Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    08/10/2017    1 recensioni
Di nuovo guai in vista per i Guardiani. Questa volta, tuttavia, non sono unicamente i bambini a fare da bersaglio.
Manny ha un’idea, ma non tutti ne sono entusiasti, in particolare l’Uomo Nero, reduce dalla recente e ancora molto sentita disfatta.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nightmares, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Due


Sanderson purtroppo non è tornato con buone notizie per gli altri guardiani. La nota positiva è che pare che il loro nuovo avversario intenda prendersela con comodo, dato che nelle ultime ore nessuno di loro ha riportato di possibili attacchi né a danno degli umani né degli spiriti; quella negativa è che fino a ora non hanno avuto la possibilità di scoprire di chi (o cosa) si tratti, brancolando semplicemente nel buio, nonostante le indicazioni di Manny.


«Come facciamo a proteggere i bambini, se non sappiamo da chi vanno protetti?» obbietta giustamente Toothiana, svolazzando freneticamente da un lato all’altro della sala senza sosta, facendo venire il mal di mare a tutti.


«Dobbiamo stare all’erta, tenere d’occhio qualsiasi anomalia, essere pronti a intervenire al minimo accenno di pericolo. Ecco come» puntualizza con decisione Nicholas.


Sandy arriccia il naso, dubbioso, e scambia un’occhiata significativa con la fata.


«Dimentichi che abbiamo dei doveri. Se occupassimo le nostre giornate a scandagliare il pianeta in cerca di un fantasma, chi si occuperebbe di raccogliere i ricordi dei bambini, o di mandar loro bei sogni?» protesta Toothiana, spalleggiata da Sanderson che annuisce convinto.


«Toothiana ha ragione» interviene Aster. «Fra non molto sarà Pasqua: non posso perdere giorni in una caccia senza meta. Le uova non si dipingono da sole» borbotta acidamente.


«Beh» mormora Jack, rigirandosi il bastone fra le mani, «io potrei prendere in prestito un paio di yeti di North e perlustrare i luoghi più probabili». Fa spallucce, incerto. «In fondo non ho poi molto da fare in questo periodo» ammette, pensando all’inverno ormai passato.


«Sta bene. Farò la mia parte anch’io» conferma Nicholas con decisione. «Scopriremo ciò che c’è dietro le ultime stranezze».


«Hai riflettuto sulla possibilità che, di chiunque si tratti, non sia interessato unicamente ai bambini?» ragiona la fata, fissandolo preoccupata. «In questo mondo esistono molti spiriti e creature pericolose, e la maggior parte desidera solo arrecare sofferenza agli esseri umani. La sofferenza degli adulti, spesso, è molto più vasta, variegata e appetibile».


«Se Toothiana ha ragione» si intromette Aster, guardingo, «noi che cosa c’entriamo? Manny ci ha mobilitati, ma noi siamo qui per proteggere i bambini e permettere loro di crescere sereni». Scuote la testa, costernato. «Spero non pretenderà seriamente che noi si debba lavorare il doppio per salvaguardare anche gli adulti. Ci saranno certamente creature che già se ne occupano, no?».


L’espressione scioccata di Sanderson vale certamente più di mille parole. Ma per non lasciare nulla al caso e rendere indelebilmente chiaro il concetto, un poco della sua sabbia dorata assume forma umana e, dopo aver voltato le spalle al pooka, si cala i pantaloni e gli mostra un bel paio di luccicanti chiappe dorate. Detto ciò, l’Omino dei Sogni abbandona la riunione, deluso, e se ne torna al suo duro lavoro di dispensatore di bei sogni.


Toothiana non risparmia ad Aster un’occhiata truce e segue presto le orme di Sanderson, volando rapidamente fuori dal palazzo. Il guardiano della speranza sposta lo sguardo alternativamente da Nicholas a Jack e ritorno, e mugola indispettito.


«Che ho detto?» si lamenta, borbottando e sollevando esasperato le braccia al cielo.


*


Fra le sue mani c’è un vecchio libro dall’aspetto delicato e scritto fitto in una qualche lingua defunta da secoli; tuttavia la sua attenzione è labile e non è assolutamente in grado di concentrarsi sul significato di ciò che sta sotto i suoi occhi. Altrove vagano i suoi pensieri. È una creatura dalla natura curiosa, Pitch; lo è stato spesso anche nella sua vita precedente (nella sua unica vita, a ben vedere). Non fa altro che tornare insistentemente alla sciocca conversazione avuta giorni prima con il guardiano del divertimento e a quell’indefinito problema comparso di recente del quale ha farfugliato senza cognizione di causa. Di cosa potrebbe trattarsi? Uno spirito maligno, forse? O qualcosa di peggio? Soffia uno sbuffo irritato, ma l’irritazione è tutta per sé stesso stavolta. Che cosa mai dovrebbe importargli dei grattacapi occorsi ai guardiani?


«Assolutamente niente, ecco cosa» strascica velenoso.


Peccato non essere sufficientemente persuasivo da convincere la sua testa a lasciar perdere la questione. Solleva gli occhi al cielo, esasperato, e si arrende all’evidenza che non riuscirà a concentrarsi su null’altro se prima non avrà risolto quel mistero. Sospira piano, richiude delicatamente il libro e, dopo averlo riposto con cura in uno scaffale protetto, lascia la sua tana ed esce in superficie, richiamando velocemente uno dei suoi incubi con maggior esperienza. Presto quest’ultimo compare al fianco del padrone e lo studia con un pizzico di curiosità, come a voler comprendere le nuove necessità dello spirito.


«Un giro di ispezione, bellezza. Voglio dare personalmente un’occhiata a questo fantomatico problema di cui vanno blaterando quei buoni a nulla dei guardiani» spiega velocemente Pitch, prima di montare fluidamente in groppa allo stallone e incitarlo a partire.


*


Cavalca da quasi un’ora, stranamente rilassato nell’ormai mite aria notturna. Ancora non ha avvistato nulla di insolito, ma è presto per darsi per vinto. Non conoscendo la natura di ciò che sta cercando, non può neppure avere la certezza di dove sia più ovvio recarsi. Sostanzialmente si muove casualmente e senza meta, deciso a non lasciarsi frenare da comuni e scontati ragionamenti sull’inutilità di agire senza possedere la giusta conoscenza. La cavalcatura che lo sta conducendo è più che sufficiente per guidarlo nella direzione giusta, basandosi sul suo istinto unito alle sensazioni del proprio cavaliere.


In quel momento stanno sorvolando la tranquilla spiaggia di un’isola disabitata sperduta nell’Oceano Pacifico; niente luna a interferire e rendere fastidiosa la sua spedizione, solo oscurità e stelle a perdita d’occhio: la sua notte ideale, insomma. Un lieve sorriso increspa appena le sue labbra e le sue gambe spronano l’incubo ad aumentare l’andatura già piuttosto sostenuta, facendoli procedere spediti e senza intoppi oltre l’ultima striscia di terra ferma e più oltre, in mare aperto.


Ed è lì, apparentemente nel bel mezzo del nulla mentre sorvolano la distesa di acqua scura, che Pitch assottiglia lo sguardo, dopo aver individuato un’anomalia dove invece il paesaggio avrebbe dovuto essere monotamente uguale a sé stesso. «Quello cos’è?» chiede a nessuno in particolare, occhieggiando criticamente ciò che ha l’aria di una grossa, grigia nuvola galleggiante a pochi metri dall’acqua.


Con un leggero movimento del polso ordina all’incubo di atterrare e, lentamente, planano verso la strana nuvola, atterrandovi come su di un morbido cumulo di cuscini. Pitch è nervoso e la sua cavalcatura con lui. Circospetto, smonta dalla groppa e avanza di pochi passi, osservando attentamente l’ambiente che lo circonda senza tuttavia riconoscere alcun particolare famigliare.


D’un tratto, praticamente dal nulla, compare una figura pallida, dai capelli bianchi e coperta di ampie stoffe grigie e argento bordate di porpora, ai fianchi due spade corte e lucenti.


Pitch sgrana gli occhi ma riesce a impedirsi di sussultare per la sorpresa di ritrovarselo di fronte senza preavviso alcuno. Ghigna dentro di sé per l’ironia della sorte: uno spirito ombra che si fa prendere alla sprovvista dalla repentina comparsa di un fantasma (o di qualcosa che lo sembra).


«Temo di non conoscerti» mormora pacato e guardingo, evitando di sbilanciarsi troppo con una creatura sconosciuta e per tale ragione imprevedibile.


Il suo interlocutore incrocia le braccia al petto e reclina il capo, evidentemente incuriosito.


«Probabilmente no, ma io conosco te, o per lo meno la tua fama» replica lo sconosciuto.


Il nervosismo di Pitch sale, mentre fa del suo meglio per limitare le proprie reazioni. L’incubo alle sue spalle sbuffa e scuote la criniera, percependo lo stato d’animo alterato del padrone.


«Potrei dunque sapere con chi sto parlando?» insiste Pitch con garbo stentato.


Ciò che ottiene è un irritante sorrisetto di scherno e un’alzata di spalle disinteressata che contribuisce a dargli sui nervi.


«Ba’al è il mio nome. Ma poiché, ahimè, è un appellativo oltremodo diffuso, posso dirti che questo Ba’al si fregia del titolo di Signore delle Tempeste, e tanto ti basti» insinua arrogantemente, senza mai perdere il suo sorriso supponente.


A dispetto dell’atteggiamento che mal dispone al contatto civile, Pitch si vede impallidire oltre l’umana concezione alla scoperta di chi effettivamente si trova a fronteggiare. E poiché i guai non vengono mai soli, poco dopo il primo colpo ne giunge subito un secondo.


«Oh, e questi» aggiunge Ba’al, indicando la creatura oscura appena comparsa al suo fianco «è mio fratello Mot». Dopo aver osservato, brevemente e con attenzione, l’espressione di Pitch, annuisce piano. «Posso supporre, a giudicare dalla tua reazione, che tu ne abbia già sentito parlare» lo sbeffeggia.


Pitch geme internamente, rimpiangendo amaramente quell’innocuo libro che aveva fra le mani solo poche ore prima. Ma chi sapeva che quella notte avrebbe incontrato sulla sua strada niente meno che la morte in persona.


  
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