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Autore: Arsax    11/10/2017    2 recensioni
Sequel di "The Bloody and Dark Princess"
Non potevo credere di averlo fatto. Non ci riuscivo. Non volevo. Sapevo di essere un mostro e le mie mani erano sporche del sangue di diverse persone già a venticinque anni, ma mai avrei pensato che la mia prossima vittima sarebbe stata lei.
Mi guardava con quegli occhi azzurri, sbarrati dalla sorpresa tanto quanto i miei. Volevo poter tornare indietro nel tempo e non compiere quel gesto, per impedire che si arrivasse a quel punto.
Avevo già perso la donna più importante della mia vita a soli sei anni e non volevo perdere anche lei.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 6


Il mattino dopo mi presentai a casa di Serena piuttosto presto. Erano le sette e mezza del mattino e la prima lezione si sarebbe tenuta alle nove, ma Serena non era ancora sveglia.
Io non avevo dormito, tormentato dai dubbi per tutta la notte, ma era inaccettabile che Serena non fosse ancora sveglia alle sette e mezza del mattino!
-Scusami, fa sempre così.- si scusò Paola con dolcezza, per poi cacciare un urlo che avrebbe fatto invidia a Dimitri e che mi fece trasalire. -Serena! Vuoi muoverti o devo venire lì con dell'acqua gelata?!
Dopodiché Paola mi riservò lo sguardo più dolce del suo repertorio, assieme a un sorriso smagliante. -Vuoi un po' di caffè, caro?
-Ehm... grazie.- risposi per paura di vederla nuovamente urlare. -Devo ammettere che saresti perfetta come generale del mio esercito. Sei interessata?
Paola scoppiò a ridere divertita, una risata cristallina e sincera, molto simile a quella della figlia.
-Ti ringrazio per l'offerta, ma preferisco studiare la storia invece che farla.
Mi ricordai solo in quel momento che Paola e Andrea, in particolare quest'ultimo, erano stati gli storici di corte di Astrid Von Ziegler e in seguito anche di Marius Vidrean. Non riuscivo a capire il motivo, ma mi dimenticavo che loro due erano dei mezzosangue. Era una cosa parecchio strana per me, che trovavo ripugnanti gli esseri come loro.
Finalmente la nostra principessa si fece viva e dovetti sforzarmi di non osservarla con gli occhi fuori dalle orbite. Indossava una maglietta mezza logora e dei pantaloni di una tuta. Quel “pigiama” mi lasciò sconcertato, anche se non mi ero di certo aspettato di vederla indossare il pigiama di flanella color rosa polvere.
-Buongiorno, Serena.- la salutai riprendendomi da quel momento di osservazione, ma lei mi rispose con un grugnito degno di uno degli orsi che abitavano le foreste dei Carpazi.
-Non ti conviene parlarle prima del caffè, rischi di farti mordere.- mi avvertì sua madre ridacchiando e dandole un tenero bacio sulla testa.
Mi ritrovai a invidiarla di nuovo per mezzo secondo, ma l'invidia fu sostituita dal divertimento. Alzai un sopracciglio e la osservai divertito. -Interessante. Lo terrò a mente.
Lei grugnì nuovamente e la osservai mentre beveva lentamente il suo caffè. Terminato, andò a cambiarsi e si presentò in cucina con un abbigliamento un po' più elegante: una maglia a mezze maniche viola scuro con scollo a V, dei jeans a sigaretta e degli stivaletti neri. Quello era l'abbigliamento più elegante che le avessi mai visto indosso, a eccezione della sua serata di debutto e della riunione del Consiglio.
Era notevolmente stizzita già di prima mattina. Nonostante fosse intenta a mettersi un po' di eyeliner, sapeva perfettamente che la stavo guardando, ma non disse nulla.
-Ora posso parlarti?- le chiesi quando terminò l'opera di “restauro”, anche se si era truccata decisamente poco.
-Preferirei che mi lasciassi in pace, ma immagino che non sia possibile, vero?- rispose acida.
Quella risposta mi divertii parecchio.
-Ti sei alzata col piede sbagliato?
-Io mi alzo sempre col piede sbagliato. Sei pronto?
Annuii alzandomi e prendendo la mia valigetta. Salutai i genitori di Serena e uscimmo. Mi condusse a una Panda che dire che era antiquata era un eufemismo. Era già tanto se non andava a carbone! Non riuscivo a credere che una principessa andasse in giro con una Panda antidiluviana. Forse mi ero sbagliato e volli accertarmene.
-Quella è la tua macchina?- chiesi sorpreso.
-Sì, non ti piace?
-Sembra molto... antiquata. Non sarebbe meglio comprarne una nuova?- suggerii.
-Certo, e con quali soldi?
-Quelli del castello.
-Non voglio spendere i soldi del castello, soprattutto viste le condizioni nelle quali è il castello Vidrean.- rispose con nonchalance.
Aveva controllato ogni singolo resoconto di tutto il suo regno per riuscire a riportare il castello Vidrean al suo splendore originario e non aveva intenzione di sperperare il suo patrimonio. Non me lo sarei mai aspettato, soprattutto da una donna, che erano conosciute per scialacquare soldi in oggetti futili. A quella scoperta sorrisi compiaciuto.
-Sei una persona piuttosto parsimoniosa, mi piace.
-Non mi va di spendere soldi quando la mia piccola Panda cammina ancora. Ho giurato a me stessa di cambiarla solo quando mi mollerà per strada e così farò.- spiegò guardando quel rottame come se avesse davanti una Porsche. -Allora, vuoi salire o no?
Salii senza aggiungere altro e fui sorpreso di vedere che c'erano le cinture di sicurezza, così me l'allacciai.
-Almeno queste ci sono. Pensavo che avrei trovato uno spago.- affermai sarcastico.
-Se non ti piace vai a piedi. Camminare potrebbe farti bene.- rispose velenosa.
-Soprattutto per le polveri sottili e lo smog.
-Non penso che i vampiri siano soggetti al cancro.- disse pungente.
-No, però fa comunque schifo respirare quelle cose.- ribattei.
La vidi alzare gli occhi al cielo, accese l'autoradio e la guardai a occhi sbarrati. Ascoltava una musica aggressiva e in moltissime canzoni il cantante urlava. Durante il viaggio notai che ascoltava anche alcune melodie dalle note tristi e mi ritrovai a chiedermi se non stese ancora soffrendo per quel Mirko.
Non feci commenti anche perché sospettavo che per lei sarebbe stato un vero piacere buttarmi fuori dalla macchina in corsa.
Arrivammo al bar, una piccola stanza con dei tavolini e un bancone, e quando l'amica di Serena, Erica Berti, ci vide insieme, si bloccò e mi osservò senza più sapere cosa fare.
-Lascialo perdere, è completamente innocuo.- le disse Serena e io dovetti trattenermi dal riderle in faccia.
Definire un Lovinescu “innocuo” era come definire “amorevole” un leone affamato.
-Su questo non ci giurerei, tesoro.- rispose Erica al mio posto, continuando a osservarmi anche quando ci accomodammo al tavolo.
-Per me un cappuccino e un cornetto al cioccolato. Tu cosa vuoi?- mi chiese Serena.
-Lo stesso anche per me.- risposi scrollando le spalle.
Non mi aspettavo di certo che servissero l'ottima colazione salata che mi preparava il mio cuoco ogni mattina con ingredienti freschi.
L'amica guardò Serena con sguardo interrogativo e lei le fece cenno che avrebbero parlato dopo. Era molto preoccupata per la mia vicinanza a Serena e voleva conoscere ogni dettaglio della mia permanenza lì. Ci consegnò i cappuccini e si allontanò per servire altri clienti.
-La tua amica mi è parsa visibilmente sconvolta.- dissi sorseggiando il cappuccino.
-Sai com'è, trovarsi davanti un principe Lovinescu non è cosa da tutti i giorni e poi la tua fama ti precede.
-La fama della mia famiglia, vorrai dire.- la corressi.
Insomma, non ero l'unico Lovinescu che aveva ucciso, anzi ero l'unico Lovinescu che aveva solo ucciso. Mio padre mi aveva obbligato a uccidere un traditore all'età di dodici anni e da allora non avevo mai più compiuto distruzioni, a eccezione di quelle ufficiali.
-Stai dicendo che non hai ucciso nessuno solo perché si era rivolto a te in modo troppo confidenziale?
-Certo che ho ucciso.- risposi indignato, era ovvio che l'avessi fatto perché entrava a far parte dei doveri di un principe. -E lo sguardo intimorito della tua amica mi è del tutto dovuto, solo non vorrei che destasse troppi sospetti.
Ero un principe e non poteva guardarmi di certo come un tenero cucciolo di foca, ma portarmi il dovuto rispetto e anche temermi un po'.
Dato che gli altri due clienti del bar erano stati serviti, Serena fece cenno all'amica di avvicinarsi a noi.
-Lei è Erica Berti, la mia migliore amica. Lei e la sua famiglia sono amici dei Von Ziegler e in più di un'occasione ci hanno aiutato, quindi non devi osare torcerle un capello, chiaro?- la presentò e mi minacciò con sguardo gelido.
Conoscevo benissimo Erica Berti, anche se non avevo avuto occasione di parlarci. Proveniva da una delle famiglie più facoltose e rispettate del regno dei Von Ziegler e trovai molto strano che lavorasse come barista, anche perché i soldi non mancavano loro.
Mi fece sorridere vedere Serena così protettiva per una semplice amica, che a essere sinceri non aveva assolutamente bisogno di protezione, ma mi divertii parecchio.
-Trasparente.- risposi sorridendo divertito.
-Erica, per lui vale la stessa cosa che ho detto a te e agli altri: trattatelo come un ragazzo normale quando non siamo in veste ufficiale.- spiegò velocemente Serena.
-La vedo dura, ma in questo caso- Erica allungò una mano verso di me e mi guardò decisa. -piacere, Erica.
Quella ragazza aveva coraggio. Non mi sarei aspettato di vederla tralasciare il mio titolo in così poco tempo. Mi alzai come la galanteria voleva e le strinsi la mano a mia volta.
-Molto lieto. Immagino che ci vedremo molto spesso.
Erica volse lo sguardo verso l'amica e questa scrollò le spalle. Entrarono altri clienti nel locale ed Erica fu obbligata a lasciarci. Non era male quella ragazza, sarebbe stato interessarla conoscerla. Mi ricordava molto Dimitri. Pragmatica e decisa.
-Ti è molto affezionata.- affermai trattenendo un sorriso e addentando poi il cornetto, che dovetti ammettere essere buono.
-Ci conosciamo da quando ci siamo addentrate nel maligno mondo del liceo e quando ha scoperto che ero la principessa Vidrean Von Ziegler, è rimasta sorpresa, così come gli altri miei amici.- raccontò brevemente.
-Gli altri amici?- chiesi incuriosito.
-Sono tutti vampiri o mezzosangue.
Storsi il naso. Pensavo che la sua passione per i mezzosangue si fermasse ai suoi genitori, ma da quel che sembrava era incline a fare amicizia con degli esseri abietti.
-I mezzosangue sono un abominio. Sono frutto delle pulsioni sessuali di qualche vampiro depravato.- affermai schifato.
-Sono una risorsa da non sottovalutare. Mia madre e mio padre sono mezzosangue e quest'ultimo era storico di corte al castello Von Ziegler.
Mi ritrovai a storcere nuovamente il naso. Certo, Andrea e Paola Serafini erano persone a modo e molto amichevoli, ma dare loro l'onore di essere gli storici di corte mi era sembrato eccessivo.
-Un mezzosangue storico di corte. Che assurdità.
-Sono praticamente come noi. Essere mezzosangue non significa essere più stupidi o più ignoranti di un vampiro.
Provai a riflettere sulle parole di Serena, ma proprio non riuscivo a vedere i mezzosangue come esseri uguali a noi. Le sorrisi malizioso, ripensando a sua madre e alle sue gesta.
-Sei uguale ad Astrid, anche lei era una sognatrice.
-Non sono una sognatrice, sono solo obiettiva. Ci sono molti mezzosangue che sono emarginati e adirati con i vampiri, proprio perché non hanno diritti. Possono essere un potenziale nemico.
A quella risposta non riuscii a trattenere le risa. Ridevo in modo talmente sguaiato che se mio padre mi avesse visto, mi avrebbe punito severamente e mi avrebbe anche convinto a ringraziarlo.
-Stai dicendo che i mezzosangue possono essere una minaccia?- domandai scettico, ma ancora ridendo.
-Be', folle inferocite di umani hanno ucciso un sacco di vampiri, quindi perché una folla di mezzosangue non potrebbe farlo?- domandò guardandomi con decisione e la mia risata fu spenta.
Non aveva tutti i torti. I mezzosangue erano quasi forti e veloci come noi vampiri, ma erano sprovvisti di canini e non potevano vivere in eterno.
Dato che non rispondevo, Serena mi incalzò ancora per convincermi a dare ai mezzosangue dei diritti.
-Nel 1873 non c'è stata un'orda inferocita di mezzosangue che ha distrutto un bel po' di vampiri? Oggi i mezzosangue sono molti di più di allora, quindi non mi sorprenderebbe se un giorno i mezzosangue che vivono in Romania possano riunirsi e marciare verso i nostri castelli.
Se dei semplici umani erano riusciti a uccidere mia madre, una regina vampiro, non era da escludere che i mezzosangue potessero fare la stessa cosa.
La donna che mi sedeva di fronte era molto previdente e cercava di vagliare ogni singola possibilità prima di prendere una decisione. Era più sveglia e intelligente di quanto non avessi creduto.
-Non avevo mai pensato ai mezzosangue come una possibile minaccia. Devo ammettere che sei molto previdente.- affermai guardandola con occhi del tutto nuovi.
Più la conoscevo e più mi sorprendeva. Più mi sorprendeva e più quel sentimento che avevo relegato in una parte del mio cuore, aumentava e premeva per uscire in tutta la sua potenza.
-Cerco di valutare ogni possibilità per essere pronta.
-Ed è per questo hai voluto riorganizzare l'esercito. Ora inizio a comprendere meglio le tue scelte.- dissi sorridendole.
-Forza, dobbiamo andare a lezione. Ti è andata bene che devo seguire di nuovo qualche lezione del primo anno, altrimenti te la dovresti cavare da solo, matricola.- mi canzonò.
Fui sorpreso di dover discutere con Serena su chi dovesse pagare tra me e lei. Solitamente ero sempre io a pagare quando uscivo con una donna e fu una novità vedere Serena che mi obbligava a stare seduto mentre lei andava alla cassa.
Rimasi a guardare quella strana e indipendente donna, che in una mattinata non aveva fatto altro che sorprendermi. La vidi discutere velocemente con Erica e questa sbarrò gli occhi un po' preoccupata. Probabilmente Serena le aveva spiegato tutta la situazione. Serena annuì e indicò il cellulare che aveva in mano e si avvicinò nuovamente a me.
-Ciao tesoro, buona giornata.- le disse Erica con un sorriso tirato.
-Grazie, anche a te.
-Arrivederci Erica, lieto di averti conosciuta.- la salutai cordialmente, per poi uscire dal bar.
Ci avviammo alla facoltà di biologia e mi fece fare un breve giro del campus. Era piuttosto squallido, ma che potevo aspettarmi da un'università pubblica?
Notai che in giro c'erano moltissimi vampiri e mezzosangue e la cosa mi sorprese un po'. Era strano vedere dei vampiri, alcuni nobili, frequentare l'università pubblica di biologia. Forse le cose erano cambiate ed essendo mio padre un vampiro di oltre cinquant'anni anni, si era perso molti di questi cambiamenti. Dovevo chiedere a Dimitri, che era più pratico di lui dei cambiamenti nel nostro mondo.
-Stefan, perché ti stanno guardando? Capisco che sei un bel ragazzo, ma mi pare esagerato.- sussurrò Serena di punto in bianco e mi ritrovai a ridere senza cattiveria della sua ingenuità.
Mi fece tanta tenerezza. Per alcune cose era in grado di cavarsela e di mostrarsi autoritaria e decisa, ma in altre era così ingenua da scatenare in me l'istinto di protezione nei suoi confronti.
-Serena, sei così ingenua. Questa facoltà pullula di vampiri e mezzosangue, quindi non stanno guardando me, ma te.
Mi riservò uno sguardo confuso. Non riusciva a capire. Probabilmente prima di quel giorno, non doveva aver riscosso tanto successo tra i suoi colleghi universitari.
-Questi sono quasi tutti i tuoi sudditi. Dopo il gala in tuo onore, tutti i vampiri sanno che sei la loro principessa. Quelli che non lo sapevano, vedendoti assieme a me in questo momento, hanno fatto due più due.- spiegai paziente, con un sorriso appena accennato.
-Spero non facciano nulla di avventato o che desti sospetti.- borbottò.
-In quel caso potresti distruggerli, visto che ti stai allenando nell'uso del paletto.- la canzonai amichevolmente.
Entrammo nell'aula e prendemmo posto. Serena salutò qualche suo vecchio compagno di corso umano e attendemmo l'inizio della lezione.

Quelle lezioni erano noiose. Nonostante facessi di tutto per distrarmi, le nozioni dei professori mi entravano in testa. Quei boriosi professori universitari non facevano altro che leggere le slides che avevano preparato mesi prima, se non anni prima, e vantarsi delle loro imprese sminuendoci. Dovetti trattenermi dall'alzarmi per andare a minacciare qualche professore, anche perché non potevo rischiare di farmi espellere o peggio rivelare l'esistenza di un mondo loro sconosciuto.
Fortunatamente non tutti i professori avevano quell'atteggiamento e sapevano di cosa stessero parlando e quei pochi riuscirono anche ad andarmi a genio.
Serena prendeva appunti a una velocità impressionante, scarabocchiando e costellando la pagina di appunti, note e asterischi, mentre il mio foglio era immacolato. La mia memoria, allenata giorno dopo giorno da mio padre e mio zio col pugno di ferro, non avrebbe dimenticato quelle lezioni tanto facilmente. Ahimé, ora anche io sapevo descrivere perfettamente la cellula animale e avrei potuto far morire di noia i miei nemici con quelle nozioni.
Serena cercò di liberarsi di me in ogni modo, ma non ce l'avrebbe fatta. Non avrei rinunciato al piacere della sua compagnia tanto facilmente, che lo volesse o meno. Era troppo gentile per dirmi chiaramente che non mi voleva tra i piedi e fino a quando non l'avesse detto, sarei rimasto con lei.
Quando andammo nell'aula studio, riuscii a memorizzare ogni singolo dettaglio del suo visto, le smorfie che faceva quando non capiva un determinato argomento, quando era concentrata e la piega che assumevano le sue labbra quando si accorgeva che la fissavo.
Era meravigliosa. Avrei tanto voluto sapere quanto fossero morbide le sue labbra, ma avrei fatto un passo alla volta. L'avrei conquistata e sarei finalmente riuscito a sentire il sapore di quelle labbra color melagrana.
“Ma che pensieri da verginella innamorata fai?! Sei un Lovinescu, diamine! Abbi un po' di rispetto per te stesso e smettila di pensare all'amore!” mi rimproverai più volte mentalmente, ma non ce la facevo. Tutte le volte che provavo a non pensarci, il pensiero di averla, di possederla e di essere amato a mia volta da lei, faceva diventare il mio cervello degli spaghetti scotti.
-Devo andare da mio zio, quindi ti riporto a casa e ci vediamo domani.- affermò mettendo a posto le sue cose.
-Mi piacerebbe venire a vederti. Sono curioso di sapere quali lezioni ti sta impartendo Wilhelm.
Vidi un lampo di grandissima sorpresa passare nei suoi occhi, ma durò poco. Ero veramente curioso, anche perché volevo capire appieno le sue capacità. Non potevo di certo dimenticarmi che i nostri due clan erano stati nemici fino a poco tempo prima.
-M-ma non dovresti andare a studiare?- domandò balbettante.
-Ho una buona memoria e poi queste cose le ho già studiate col mio insegnante privato.- mentii.
Non avevo minimamente intenzione di studiare quelle cose. Non mi sarebbero mai servite per guidare un regno e non mi interessavano affatto. Fossero state nozioni sull'anatomia o la cellula dei vampiri, avrei ancora potuto farci un pensierino.
Mentre ci dirigevamo alla sua “macchina”, Serena mandò un velocissimo messaggio e non riuscii a scorgerne il destinatario. Supposi fosse Erica, con la quale si stava lamentando di me e del mio atteggiamento.
Arrivammo a casa di Wilhelm, che era situata nel centro della città, e quando ci aprì la porta, riservò alla nipote uno sguardo abbastanza ansioso.
-Buon pomeriggio, Wilhelm.- lo salutai cordialmente.
-Buon pomeriggio, Stefan. Serena, oggi lezione di pianoforte e canto.
-Mi rifiuto di cantare.- rispose imperativa, incrociando le braccia al petto.
Era così pessima nel canto da rifiutarsi di allenarsi davanti a me oppure si vergognava terribilmente? Dal suo sguardo supposi la seconda ipotesi.
-Perché? Mi piacerebbe vederti mentre ti cimenti col canto.- dissi sghignazzando intenerito.
-Perché no.- rispose duramente.
Wilhelm sospirò e condusse Serena al pianoforte a coda situato nell'enorme salotto.
-Stefan, potete accomodarvi sul divano. In frigo ci sono scorte di sangue e vino a volontà, fate come se foste a casa vostra. Serena, cominciamo.
Presi un bicchiere e una bottiglia di sangue e tornai in salotto, pronto a godermi una delle lezioni giornaliere di Serena. La vidi cimentarsi con le scale come riscaldamento e appurai che non era così malvagia come avevo creduto. Era ancora un po' incerta sui tasti da premere, ma era sulla buona strada per migliorare.
Terminate le scale, suonò un pezzo molto semplificato di “Sonata al chiaro di luna” di Beethoven, melodia che adoravo e che avevo notato essere sulla playlist della mia fidanzata. Le sopracciglia erano aggrottate, segno che era concentratissima a non sbagliare neanche una nota, ma ne sbagliò qualcuna quando Wilhelm iniziò a porgerle domande molto semplici sulla storia e sulla politica.
Le domande e le note si stavano susseguendo monotone e noiose, fino a quando non dette una risposta che per poco non mi fece risputare il sangue nel bicchiere dall'ilarità. Il “Conte Dracula” era stato uno dei vampiri più importanti, che si era trasferito in Inghilterra dopo aver svolto tutte le pratiche con Johnatan Harker? Ma siamo matti?! Anche io avevo letto “Dracula” di Bram Stoker, ma il conte restava un personaggio di pura fantasia e poi noi non ci trasformavamo in roditori con le ali, anche se roditori non erano.
Dopo quello strafalcione, ne susseguirono altri e non riuscii a trattenermi dal guardarla con le sopracciglia alzate più e più volte. Ma che diamine le aveva insegnato Wilhelm? In quei mesi avrebbe dovuto apprendere qualcosa e invece stava dicendo una marea di assurdità. Forse con me si vergognava ancora e per paura di commettere degli errori, ne commetteva moltissimi. La trovai... dolce e indifesa.
-Non ce la faccio, zio. Sto andando nel pallone e mi scoppia la testa.- sospirò massaggiandosi le tempie.
-Sono forse io che ti metto a disagio?- chiesi ridacchiando.
-No! Affatto.
“Non ci credo neanche morto.” pensai.
-Se la lezione è finita, mi piacerebbe che mi portassi in un posto.
Mentre Serena aveva continuato a commettere errori su errori, avevo cercato sullo smartphone se in quella città ci fosse un maneggio e ne avevo trovato qualcuno. Mi sarebbe piaciuto cavalcare con lei, anche se non avrei montato uno dei nostri potenti stalloni presenti nelle scuderie del castello.
Quello era uno dei miei hobby ed era una delle pochissime cose che avevo apprezzato apprendere da mio padre. Essendo un futuro re, non avrei potuto sempre godere delle lussuose auto presenti nel nostro garage, soprattutto in tempi di guerra, così era utile sapere andare a cavallo.
-Oggi non ti entra niente in testa, vero? Non importa, riproveremo domani. Sarebbe inutile continuare oggi, ma domani ti voglio concentrata.- disse Wilhelm alla nipote.
-Sicuramente, a domani.- lo salutò abbracciandolo e io rimasi sorpreso.
Serena abbracciava liberamente suo zio, che poteva essere benissimo uno dei successori al trono, senza problemi. Wilhelm avrebbe potuto convincerla a firmare un documento nel quale affermava di abdicare in favore di Wilhelm e poi ucciderla, per avere così il controllo su due clan influenti. Possibile che Serena non pensasse minimamente a quella possibilità? Zio Lucian l'avrebbe fatto, se mi fossi trovato io al posto di Serena.
Stavamo andando alla macchina e Serena non fece altro che mandarmi occhiate fugaci.
-Stai pensando talmente tanto che mi sembra di vedere il fumo che ti esce dalle orecchie.- disse ironica.
-Stavo pensando a te che abbracci tuo zio. Io non lo farei mai.- risposi sorpreso.
Piuttosto che abbracciare mio zio come aveva fatto lei poco prima, preferivo combattere contro un orso a mani nude.
-Che c'è di male? È un mio parente e andiamo d'accordo. Abbracciarlo non mi pare un gesto di debolezza.
-Invece sì, hai dimostrato che provi affetto per un tuo sottoposto.- ribattei.
“L'hai mostrato a me, quindi l'avrai sicuramente mostrato ad altri. Se si mostrano le proprie emozioni agli altri, si diventa vulnerabili.” pensai, ma lei aveva già la risposta pronta.
-Io invece penso di avergli dimostrato gratitudine e poi so che con lui posso permettermelo.- ribatté a sua volta.
-Puoi permettermelo? Ma non dire sciocchezze.- risposi salendo in macchina.
-Non vuole il potere, vuole solo rispettare la promessa che ha fatto a sua sorella. Non si monterà la testa perché sa che gli voglio bene e sicuramente non vuole rubarmi il potere, anche perché non potrebbe. È un erede dei Von Ziegler, ma con i Vidrean non ha alcun legame e questi non lo accetterebbero come loro sovrano. Ancora meno voi Lovinescu, non lo accettereste mai come erede di quei due clan, a meno che non sia io stessa ad abdicare in suo favore.
Dalle sue parole, non era minimamente intenzionata ad abdicare e quel discorso mi mostrò un altro lato del suo essere. Non credevo che avesse calcolato tutto anche con suo zio Wilhelm, che sapevo essere, nonostante non ci avessi parlato granché, una brava persona e molto affezionato alla defunta sorella. A pensarci bene, se Wilhelm avesse voluto incentrare il potere nelle sue mani, avrebbe potuto scrivere un documento nel quale Serena affermava di voler abdicare e farglielo firmare con l'inganno, magari spaventandola con le storie sulla nostra famiglia e non cercare di farla ragionare e farle tenere fede al patto.
-In una giornata con te ho capito molto di più che in due serate.- affermai sorridendo.
-Io di te non ho capito un cazzo.
-Che termini scurrili per una principessa.- le feci notare storcendo il naso.
Mi ero quasi dimenticato di quanto potesse essere grezza e volgare.
-Ehi, non sono in veste di principessa, ma di ragazza comune. Lontano dagli impegni regali, lontano dal cuore. Allora spara, che tipo sei?- disse mettendo in moto la macchina.
“Spara? Ma che diavolo...”.
Quei termini gergali proprio non li capivo, ma non feci commenti. Non volevo iniziare un'altra discussione sterile riguardo al suo comportamento rozzo.
-Sono come mi vedi.
-Un arrogante e carismatico vampiro?
-Esattamente.- risposi divertito dalla sua battuta.
-Dai, ci dev'essere qualcos'altro. Che hobby hai?
Mi sembrava un po' troppo interessata a conoscermi. Sapevo di irritarla da morire, perciò mi sembrava scontato che non volesse nemmeno conoscermi. Le possibilità erano due: stava cercando di scoprire se avessi in mente un piano in particolare oppure si era rassegnata a dover passare tanto tempo con me e voleva conoscermi per davvero. Sperai vivamente che fosse la seconda possibilità.
-Mi piace andare a cavallo, collezionare armi di ogni genere, che ovviamente so utilizzare, e leggere, in particolare Shakespeare e Machiavelli. Trovo che "Il Principe" sia un'opera molto interessante e aspiro a diventare un sovrano come il principe ideale descritto da Machiavelli.
Non volevo essere un sovrano buono, ma un sovrano giusto. Può succedere che se si è un sovrano buono, si rischia solo di far soffrire a lungo qualche suddito. Un sovrano giusto vaglia ogni possibilità per il bene del suo popolo, senza far soffrire nessuno se non se stessi, se la decisione che è giusta da prendere va contro i propri ideali.
Quel libro era stato per me un'opera che mi aveva ispirato e sarei diventato esattamente così. Sarei stato il primo sovrano Lovinescu a non essere spietato, ma giusto.
-Anche a me è piaciuto molto. Durante le lezioni di italiano alle superiori, la nostra professoressa ci fece un riassunto molto ampio, ma è un peccato non averlo mai letto.- spiegò e io rimasi sconcertato.
-Davvero? Se ti va ti presto il libro, vale la pena di leggerlo. E tu che cosa leggi?
Fu divertente quel viaggio, soprattutto quando mi rivelò che aveva numerosi libri riguardo ai vampiri. Non era stata immune al fascino della nostra specie nemmeno nei gusti letterali.
-Dimmi che non hai mai creduto a certe stupidate scritte in molti di quei libri, ti prego.- chiesi ridacchiando.
-Be', di certo non sembriamo tanto morti come alcuni libri ci descrivono e ringrazio ogni dio esistente e non che possiamo cibarci anche di cibo umano. Non penso che sarei riuscita a sopravvivere ad un'eternità senza pizza e lasagne.
Scoppiai a ridere e mi ritrovai d'accordo con lei. Non credevo che sarei riuscito a sopravvivere senza gulasch o, perché no, un'ottima pizza per l'eternità. Sarebbe stato triste e noioso.
La mia risata la contagiò e pensai che il mio cuore si sarebbe potuto fermare da un momento all'altro. La sua risata era bellissima, nonostante fosse incontrollata e poco regale, ma poco mi importava. Se mi avessero chiesto come sarebbe potuta essere la risata di un angelo, io avrei risposto che sarebbe stata come quella di Serena.
Ci ritrovammo nel maneggio poco fuori città. Serena rimase ad accarezzare i cavalli e io discussi col proprietario riguardo ai cavalli. Aveva un paio di stalloni e qualche giumenta docile e robusta, perfetta per coloro che non sapevano cavalcare. In effetti non avevo chiesto a Serena se fosse in grado di cavalcare, quindi decisi di prendere la giumenta, lasciando gli stalloni trepidanti nei loro box.
Il proprietario mi passò due caschi, i finimenti e mi disse che potevo pagare il tutto alla fine.
-Sei mai andata a cavallo?- domandai a Serena conducendola verso le stalle.
-Mmh... vale il cavallo di plastica scadente delle giostre?- chiese e io la guardai in modo eloquente con un sopracciglio alzato. -Immagino di no.- aggiunse.
-Davvero non sei mai salita su un cavallo? Nemmeno con Wilhelm?
-Da piccola, con l'istruttore che portava le briglie e basta, però non mi sembra un dramma che io non sappia cavalcare. C'è un sacco di gente che non sa farlo e vive benissimo così.
Ridacchiai divertito e pensai a Wilhelm. Aveva commesso un errore non da poco, ma non potevo biasimarlo. Si stava occupando di insegnare tutto alla nipote, quindi era plausibile che qualcosa gli fosse sfuggito di mente. Avrei riparato io al suo errore.
Condussi Serena verso la giumenta color cioccolato e criniera nera. Era piuttosto bella e robusta, perfetta per essere cavalcata da due persone. Iniziai a mettere i finimenti e spiegai a Serena come metterli e dove. Terminato, condussi la giumenta verso la pista e la guardai.
-Sali.
-Cosa?- domandò ad occhi sbarrati.
-Sali sul cavallo. Ti insegnerò a cavalcare.
-Grazie, ma no grazie. Posso sopravvivere senza saper cavalcare.
Mi ritrovai a sorridere: era spaventata a morte da una docilissima giumenta! Se avessi preso uno di quei stalloni muscolosi e vivaci l'avrei anche capita, ma in quel caso era un cavallo docile alto uno e settanta al garrese.
-Cavalcare è una cosa molto importante, soprattutto per una principessa. In certe occasioni non potrai utilizzare le macchine lussuose del tuo garage, quindi è meglio se impari a cavalcare, e in fretta anche.- spiegai pazientemente, accarezzando il muso del cavallo.
Era ancora piuttosto scettica, ma era una cosa che doveva imparare, come l'etichetta, la storia e la politica.
-Quando sarai in sella, salirò dietro di te, così non avrai paura di cadere. Ho scelto appositamente un cavallo piuttosto robusto.- cercai di tranquillizzarla e mi fissò intensamente negli occhi, combattuta se darmi fiducia o meno, e alla fine cedette.
-D'accordo, ma se mi faccio male me la paghi molto cara.- mi minacciò e io mi ritrovai a sorriderle malizioso.
-E che punizione avresti intenzione di infliggermi?- domandai, già pensando alle numerose punizioni che mio padre e mio zio mi avevano inflitto.
Chissà se me ne avrebbe mostrata una nuova o una di quelle che avevo già subito.
-Non è che hai tendenze sadomaso? Se così fosse, devi starmi lontano almeno dieci metri.
Scoppiai a ridere per la prontezza che aveva avuto. Non ero uno di quei pervertiti che per eccitarsi hanno bisogno di certe cose!
-Puoi stare tranquilla, ero solo curioso. Forza, metti il piede sinistro sulla staffa e tirati su.- spiegai, ma non fui per nulla preparato alla scena che mi si presentò circa dieci secondi dopo.
Serena fece esattamente come le dissi, peccato che non si dette lo slancio necessario per sistemare anche l'altra gamba e rimase col sedere per aria, nel vano tentativo di non cadere e di issarsi correttamente. Meno male che avevo scelto quel cavallo, altrimenti un altro l'avrebbe portata in giro per tutta la pista in quel modo.
Scoppiai nuovamente a ridere, fin quasi a piangere. Non era per niente cavalleresco, ma la scena era troppo spassosa e del tutto inaspettata.
-Non ridere! Aiutami, scemo che non sei altro!- mi riprese.
Ancora ridendo, la presi per i fianchi e la riportai a terra.
-Scusami... è che... non pensavo...- dissi tra una risata e l'altra.
Vidi il suo viso diventare rosso come una melagrana e la trovai immensamente adorabile. Si guardava la punta delle scarpe piena di vergogna, non aveva il coraggio di guardarmi in faccia dopo quella gaffe.
-Perdonami, è che non me l'aspettavo.- mi scusai, nonostante riuscissi a stento a fermare le risa.
-Te l'ho detto che non so cavalcare.- borbottò continuando a guardarsi le scarpe.
-Riproviamo. Questa volta ti do una mano.- la incoraggiai.
Non era del tutto convinta, ma mise nuovamente il piede sulla staffa e mentre cercava di tirarsi su, le misi le mani sui fianchi l'aiutai a salire. Quando fu correttamente sistemata, saltai con un balzo dietro di lei e afferrai le briglie.
-Devi mettere le mani qui.- spiegai stringendole le mani e sistemandogliele a dovere sulle briglie. -E dai un leggero colpetto con i talloni sui fianchi del cavallo per farlo andare al passo.
Fece come le dissi e la giumenta si mosse con passo tranquillo. Era piuttosto preoccupata ed era incollata al mio petto. Cercai di darle più sicurezza stringendola a me con fare protettivo e di tanto in tanto mi ritrovai a inspirare il suo dolce profumo.
Avrei voluto rimare con lei in quella posizione per sempre. La sua schiena contro il mio petto, i suoi capelli a solleticarmi il mento e la guancia e il suo respiro a mandarmi in estasi, ma dovevo insegnarle a cavalcare e non potevo permettermi quel lusso, soprattutto sapendo che lei a stento mi sopportava. Pian piano la sentii sempre più rilassata tra le mie braccia.
-Visto? Non c'è nulla da temere. Te la senti di andare al trotto?- domandai.
-Eh? Oh, sì. Va bene.- rispose intontita.
Era molto veloce nell'apprendimento, nonostante un paio di volte rischiò di innervosire la giumenta. Era nata per andare a cavallo e mi sarebbe tanto piaciuto sfidarla in una competizione amichevole, ma ne avremmo riparlato più avanti. In un solo pomeriggio imparò ad andare a cavallo da sola, senza il mio aiuto, ma per il galoppo ci voleva ancora del tempo.
Fu un pomeriggio molto piacevole e le sue battute, auto-ironiche o meno, provocavano in me un riso quasi irrefrenabile.
-Te la sei cavata piuttosto bene, ma non credo che riuscirò a togliermi dalla testa l'immagine di te con le gambe all'aria sul cavallo per un bel po' di tempo.- la canzonai ridacchiando, mentre tornavamo alla macchina.
-Certo che sei antipatico.- borbottò imbarazzata, camminando con passo tremante.
Era dura per chi non era abituato a cavalcare, ma presto si sarebbe abituata.
-Dai, stavo solo scherzando. Sei una ragazza che apprende in fretta ed entro qualche settimana, saprai cavalcare perfettamente.- mi complimentai con sincerità.
Era una donna splendida, che in una giornata mi aveva stupito moltissimo. Era interessante, sveglia, intelligente e... no! Non dovevo permettere all'amore di avere il sopravvento, ma potevo farci ben poco. Quell'emozione sembrava esplodere in me senza che me ne accorgessi. Come aveva detto mio padre, ero diventato un debole, ma non mi dispiaceva così tanto come avevo creduto.

Angolo autrice.
Buonasera a tutti! E' un capitolo privo di sorprese, ma spero che vi piaccia lo stesso xD
Grazie a tutti per i vostri commenti, per aver messo la storia tra le seguite/preferite e vi aspetto al prossimo capitolo!
Un bacione enorme
Arsax <3
  
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