sua famiglia significasse per forza che il suo era vero amore, mentre quello degli altri non era vero. Sapeva bene quello che bisbigliavano le malelingue della sua piccola comunità purosangue: Cygnus Black aveva blindato la ricchezza delle sue due eredi rimaste, una sposata a un Lestrange, l’altra presto sposata a un Malfoy. E metà di tutto l’oro della Gran Bretagna resta sempre nelle stesse camere della Gringott da secoli e mai che si metta a circolare per altre e forse più virtuose strade. Ma il suo non era un matrimonio combinato, e nemmeno un matrimonio auspicato e facilitato dalle famiglie: lei e Lucius si amavano, punto. A lei non importava nulla della sua ricchezza, era solo una coincidenza. Ti saresti innamorata lo stesso, se fosse stato povero come un Selwyn o anche solo modesto come Flint?, le avevano sussurrato alcune. Quella sciagurata di tua sorella deve amarlo davvero, come tante donne non amano più, per andare con lui e rinunciare al nome dei Black, avevano suggerito altri.  Ma che ne sapevano tutti quanti di quanto profondo fosse il suo amore, anche il suo amore? Anche fra loro c’era stato il colpo di fulmine, forse, e perlopiù da parte sua, visto che Lucius sembrò accorgersi di lei solo l’anno prima del matrimonio di Bellatrix, ma poi avevano fatto in modo che funzionasse. E lei era l’unica con cui Lucius potesse essere davvero se stesso, come le aveva detto il giorno che le aveva chiesto di sposarlo, l’unica con cui si potesse permettere di essere gentile, divertente, rilassato, o ancora triste, incerto, finanche dubbioso sulle grandi cose che stavano succedendo. Lei era l’unica con cui condivideva certi racconti e certe opinioni e rifletteva a voce alta su cosa fare, che strategie mettere in campo per i suoi obiettivi. Perché lei era l’unica che sapeva ascoltare, mentre tutte le altre che gli andavano dietro, a Serpeverde come fuori, erano interessate solo ai galeoni. Andromeda non avrebbe mai capito una cosa del genere, tutta convinta com’era di essere l’unica capace di guardare aldilà delle convenzioni sociali in cui vivevano, convinta che il bene si trovasse solo fra i Mezzosangue perseguitati. Non che avesse mai confidato alcunché nemmeno a Bellatrix, perché nemmeno lei avrebbe capito appieno: si sarebbe presto lanciata in invettive contro la traditrice, senza ragionare sulla sostanza della sua argomentazione, perché Bellatrix era così, non ammetteva sfumature e distinguo. Forse solo Demetra avrebbe capito, perché anche Demetra amava dare un peso alle parole e usarle per disegnare quelle stesse sfumature, ma non avevano mai avuto la confidenza necessaria. Per certi aspetti Demetra e Lucius si somigliavano, entrambi animati dal desiderio di conoscenza e potere, perché la conoscenza è potere, come dicevano tutti e due, e non a caso a Serpeverde c’era sempre stata una sotterranea rivalità fra i due, non tanto nelle cose di scuola, quanto piuttosto nell’imporre la propria autorevolezza al resto della Casa, con Demetra che aveva l’unico vantaggio di essere nata un anno prima. Eppure adesso Lucius era interamente lanciato nell’avventura del Signore Oscuro: riportare i purosangue al potere, gettare nel terrore i Mezzosangue ed essere finalmente gli unici, i puri, in una comunità omogenea e coesa e destinata alla grandezza. Lei non se la sentiva di entrare nel gruppo, indossando il cappuccio e portando il Marchio Nero, quel segno indelebile che generava terrore e fascinazione, perché il suo desiderio era semplicemente quello di avere una propria famiglia. Magari molti l’avrebbero giudicata sciocca, superficiale, viziata e senza determinazione, ma lei sentiva dentro di sé di non poter essere una strega da duello, sempre in corsa, sempre col cuore in gola. No, lei non sarebbe mai riuscita a darsi in tutto e per tutto alla causa del Signore Oscuro, lei sarebbe rimasta un passo dietro Lucius, pronta ad ascoltarlo e aiutarlo ogni volta che fosse necessario. E avrebbe sfoderato la bacchetta solo se fosse stato necessario, perché lei avrebbe combattuto, sì, ma solo per coloro che amava.
No, né Bellatrix né Andromeda potevano capire.


***


NdA: eccoci ad un altro capitolo! Breve e senza reali accadimenti, ma mi sono voluta cimentare (a rischio di lancio di pomodori e uova) con la nascita del Marchio Nero da parte di Voldemort e rappresantarlo anche come il momento in cui lui decide di puntare tutto sui più giovani del gruppo, consapevole di aver ormai assoggettato al proprio fascino demoniaco i rampolli della società magica purosangue. Spero di aver messo su una scena credibile.
Poi ho voluto fare un cameo con Narcissa: è la sorella Black che meno è apparsa nella storia e volevo darle almeno un po' di spazio, perché penso che lei abbia sempre avuto sentimenti profondi e sinceri come Andromeda, solo ha capito più tardi e sulla sua pelle la follia di Voldemort, ma senza che ciò togliesse nulla al valore del suo amore per la famiglia. Qui è alla fine dell'adolescenza e ancora crede in quegli ideali dei purosangue, non ha mai avuto un vero scambio con la sorella Andromeda su quello che significano certi sentimenti, e non si rende conto che in realtà entrambe amano (e ameranno) molto, ma da due punti di osservazione diversi. Avrei in testa anche delle scene delle due sorelle post-guerra magica, quando Bellatrix è ormai deceduta, ma per adesso non devo strafare! Spero di averne dato un'immagine realistica e verosimile.
Questo è uno degli ultimi capitoli, vi avverto, perché la storia sta per giungere al termine, anche se non ho certo intenzione di smettere di scrivere di alcuni di questi personaggi, ma devo fare ordine fra le idee, scrivere e tenere le dita incrociate che la fine di questa storia si all'altezza!
Grazie intanto a tutt* coloro che leggono e recensiscono!
  
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