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Autore: Yugi95    09/10/2017    3 recensioni
§La presente fanfiction rappresenta il continuo della storia “La rinascita della Fenice - Parte 1”. Di conseguenza è altamente consigliato leggere la parte precedente per poter comprendere appieno questa fanfict§. La missione delle Winx, volta a salvare la Dimensione Magica dalla distruzione, continua. Sky, dopo aver scoperto di essere il Custode della Fiamma della Fenice, sta dando tutto se stesso per migliorare i suoi nuovi poteri da stregone. Allo stesso tempo, però, lo stress, la stanchezza e gli eventi, accaduti nella Sala del Flusso Interrotto nella storia precedente, incrinano il suo rapporto con Bloom. Tale frattura si riflette anche sul gruppo di amici e rischia di minarne le fondamenta. Tuttavia il tempo a disposizione scarseggia e non può essere sprecato in futili litigi. L’esercito di Ksendras diventa giorno dopo giorno sempre più forte; mentre l’ultima scintilla della Fiamma della Fenice si ormai quasi del tutto esaurita. Come se non bastasse nuovi nemici si profilano all’orizzonte… nemici insospettabili, pronti a qualsiasi cosa pur di ottenere ciò che desiderano. La guerra è ormai alle porte e con il suo avvento nulla sarà più come prima. Nuovi alleati, vecchi amici e poteri ancestrali giocheranno un ruolo fondamentale e determineranno le sorti della battaglia.
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Winx
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Winx Club - Cassiopea's Chronicles'
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Capitolo II – L’ispirazione del Sirenix
 
Elizabeth e Bloom rimasero per diversi minuti a fissare la foresta di Selvafosca, che si estendeva indefinitamente al di sotto della scuola per Specialisti. Le ragazze cercarono di spingere il più lontano possibile il loro sguardo al fine di localizzare lo sconosciuto con il cappuccio. Quest’ultimo, però, sembrava essere inspiegabilmente svanito nel nulla.
«Secondo te che fine ha fatto?» esordì, preoccupata, la Fata degli Elementi.
«Non è ho la più pallida idea» replicò la rossa sporgendosi dal davanzale.
«Forse… forse dovremmo allertare gli altri e cercarlo» balbettò l’altra con esitazione.
La Principessa di Domino si voltò di scatto verso Elizabeth e, riuscendo a nascondere a malapena l’agitazione che la proposta della ragazza le aveva causato, disse con voce tremula:
«Meglio… meglio di no. Credo sia inutile allertare le Winx per una simile sciocchezza. Dopotutto non è successo nulla e quello strano ragazzo poteva semplicemente un ammiratore di Musa. Sai, lei è una cantante abbastanza famosa quindi… quindi ha fans un po’ dappertutto. Sono sicura che non ci sia nulla di cui preoccuparsi».
La Fata degli Elementi fissò per alcuni secondi la sua amica con sguardo inebetito. L’ipotesi, appena avanzata dalla Custode della Fiamma del Drago, era così assurda che soltanto un folle avrebbe potuto ritenerla plausibile. Tuttavia Elizabeth, spaventata quanto Bloom dall’idea di dover rivedere le altre Winx, si costrinse ad accettare quell’inverosimile eventualità. In fin dei conti lo sconosciuto non aveva mostrato intenzioni ostili nei confronti di Musa e a quest’ultima non era accaduto nulla di male. Di conseguenza la ragazza dai capelli castani, tirando un sospiro di sollievo, sibilò:
«D’accordo. Facciamo come dici tu: non creiamo allarmismi».
Sebbene non si aspettasse di convincere tanto facilmente la sua interlocutrice, Bloom tirò un sospiro di sollievo. Temeva che la fata degli elementi potesse non credere al suo discutibile “ragionamento” e conseguentemente insistere sull’avvisare le ragazze. L’amica, però, contro ogni sua aspettativa aveva stranamente concordato con lei, lasciandola abbastanza stupita. La Principessa di Domino, infatti, non era ancora a conoscenza della difficile situazione in cui la Fata degli Elementi si era ritrovata. Dal momento che in quelle due settimane la rossa aveva cercato di evitare le altre Winx, queste non erano riuscite a metterla al corrente della “lite” avvenuta tra Elizabeth e Aisha al di fuori delle mura di Torrenuvola. Per questo motivo la Custode della Fiamma del Drago non poteva minimante immaginare che la ragazza dai capelli castani, profondamente addolorata dall’incrinarsi del rapporto che la legava alle giovani fate e dall’incidente di Faragonda, si fosse anch’essa isolata dal mondo esterno. Bloom chiuse le ante della finestra al fine di non far raffreddare ulteriormente la stanza e, rivolgendosi subito dopo alla fata degli elementi, esclamò con un finto sorriso:
«Perfetto! Terremo la cosa tra noi: sarà il nostro piccolo segreto».
«Si… …cioè... se lo dici tu…» balbettò mestamente l’altra, ripensando a quanto dolore le avesse causato il tener nascosto determinate cose.
A quel punto la ragazza dai capelli castani, senza aggiungere nient’altro o dare alcuna spiegazione, voltò le spalle alla Principessa di Domino e tornò a distendersi accanto a Faragonda, la quale giaceva in uno stato di semi-incoscienza nel proprio letto. La Fata della Fiamma del Drago osservò la scena in silenzio, non capendo appieno il “significato” di quanto stesse accadendo sotto i suoi occhi. Elizabeth cinse il proprio braccio sinistro intorno al petto della Preside e la strinse il più forte che poté. Bloom, nonostante sentisse l’urgente bisogno di lasciare l’infermeria di Fonterossa e di trovare un luogo appartato dove poter continuare a tormentarsi, rimase colpita dal gesto dell’amica. Solo in quel momento, mettendo da parte i propri problemi personali e concentrandosi su un qualche cosa che andava ben oltre il suo stato d’animo, riuscì a percepire l’immensa tristezza che opprimeva il cuore della fata degli elementi.  Era come se fosse stata investita da un’imponente onda… un’onda che racchiudeva tutto lo stato d’animo della sua amica. Soffriva, Elizabeth soffriva come non aveva mai fatto in vita sua. Bloom adesso lo sapeva, le sue capacità empatiche glielo stavano letteralmente “urlando nelle orecchie”. Le paure, le angosce, le speranze della Fata degli Elementi si accavallavano con estrema “violenza” nella mente della rossa, la quale, a causa dell’improvviso mescolamento dei suoi pensieri con quelli di Elizabeth, barcollò all’indietro rischiando di svenire. Fortunatamente, nonostante avesse trascorso gli ultimi quindici giorni isolata dalle persone e soprattutto dalle loro emozioni, la Custode della Fiamma del Drago riuscì a riprendere il controllo di sé e a gestire al meglio quello sconvolgente “flusso di coscienza”. Tuttavia l’aver scoperto che la Fata degli Elementi stesse così male spinse la rossa a cercare un modo per poterla aiutare… un modo per poterle permettere di tornare a sorridere. Allo stesso tempo però era spaventata dall’idea di aprirsi nuovamente con qualcuno… di dover mettere “a nudo” il proprio animo per poterne salvare un altro. Era ben consapevole che il farsi carico dei problemi dell’altra l’avrebbe portata inevitabilmente a confrontarsi con i suoi… l’avrebbe portata ad affrontare i propri demoni che fin da troppo tempo le opprimevano il cuore. Bloom prese un profondo respiro e, dopo essersi asciugata dagli angoli degli occhi con i polsi della sua giacca blu le lacrime provocate da quelle intese emozioni, si mosse lentamente verso il letto della Preside di Alfea. In qui pochissimi metri che la separavano da Faragonda e dalla sua amica, la Principessa di Domino rimuginò più e più volte sulla sua decisione e soprattutto su che cosa avrebbe detto ad Elizabeth. Provare le stesse sensazioni di quest’ultima, infatti, non comportava assolutamente l’essere in grado di comprenderle e ciò la terrorizzava. Doveva trovare le parole giuste, doveva aiutarla e non risultare un ulteriore peso, doveva… doveva… Improvvisamente un rumore acuto riecheggiò per la stanza lasciando di sasso la Custode della Fiamma del Drago, la quale aveva già proteso in avanti il suo braccio al fine di accarezzare la testa della sua amica. Quasi nello stesso istante la porta dell’infermeria si aprì leggermente e una bionda chioma fece timidamente capolino.
«È… è permesso?» domandò Sky con un filo di voce.
Alla vista del proprio fidanzato Bloom impallidì e, non avendo la minima idea di cosa fare o dire, rimase imbambolata a fissarlo. Allo stesso modo il Principe di Eraklyon, non appena si accorse della sua futura sposa, lasciò che l’anta di legno si chiudesse alle sue spalle e si limitò ad abbozzare un triste sorriso. Nel frattempo Elizabeth, colpita quanto la rossa da quella visita improvvisa, infossò la propria testa nel cuscino e, facendo finta di dormire, tese le orecchie in modo tale da ascoltare la conversazione dei ragazzi. La Fata degli Elementi era pienamente consapevole di quanto fosse inappropriato origliare e spiare qualcun altro; tuttavia il far notare ai due la sua presenza l’avrebbe in un certo qual modo costretta ad “affrontare” il Leader degli Specialisti, evenienza che voleva evitare a tutti i costi. Come se non bastasse, il venire allo scoperto avrebbe comportato inesorabilmente l’uscire dall’infermeria al fine di lasciare a Bloom e Sky quel minimo d’intimità di cui avevano disperatamente bisogno. Elizabeth, però, non era ancora pronta a relazionarsi nuovamente con il mondo esterno, non se la sentiva di abbandonare quella stanza così accogliente e tranquilla… non se la sentiva di abbandonare la sua amata Faragonda.
«Sky…» sibilò la Principessa di Domino, dopo essere riuscita a trovare il coraggio di parlare - «Cosa ci fai qui? Perché sei tornato a Fonterossa?».
«Ecco… …io… …io sono…» farfugliò il biondo in preda al panico.
«Non dirmi che… che hai già gettato la spugna?!» gracchiò l’altra con un tono di voce a metà tra l’arrabbiato e il preoccupato.
«Cosa diamine… ma come ti viene in mente?! Sei forse impazzita?» sbottò Sky senza rendersene conto.
«Oh…» sospirò la Custode della Fiamma del Drago, chinando la testa per la vergogna.
Il suo fidanzato, pentitosi immediatamente della propria reazione, si mosse verso la ragazza e, una volta che si trovò a pochi centimetri di distanza da quest’ultima, con un timido sorriso le disse:
«Scusa Bloom… ho esagerato. Comunque la mia presenza non deve preoccuparti. È stata un’idea della Preside Griffin; è stata lei a darmi il permesso di tornare a Fonterossa… di tornare qui da te».
A quel punto il Principe di Eraklyon allungò le braccia in avanti e, dopo averle portate all’altezza del viso della rossa, lo strinse con mani tremanti. La Fata della Fiamma del Drago percepì un’inusuale pressione al petto. Era come se una morsa di acciaio rovente le stesse stringendo il cuore con inaudita violenza. All’inizio Bloom pensò si trattasse di una banale reazione emotiva e, seppur estremamente forte, in un certo qual modo “fisiologica”. Tuttavia con il passare dei secondi, la naturale sensazione di benessere e serenità per l’essersi ricongiunta con il suo amato non prese il posto di quello stato di malessere, ma al contrario quest’ultimo sembrò intensificarsi sempre più. La Principessa di Domino, spaventata da quel dolore improvviso e inspiegabile, ritrasse violentemente il volto e, barcollando all’indietro, si appoggiò alla spalliera di una sedia posta nelle vicinanze. Era stranamente pallida e respirava a fatica; piegata in due dal dolore, cercò con tutte le sue forze di rimanere in posizione eretta. Il fidanzato, preoccupato da quel repentino peggioramento delle condizioni fisiche della ragazza, le si avvicino con riluttanza e accarezzandole dolcemente la chioma sibilò:
«Bloom ti senti male? Cosa… cosa sta succedendo?».
La Principessa di Domino percepì nuovamente una fitta al petto, questa volta però la sensazione, che le dava quel dolore, era molto diversa. Freddo… tutto ciò che riusciva ad apprezzare era un gelido vento che, come accade alle vele delle navi durante le tempeste, le squarciava l’animo. Era quasi come se il suo corpo stesse lentamente congelando e neanche la Fiamma del Drago era in grado di evitarlo. Per una seconda volta Bloom si sottrasse alle amorevoli attenzioni del suo amato Principe, il cui disappunto e rammarico furono devastanti.
«Vuoi dirmi cosa diamine ti prende?! Mi stai facendo preoccupare!» sbottò, spazientito e irritato, Sky.
«Va… va via…» mugugnò l’altra ormai allo stremo delle forze.
«Bloom, io… io non volevo… non volevo… perdonami…» balbettò, rammaricato, il Principe di Eraklyon tendendo in avanti il braccio destro in segno di aiuto e supporto.
«Ho detto di andartene!» urlò la rossa in lacrime, mentre con la propria mano sinistra scacciava quella del biondo.
Quest’ultimo, profondamente turbato e offeso da quel comportamento ai suoi occhi così infantile e meschino, si ritrasse e senza aggiungere altro raggiunse rapidamente la porta della stanza. Sky si fermò sull’uscio e, quasi sperasse in una sorta di ravvedimento della sua futura sposa, incrociò lo sguardo di quest’ultima. I due si fissarono intensamente per alcuni secondi. La speranza di entrambi era che almeno uno fermasse l’altro; cercasse di porre rimedio a quella spiacevole situazione. Almeno un membro della coppia doveva cedere e mettere da parte i propri problemi al fine di risolvere quelli della sua controparte. Tuttavia, poiché né Bloom né il suo amato principe ebbero il coraggio di compiere un tale gesto, la situazione di stallo non si risolse. I due erano troppo orgogliosi e testardi per poter scendere a compromessi con se stessi e con il proprio stato d’animo. Di conseguenza la rossa, dopo aver finalmente capito che lei e il suo fidanzato non avevano nient’altro da dirsi, gli voltò le spalle e tornò ad appoggiarsi al davanzale della finestra. Allo stesso modo il futuro Re di Eraklyon serrò la presa sul pomello della porta e spalancandola con violenza uscì infuriato dalla stanza. Non appena sentì l’anta di legno sbattere contro il suo stipite, la Principessa di Domino iniziò a singhiozzare. Il suo pianto fu dapprima lento e sommesso poi, man mano che realizzò la gravità dell’accaduto, le lacrime affluirono sempre più rapidamente e in abbondanza. Elizabeth, rimasta ad ascoltare il litigio tra i suoi amici per tutto il tempo, la osservava dal letto di Faragonda. Vederla in quelle condizioni le spezzava il cuore; avrebbe tanto voluto poterla consolare, abbracciare… farle capire che lei era lì ed era pronta a starle vicino. Avrebbe voluto… ma non ebbe il coraggio di muoversi dal proprio posto: era come se un qualcosa la bloccasse, la tenesse ancorata a quella lettiga così scomoda. Si girò di scatto quasi avesse avuto l’impressione che una mano invisibile la stesse trattenendo per la maglietta. Dietro di lei però non vi era nessuno ad eccezione del corpo privo di sensi di Faragonda. In realtà la Fata degli Elementi aveva paura… aveva paura che le sue parole potessero in qualche modo ferire ulteriormente i sentimenti di Bloom. In quel momento infatti qualsiasi discorso avrebbe potuto comportare un peggioramento delle cose. Eppure, nonostante ciò, la ragazza dai capelli castani non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sua amica… non riusciva a sopportare tutta quella sofferenza. Si spostò lentamente verso il margine destro della lettiga e, senza fare alcun rumore, poggiò delicatamente i piedi a terra. Era lì, seduta sul bordo del materasso pronta ad alzarsi… pronta a correre dalla Principessa di Domino. Era lì, ma non riusciva ancora a decidersi poiché spaventata da quello che sarebbe potuto succedere. Rimase immobile per un paio di minuti finché non sentì una specie di borbottio, quasi un rantolo che proveniva dalle sue spalle.
«Va… va da lei».
Elizabeth si girò di scatto e, tremando come una foglia, accostò il proprio orecchio alla bocca della donna distesa al suo fianco. Tuttavia quest’ultima sembrava essere ancora del tutto incosciente e soprattutto impossibilitata a parlare. La ragazza scosse il capo e bisbigliando in maniera impercettibile disse:
«Devo essermi sbagliata: la stanchezza a volte gioca brutti scherzi».
La Fata degli Elementi, allora, si apprestò a voltarsi nuovamente verso Bloom al fine di trovare il coraggio per poterle parlare. In quello stesso istante, però, una mano fredda come il ghiaccio le afferrò debolmente il polso. A quel punto, sotto lo sguardo incredulo e commosso di Elizabeth, per una seconda volta le labbra della Preside Faragonda si dischiusero leggermente e con un filo di voce pronunciarono alcune parole:
«Non temere mia cara. Il volere consolare un’amica in difficoltà non è… non è mai sbagliato».
Nel frattempo le altre Winx e gli Specialisti, chiusi nello stretto riserbo della camera di questi ultimi, aspettavano con ansia notizie da parte di Sky. Questi, nonostante fosse trascorsa un’abbondante mezz’ora, non era ancora tornato e i suoi amici stavano iniziando a preoccuparsi. In particolare Nex e Timmy, agitati come non mai, erano pronti a raggiungere l’infermeria per avere sue notizie. Aisha e Tecna, però, fecero di tutto per convincerli del contrario: non volevano che i loro fidanzati rischiassero d’interrompere un più che probabile chiarimento tra i due fidanzati.
«Dovete dargli il tempo di mettere le cose a posto!» li apostrofò Flora seduta in braccio ad Helia.
«Purtroppo questi problemi non possono essere risolti con la magia: solo il tempo può esserci d’aiuto» aggiunse la Principessa di Solaria con aria triste.
«Non sono d’accordo!» sbottò il Paladino - «Voi non l’avete visto… non avete incrociato il suo sguardo addolorato e rammaricato non appena io e Timmy abbiamo nominato Bloom. Non credo di aver mai visto Sky in quelle condizioni, era sofferente, fragile e soprattutto vulnerabile. Durante il viaggio di ritorno da Torrenuvola mi sono reso conto di una cosa: in quello stato un confronto tra lui e “miss perfettina” sarebbe stato disastroso e non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose».
«Purtroppo Nex ha visto giusto. Anch’io sono convinto di ciò che sta dicendo» esclamò il fidanzato di Tecna scuotendo il capo, mentre anche quest’ultima iniziava pian piano a capire la gravità della situazione.
Al contrario la Fata dei Fluidi fu irremovibile e, non appena il suo fidanzato si apprestò a raggiungere la porta della camera per andare in soccorso del suo caposquadra, gli lanciò un’occhiataccia che pietrificò i presenti.
«Va bene, va bene! Ci rinuncio, ma non venite a lamentarvi quando succederà il finimondo» starnazzò il ragazzo dai capelli viola alzando le braccia in segno di resa.
Subito dopo il giovane Paladino spalancò con rabbia le due ante di legno dell’ingresso e senza dire una parola s’incamminò lungo il corridoio.
«Aspetta Nex! Non fare così… nessuno di noi voleva farti arrabbiare» esordì Helia correndogli dietro al fine di calmarlo.
Il fidanzato di Aisha, però, era già scomparso nell’oscurità della sera che aveva iniziato ad avvolgere la scuola per Specialisti. L’unica cosa, che riuscì ad intravedere il nipote di Saladin, fu la fioca luce emessa dal palmare del suo amico, sul cui schermo era impresso un numero… un numero che Helia aveva mai visto.
«Non preoccuparti per lui. Quando è arrabbiato fa sempre così: è un suo modo per sfogare» esclamò rassegnata la Principessa di Andros poggiando una mano sulla spalla dell’amico.
«Mi dispiace che sia finita così» replicò lo Specialista con un filo di voce.
«Vedrai che tra dieci minuti tornerà e farà finta di nulla» tagliò corto l’altra per poi sorridergli.
In quello stesso momento i due furono raggiunti dal resto del gruppo preoccupato per il giovane Paladino.
«L’ha fatto anche questa volta, vero?» esclamò all’improvviso la Fata della Natura inarcando un sopracciglio.
«Ormai lo conosci… deve sbollire, come fanno le teiere» cinguettò Aisha facendole l’occhiolino.
 Le Winx e i loro fidanzati risero a quella battuta, che in un certo qual modo attenuò la tensione venutasi a creare. Dopotutto, nonostante i timori di Nex e Timmy, nessuno dei presenti era veramente disposto a credere che Sky e Bloom non riuscissero a trovare una soluzione ai loro problemi. Stavano insieme da quasi da otto anni e insieme avevano affrontato con successo numerose avversità che avevano seriamente minacciato il loro rapporto. Di conseguenza era convinzione comune che i futuri Sovrani di Eraklyon avrebbero superato a testa alta anche quell’ennesima sfida. Sicuri di ciò e impossibilitati ad intervenire in alcun modo, i ragazzi decisero di lasciare che Sky e Bloom avessero un confronto in solitaria. I presenti allora, avendo notato che era ormai ora di cena, si diressero verso la mensa di Fonterossa.
«Thoren cosa fai lì imbambolato?» esclamò Brandon notando con leggero stupore che il marito di Daphne non li stava seguendo.
Il Paladino, però, non rispose e, quasi si trovasse in uno stato di profonda trance, continuò a fissare la ringhiera del ballatoio. Il fidanzato di Stella, liberatosi dall’asfissiante morsa di quest’ultima, lo raggiunse e, scuotendolo per le spalle, gli disse:
«Ehi… ma si può sapere cosa diamine ti prende?! Sono giorni che hai quell’aria inebetita».
«Co… …co… …come dici, scusa?» balbettò Thoren ridestandosi immediatamente dal suo sogno ad occhi aperti.
«Niente, niente… lascia perdere» replicò rassegnato lo Specialista - «Comunque stiamo andando a cena: ti unisci a noi?».
«Certo, vado a chiamare Daphne e vi raggiungiamo» rispose il ragazzo dai capelli castani abbozzando un sorriso imbarazzato.
«D’accordo. Ci trovate sempre al solito tavolo» concluse Brandon voltandogli le spalle e salutandolo con un leggero movimento della mano.
Thoren s’incamminò nella direzione opposta e con passo svelto raggiunse una stretta scala a chiocciola, che l’avrebbe portato ad uno dei tanti piani intermedi della struttura. Il corridoio era deserto, debolmente illuminato da una serie di luci al led ancorate alle scure pareti. Il cugino del Principe di Eraklyon lo percorse in silenzio, la sua era un’andatura lenta, posata ma allo stesso tempo artificiosa. Sembrava che i suoi movimenti fossero in un qualche modo meccanici, controllati da un qualcosa indipendente dalla volontà del ragazzo. La mente di quest’ultimo, infatti, sembrava essere concentrata su altro… concentrata sul rapido scambio di battute avuto poco prima con Brandon. Il suo compagno di squadra aveva ragione: c’era davvero un qualche cosa che non andava e lui ne era diventato consapevole. Da quando Alfea era stata attaccata dagli Stregoni del Cerchio Nero, tutto era cambiato… tutto sembrava suggerirgli l’incombere di un pericolo ben peggiore. Erano ormai due settimane che il marito di Daphne aveva quell’incubo; quattordici terribili notti durante le quali quelle immagini così spaventose e angoscianti gli scorrevano davanti agli occhi. Morte, distruzione e disperazione erano diventate le costanti dei suoi sogni. Dal momento in cui metteva la testa sul cuscino fino all’instante in cui la risollevava da esso, quel vortice di sensazioni, emozioni e paure non gli lasciava un attimo di tregua. Per quanto si fosse sforzato di dare un senso a tutto ciò, Thoren non era riuscito a trovare nulla che fosse in grado di spiegare quelle sue improvvise visioni. In tutta la sua vita non aveva mai avuto poteri che contemplassero la preveggenza o la divinazione; di conseguenza era alquanto spaventato… spaventato dalla sua incapacità di capire il vero significato di quegl’incubi. Completamente assorto nel turbinio dei suoi pensieri, il giovane Paladino non si rese conto di aver ormai attraversato tutto il corridoio e di essere giunto in un’ampia sala della scuola decorata con arazzi damascati e armature scintillanti. Al centro di essa si rifletteva la debole luce lunare penetrata nell’edificio da un ampio lucernaio, che costituiva il tetto di quella camera. Il luogo era all’apparenza deserto, tuttavia, seduto su un comodo divanetto di colore beige adagiato alla parete sinistra, vi era un uomo sulla quarantina dai lunghi capelli neri e vestito con un completo bianco. Nonostante fosse intento a leggere un sottile libricino dalla copertina rosa, si accorse subito del nuovo arrivato:
«Buona sera Thoren, cosa ti porta da queste parti?».
«Buona… buona sera a lei Professor Avalon» balbettò l’altro sentendosi preso alla sprovvista - «Sto cercando Daphne, i ragazzi ci aspettano a cena. Per caso lei l’ha vista?».
L’insegnate di Percezione Cognitiva si mise in piedi e, affiancandosi al Paladino e indicandogli una piccola porticina nascosta da uno stendardo, gli disse:
«Tua moglie si trova nella biblioteca della scuola. Vedi quella porta in legno con i cardini argentati? Bene al di là di essa si trova uno stretto corridoio in mattoni, percorrilo e arriverai a destinazione. Mi sembra che Daphne fosse impegnata nel decifrare alcune pagine di un grosso libro. Tuttavia ho avuto l’impressione che il suo lavoro stesse dando scarsi risultati: era così arrabbiata che per poco non scagliava la poltrona sulla quale era seduta in una vetrata».
«Mi dispiace per il trambusto che può aver causato. Quando le cose non vanno come vuole lei, può diventare pericolosa» constatò il giovane arrossendo leggermente per l’imbarazzo.
«Tranquillo non devi scusarti: non è successo nulla di grave. In realtà è stata una scena alquanto divertente» replicò, soddisfatto, l’uomo.
«Meglio così» concluse con un filo di voce Thoren - «Allora io vado, grazie mille per l’informazione».
«È stato un piacere» sibilò l’altro, mentre tornava a sedersi sul divano e riprendeva la lettura del libro.
Il Paladino si voltò e si apprestò a raggiungere la porta indicata dall’insegnante. In una frazione di secondo però un pensiero balenò nella sua testa… un’eventualità che fino a quel momento non aveva mai considerato. Evidentemente il destino, la fortuna o il semplice caso aveva agito in suo favore dandogli la possibilità di risolvere il suo problema. Davanti a lui si trovava il maggiore esperto di divinazione della Dimensione Magica; chi altri avrebbe potuto interpretare meglio il significato di un sogno ricorrente se non il Professor Avalon? Questi era infatti l’unico che potesse aiutarlo e soprattutto era l’unico di cui Thoren si fidasse incondizionatamente. Di conseguenza il marito di Daphne tornò sui propri passi e, richiamando l’attenzione dell’uomo, gli chiese:
«Mi perdoni se continuo ad importunarla Professore, ma avrei una cosa da chiederle».
«Non m’infastidisci affatto, ragazzo mio. Prego… siediti accanto a me e dimmi tutto» esclamò Avalon con fare rassicurante.
Il Paladino prese posto accanto all’insegnante di Percezione Cognitiva e, dopo aver fatto ordine tra i suoi mille pensieri, gli espose il suo problema.
«Vede io… io ho bisogno del suo aiuto. Non è un mistero che lei sia il più grande esperto dell’arte della divinazione e conseguentemente la persona più idonea ad interpretare sogni o visioni. Quando insegnava ancora nella scuola per Paladini di Linphea, ho seguito con interesse tutte le sue lezioni e quindi sono convinto che le sia l’unico in grado di capire cosa mi stia accadendo. Per questo motivo vorrei…».
«Da quanto…» lo interruppe l’altro assumendo immediatamente un’espressione seria ed indagatrice - «Da quanto tempo si ripete questo sogno?».
«Ormai sono due settimane. Il tutto ha avuto inizio dopo l’attacco ad Alfea» replicò, secco, Thoren.
«Il sogno si ripete sempre nello stesso identico modo? Non vi è mai alcuna variazione?» continuò l’insegnate di Percezione Cognitiva portandosi la mano destra al mento e iniziando a riflettere.
«Mai… non cambia mai» sibilò il ragazzo con fare rassegnato.
«Descrivimelo» sentenziò l’uomo - «Solo così sarò in grado d’interpretarne il significato».
Thoren, allora, torturandosi le dita delle mani in preda all’ansia, richiamò a sé tutte le immagini che gli comparivano durante quei veri e propri incubi. Una volta che fu sicuro di non aver tralasciato nulla, raccontò il tutto al Professore:
«Il sogno o meglio… l’incubo inizia e si svolge sempre allo stesso modo. Mi ritrovo sospeso… anzi no… fluttuo in uno sterminato spazio vuoto avvolto da un’opprimente oscurità. All’improvviso sopra la mia testa compaiono due luci molto intense ma di colore diverso: una è di un bel rosso acceso, mentre l’altra è di un affascinante blu notte. Le sfere luminose rimangono per alcuni secondi fisse, ancorate ad un qualcosa d’invisibile; poi tra le due ne compare una terza dorata più piccola, ma ugualmente splendente. Solo a quel punto le luci iniziano a muoversi all’interno di quella volta sconfinata. In particolare la rossa e la blu seguono la sfera dorata, che sembra quasi dettare alle due la formazione da seguire. Man mano che le luci si muovono nello spazio, il buio lì presente tende a rischiararsi… quasi lo costringessero a sparire. All’improvviso però l’oscurità si raccoglie in un unico punto e assume anch’essa la forma di un gigantesco globo denso e minaccioso. Quest’ultimo si scaglia contro le due luci più grandi, le quali cercano di schivare e respingere i suoi attacchi sempre sotto il coordinamento della sfera dorata. Tuttavia con il ripetersi delle aggressioni questa diventa sempre più piccola e meno splendente. Ad un certo punto, nonostante la luce rossa e quella blu stiano avendo la peggio, la sfera dorata si distacca dal gruppo e, debole come non mai, vola verso di me. Stremata e ormai pronta ad estinguersi, si posa nel palmo della mia mano. In quello stesso istante il globo nero assorbe le altre due sfere facendo ripiombare il luogo nell’oscurità. Come se non bastasse nella mia testa s’iniziano ad accavallare immagini di morte e distruzione. Vedo i corpi esamini dei miei genitori, dei miei amici... vedo… vedo il corpo di Daphne giacere in una pozza di sangue, i suoi occhi sono lucidi, persi nel vuoto mentre dalla sua bocca cola un rivolo di sangue. Io cerco di avvicinarmi, vorrei soccorrerla, vorrei… vorrei stringerla a me, ma non ci riesco… non riesco a muovermi. Nella mi mente si ripetono in continuazione scene di violenza e urla… urla di disperazione, terrore, rabbia. Straziato da tutto ciò, non desidero altro che svegliarmi… non desidero altro che morire per porre un freno a quel delirio. La testa mi scoppia dal dolore, mentre il mio petto diventa incandescente e la schiena inizia a formicolare. Intanto la luce dorata, presente nel palmo della mia mano, è prossima a spegnersi… anzi proprio nell’istante di massima sofferenza il suo bagliore scompare. In quello stesso momento però, tra il turbinio di suoni che percepiscono le mie orecchie, si fa strada una flebile e dolce voce, che ripete una serie di parole come “prendimi”, “stringimi”, “accoglimi”. Non sapendo che senso attribuire a quelle affermazioni così improvvise, mi viene d’istinto di stringere il palmo dove fino a pochi secondi prima si trovava la luce dorata. Non appena faccio ciò, le visioni cessano e dalla mia mano chiusa a pugno si scaturisce un accecante bagliore che mi avvolge completamente. Subito dopo mi ritrovo zuppo di sudore nel letto accanto a Daphne e mi rendo conto che il sogno è ormai giunto al termine».
Una volta che ebbe terminato la descrizione del sogno, Thoren rimase in attesa di una risposta o di una possibile spiegazione da parte dell’insegnante di Magifilosofia. Questi, però, non aprì bocca e, limitandosi ad osservare il ragazzo, aggrottò le sopracciglia. La sua era un’espressione alquanto strana, sembrava quasi un miscuglio di emozioni e sensazioni contrastanti. Da una parte infatti la sua bocca semiaperta indicava stupore e incredulità, dall’altra i suoi occhi, diventati nulla più che due sottili fessure, cercavano di scrutare a fondo l’animo del giovane Paladino al fine di capire se stesse mentendo o meno. I suoi pugni erano chiusi, stretti in una morsa micidiale che non faceva altro che aumentare secondo dopo secondo, mentre la sua fronte iniziava ad imperlarsi di sudore. Un brivido gli correva su e giù per la schiena facendogli tremare le gambe, che a fatica riusciva a tenere ferme. Il marito di Daphne, colpito e preoccupato da quella reazione, si protrasse in avanti e con aria fare gentile gli chiese:
«Professore si sente bene? Ha per caso bisogno di qualcosa?».
«A che altezza?» esclamò all’improvviso l’uomo in preda ad una strana ansia mista ad eccitazione - «A che altezza hai percepito quel formicolio? Riesci a ricordarlo?».
«Credo… credo di averglielo già detto: all’altezza delle scapole» balbettò timidamente l’altro stranamente imbarazzato da quella domanda.
Non appena ricevette quella risposta, il Professor Avalon si alzò di scattò e senza curarsi di nulla si diresse a grandi passi verso il corridoio dal quale era arrivato Thoren. Quest’ultimo però, sebbene confuso dalla stranissima reazione dell’insegnante di Percezione Cognitiva, era più ce mai deciso a scoprire il senso delle sue visioni. Di conseguenza, al fine di non lasciarsi “scappare” l’unica persona in grado di dargli una risposta, si alzò a sua volta e, gridando in direzione dell’uomo, disse:
«Professore, professore! La prego… la prego mi aiuti, mi aiuti a capire cosa sta accadendo. Sono giorni che non riesco a dormire, il solo chiudere gli occhi per più di dieci secondi mi terrorizza. La sofferenza e la morte, che accompagnano il trascorrere delle mie notti, mi stanno facendo diventare matto. Per favore… non mi lasci così…».
Avalon, colpito nel profondo dell’animo dalla disperata supplica del ragazzo, si fermò sotto l’arco in pietra che connetteva la sala al corridoio. Tuttavia non si scompose e, continuando a dare le spalle al giovane Paladino, rimase in attesa… in attesa che questi gli ponesse la fatidica domanda. L’insegnante, infatti, dopo aver dedicato gran parte della sua vita ad interpretare i sogni delle persone… a risolvere i loro problemi, sapeva bene quale fosse il dubbio, la somma paura che li affliggesse e li accomunasse. Lo stesso Thoren non faceva eccezione e, approfittando della situazione, non esitò a chiedere con voce tremula:
*«Signore, questi sogni… quello che vedo, lei non pensa che accada realmente, vero?».
Avalon prese un profondo respiro, poi con fare freddo e distaccato gli rispose:
«Non ritengo saggio per te indugiare su questi sogni, Thoren. Ritengo sia meglio se tu… li butti via»*.
Il marito di Daphne, sollevato da quell’affermazione, fece di sì con la testa e, inchinandosi leggermente, sibilò:
«La ringrazio immensamente per il suo consiglio».
L’insegnante di Percezione Cognitiva non replicò nulla, ma il movimento delle sue labbra sembrò disegnare la parola “perdonami”. Una volta che Avalon ebbe abbandonato la stanza, Thoren, sentendosi alleggerito dal peso di quelle preoccupazioni, s’incamminò verso la porta indicatagli poco prima al fine di raggiungere la sua amata metà.
«Diamine! Non è possibile anche questo testo non è servito a nulla!» starnazzò una giovane donna dai lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo, mentre scagliava un antico tomo contro una finestra.
«Professoressa Daphne, la prego… la prego di… di calmarsi» balbettò un uomo anziano nascosto dietro una scrivania il legno.
«Calmarmi?!» gracchiò la Principessa Ereditaria di Domino - «Come posso calmarmi se dopo quasi due settimane non sono neanche riuscita a decifrare una sola lettera di questo libro?».
«Io capisco il suo disappunto, mi creda. Tuttavia prendersela con i nostri manoscritti non serve a nulla» puntualizzò l’altro chinandosi per raccoglire il testo da terra.
L’affermazione, velata da una punta involontaria di sarcasmo, non fece altro che peggiorare la situazione. Il nervosismo e la rabbia di Daphne raggiunsero infatti il loro massimo e l’unica “valvola di sfogo”, che la fata fu in grado di scorgere in quel momento, era rappresentata dal suo stesso interlocutore.
«Lei ha ragione, Mastro Harris. I libri non hanno alcuna colpa, l’unico responsabile di questi miei continui fallimenti è… è lei. Come fa a definirsi “Custode del sapere della scuola di Fonterossa”, se non è in grado di procurarmi un cifrario decente. Lei è un incompetente!».
L’uomo non ebbe neanche il tempo di replicare alle offese della donna che fu costretto a ripararsi nuovamente dietro il suo bancone da lavoro. Daphne aveva iniziato a lanciargli contro ogni sorta di oggetto le capitasse a tiro e, non contenta del risultato, si mise ad inseguirlo per tutta la biblioteca. Mastro Harris, terrorizzato dalla furia della Principessa e preoccupato per la sua incolumità, cercò di raggiungere il cancello d’accesso in modo tale da poter scappare il più lontano possibile. La bionda intanto, dopo aver recuperato un lungo bastone di legno con il quale l’anziano era solito indicare i tomi posti sugli scaffali più in alto, si lanciò sul suo “avversario” per impedirgli la fuga. Questi, raggiunto ormai l’ingresso della biblioteca, capì che non aveva il tempo di aprire una delle ante dell’ingresso. Di conseguenza, percependo l’avvicinarsi del fendente fatale, si rannicchiò sulle ginocchia e si coprì la testa con le braccia. Daphne era pronta a colpirlo, tuttavia in quello stesso istante il cancello in ferro fu aperto da Thoren, che senza capirne il motivo fu colpito in pieno volto.
«Scusami ancora amore mio, non volevo far del male a te» sibilò, dispiaciuta, Daphne, mentre posava delicatamente un impacco di ghiaccio, recuperato da Mastro Harris, sulla guancia del marito.
«Un momento… allora aveva intenzione di colpirmi sul serio!» sbottò l’anziano custode della biblioteca, ma uno sguardo infuocato della ragazza lo fulminò all’istante.
«Perdonami mia adorata calamità naturale… perché mai volevi attentare alla salute di Mastro Harris?» farfugliò Thoren con tono confuso poiché non ancora ripresosi dal colpo subito.
La Principessa Ereditaria di Domino, allora, si lasciò cadere su una sedia posta accanto a lui e, dopo aver controllato che l’anziano custode non li stesse vedendo, gli porse un antico libro. Quest’ultimo aveva una copertina rilegata in pelle color magenta e una grande mezza luna bianca e azzurra impressa su di essa. Il giovane Paladino rimase affascinato dall’antico manoscritto e, senza pensarci troppo, si affrettò a chiedere alla moglie cosa fosse. Daphne, controllato per una seconda volta che Mastro Harris non prestasse loro attenzione, gli rispose a bassa voce:
«Questo è il Libro Sirenix. Vedi, circa… circa due settimane fa, poco prima della nostra partenza per “tu-sai-dove” per fare “tu-sai-cosa”, l’ho ritrovato nella mia stanza ad Alfea. Il Libro Sirenix, infatti, ha una particolarità: appare e scompare quando meno te lo aspetti. Di norma si trova all’interno della Biblioteca di Alfea, ma, quando delle fate intraprendo la ricerca per ottenere il Potere Sirenix, il testo si manifesta loro per dare nuovi indizi e missioni utili allo scopo. Tuttavia questa volta… questa volta c’è qualcosa che non va. Io ho completato le sfide del Libro e ho ottenuto il Sirenix diversi anni fa, quindi non riesco a capire il motivo della sua comparsa. Come se non bastasse, ho notato una seconda stranezza: al tomo sono state aggiunte delle pagine… pagine che non avevo mai letto prima. Il problema è che sono criptate e, nonostante abbia spulciato ogni singolo cifrario presente in questa Biblioteca, non ho trovato nulla che possa aiutarmi. Ho… ho la sensazione che il Libro voglia dirmi qualcosa, ma se non riesco a capire il suo contenuto non saprò mai la verità. Non mi sono mai sentita così impotente e demoralizzata».
Thoren, incuriosito dal racconto della moglie, iniziò a sfogliare il tomo, rendendosi conto che, proprio come gli era stato detto, le ultime pagine erano scritte con caratteri incomprensibili e mai visti prima. All’improvviso però la sua attenzione fu catturata da un piccolo frammento di testo posto all’inizio della parte criptata, quasi ne rappresentasse l’introduzione.
«Questo… questo è… è…» balbettò il ragazzo in preda ad una strana eccitazione, mentre le mani gli fremevano.
«Ah… te ne sei accorto anche tu» intervenne la Principessa Ereditaria di Domino - «Quella pagina è l’unica che presenta una criptaggio diverso dalle altre.
Il Paladino, però, non sembrò rendersi conto di quelle parole e, presa carta e penna, si mise a scrivere prestando un’attenzione maniacale al codice impresso sul Libro Sirenix. Daphne si limitò ad osservarlo non sapendo se chiedergli o meno cosa stesse facendo. Trascorsero un paio di minuti di silenzio finché Thoren, alzando le braccia al cielo in segno di vittoria, urlò:
«Evviva! Ci sono riuscito!».
«Riuscito in cosa?» gli domandò la moglie con scetticismo.
«Ho decifrato la pagina, adesso è perfettamente comprensibile» spiegò, soddisfatto, il Paladino sventolando un foglio di carta davanti al viso dell’altra.
«Non è possibile! Come diamine ci sei riuscito?! Io ci ho provato per quindici giorni senza riuscirci» lo incalzò la bionda scuotendolo animosamente per le spalle.
Il ragazzo, liberatosi a fatica dalla presa della moglie, si risedette e, invitando l’altra a fare lo stesso, le disse con fare imbarazzato:
«Quando ero piccolo, mio padre mi scriveva dei messaggi criptati e io dovevo decifrarli. Diciamo che per noi era una sorta di gioco e trascorrevamo intere giornate divertendoci in questo modo. Comunque… tra i numerosi cifrari adoperati da papà, ve ne era uno che era solito chiamare “Pigpen”, lo stesso presente nel Libro Sirenix. Ad essere sinceri lo usava molto raramente e non voleva che io lo adoperassi in altri contesti al di fuori del nostro gioco. Sinceramente non so il perché, forse lo riteneva troppo semplice e facile da decriptare. Tuttavia non conoscendo le chiavi di lettura, risulta impossibile poterlo leggere. Per questo motivo non sei riuscita a decifrare la pagina».
«È davvero strano» esclamò Daphne sovrappensiero - «Ho controllato tutti i cifrari esistenti, anche quelli nati e diffusi su Eraklyon. Il Pigpen, però, non era menzionato da nessuna parte».
«Evidentemente o è molto antico o è poco considerato» ipotizzò l’latro facendo spallucce.
«Probabile… adesso però che ne dici di farmi leggere questa pagina?» esclamò la Principessa Ereditaria di Domino in preda all’eccitazione.
«Ecco a te» replicò il ragazzo porgendole il pezzo di carta - «Ero così concentrato su ciò che stavo decifrando che non ho minimamente prestato attenzione al significato delle parole. Quindi leggi ad alta voce… sono curiosissimo».
Daphne sorrise, poi prendendo il foglio tra le sue mani lesse il reale contenuto della pagina:
«A te, mia giovane fata. A te, che il destino tutto ti ha dato e tutto ti ha tolto, dedico le ultime pagine del mio libro. Forze oscure e potenti sono all’orizzonte. L’ombra della morte si ingrandisce sempre più e opprime i nostri cuori. La battaglia finale è alle porte, nulla può più essere lasciato al caso. La tua ricerca comincia adesso, ma sappi che sarà molto più difficile rispetto all’ultima volta. L’arcobaleno è sempre in movimento, trovalo… fallo tuo e lascia che ti conduca alle origini, alle origini del tuo vero potere. A te, mia Ninfa del Sirenix affido il compito di vegliare sulla sacra Fiamma. A te, mi adorata Daphne dono la mia forza, il mio retaggio, la mia… la mia bacchetta, con la viva speranza che il Draconix non ti abbandoni mai».
Marito e moglie rimasero pietrificati dal significato del testo. Entrambi, seduti l’una accanto all’altro, si guardavano inebetiti e spaventat. In particolare la sorella di Bloom non riusciva a credere che quel messaggio fosse indirizzato proprio a lei. Dopotutto il Libro Sirenix era stato scritto chissà quanto tempo prima della sua nascita: non era possibile che l’autore potesse sapere quelle cose, potesse sapere della sua futura esistenza. Il pezzo di carta trascritto da Thoren cadde dalle mani della ragazza e si adagiò sul pavimento di legno della Biblioteca di Fonterossa. In quello stesso istante il cancello d’accesso si spalancò e Elizabeth, stanca e affannata, corse verso i due. Questi sembrarono non accorgersi minimamente della presenza della Fata degli Elementi, la quale si posizionò davanti a loro e con voce carica di eccitazione, mista ad un po’ di affanno, esclamò:
«Faragonda… Faragonda si è svegliata!».
 
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Note dell’autore: Ben ritrovati gente!!! Eccoci al nuovo (questa volta per davvero XD) capitolo della seconda parte della fanfiction. Se dovessi trovare un aggettivo per descriverlo, lo definirei movimentato… movimentato non per l’azione (completamente assente a dire la verità XS), ma per il semplice fatto che si salta rapidamente da una scena all’altra. In passato vi dissi che ero restio a scrivere capitoli del genere perché troppo complicati per stargli dietro, tuttavia determinate volte sono necessari per velocizzare la narrazione altrimenti troppo pesante 😉. Credetemi se vi dico che ci ho buttato letteralmente il sangue ahahahahahahahahah, considerando che l’ho scritto nella prima e seconda settimana di agosto con quel caldo infernale D:. Anyway… tralasciando i miei problemi, veniamo al contenuto del testo. Nella prima parte assistiamo al tormentato “chiarimento” tra Bloom e Sky, i quali non si erano più parlati dal giorno della scoperta della reale identità del Custode della Fiamma della Fenice. Purtroppo le cose tra i due non vanno come previsto e, a causa dell’orgoglio e della testardaggine che li accomuna, finiscono per litigare. Come se non bastasse a ciò si aggiunge anche l’improvviso malessere della Fata della Fiamma del Drago dovuto, per il momento XD, a cause misteriose. Subito dopo l’attenzione si sposta su Elizabeth che, avendo ascoltato tutta la conversazione trai due, vorrebbe intervenire e consolare l’amica. Tuttavia, proprio com’è capitato a Bloom, la ragazza non sa se il suo intervento possa risolvere le cose o peggiorarle 😊. In seguito si passa alla breve discussione che Timmy e Nex hanno con il resto del gruppo e al brusco allontanamento del Paladino (mi raccomando prestate attenzione ai dettagli 😉). Successivamente abbiamo l’ennesimo cambio di prospettiva (mamma mia ho esagerato proprio haahhaahahahahahah), la narrazione si concentra su Thoren e sui suoi incubi ricorrenti. Io credo che molti di voi abbiano già capito a cosa voglia riferirsi quella visione XD. Ciononostante vi pongo due quesiti: 1) Secondo voi cosa rappresenta la terza sfera, quella dorata? 2) A cos’è dovuto lo strano comportamento di Avalon? Pensate abbia a che fare con il significato della visione? Come sempre vi invito a riflettere sui dettagli più insignificanti :D. Il dialogo racchiuso con * è stato copiato e poi adattato dal quarto film di Harry Potter: Il Calice di Fuoco. Nella parte finale del testo ritorna sulla scena Daphne, impegnata nel decifrare le nuove pagine comparse sul Libro Sirenix (apparso nel capitolo 29 della prima parte XD). A seguito di una breve sequenza comica (ogni tanto sono necessarie 😊), la ragazza, grazie all’aiuto inaspettato del marito, riesce a decifrare la prima pagina e a scoprire che il messaggio criptato è inspiegabilmente indirizzato a lei (mamma mia che confusione ahahahahahahahahah). Un ultimo appunto e poi vi saluto, giuro XD. Il cifrario Pigpen esiste realmente ed era impiegato dalla massoneria nel 1700; il messaggio cifrato, presente sotto forma di immagine, invece è la reale trasposizione crittografata del testo “in chiaro” mediante l’uso del Pigpen :D. Beh… penso di avervi detto tutto XD. Un saluto e alla prossima :D :D :D.
Yugi95
   
 
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