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Autore: la ladra di libri    12/10/2017    7 recensioni
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Cassie osservava il paesaggio fuori dalla sua cameretta, sul balcone che dava sul boschetto accanto casa sua; l'indomani sarebbe partita per il castello di Hogwarts, e anche se era notte fonda non riusciva a dormire, perchè da quell'anno sarebbe arrivata a studiare anche la maggior parte dei suoi cugini.
"Speriamo che la McGrannit non abbia un malore"
Mormorò divertita mentre le punte dei patelli diventavano viola per l'emozione
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Terza generazione
Genere: Avventura, Fantasy, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corvonero, Maghi, fanfiction, interattive, Serpeverde, Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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A Cedric,
che ci ha insegnato che coraggio significa anche lealtà.

 

​Su per le scale della torre di Corvonero...
 

“Allora, noi siamo i più sfortunati in fatto di Sale Comuni” esordì Nope, iniziando a salire su per la torre di Corvonero, all’indietro, guardando i primini che lo seguivano.

“In quanto Corvi, dobbiamo stare in alto, ma la nostra cara fondatrice non ha pensato che non possiamo volare, che le scale dobbiamo salirle scalino per scalino, e che i nostri polmoni non sono immortali” eppure sembrava che quelli del ragazzo lo fossero: stava saltellando all’indietro senza cadere, la voce era squillante, e Shana si domandava come facesse.

“Alla fine ci fai l’abitudine” una voce alle sue spalle la colse di sorpresa, e per poco non mancò lo scalino successivo.

Dietro a lei c’era un ragazzo dalla carnagione chiarissima, i capelli biondi e gli occhi color ghiaccio, che la guardava con un sorriso divertito.

“Non volevo spaventarti” disse a mo’ di scuse, e Shana sorrise imbarazzata, scuotendo appena la testa.

“Volevo solo informarti che ci farai l’abitudine”

“Al numero infinito di scalini?” mormorò lei, dubbiosa sul fatto che lui potesse leggerle nella mente.

“Sia a quello, sia al fatto che Lupin li salga senza la minima fatica e che sia così fastidiosamente allegro” rispose il ragazzo.

“Oh…non andate d’accordo?” mormorò spinta dalla curiosità “Non siete tipo…parenti? Nel senso, tu sei un Malfoy da quanto ho capito… e lui ha sangue Weasley…quindi…” Shana si perse un po’ a spiegare quell’enorme albero genealogico, ma non c’è da stupirsi: succederebbe a tutti.

“Sì, sono Edward Malfoy, e sebbene noi siamo imparentati alla lontana, e sottolineo: alla lontana” ripeté quasi fosse la parte più importante della frase “non dobbiamo andare per forza d’accordo”

 

Eh, Malfoy aveva proprio ragione.

Il primo anno la preside aveva ben pensato di metterli in camera insieme, dopotutto dovevano essere abituati a convivere, viste le numerose feste di famiglia a cui entrambi partecipavano, no?

No.

Mai ci fu pensiero così sbagliato.

Alla fine della seconda settimana dall’inizio della scuola, l’intera casata dei corvi era così disperata a causa loro, che andarono tutti (tutti, primini e prefetti compresi) a chiedere che venissero divisi.

I prefetti rinunciarono alle loro camere singole, che furono prese dai due ragazzi (fatto mai accaduto in precedenza) pur di avere un minimo di silenzio, pace e tranquillità nella torre, soprattutto per studiare!

 

Torniamo a Shana e Ed, e agli scalini che stavano distruggendo i loro polmoni.

Arrivarono finalmente alla porta d’entrata, e su essa stava un magnifico battacchio di bronzo, a forma d’aquila, che appena li vide…sorrise?

I battacchi sorridono?

“Oh, magnifici ed agitati primini!” esclamò

“Già- rispose Nope- Non sono carini?”

L’aquila in tutta risposta sbuffò (sempre se le aquile di bronzo possano sbuffare) “Dipende, se risolveranno il mio indovinello sì, sennò no. Ah, e possono parlare solo loro! Voi vecchietti state in silenzio!”

Il ragazzo sospirò, appoggiandosi con la spalla alla porta

“Dovete sapere, piccoletti, che per accedere alla Sala Comune dovete rispondere correttamente all’indovinello che Magdalena vi porrà”

Shana alzò un sopracciglio “Le avete dato un nome?” mormorò a Ed, che in tutta risposta sospirò annuendo.

“Esatto, giovane Lupin. Ecco qua l’indovinello:

In una casa ci son tre fratelli a volte son brutti e a volte son belli.
Il primo non c’è perché sta uscendo, il secondo non c’è perché sta venendo, c’è solo il terzo, il più piccolo dei tre, ma quando manca lui, nessuno degli altri due c’è.
Chi sono?”

Shana spalancò gli occhi, scervellandosi per trovare una risposta: era naturalmente una metafora.

 

Il primo fratello è già passato, il secondo sta arrivando e il terzo deve ancora arrivare…

Ma certo!

 

“Il presente, il futuro e il passato!” esclamò una voce alle sue spalle, qualche secondo prima che potesse aprir bocca.

Anche Edward si girò, e rimase piacevolmente sorpreso a scoprire che era stata Felicity a rispondere.

“Oh, brava cara!” esclamò Magdalena “Potete entrare”

E detto questo la porta si aprì, mentre il battacchio tornò immobile.

Felicity trovò molto accogliente la Sala comune, nonostante non avesse nulla di caloroso. Il colore prevalente era il blu, e appena alzò lo sguardo vide che sul soffitto era c’era la rappresentazione di un cielo stellato. Si lasciò scappare un sospiro di ammirazione e felicità, dopotutto questo non faceva altro che aiutarla con il suo problema verso gli spazi chiusi. Inoltre c’erano ampie finestre, probabilmente per far entrare quanta più luce possibile; la ragazza riconobbe che erano ad arco acuto si sentì molto fiera di se stessa.

Dopo che furono entrati tutti Nope salì in piedi su un tavolo, battendo le mani per tornare ad avere tutta l’attenzione su di sé (come se di solito passasse inosservato), e iniziò a spiegare gesticolando animatamente.

“Allora, le camere delle ragazze sono a sinistra, quelle dei ragazzi a destra, dopotutto se non è zuppa è pan bagnato” disse citando un modo di dire, che vedendo le facce dei presenti, pochi avevano capito.

“Comunque, sulle porte troverete scritti i vostri nomi e dentro alle camere ci saranno tutti i vostri bagagli ad aspettarvi. Infine, se avrete bisogno non chiedete a me, non sono un prefetto, ma ai veri prefetti che conoscerete domani mattina poiché ora hanno una riunione; per qualsiasi dubbio chiedete al tipo biondo e alto vicino alla piccoletta col caschetto”

Edward, sentite quelle parole, si costrinse a non picchiare il ragazzo davanti a tutti e a non buttare un secchio d’acqua addosso alla piccola primina con cui aveva parlato prima, visto che le sue guance erano rossissime dall’imbarazzo. Fece un fintissimo sorriso, e alzò la mano per indicare che Nope si stava riferendo a lui, rimanendo comunque a fissarlo con aria seccata: lui doveva finire di controllare per la nona volta i compiti estivi!

Felicity nel frattempo era corsa a una finestra per ammirare il panorama, e rimase incantata a osservare il Lago Nero; si perse così tra i suoi pensieri, pensando alle numerose creature che vivevano lì e nella Foresta Proibita. Decise che l’indomani sarebbe andata ad informarsi.
 

 

 ​In una camera di Tassorosso...

“Organizziamoci” disse David a Jonathan, e quello lo guardò come se fosse impazzito.

“Eh!?” fu l’unica risposta che riuscì a dare, visto che la parola “organizzare” non esisteva nel suo vocabolario

“Esatto, organizziamoci. Siamo in stanza insieme, conviveremo per i prossimi sette anni se tutto andrà bene…” mormorò come spiegazione, iniziando a tirare fuori dal baule i suoi maglioni piegati, e Jonathan per poco non svenne.

“Organizzarci…per? Non dirmi che vuoi riordinare ora! Siamo appena arrivati!”

Per Jonathan l’ordine era sinonimo di inutile, per David il contrario. Se il primo trovava tutto nel disordine, e si sentiva a proprio agio in mezzo a esso, il secondo poteva pensare chiaramente solo se l’ambiente circostante era ordinato, o almeno nei limiti della decenza.

David sospirò, e dopo aver messo il minimo indispensabile negli armadi si sedette sul letto, spostando il baule sotto a esso.

Provava molte emozioni contrastanti, felicità di essere al castello, curiosità, voglia di imparare…anche se a volte venivano sopraffatte dalla nostalgia.

“Ehi, occhialuto, che ti passa per la testa?”

Si voltò a guardare Jonathan, seduto sul letto che lo fissava con aria interrogativa.

“Nulla Jon, nulla…” poi si bloccò guardandolo interrogativo “Posso chiamarti Jon, vero!?” mormorò pensando di essere stato inopportuno.

Il diretto interessato si lasciò scappare una risata “Certo David, certo. Dopotutto conviveremo per i prossimi sette anni” disse ripetendo le sue stesse parole.

David sorrise, spostando poi lo sguardo sul barbagianni appoggiato sul davanzale della finestra “Come si chiama lui?” disse indicando l’animaletto che lo fissava da ormai qualche minuto.

“Oh, lui è Erolynn” disse Jon sorridendo, per poi alzarsi e accarezzarlo sul capo “è un regalo dei miei…oh, a proposito…! - esclamò, facendo sobbalzare David che era rimasto incantato a guardare l’animale- ho problemi con la memoria a breve termine, quindi se ti chiedo di ripetermi qualcosa non prendertela, ok?”

David annuì guardandolo curioso, domandandosi cosa fosse accaduto a quel ragazzo sempre sorridente.

 

 Nella Sala Comune dei grifondoro...

“Che ne pensi, Jackie?” chiese Max alla diretta interessata.

Avevano ormai finito si mettere in ordine le camere e preparare (quasi tutti) il materiale per il giorno successivo, ed erano scesi nella Sala Comune per parlare insieme, visto che nessuno aveva sonno.

Jacqueyn era accucciata su una poltrona rosso fuoco, e non riusciva a star ferma; continuava a guardarsi attorno, quasi come se avesse paura di perdersi qualche particolare.

“Magnifico, è tutto magnifico!”

Max annuì, seduto per terra su un tappeto davanti al caminetto acceso come sempre, ma che non rilasciava un calore eccessivo nella stanza, probabilmente per qualche incantesimo. Lui sapeva perfettamente cosa provava la cugina, dopotutto era passato solo un anno da quando aveva visto il Castello per la prima volta, ed era cosciente di quanto potesse essere ipnotizzante tutto ciò.

Samuel li osservava dal divano, alternando sguardi dal libro a loro; non era mai stato uno dalle molte parole.

“Quando possiamo fare qualche scherzo!?” chiese impaziente la ragazzina, guardandoli elettrizzata; Max scosse velocemente la testa in segno di dissenso, mentre Sam ridacchiava guardandoli. Tutti sapevano che sebbene i due andassero molto d’accordo, erano diversi come il sole e la luna. Jackie era uno scricciolo tutto pepe, Max preferiva stare in camera a studiare piuttosto che cacciarsi nei guai.

“Sicuramente non la prima settimana, dai Jackie! Possiamo passarne una tranquilla? Solo una! Non ce ne sarà mai una tranquilla, mai! Per piacere!”

Tutti i grifondoro si girarono a guardarlo con aria divertita, dopotutto Max e il disordine erano due concetti che stavano agli antipodi!
 

Nella Sala Comune dei serpeverde... 

Cassie era sdraiata a pancia in giù sul tappeto della sua sala comune, scarabocchiando con una Bic babbana su un foglietto di pergamena. Era ormai da qualche minuto che borbottava a bassa voce, probabilmente parlando a se stessa; Arya era seduta a testa in giù sulla poltrona vicina, con le gambe che dondolavano sbattendo ritmicamente sullo schienale, e i capelli rossi sparsi sul tappeto verde entravano in contrasto col colore blu di quelli della metamorphmagus. Stavano ascoltando musica da un apparecchio babbano che era stato regalato da Hermione alla rossa, condividendo un paio di cuffiette. Sembrava avessero fatto un tacito accordo: “io non ti infastidisco, tu non mi infastidisci”.

La quiete venne interrotta da Enrich, che corse nella stanza ridendo a voce non esattamente bassa con in mano una… “Enrich!? Santo Merlino, è una macchina fotografica babbana quella!?” Esclamò Cassiopea, alzandosi velocemente in piedi e facendo cadere la cuffietta a Arya. La risposta arrivò prima del previsto, ma con una voce femminile “Lurido verme ridammi la mia macchina fotografica o ti scuoio vivo!”

Arya alzò la testa per vedere il boia che avrebbe giustiziato il folletto che stava saltellando nella Sala Comune cercando di scappare, e riconobbe la primina dai capelli multicolore che aveva notato durante lo simstamento. Rimase piuttosto sconvolta da ciò che accadde dopo: tutti inseguivano il ragazzo, chi per riavere il proprio oggetto, chi per vederlo. In pochi minuti la Sala Comune si ritrovò affollata: i ragazzi erano stati richiamati dal baccano ed erano corsi a vedere cosa stava succedendo.

La fine fu diversa da quella prevista; anche se erano già iniziate le scommesse su chi avrebbe atterrato chi, fu Nope, intrufolatosi nella Sala, a vincere. Enrich inciampò in un lembo del tappeto, cadendo sulle gambe di Arya, che si trovò l’affare babbano in faccia e un serpeverde in braccio. Cassie finì a testa in giù sul divano e la ragazza multicolore accanto lei, ma seduta normalmente. Velocemente acciuffò la macchina fotografica, togliendola dalla faccia di Arya, e se la strinse al petto alzandosi furibonda; senza dire nulla, ma con gli occhi fiammeggianti (letteralmente) andò verso le camere, e la folla che aveva assistito la lasciò passare ammutolita. “Oh, fortunato chi ce l’ha in camera!” esclamò Nope, per poi bloccarsi alla vista di Arya e Cassiopea che lo fissavano la prima con aria sconsolata, e la seconda stranamente allegra e incuriosita; “Come non detto, ho appena ricevuto la risposta…”

 

 

 

 

Ebbene, sì, sono viva. Scusate per l’assenza, spero che le millenovecentoepassa parole possano farmi perdonare! So che alcuni personaggi sono stati presentati velocemente, e mi scuso per questo! Vi prometto che tutti avranno il proprio ruolo, don’t worry (BE HAPPY!) Mi scuso per gli spazi tra una riga e l'altra, ho avuto problemi con l'editor e non riesco proprio a metterli in modo decente! Scusate tanto...

E…nulla, buona giornata/serata/nottata/vita a tutti!
La ladra di libri

  
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