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Autore: Ninfea Blu    12/10/2017    13 recensioni
"Improvviso, ti piomba alla memoria lo sguardo di André, quel verde troppo profondo che nasconde tutto quello che non ti dice, e che non può dire.
E tu a volte fai finta di non vedere cosa passa nello sguardo del tuo amico, un bagliore che palpita di un desiderio indecifrabile. Per convenienza. Per quieto vivere.
Semplicemente è più facile."
Questa storia parte da un' ipotesi, suggeritami dalla lettura del manga, che guarda i fatti sotto una luce diversa... a voi scoprire quale.
Sempre presenti i riferimenti all'anime, soprattutto le puntate 18 e 20. Buona lettura.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Hans Axel von Fersen, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7 – Cuori che bruciano

 

 

Il cuore è troppo pesante e malconcio; una rabbia sorda ti monta dentro, e deve trovare sfogo in qualche modo.

Hai preso Nerone, che poverino, aveva già corso abbastanza per quella mattina, e l’hai spinto al galoppo, oltre i cancelli della tenuta nobiliare.

 

Scusami bello, ti riposerai più tardi, gli hai sussurrato in un orecchio, come se il baio potesse capirti, e magari, perfino intuire il tuo stato d’animo, la frustrazione che ti serra il petto.

In cuore, solo la maledetta voglia di allontanarti il più velocemente possibile da lì. Più di altre volte.

Con un’urgenza dolorosa.

Negli occhi e nei pensieri, ancora l’immagine di lei e le parole vigliacche di una donna che si ostina con tenacia sorprendente, a negare cosa prova, cosa desidera davvero.

 

A volte vorresti odiarla.

Ma il problema è che non la odi. La ami. Troppo.

E la desideri. A volte in modo feroce.

Come adesso.

Non ci hai messo molto ad arrivare alla taverna, giù in paese, distante solo qualche chilometro dal promontorio a picco sul mare su cui sorge la villa della famiglia Jarjayes.

Non potevi restare lì.

Non dopo quello che è successo.

Anzi, che non è successo.

Già, perché nella scuderia non è successo nulla di quello che tu speravi.

Solo qualche mezza frase smozzicata, spiegazioni inutili e richieste ancora più inutili e assurde, di fronte alle quali hai piegato la testa.

Come fai da sempre, e come sempre farai, probabilmente.

Hai poche altre alternative.

 

 

“Se è vero che mi vuoi bene, André, tu devi accettare come stanno le cose. È la cosa migliore…”

Sei rimasto immobile, teso come una corda di violino. Le parole puzzavano di ricatto, e non erano quelle che volevi sentire.

Pochi centimetri di spazio, ti separavano da lei; ne sentivi il profumo, immaginavi la consistenza della sua pelle appena sudata, esposta alla tua vista dallo scollo un po’ aperto della camicia.

Così vicini, potevi sentire la corrente dell’attrazione scorrere tra di voi. E sei certo che anche Oscar la sentiva; gliela leggevi sulle labbra umide, sulle gote arrossate, la sentivi nel suo respiro trattenuto, la scoprivi nello sguardo ardente che sfiorava le parti del tuo corpo esposte: il collo, la rada peluria del petto che usciva da un lembo della camicia.

Lottavi contro l’impulso di cingerle la vita e stringerla con tutta la forza che avevi, contro il tuo torace, mentre lei parlava con voce malferma. Invece, lento hai mosso la mano e l’hai posata contro la trave di legno, accanto alle dita di lei.

Al tuo gesto, Oscar ha sussultato dilatando le sue iridi azzurre, come se si fosse aspettata un’altra reazione.

“Non migliore… più facile per te, Oscar…” hai sospirato, stanco.

“Ti prego, io non voglio rovinare quello che di bello c’è fra noi. Ci unisce qualcosa di unico e speciale che è solo nostro, e dovremmo difenderlo a spada tratta… non lo pensi anche tu?”

“Sì, certo, e continuo a farlo Oscar, anche senza impugnare una spada… ci sono mille altri modi di proteggere chi amiamo…”

“Allora, non facciamoci del male di proposito. In fondo, siamo più fortunati di tante altre persone… più fortunati perfino della regina e di Fersen. Per me è importante il nostro legame, e spero lo sia altrettanto per te…”

“Come fai a chiedermelo? - C’era amarezza nella tua voce, e alla fine, rassegnazione. - Certo che per me è importante… lo è da sempre. Non voglio gettarlo alle ortiche… non l’ho mai voluto, Oscar…”

“Sono contenta di sentirtelo dire, André…”

Abbassavi la testa in segno di resa. Oscar aveva fatto un passo indietro, mettendo una piccola distanza di sicurezza tra i vostri corpi, e senza nessuna fretta apparente, si era allontanata.

Sul portone dell’ingresso, si era voltata a cercare una riprova nel tuo sguardo, solo un istante, prima di uscire dalla scuderia.

 

Per un minuto buono, non ti sei mosso; sei rimasto lì, con la mano posata dove prima stava quella di lei.

Quando ti sei schiodato da quella posizione, hai afferrato la sella tolta poco prima e l’hai piazzata sulla groppa del tuo povero cavallo, che ha scosso la testa, mentre tu recuperavi il resto dei finimenti e fermavi il sottopancia.

 

Pochi minuti, eri già oltre i cancelli della tenuta, e nessuno pareva essersi accorto della tua fuga.

 

 

Adesso Nerone è legato fuori. Quando entri nel locale ci sono solo pochi avventori; a quell’ora del giorno la maggior parte della gente è occupata nelle sue faccende e attività quotidiane.

Ti siedi al bancone, e l’oste ti riconosce e ti saluta con quella cordialità un po’ ruvida tipica dei normanni, e intanto ti guardi attorno, alla ricerca di un volto famigliare; riconosci qualche faccia del posto, un paio di pescatori, uomini con la pelle coriacea bruciata dal sole e dal mare.

Non devi attendere molto.

La donna ti ha visto subito, quando sei entrato, e adesso ti siede vicino.

Ha sempre avuto un debole per te, ma non si è mai negata altre distrazioni; ha imparato l’arte sottile di leggere il cuore degli uomini, e ha capito da tempo che il tuo appartiene ad un’altra, e lei è una ragazza pratica; non cerca amori impossibili, perché fa i conti con la realtà più dura della vita tutti i giorni.

Ha già saldato il debito per la sua parte di umana sofferenza.

Capelli rossi, ricci e ribelli.

Ciocche che sfuggono da una cuffietta bianca, una pelle chiara piena di efelidi, e due occhi grandi e maliziosi, luminosi come il cielo d’estate; un sorriso spontaneo che mette in pace col mondo, e ti fa credere che la vita vada bevuta a grandi sorsi.

“Ciao André. È bello rivederti… mi sei mancato, sai?”

Ti guarda in quel modo un po’ insolente, mentre le accarezzi una guancia col dorso delle dita. È sincera, genuina; in queste qualità che tu apprezzi, sta tutto il suo fascino.

“Ciao Isabelle, speravo proprio d’incontrarti; ti va di passare un po’ di tempo con me? Come ai vecchi tempi?”

Le sorridi, e lei si fa più vicina. Senti il seno pieno che si struscia contro il tuo braccio e le sue labbra pronunciate sussurrano un invito esplicito al tuo orecchio. Tu hai tutta l’intenzione di accoglierlo.

Non è cambiata molto dal vostro ultimo incontro, un’estate di qualche anno prima in cui le tue notti lontane da Oscar, si erano colorate di passione esuberante e innocente, con la gioia di dare e ricevere piacere, senza inutili pudori.

Non vi siete mai fatti promesse, spinti e guidati solo dalla reciproca selvaggia attrazione, né tu ne avresti fatte a chicchessia, ma con lei ti sei permesso qualche confidenza, per alleggerire un poco il peso del tuo fardello; così, dopo il sesso, le raccontavi delle bizzarrie viste a Versailles, intrighi di amanti clandestini e licenziosi, e di amori sofferti e non corrisposti, senza fare mai il nome di Oscar.

E lei le tue storie, dal sapore di favole lontane, le accoglieva discreta, senza giudizi o domande, come accoglieva il tuo corpo giovane e forte nel suo, appagando la tua virilità impetuosa.

Anche adesso, ti prende per mano e ti trascina dolcemente con sé. Tu la segui, docile, oltre la scala che porta alle piccole stanze del piano superiore. Nessuno degli avventori pare fare caso a voi. Quando entrate nella camera, ritrovi tutto com’è nei tuoi ricordi: il mobilio modesto, le tende un po’ logore, la coperta di lana grezza sul letto troppo piccolo.

Poi la porta si chiude, e il resto del mondo con i suoi amori impossibili e infelici, resta fuori.

 

 

****

 

Sei accostata al vetro di una delle finestre che si aprono sul giardino anteriore, quando ti accorgi della precipitosa fuga di André.

Con costernazione, lo hai osservato uscire dalla scuderia, attraversare il cortile e oltrepassare il cancello di ferro, e lanciare il cavallo sulla strada che scende un poco più a valle, in direzione del paese.

Un subitaneo sussulto del cuore ti ha spinto a correre in camera tua, prendere cappello e mantello e avvolgerlo sulle spalle. Veloce sei tornata verso le scuderie, il tempo di sellare Cesar, e ti sei fiondata sulla strada già percorsa da André, qualche momento prima.

Il veleno del sospetto ti afferra i pensieri, e il cuore soffoca oppresso da una cupa ansia che ti fa stare male, in maniera insopportabile. Non dovrebbe interessarti quello che fa il tuo attendente nel privato, e normalmente non indaghi nella sua vita, al di fuori degli obblighi che ha quando è al tuo fianco per lavoro, ma ultimamente, tutto ciò che riguarda André ti coinvolge troppo da vicino.

Deve esserci qualcosa di malato e malsano in te.

È il tuo egoismo, un’entità deforme di cui ti sfuggono i contorni, ma avvolge André in una bolla priva di ossigeno nel tentativo di imprigionarlo dentro i confini della tua vita assurda.

Comprendi la sua esigenza. André cerca altro, lo senti.

È umano desiderio di un uomo che aspira alla felicità, e non trovandola, ha bisogno di placare l’insoddisfazione per non impazzire completamente, per non lasciarsi vincere dal dolore.

Forse, per impedirsi di fare del male proprio a te.

L’idea di scoprire ciò che non ti piacerà ti atterrisce, ma vuoi vedere la verità coi tuoi occhi, per quanto l’immagine nella tua testa di lui tra le braccia e le gambe di una donna vera, quella che tu non ti sei mai sentita, ti ferisce di dolore e ti accende di rabbia selvaggia e furiosa.

È folle, ma il tuo spirito, rifiuta le cose più semplici.

Così, quando arrivi in prossimità della locanda e vedi Nerone legato all’esterno, non ci metti molto a capire dove possa trovarsi André.

Deve avere solo pochi minuti di vantaggio su di te; infatti, appena entri nel locale, scorgi subito la sua figura di spalle, al banco, e noti anche la procace bella ragazza seduta accanto a lui, che si appoggia alla sua schiena e gli sussurra con malizia qualcosa nell’orecchio.

Gli sorride ammiccante, e lui ricambia.

La odi già, di un odio feroce che annienta la ragione; non sai nulla di lei, e lei forse, non sa nulla di te, di voi, di quello che siete l’uno per l’altra.

Dell’amore che lui ti porta, che riempie i suoi giorni e i tuoi.

Dell’affetto immenso e profondo che trattieni dentro, e devi soffocare con strazio.

Sai solo che non dovrebbe essere lì con lui.

Sai solo che non dovrebbe prenderlo per mano e guidarlo con intenzione fin troppo chiara, su per quelle scale, mentre il tuo odio aumenta, esplode violento e ti devasta il cuore e l’anima; nel buio dei tuoi pensieri, urli ingiurie innominabili a quella estranea che osa mettersi tra voi.

Porti la mano al ferro della spada; per un istante, il freddo dell’acciaio placa il tremore delle dita strette sull’elsa.

Rigida e immobile, appena oltre l’ingresso al riparo da un tramezzo di legno, la tesa larga del cappello a nascondere il tuo sguardo gelido, non si accorgono di te.

Ti trattieni ancora qualche secondo; dovresti voltarti e andartene, fuggire e lasciare che André si prenda la sua consolazione, ma un desiderio cattivo rapisce la tua volontà, e governa le tue gambe che si precipitano su per quelle scale.

Nessun rumore, solo il suono secco dei tuoi stivali sul legno un po’ consunto degli scalini.

Arrivi di fronte alla prima porta che apri senza esitare; vuoi dividerli, impedire che giacciano insieme, prenderla per i capelli e cacciare quella sfrontata dalle braccia del tuo amico, ma non trovi altro che una stanza deserta.

Sei ancora in tempo, fermati, puoi ancora tornare indietro.

Non lo fai; la voce maligna che ti sussurra di cercarli non ti abbandona; guida i tuoi passi in scatti nervosi, e fa battere come un tamburo il tuo cuore che pare sul punto di voler scoppiare per come pulsa forsennato.

L’ultima porta, e loro sono lì dietro. Non bussi nemmeno.

Spalanchi l’uscio con un po’ di prepotenza, e gli occhi s’infrangono sulla sagoma delle spalle di André, che col suo corpo robusto nasconde quello più minuto della ragazza che lo sta abbracciando. Sono ancora vestiti, in piedi al centro della camera.

Dal punto in cui sei, vedi le braccia bianche e le piccole mani che artigliano la sua camicia sulla schiena, la testa piegata all’indietro ad esporre il collo tenero all’assalto delle labbra fameliche del suo compagno, curvo su di lei.

Finalmente i due amanti si accorgono di non essere soli nella stanza e interrompono le loro effusioni; il primo dei due a voltarsi per vedere chi possa essere lo scocciatore è proprio André.

Non realizza subito chi sei, forse per via del cappello e il bavero alto del mantello che ti celano in parte il volto. Nel volgere di un istante, incroci uno sguardo verde fosco e illanguidito, quasi perso nel delirio; è uno sguardo che non gli hai mai visto e che scioglie un nodo torbido e proibito nel profondo della tua anima.

È una fucilata dritta al petto che ti paralizza e arresta il tuo respiro, mentre una voglia indecente ti striscia sulla pelle e contrae lo stomaco.

Poi, André torna lucido e i suoi occhi si sgranano increduli e sconvolti su di te. Si capisce che non si aspettava di incontrarti. Finalmente anche la ragazza molla la presa, e si volta per vedere chi è l’intruso, e i tuoi panni di foggia maschile la traggono in inganno.

La sgualdrina osa rimproverarti.

“Che modi! Non si usa bussare, monsieur?” 

Non la degni di una risposta, serri le labbra con durezza e le rivolgi un’occhiata assassina, squadrandola da capo a piedi con alterigia; una chioma fluente e selvaggia di capelli rossi, lingue di fiamma che le scendono sulle spalle nude e una pelle che fa pensare alla dolcezza del latte.

Il bustino in buona parte slacciato, rivela le rotondità dei seni e le labbra vermiglie sono gonfie di baci dati e presi. Al pensiero di quei baci rubati, l’odio ribolle in te e brucia come un ferro rovente. Osa fissarti con spavalderia, finché i tuoi occhi di ghiaccio più terribili di una minaccia fisica, non la intimidiscono e la fanciulla avvampa e abbassa lo sguardo, colpita da quello che crede essere un giovane bellissimo ragazzo biondo.

André resta in silenzio a fissarti con uno sguardo stralunato e colpevole, mentre lascia il fianco della ragazza che cingeva poco prima. La giovane cerca spiegazioni, e solo a quel punto André si decide ad aprire bocca.

“Forse è meglio che ci lasci soli, Isabelle…”

“Ma André…”

“Per favore, torna di sotto. Non ti preoccupare, è tutto a posto…”

Isabelle ti passa accanto per uscire, e nel farlo cerca di scorgere il volto nascosto sotto la tesa del cappello, ma tu non le concedi altro che la piega severa delle tue labbra.

Speri che se ne vada in fretta; stai trattenendo la voglia di farle male, di urlarle contro con cattiveria.

Fermo di fronte a te, ti ostini a fissare André con uno sguardo che potrebbe incenerirlo sul posto; nel silenzio la tensione è palpabile, affilata e pericolosa come la lama di un coltello, la percepisce perfino la ragazza, che sull’uscio, prima di lasciavi a voi stessi, preoccupata si rivolge al tuo attendente.

“Urla se hai bisogno, André…” e se ne va.

André si siede sul letto.

All’improvviso ha l’aria stanchissima e un sospiro pesante gli esce dalle labbra. Appoggia i gomiti sulle cosce e lascia ciondolare le mani libere tra le gambe un po’ divaricate, ma quasi subito porta le mani alla testa, piegandosi col busto in avanti.

“Premurosa la tua amichetta…”

Sibili ironica, mentre lo guardi mantenere per un po’ quella posizione. Indugi più del dovuto sul suo aspetto un po’ in disordine; il fiocco allentato che usa per legare i capelli corvini, lascia sfuggire qualche ciocca ribelle lungo il bel volto, i lacci della camicia slacciati a rivelare il petto, gli conferiscono un’aria conturbante.

Non ti spieghi come, ti fa sentire a disagio.

Finalmente si muove e alza lo sguardo su di te.

“È sorprendente. Mi hai seguito, fin qui… perché Oscar?” ti chiede stremato.

“Devi smettere di vedere quella Isabelle. Te lo proibisco, André…”

Il tono tagliente è solo apparentemente calmo. La rabbia è brace che arde nascosta sotto la cenere.

“Sono lusingato, parli proprio come una fidanzata gelosa… ma non sei la mia fidanzata, Oscar. Non hai nessun diritto di farmi una simile richiesta…”

La risposta è quieta; la verità non ha bisogno di essere urlata, ma nel tono della voce c’è qualcosa di profondamente doloroso, che non basta a lenire la tua irritazione. Quel che è peggio, lui ha ragione; non hai il diritto di pretendere nulla e lo sai benissimo.

“Vuoi dire che lei lo è?”

“No, lei è solo un’amica.”

Hai trattenuto il respiro prima che giungesse la risposta, mentre ti sentivi derubata di qualcosa.

Sono io la tua amica… sono soltanto io!

“Tu adesso torni a casa con me; finché siamo a Parigi, posso tollerare queste tue intemperanze, queste… necessità, chiamiamole così. Non ho mai voluto immischiarmi nel tuo privato, non mi sembrava giusto, ma finché restiamo in Normandia, devi smettere di vedere quella ragazza. È un ordine, André.”

 

 

 

*****

 

 

 

Qualcosa dentro di te si ribella. Sei abituato a prendere ordini, e non ti sei mai sognato di non rispettare un ordine di Oscar, un suo desiderio, una sua necessità.

L’hai sempre aiutata in tutto, le sei stato accanto in ogni situazione, dalla più delicata, alla più difficile. Non è solo il tuo lavoro, è la tua vita accanto alla donna che ami, ed è l’unica maniera che hai per dimostrarle da sempre quanto tu le sia devoto.

È il tuo amore anche quello, anche se c’è chi lo chiamerebbe servilismo.

Aiutarla a sostenere il suo ruolo, facilitarle il compito gravoso di essere perfetta ed efficiente quanto e più di un uomo, è il tuo modo di amarla.

E sei felice se lei riesce bene in quello che fa, è quasi un motivo di orgoglio per te, come se fosse un po’ merito tuo, e l’amore in questo ti aiuta moltissimo.

Ma l’ultima richiesta di Oscar, è dettata dalla meschinità.

E non puoi accettarla.

Così, per la prima volta le neghi qualcosa, tu che mai le hai negato nulla.

Il suo mantello oscilla al più lieve movimento del corpo. Sta per uscire dalla camera, ma si blocca subito al suono della tua voce ferma. Si volta per guardarti, e pianta allibita le sue iridi turchine su di te.

La rabbia è lì, pronta a deflagrare.

“Cosa?”

Ti alzi in piedi e ti piazzi di fronte a lei, deciso ad affrontarla, nel piccolo spazio di quella camera, con il letto dietro le tue spalle. All’improvviso ti sembra angusta e opprimente. Sai già che saranno scintille, e potrebbero divampare in un incendio più grosso, e sai che il luogo in cui siete presenta le sue insidie. Ti chiedi se Oscar le intuisce.

“Ho detto di no. Non mi sento obbligato a rispettare un ordine del genere.”

“Vuoi dire che intendi rivederla?”  ti domanda sgomenta oltre che arrabbiata, e la voce è salita di un’ottava.

“Se ne avessi voglia, perché no? A Parigi non ti darebbe fastidio se passassi le mie notti nei bordelli, e qui non posso cercare un po’ di sana e normale compagnia femminile? Cosa ci sarebbe di diverso?”

Hai calcato l’accento sugli aggettivi sana e normale, e lo hai fatto apposta.

È un’aperta provocazione, e potrebbe finire malissimo, perché la stai pungendo sul suo punto più debole, ma proprio non ti piace quello che Oscar sta cercando di fare.

“Non te lo permetterò, André…”

“Sono proprio curioso di vedere come farai… vuoi infilarti nel letto fra di noi?”

Il tono sarcastico, stiri appena le labbra in una risatina sommessa, ed è la goccia che fa traboccare il vaso. Lo schiaffo parte fulmineo e ti prende in pieno, il primo di una serie che sembra inarrestabile, finché esasperato e ferito non le blocchi un polso, e subito dopo l’altro.

Inizi a lottare per tenerla ferma, cercando di non farle male, ma Oscar ha perso completamente il controllo. È fuori di sé dalla rabbia.

Il cappello le cade sul pavimento

Sentendo la tua forza, inizia ad avere paura, e si mette a urlare tentando di liberarsi, ma tu non lasci la presa ferrea sui suoi polsi.

Vuoi solo che si calmi, ma lei, come una gatta furiosa cerca ancora di colpirti al basso ventre con le ginocchia e ti urla di lasciarla andare.

Usi tutta la forza che hai e non è difficile avere ragione di lei; mantenendo la presa sui suoi polsi, le porti le braccia dietro la schiena e la blocchi, impedendole qualsiasi movimento, stringendola contro il tuo corpo in un abbraccio che cancella ogni spazio tra voi.

Così aderente a te, con il seno morbido schiacciato contro il tuo petto, senti il suo cuore battere furioso. Oscar pronuncia il tuo nome; c’è il panico nella sua voce, ma non è tuo desiderio spaventarla.

Vuoi solo placare la tempesta del suo animo.

Abbassi la testa e porti le labbra vicine al suo orecchio, mentre aspiri il profumo dei suoi capelli che ti solleticano il viso.

“Calmati Oscar, ti prego. Non voglio farti del male, non te ne farei mai. Ora non muoverti e prova ad ascoltarmi…”

La tua voce bassa e roca diventa un sussurro ipnotico a cui lei pare arrendersi. È immobile, la sua fronte appoggiata contro la tua spalla, il respiro un po’ accelerato che va rallentando.

Non tenta di liberarsi, non oppone resistenza.

Le tue dita trattengono ancora i suoi polsi. È abbandonata contro il tuo corpo e sembra sfinita, non sai se dalla lotta o dalle emozioni che vi hanno travolto. Non puoi immaginare cosa stia pensando, né cosa penserà dopo.

Piano, allenti un poco la presa, ma non la liberi ancora. Quando inizi a spiegare qualcosa che pare difficilissimo, quasi impossibile da dire a cuore aperto a qualsiasi altra donna che non sia lei, cerchi di farlo col tono più gentile che riesci a trovare.

“Con Isabelle è soltanto sesso, Oscar… non è amore. Non ne sono fiero, ma è l’unico modo che ho per non impazzire…”

Oscar continua a restare immobile; la testa appoggiata al tuo petto, non puoi vedere l’espressione del suo viso, ma senti che il suo respiro si è fatto più calmo e regolare. Forse, lo trattiene per un attimo. Tu, incoraggiato dal suo silenzio, continui a confessare la tua debolezza, nella speranza incerta di essere assolto.

“L’amore potrebbe essere solo con te. So per certo che non sarò mai capace di amare nessun’altra, l’ho capito da lungo tempo ormai. Non posso contrastare i miei sentimenti, per quanto io ci abbia provato…”

Le liberi i polsi lentamente, ma non la lasci. Continui a tenerla stretta, e con l’avambraccio la circondi per tutta la lunghezza della schiena, mentre le dita si aprono per intrecciarsi alle lunghe ciocche dei suoi riccioli. La tua voce arrochita di desiderio che non puoi nascondere, si addolcisce in un sussurro, mentre le sfiori il collo col fiato caldo.

“Ti vivo accanto da una vita, Oscar, sai che cosa significa? Riesci a immaginare come mi sento? Soffocare i sentimenti è penoso e triste. Desiderarti, e sapere di non poterti avere mai, in certi momenti mi fa sentire disperato. Per questo, cerco un po’ di consolazione altrove…”

Oscar è ancora in silenzio, arresa a te, inerme e avvinta. Le braccia abbandonate, come smarrite a mezzaria, che non sanno dove andare. Il suo viso è ancora nascosto tra le pieghe della tua camicia; ti pare di cogliere un fremito attraversare il suo corpo, ma quale sia il turbamento, ti resta ignoto.

“Spesso non trovo altro che amarezza… perché non sei tu, Oscar. Non sei mai tu, tra le mie braccia… e sei l’unica che davvero vorrei…”

Il silenzio perdura, denso e insostenibile.

Oscar non pare volersi muovere, forse non ne ha il coraggio.

Forse dovresti sciogliere l’abbraccio in cui la obblighi, ma hai il terrore che fugga, portandosi via un pezzo di te, e che le tue parole le siano scivolate addosso senza raggiungerla.

Improvviso avverti un singhiozzo, e poi un altro e un altro ancora, una serie di sussulti leggeri e quasi inudibili; poi una mano di Oscar si posa leggera sul tuo braccio, e le dita spasmodiche artigliano la stoffa di lino.

“Oscar…?”

“Mi dispiace André…”

Ti sorprende il suono dolcissimo della sua voce che si rompe in pianto.

“Perdonami se puoi. Sono una grande egoista…”

I singhiozzi aumentano, diventano più forti, indici di uno strazio che ti addolora. La voce si spezza convulsa, mentre Oscar affonda il volto nella tua camicia aperta, e il naso si strofina contro la tua pelle calda dove scivola bruciando come disperazione, il sale delle sue lacrime.

“Non piangere, Oscar, ti prego. Non è colpa di nessuno…”

Ti scosti un po’ da lei, e tue mani salgono ad accarezzarle i capelli, dove posi la carezza di un bacio leggero.

“Non è colpa tua se non provi i miei stessi sentimenti… se li provi per un altro…”

Alle tue ultime parole, alza lo sguardo su di te, e le lacrime inondano le sue guance. Spalanca gli occhi, mentre ti guarda come non ti ha mai guardato e posa le mani sul tuo cuore che batte allo stesso ritmo del suo.

“No, André… è una menzogna, e lo capisco in questo istante. Credevo di amare Fersen; pensare a lui, soffrire per un uomo che non potevo avere era un modo per non pensare a noi, a quello che avevo già, ed era più importante di tutte le remore che mi facevo. Ho sempre saputo che mi ami, ma incoraggiarti mi sembrava sbagliato e pericoloso…”

Trattieni il respiro mentre ascolti le sue parole, incredulo e all’improvviso felice di essere vivo, di essere in questa misera stanza con lei, di sentire la sua voce emozionata. Una voce che trema d’amore. E trema per te.

“Non mi è mai importato del fatto che Fersen avesse delle amanti. Lo sapevo, come tutti, e non mi importava… ma…”

Oscar si interrompe un momento, prima di stingersi a te. Posa di nuovo la testa sul tuo petto, mentre le sue braccia ti circondano, possessive, come se non volesse più lasciarti andare. Come se fosse una questione di vita o di morte.

“André, impazzisco all’idea che tu possa stare con una donna che non sono io. Non voglio dividerti con nessuno. Ti voglio bene, André, in un modo che non so neppure dire…”

Oscar alza di nuovo il suo sguardo acceso d’amore su di te. Gli occhi sono ancora umidi, le lacrime irrefrenabili come le parole che erompono dal suo cuore e scendono nel tuo; meravigliose e tenere, sincere e forti, lo scaldano, lo accendono di passione divorante e incontenibile.

“Ti voglio bene, André, davvero… ti amo, mi devi credere, ti amo con tutto il mio cuo…”

Le sigilli le labbra con un bacio profondo e intenso, quello che da troppo tempo aspetti di poterle dare, quello che pensavi non le avresti mai dato, quello che forse un giorno le avresti rubato per disperazione, e ora le doni con il cuore gonfio di felicità.

Oscar ti risponde come la più tenera e arrendevole delle donne; ti cerca con ardore, ti scopre, avida di darsi; ti insegue e tu la insegui catturato dal profumo caldo e seducente delle sue labbra che ti accolgono dolci e possessive, invitanti.

E ne vuoi ancora.

E ne vuoi di più.

E anche lei, mai sazia del tuo sapore.

Si è aggrappata alla tua schiena con una mano, e l’altra scivola fremente in cerca del tuo viso, mentre aderisce a te, perfetta metà del tuo corpo.

E senti il desiderio esplodere in lei come in te, e l’eccitazione si scioglie nei vostri gemiti d’amore, nelle vostre carezze ansiose.

Vi staccate solo per riprendere un attimo di fiato, e le fronti si accostano vicine e gli occhi restano socchiusi ad assaporare il momento.

“Sono tuo, Oscar…” le sussurri, pieno di trasporto, il cuore traboccante di gioia.

“Sì, amore mio. E io sono tua…”

“Andiamo via da questo posto squallido…” le chiedi trattenendo la sua mano nella tua.

“Sì André. Portami via da tutte le Isabelle del mondo. Ti prego, torniamo a casa…”

 

 

Le mani sono ancora allacciate, quando uscite all’esterno della locanda; si separano solo il tempo di una veloce cavalcata verso la villa sul promontorio.

Nei cuori, appena nata, ma già fortissima, la profonda certezza che per quanto potrà essere difficile, il vostro non sarà un amore impossibile.

Anche se avvolto nell’ombra, sarà un amore vissuto.

 

 

Continua…

 

 

Eccomi, prima del previsto!

Capitolo che quasi si è scritto da solo, cosa sorprendente anche per me e per i miei tempi. Siamo in dirittura di arrivo e spero di non deludervi dicendolo, ma è così.

Quando ho scritto la frase conclusiva, ho capito che la ff è arrivata al suo epilogo; in effetti, tutto potrebbe già terminare qui, ma ho deciso di scrivere un ultimo capitolo che chiuderà questa parentesi in Normandia.

Vi ringrazio tutte per il vostro entusiasmo, per i vostri commenti e per gli apprezzamenti che avete lasciato a questa storia… e per la vostra pazienza nell’aspettare i miei aggiornamenti.

Spero la gradirete fino all’ultimo.

Ninfea.

 

 

   
 
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