7
– Cuori che bruciano
Il cuore
è troppo pesante e malconcio; una rabbia sorda ti monta dentro, e deve trovare
sfogo in qualche modo.
Hai preso
Nerone, che poverino, aveva già corso abbastanza per quella mattina, e l’hai
spinto al galoppo, oltre i cancelli della tenuta nobiliare.
Scusami bello, ti riposerai più tardi, gli hai
sussurrato in un orecchio, come se il baio potesse capirti, e magari, perfino
intuire il tuo stato d’animo, la frustrazione che ti serra il petto.
In cuore,
solo la maledetta voglia di allontanarti il più velocemente possibile da lì.
Più di altre volte.
Con
un’urgenza dolorosa.
Negli
occhi e nei pensieri, ancora l’immagine di lei e le parole vigliacche di una
donna che si ostina con tenacia sorprendente, a negare cosa prova, cosa
desidera davvero.
A volte
vorresti odiarla.
Ma il
problema è che non la odi. La ami. Troppo.
E la
desideri. A volte in modo feroce.
Come
adesso.
Non ci
hai messo molto ad arrivare alla taverna, giù in paese, distante solo qualche chilometro
dal promontorio a picco sul mare su cui sorge la villa della famiglia Jarjayes.
Non
potevi restare lì.
Non dopo
quello che è successo.
Anzi, che
non è successo.
Già,
perché nella scuderia non è successo nulla di quello che tu speravi.
Solo
qualche mezza frase smozzicata, spiegazioni inutili e richieste ancora più
inutili e assurde, di fronte alle quali hai piegato la testa.
Come fai
da sempre, e come sempre farai, probabilmente.
Hai poche
altre alternative.
“Se è
vero che mi vuoi bene, André, tu devi accettare come stanno le cose. È la cosa
migliore…”
Sei
rimasto immobile, teso come una corda di violino. Le parole puzzavano di
ricatto, e non erano quelle che volevi sentire.
Pochi
centimetri di spazio, ti separavano da lei; ne sentivi il profumo, immaginavi
la consistenza della sua pelle appena sudata, esposta alla tua vista dallo
scollo un po’ aperto della camicia.
Così
vicini, potevi sentire la corrente dell’attrazione scorrere tra di voi. E sei
certo che anche Oscar la sentiva; gliela leggevi sulle labbra umide, sulle gote
arrossate, la sentivi nel suo respiro trattenuto, la scoprivi nello sguardo
ardente che sfiorava le parti del tuo corpo esposte: il collo, la rada peluria
del petto che usciva da un lembo della camicia.
Lottavi
contro l’impulso di cingerle la vita e stringerla con tutta la forza che avevi,
contro il tuo torace, mentre lei parlava con voce malferma. Invece, lento hai
mosso la mano e l’hai posata contro la trave di legno, accanto alle dita di
lei.
Al tuo
gesto, Oscar ha sussultato dilatando le sue iridi azzurre, come se si fosse
aspettata un’altra reazione.
“Non
migliore… più facile per te, Oscar…” hai sospirato, stanco.
“Ti
prego, io non voglio rovinare quello che di bello c’è fra noi. Ci unisce
qualcosa di unico e speciale che è
solo nostro, e dovremmo difenderlo a spada tratta… non lo pensi anche tu?”
“Sì,
certo, e continuo a farlo Oscar, anche senza impugnare una spada… ci sono mille
altri modi di proteggere chi amiamo…”
“Allora,
non facciamoci del male di proposito. In fondo, siamo più fortunati di tante
altre persone… più fortunati perfino della regina e di Fersen.
Per me è importante il nostro legame, e spero lo sia altrettanto per te…”
“Come fai
a chiedermelo? - C’era amarezza nella tua voce, e alla fine, rassegnazione. -
Certo che per me è importante… lo è da sempre. Non voglio gettarlo alle
ortiche… non l’ho mai voluto, Oscar…”
“Sono
contenta di sentirtelo dire, André…”
Abbassavi
la testa in segno di resa. Oscar aveva fatto un passo indietro, mettendo una
piccola distanza di sicurezza tra i vostri corpi, e senza nessuna fretta
apparente, si era allontanata.
Sul
portone dell’ingresso, si era voltata a cercare una riprova nel tuo sguardo,
solo un istante, prima di uscire dalla scuderia.
Per un
minuto buono, non ti sei mosso; sei rimasto lì, con la mano posata dove prima
stava quella di lei.
Quando ti
sei schiodato da quella posizione, hai afferrato la sella tolta poco prima e
l’hai piazzata sulla groppa del tuo povero cavallo, che ha scosso la testa,
mentre tu recuperavi il resto dei finimenti e fermavi il sottopancia.
Pochi
minuti, eri già oltre i cancelli della tenuta, e nessuno pareva essersi accorto
della tua fuga.
Adesso
Nerone è legato fuori. Quando entri nel locale ci sono solo pochi avventori; a
quell’ora del giorno la maggior parte della gente è occupata nelle sue faccende
e attività quotidiane.
Ti siedi
al bancone, e l’oste ti riconosce e ti saluta con quella cordialità un po’
ruvida tipica dei normanni, e intanto ti guardi attorno, alla ricerca di un
volto famigliare; riconosci qualche faccia del posto, un paio di pescatori,
uomini con la pelle coriacea bruciata dal sole e dal mare.
Non devi
attendere molto.
La donna
ti ha visto subito, quando sei entrato, e adesso ti siede vicino.
Ha sempre
avuto un debole per te, ma non si è mai negata altre distrazioni; ha imparato
l’arte sottile di leggere il cuore degli uomini, e ha capito da tempo che il
tuo appartiene ad un’altra, e lei è una ragazza pratica; non cerca amori impossibili,
perché fa i conti con la realtà più dura della vita tutti i giorni.
Ha già
saldato il debito per la sua parte di umana sofferenza.
Capelli
rossi, ricci e ribelli.
Ciocche
che sfuggono da una cuffietta bianca, una pelle chiara piena di efelidi, e due
occhi grandi e maliziosi, luminosi come il cielo d’estate; un sorriso spontaneo
che mette in pace col mondo, e ti fa credere che la vita vada bevuta a grandi
sorsi.
“Ciao
André. È bello rivederti… mi sei mancato, sai?”
Ti guarda
in quel modo un po’ insolente, mentre le accarezzi una guancia col dorso delle
dita. È sincera, genuina; in queste qualità che tu apprezzi, sta tutto il suo
fascino.
“Ciao
Isabelle, speravo proprio d’incontrarti; ti va di passare un po’ di tempo con
me? Come ai vecchi tempi?”
Le
sorridi, e lei si fa più vicina. Senti il seno pieno che si struscia contro il
tuo braccio e le sue labbra pronunciate sussurrano un invito esplicito al tuo
orecchio. Tu hai tutta l’intenzione di accoglierlo.
Non è
cambiata molto dal vostro ultimo incontro, un’estate di qualche anno prima in
cui le tue notti lontane da Oscar, si erano colorate di passione esuberante e
innocente, con la gioia di dare e ricevere piacere, senza inutili pudori.
Non vi
siete mai fatti promesse, spinti e guidati solo dalla reciproca selvaggia
attrazione, né tu ne avresti fatte a chicchessia, ma con lei ti sei permesso
qualche confidenza, per alleggerire un poco il peso del tuo fardello; così,
dopo il sesso, le raccontavi delle bizzarrie viste a Versailles, intrighi di
amanti clandestini e licenziosi, e di amori sofferti e non corrisposti, senza
fare mai il nome di Oscar.
E lei le
tue storie, dal sapore di favole lontane, le accoglieva discreta, senza giudizi
o domande, come accoglieva il tuo corpo giovane e forte nel suo, appagando la
tua virilità impetuosa.
Anche
adesso, ti prende per mano e ti trascina dolcemente con sé. Tu la segui,
docile, oltre la scala che porta alle piccole stanze del piano superiore.
Nessuno degli avventori pare fare caso a voi. Quando entrate nella camera,
ritrovi tutto com’è nei tuoi ricordi: il mobilio modesto, le tende un po’
logore, la coperta di lana grezza sul letto troppo piccolo.
Poi la
porta si chiude, e il resto del mondo con i suoi amori impossibili e infelici,
resta fuori.
****
Sei
accostata al vetro di una delle finestre che si aprono sul giardino anteriore,
quando ti accorgi della precipitosa fuga di André.
Con
costernazione, lo hai osservato uscire dalla scuderia, attraversare il cortile
e oltrepassare il cancello di ferro, e lanciare il cavallo sulla strada che
scende un poco più a valle, in direzione del paese.
Un
subitaneo sussulto del cuore ti ha spinto a correre in camera tua, prendere
cappello e mantello e avvolgerlo sulle spalle. Veloce sei tornata verso le
scuderie, il tempo di sellare Cesar, e ti sei fiondata sulla strada già
percorsa da André, qualche momento prima.
Il veleno
del sospetto ti afferra i pensieri, e il cuore soffoca oppresso da una cupa
ansia che ti fa stare male, in maniera insopportabile. Non dovrebbe
interessarti quello che fa il tuo attendente nel privato, e normalmente non
indaghi nella sua vita, al di fuori degli obblighi che ha quando è al tuo
fianco per lavoro, ma ultimamente, tutto ciò che riguarda André ti coinvolge
troppo da vicino.
Deve
esserci qualcosa di malato e malsano in te.
È il tuo
egoismo, un’entità deforme di cui ti sfuggono i contorni, ma avvolge André in
una bolla priva di ossigeno nel tentativo di imprigionarlo dentro i confini
della tua vita assurda.
Comprendi
la sua esigenza. André cerca altro, lo senti.
È umano
desiderio di un uomo che aspira alla felicità, e non trovandola, ha bisogno di
placare l’insoddisfazione per non impazzire completamente, per non lasciarsi
vincere dal dolore.
Forse,
per impedirsi di fare del male proprio a te.
L’idea di
scoprire ciò che non ti piacerà ti atterrisce, ma vuoi vedere la verità coi
tuoi occhi, per quanto l’immagine nella tua testa di lui tra le braccia e le
gambe di una donna vera, quella che tu non ti sei mai sentita, ti ferisce di
dolore e ti accende di rabbia selvaggia e furiosa.
È folle,
ma il tuo spirito, rifiuta le cose più semplici.
Così,
quando arrivi in prossimità della locanda e vedi Nerone legato all’esterno, non
ci metti molto a capire dove possa trovarsi André.
Deve
avere solo pochi minuti di vantaggio su di te; infatti, appena entri nel
locale, scorgi subito la sua figura di spalle, al banco, e noti anche la
procace bella ragazza seduta accanto a lui, che si appoggia alla sua schiena e
gli sussurra con malizia qualcosa nell’orecchio.
Gli
sorride ammiccante, e lui ricambia.
La odi
già, di un odio feroce che annienta la ragione; non sai nulla di lei, e lei
forse, non sa nulla di te, di voi, di quello che siete l’uno per l’altra.
Dell’amore
che lui ti porta, che riempie i suoi giorni e i tuoi.
Dell’affetto
immenso e profondo che trattieni dentro, e devi soffocare con strazio.
Sai solo
che non dovrebbe essere lì con lui.
Sai solo
che non dovrebbe prenderlo per mano e guidarlo con intenzione fin troppo
chiara, su per quelle scale, mentre il tuo odio aumenta, esplode violento e ti
devasta il cuore e l’anima; nel buio dei tuoi pensieri, urli ingiurie
innominabili a quella estranea che osa mettersi tra voi.
Porti la
mano al ferro della spada; per un istante, il freddo dell’acciaio placa il
tremore delle dita strette sull’elsa.
Rigida e
immobile, appena oltre l’ingresso al riparo da un tramezzo di legno, la tesa
larga del cappello a nascondere il tuo sguardo gelido, non si accorgono di te.
Ti
trattieni ancora qualche secondo; dovresti voltarti e andartene, fuggire e
lasciare che André si prenda la sua consolazione, ma un desiderio cattivo
rapisce la tua volontà, e governa le tue gambe che si precipitano su per quelle
scale.
Nessun
rumore, solo il suono secco dei tuoi stivali sul legno un po’ consunto degli
scalini.
Arrivi di
fronte alla prima porta che apri senza esitare; vuoi dividerli, impedire che
giacciano insieme, prenderla per i capelli e cacciare quella sfrontata dalle
braccia del tuo amico, ma non trovi altro che una stanza deserta.
Sei
ancora in tempo, fermati, puoi ancora tornare indietro.
Non lo
fai; la voce maligna che ti sussurra di cercarli non ti abbandona; guida i tuoi
passi in scatti nervosi, e fa battere come un tamburo il tuo cuore che pare sul
punto di voler scoppiare per come pulsa forsennato.
L’ultima
porta, e loro sono lì dietro. Non bussi nemmeno.
Spalanchi
l’uscio con un po’ di prepotenza, e gli occhi s’infrangono sulla sagoma delle
spalle di André, che col suo corpo robusto nasconde quello più minuto della
ragazza che lo sta abbracciando. Sono ancora vestiti, in piedi al centro della
camera.
Dal punto
in cui sei, vedi le braccia bianche e le piccole mani che artigliano la sua
camicia sulla schiena, la testa piegata all’indietro ad esporre il collo tenero
all’assalto delle labbra fameliche del suo compagno, curvo su di lei.
Finalmente
i due amanti si accorgono di non essere soli nella stanza e interrompono le
loro effusioni; il primo dei due a voltarsi per vedere chi possa essere lo
scocciatore è proprio André.
Non
realizza subito chi sei, forse per via del cappello e il bavero alto del
mantello che ti celano in parte il volto. Nel volgere di un istante, incroci
uno sguardo verde fosco e illanguidito, quasi perso nel delirio; è uno sguardo
che non gli hai mai visto e che scioglie un nodo torbido e proibito nel
profondo della tua anima.
È una
fucilata dritta al petto che ti paralizza e arresta il tuo respiro, mentre una
voglia indecente ti striscia sulla pelle e contrae lo stomaco.
Poi,
André torna lucido e i suoi occhi si sgranano increduli e sconvolti su di te.
Si capisce che non si aspettava di incontrarti. Finalmente anche la ragazza
molla la presa, e si volta per vedere chi è l’intruso, e i tuoi panni di foggia
maschile la traggono in inganno.
La
sgualdrina osa rimproverarti.
“Che
modi! Non si usa bussare, monsieur?”
Non la
degni di una risposta, serri le labbra con durezza e le rivolgi un’occhiata
assassina, squadrandola da capo a piedi con alterigia; una chioma fluente e
selvaggia di capelli rossi, lingue di fiamma che le scendono sulle spalle nude
e una pelle che fa pensare alla dolcezza del latte.
Il
bustino in buona parte slacciato, rivela le rotondità dei seni e le labbra
vermiglie sono gonfie di baci dati e presi. Al pensiero di quei baci rubati,
l’odio ribolle in te e brucia come un ferro rovente. Osa fissarti con
spavalderia, finché i tuoi occhi di ghiaccio più terribili di una minaccia
fisica, non la intimidiscono e la fanciulla avvampa e abbassa lo sguardo,
colpita da quello che crede essere un giovane bellissimo ragazzo biondo.
André
resta in silenzio a fissarti con uno sguardo stralunato e colpevole, mentre
lascia il fianco della ragazza che cingeva poco prima. La giovane cerca
spiegazioni, e solo a quel punto André si decide ad aprire bocca.
“Forse è
meglio che ci lasci soli, Isabelle…”
“Ma
André…”
“Per
favore, torna di sotto. Non ti preoccupare, è tutto a posto…”
Isabelle
ti passa accanto per uscire, e nel farlo cerca di scorgere il volto nascosto
sotto la tesa del cappello, ma tu non le concedi altro che la piega severa
delle tue labbra.
Speri che
se ne vada in fretta; stai trattenendo la voglia di farle male, di urlarle
contro con cattiveria.
Fermo di
fronte a te, ti ostini a fissare André con uno sguardo che potrebbe incenerirlo
sul posto; nel silenzio la tensione è palpabile, affilata e pericolosa come la
lama di un coltello, la percepisce perfino la ragazza, che sull’uscio, prima di
lasciavi a voi stessi, preoccupata si rivolge al tuo attendente.
“Urla se
hai bisogno, André…” e se ne va.
André si
siede sul letto.
All’improvviso
ha l’aria stanchissima e un sospiro pesante gli esce dalle labbra. Appoggia i
gomiti sulle cosce e lascia ciondolare le mani libere tra le gambe un po’
divaricate, ma quasi subito porta le mani alla testa, piegandosi col busto in
avanti.
“Premurosa
la tua amichetta…”
Sibili
ironica, mentre lo guardi mantenere per un po’ quella posizione. Indugi più del
dovuto sul suo aspetto un po’ in disordine; il fiocco allentato che usa per
legare i capelli corvini, lascia sfuggire qualche ciocca ribelle lungo il bel
volto, i lacci della camicia slacciati a rivelare il petto, gli conferiscono
un’aria conturbante.
Non ti
spieghi come, ti fa sentire a disagio.
Finalmente
si muove e alza lo sguardo su di te.
“È
sorprendente. Mi hai seguito, fin qui… perché Oscar?” ti chiede stremato.
“Devi
smettere di vedere quella Isabelle. Te lo proibisco, André…”
Il tono
tagliente è solo apparentemente calmo. La rabbia è brace che arde nascosta
sotto la cenere.
“Sono
lusingato, parli proprio come una fidanzata gelosa… ma non sei la mia
fidanzata, Oscar. Non hai nessun diritto di farmi una simile richiesta…”
La
risposta è quieta; la verità non ha bisogno di essere urlata, ma nel tono della
voce c’è qualcosa di profondamente doloroso, che non basta a lenire la tua
irritazione. Quel che è peggio, lui ha ragione; non hai il diritto di
pretendere nulla e lo sai benissimo.
“Vuoi
dire che lei lo è?”
“No, lei
è solo un’amica.”
Hai
trattenuto il respiro prima che giungesse la risposta, mentre ti sentivi
derubata di qualcosa.
Sono io la tua amica… sono soltanto io!
“Tu
adesso torni a casa con me; finché siamo a Parigi, posso tollerare queste tue
intemperanze, queste… necessità, chiamiamole così. Non ho mai voluto
immischiarmi nel tuo privato, non mi sembrava giusto, ma finché restiamo in
Normandia, devi smettere di vedere quella ragazza. È un ordine, André.”
*****
Qualcosa
dentro di te si ribella. Sei abituato a prendere ordini, e non ti sei mai
sognato di non rispettare un ordine di Oscar, un suo desiderio, una sua
necessità.
L’hai
sempre aiutata in tutto, le sei stato accanto in ogni situazione, dalla più
delicata, alla più difficile. Non è solo il tuo lavoro, è la tua vita accanto
alla donna che ami, ed è l’unica maniera che hai per dimostrarle da sempre
quanto tu le sia devoto.
È il tuo
amore anche quello, anche se c’è chi lo chiamerebbe servilismo.
Aiutarla
a sostenere il suo ruolo, facilitarle il compito gravoso di essere perfetta ed
efficiente quanto e più di un uomo, è il tuo modo di amarla.
E sei
felice se lei riesce bene in quello che fa, è quasi un motivo di orgoglio per
te, come se fosse un po’ merito tuo, e l’amore in questo ti aiuta moltissimo.
Ma
l’ultima richiesta di Oscar, è dettata dalla meschinità.
E non
puoi accettarla.
Così, per
la prima volta le neghi qualcosa, tu che mai le hai negato nulla.
Il suo
mantello oscilla al più lieve movimento del corpo. Sta per uscire dalla camera,
ma si blocca subito al suono della tua voce ferma. Si volta per guardarti, e
pianta allibita le sue iridi turchine su di te.
La rabbia
è lì, pronta a deflagrare.
“Cosa?”
Ti alzi
in piedi e ti piazzi di fronte a lei, deciso ad affrontarla, nel piccolo spazio
di quella camera, con il letto dietro le tue spalle. All’improvviso ti sembra
angusta e opprimente. Sai già che saranno scintille, e potrebbero divampare in
un incendio più grosso, e sai che il luogo in cui siete presenta le sue
insidie. Ti chiedi se Oscar le intuisce.
“Ho detto
di no. Non mi sento obbligato a rispettare un ordine del genere.”
“Vuoi
dire che intendi rivederla?” ti domanda
sgomenta oltre che arrabbiata, e la voce è salita di un’ottava.
“Se ne
avessi voglia, perché no? A Parigi non ti darebbe fastidio se passassi le mie
notti nei bordelli, e qui non posso cercare un po’ di sana e normale compagnia femminile? Cosa ci sarebbe di diverso?”
Hai
calcato l’accento sugli aggettivi sana e
normale, e lo hai fatto apposta.
È
un’aperta provocazione, e potrebbe finire malissimo, perché la stai pungendo
sul suo punto più debole, ma proprio non ti piace quello che Oscar sta cercando
di fare.
“Non te
lo permetterò, André…”
“Sono
proprio curioso di vedere come farai… vuoi infilarti nel letto fra di noi?”
Il tono
sarcastico, stiri appena le labbra in una risatina sommessa, ed è la goccia che
fa traboccare il vaso. Lo schiaffo parte fulmineo e ti prende in pieno, il
primo di una serie che sembra inarrestabile, finché esasperato e ferito non le
blocchi un polso, e subito dopo l’altro.
Inizi a
lottare per tenerla ferma, cercando di non farle male, ma Oscar ha perso
completamente il controllo. È fuori di sé dalla rabbia.
Il
cappello le cade sul pavimento
Sentendo
la tua forza, inizia ad avere paura, e si mette a urlare tentando di liberarsi,
ma tu non lasci la presa ferrea sui suoi polsi.
Vuoi solo
che si calmi, ma lei, come una gatta furiosa cerca ancora di colpirti al basso
ventre con le ginocchia e ti urla di lasciarla andare.
Usi tutta
la forza che hai e non è difficile avere ragione di lei; mantenendo la presa
sui suoi polsi, le porti le braccia dietro la schiena e la blocchi, impedendole
qualsiasi movimento, stringendola contro il tuo corpo in un abbraccio che
cancella ogni spazio tra voi.
Così
aderente a te, con il seno morbido schiacciato contro il tuo petto, senti il
suo cuore battere furioso. Oscar pronuncia il tuo nome; c’è il panico nella sua
voce, ma non è tuo desiderio spaventarla.
Vuoi solo
placare la tempesta del suo animo.
Abbassi
la testa e porti le labbra vicine al suo orecchio, mentre aspiri il profumo dei
suoi capelli che ti solleticano il viso.
“Calmati
Oscar, ti prego. Non voglio farti del male, non te ne farei mai. Ora non
muoverti e prova ad ascoltarmi…”
La tua
voce bassa e roca diventa un sussurro ipnotico a cui lei pare arrendersi. È
immobile, la sua fronte appoggiata contro la tua spalla, il respiro un po’
accelerato che va rallentando.
Non tenta
di liberarsi, non oppone resistenza.
Le tue
dita trattengono ancora i suoi polsi. È abbandonata contro il tuo corpo e
sembra sfinita, non sai se dalla lotta o dalle emozioni che vi hanno travolto. Non
puoi immaginare cosa stia pensando, né cosa penserà dopo.
Piano,
allenti un poco la presa, ma non la liberi ancora. Quando inizi a spiegare
qualcosa che pare difficilissimo, quasi impossibile da dire a cuore aperto a
qualsiasi altra donna che non sia lei, cerchi di farlo col tono più gentile che
riesci a trovare.
“Con
Isabelle è soltanto sesso, Oscar… non è amore. Non ne sono fiero, ma è l’unico
modo che ho per non impazzire…”
Oscar
continua a restare immobile; la testa appoggiata al tuo petto, non puoi vedere
l’espressione del suo viso, ma senti che il suo respiro si è fatto più calmo e
regolare. Forse, lo trattiene per un attimo. Tu, incoraggiato dal suo silenzio,
continui a confessare la tua debolezza, nella speranza incerta di essere
assolto.
“L’amore
potrebbe essere solo con te. So per certo che non sarò mai capace di amare
nessun’altra, l’ho capito da lungo tempo ormai. Non posso contrastare i miei
sentimenti, per quanto io ci abbia provato…”
Le liberi
i polsi lentamente, ma non la lasci. Continui a tenerla stretta, e con
l’avambraccio la circondi per tutta la lunghezza della schiena, mentre le dita
si aprono per intrecciarsi alle lunghe ciocche dei suoi riccioli. La tua voce
arrochita di desiderio che non puoi nascondere, si addolcisce in un sussurro,
mentre le sfiori il collo col fiato caldo.
“Ti vivo
accanto da una vita, Oscar, sai che cosa significa? Riesci a immaginare come mi
sento? Soffocare i sentimenti è penoso e triste. Desiderarti, e sapere di non
poterti avere mai, in certi momenti mi fa sentire disperato. Per questo, cerco
un po’ di consolazione altrove…”
Oscar è
ancora in silenzio, arresa a te, inerme e avvinta. Le braccia abbandonate, come
smarrite a mezzaria, che non sanno dove andare. Il suo viso è ancora nascosto
tra le pieghe della tua camicia; ti pare di cogliere un fremito attraversare il
suo corpo, ma quale sia il turbamento, ti resta ignoto.
“Spesso
non trovo altro che amarezza… perché non sei tu, Oscar. Non sei mai tu, tra le
mie braccia… e sei l’unica che davvero vorrei…”
Il silenzio
perdura, denso e insostenibile.
Oscar non
pare volersi muovere, forse non ne ha il coraggio.
Forse
dovresti sciogliere l’abbraccio in cui la obblighi, ma hai il terrore che
fugga, portandosi via un pezzo di te, e che le tue parole le siano scivolate addosso
senza raggiungerla.
Improvviso
avverti un singhiozzo, e poi un altro e un altro ancora, una serie di sussulti
leggeri e quasi inudibili; poi una mano di Oscar si posa leggera sul tuo
braccio, e le dita spasmodiche artigliano la stoffa di lino.
“Oscar…?”
“Mi
dispiace André…”
Ti
sorprende il suono dolcissimo della sua voce che si rompe in pianto.
“Perdonami
se puoi. Sono una grande egoista…”
I
singhiozzi aumentano, diventano più forti, indici di uno strazio che ti
addolora. La voce si spezza convulsa, mentre Oscar affonda il volto nella tua
camicia aperta, e il naso si strofina contro la tua pelle calda dove scivola
bruciando come disperazione, il sale delle sue lacrime.
“Non
piangere, Oscar, ti prego. Non è colpa di nessuno…”
Ti scosti
un po’ da lei, e tue mani salgono ad accarezzarle i capelli, dove posi la
carezza di un bacio leggero.
“Non è
colpa tua se non provi i miei stessi sentimenti… se li provi per un altro…”
Alle tue
ultime parole, alza lo sguardo su di te, e le lacrime inondano le sue guance.
Spalanca gli occhi, mentre ti guarda come non ti ha mai guardato e posa le mani
sul tuo cuore che batte allo stesso ritmo del suo.
“No,
André… è una menzogna, e lo capisco in questo istante. Credevo di amare Fersen; pensare a lui, soffrire per un uomo che non potevo
avere era un modo per non pensare a noi, a quello che avevo già, ed era più
importante di tutte le remore che mi facevo. Ho sempre saputo che mi ami, ma
incoraggiarti mi sembrava sbagliato e pericoloso…”
Trattieni
il respiro mentre ascolti le sue parole, incredulo e all’improvviso felice di
essere vivo, di essere in questa misera stanza con lei, di sentire la sua voce
emozionata. Una voce che trema d’amore. E trema per te.
“Non mi è
mai importato del fatto che Fersen avesse delle
amanti. Lo sapevo, come tutti, e non mi importava… ma…”
Oscar si
interrompe un momento, prima di stingersi a te. Posa di nuovo la testa sul tuo
petto, mentre le sue braccia ti circondano, possessive, come se non volesse più
lasciarti andare. Come se fosse una questione di vita o di morte.
“André,
impazzisco all’idea che tu possa stare con una donna che non sono io. Non
voglio dividerti con nessuno. Ti voglio bene, André, in un modo che non so
neppure dire…”
Oscar
alza di nuovo il suo sguardo acceso d’amore su di te. Gli occhi sono ancora
umidi, le lacrime irrefrenabili come le parole che erompono dal suo cuore e
scendono nel tuo; meravigliose e tenere, sincere e forti, lo scaldano, lo
accendono di passione divorante e incontenibile.
“Ti voglio
bene, André, davvero… ti amo, mi devi credere, ti amo con tutto il mio cuo…”
Le
sigilli le labbra con un bacio profondo e intenso, quello che da troppo tempo
aspetti di poterle dare, quello che pensavi non le avresti mai dato, quello che
forse un giorno le avresti rubato per disperazione, e ora le doni con il cuore
gonfio di felicità.
Oscar ti
risponde come la più tenera e arrendevole delle donne; ti cerca con ardore, ti
scopre, avida di darsi; ti insegue e tu la insegui catturato dal profumo caldo
e seducente delle sue labbra che ti accolgono dolci e possessive, invitanti.
E ne vuoi
ancora.
E ne vuoi
di più.
E anche
lei, mai sazia del tuo sapore.
Si è
aggrappata alla tua schiena con una mano, e l’altra scivola fremente in cerca
del tuo viso, mentre aderisce a te, perfetta metà del tuo corpo.
E senti
il desiderio esplodere in lei come in te, e l’eccitazione si scioglie nei
vostri gemiti d’amore, nelle vostre carezze ansiose.
Vi
staccate solo per riprendere un attimo di fiato, e le fronti si accostano vicine
e gli occhi restano socchiusi ad assaporare il momento.
“Sono
tuo, Oscar…” le sussurri, pieno di trasporto, il cuore traboccante di gioia.
“Sì,
amore mio. E io sono tua…”
“Andiamo
via da questo posto squallido…” le chiedi trattenendo la sua mano nella tua.
“Sì
André. Portami via da tutte le Isabelle del mondo. Ti prego, torniamo a casa…”
Le mani
sono ancora allacciate, quando uscite all’esterno della locanda; si separano
solo il tempo di una veloce cavalcata verso la villa sul promontorio.
Nei cuori,
appena nata, ma già fortissima, la profonda certezza che per quanto potrà
essere difficile, il vostro non sarà un amore impossibile.
Anche se
avvolto nell’ombra, sarà un amore vissuto.
Continua…
Eccomi, prima del previsto!
Capitolo che quasi si è scritto da solo, cosa sorprendente anche per
me e per i miei tempi. Siamo in dirittura di arrivo e spero di non deludervi
dicendolo, ma è così.
Quando ho scritto la frase conclusiva, ho capito che la ff è arrivata al suo epilogo; in effetti, tutto potrebbe già
terminare qui, ma ho deciso di scrivere un ultimo capitolo che chiuderà questa
parentesi in Normandia.
Vi ringrazio tutte per il vostro entusiasmo, per i vostri commenti e
per gli apprezzamenti che avete lasciato a questa storia… e per la vostra
pazienza nell’aspettare i miei aggiornamenti.
Spero la gradirete fino all’ultimo.
Ninfea.