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Autore: lady lina 77    12/10/2017    0 recensioni
E se nella scorsa fanfiction mi riagganciavo al finale della S2, ora mi aggancio a quello della S3. Tutto comincia in quella spiaggia dove Demelza, col cuore a pezzi, si concede a Hugh Armitage. E dopo? Se non fosse tornata a casa, cosa sarebbe successo?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ross galoppò come un forsennato per tornare a casa in fretta. Erano ore, dal suo colloquio con Demelza al porto, che una morsa dolorosa gli attanagliava lo stomaco e sentiva l'urgenza di parlare con lei.

Un sordo senso di terrore impermeava ogni fibra del suo essere e per la prima volta in vita sua si trovò ad avere davvero paura.

Non aveva mai visto sua moglie in quello stato, con quello sguardo quasi trasfigurato dal dolore. Nemmeno quando l'aveva tradita con Elizabeth gli era apparsa così sconvolta. Allora era arrabbiata, furente, lo aveva atterrato con un colpo da maestro a metà strada fra uno schiaffo e un pugno, mentre adesso era diversa, delusa e pareva essersi arresa.

Era incredibile che fra loro fosse successo di nuovo, che ancora il loro matrimonio rischiasse di naufragare e proprio in un momento per lui sereno, quando ormai i fantasmi del passato erano scomparsi e Demelza era senza più ombra di dubbio il suo vero amore.

Perché era stato tanto idiota da non parlarle dell'incontro al cimitero con Elizabeth? Perché per due volte le aveva mentito, quando gli aveva chiesto spiegazioni? Perché aveva permesso che lo sapesse da terzi, arrivando ovviamente a pensare al peggio?

Poteva pure ritenersi offeso dal fatto che pensasse male di lui e del suo rapporto con il suo primo amore, ma sapeva che non era nella posizione per farlo. Sapere di quel bacio fra lui ed Elizabeth, un bacio d'addio per ciò che erano stati e una richiesta di scuse per come si era comportato, doveva averle fatto crollare il mondo addosso e i suoi silenzi a riguardo dovevano averla portata alla conclusione più ovvia: lui ed Elizabeth avevano una relazione clandestina.

Nulla di più falso, ma questo Demelza non poteva saperlo...

Doveva correre a casa e parlarle, subito! Aveva perso fin troppo tempo in quegli scontri, tempo che poteva usare per inseguirla e spiegarle, sperando non fosse troppo tardi.

Ricordò le sue parole, non urlate, non dette in preda alla disperazione. Era una rabbia fredda quella che aveva scorto in Demelza, piena di risentimento e delusione.


"Tieniteli i tuoi segreti Ross, tieniteli tutti. E io mi terrò i miei".


Aveva quasi paura a pensare al significato di quelle parole ma un terrore sordo sembrava sussurrargli che Demelza si era arresa, che gli aveva detto di viversi la sua vita come voleva e che lei avrebbe fatto altrettanto. Non era più importante la sincerità fra loro, quelle promesse a cui lei aveva tenuto fede mentre lui non lo aveva fatto, Demelza non gli avrebbe più chiesto nulla, non avrebbe più né preteso né voluto niente da lui. E questo gli faceva male come mai nient'altro nella sua vita.

Doveva raggiungerla, parlarle, spiegare e chiedere scusa per i suoi silenzi e per quelle risposte infelici che le aveva riservato nelle ultime settimane. Stanchezza, preoccupazioni e tanti pensieri nella testa avevano finito per allontanarli di nuovo e lui, idiota come sempre, l'aveva estromessa di nuovo dalla sua vita. Le aveva intimato più volte che se lui non era quello che lei desiderava, poteva cercarsi qualcun'altro e ora si malediva per quelle parole. Che gli era saltato in mente? Se mai avesse visto Demelza accanto a un altro uomo, sarebbe impazzito dal dolore!

Perché quando c'erano problemi e tempeste, era con lei che se la prendeva?

Non era forse sua moglie, la donna che amava e la madre dei suoi figli? Perché doveva ricadere SEMPRE negli stessi errori?

Già una volta l'aveva fermata sull'uscio di casa, pronta ad andarsene. E ora aveva la dannata sensazione che una seconda chances non gli sarebbe stata data...

Eppure non poteva andarsene, lei non avrebbe mai abbandonato i suoi bambini... E se invece li avesse presi con se, portandoli via?

Appena arrivò, lasciò il cavallo nella stalla e corse in casa.

Tutto era buio e silenzioso quando aprì la porta e sembrava esserci solo Prudie. La serva stava riversa sul tavolo, con diversi bicchieri vuoti davanti a se, completamente ubriaca. Ross si accigliò ed entrò in panico, era da tanto che non la vedeva così, non si era ubriacata nemmeno quando Jud se n'era andato, anzi... "Dov'è Demelza?".

La donna alzò gli occhi su di lui e si accorse che erano velati di lacrime. "Fuori".

"Fuori dove?".

"No lo so, non l'ha detto".

"Da sola?" - le chiese, con terrore.

Prudie impallidì. "Con un visitatore...".

Un visitatore... Demelza se n'era andata con un visitatore... E la sua mente, senza bisogno di chiedere conferme, sapeva di chi si trattava. Sentì un nodo alla gola, il corrodere della disperazione nelle sue vene e un sentimento di impotenza a cui non sapeva far fronte. "Tornerà?".

"Sì, credo. Non l'ha detto...".

"Dove sono i bambini?".

"Di sopra, dormono".

Già, che stupido, cosa lo chiedeva a fare?! Se Demelza era con Hugh, i bambini sarebbero stati di troppo...

Dov'era andata? Cosa stava facendo? Santo cielo, sarebbe impazzito a furia di chiederselo. Non poteva stare in casa ad aspettare senza far nulla, doveva tornar fuori a cercarla, trovarla e riportarla a casa da lui e dai loro figli.

Uscì fuori, il vento era violento, furioso come il suo animo. Il cielo si stava scurendo e a breve sarebbe iniziato a piovere. A grandi falcate si avviò verso la spiaggia, un posto che Demelza amava e dove spesso si recava quando aveva qualcosa su cui rimuginare. Non aveva idea di cosa stesse facendo e aveva il terrore di trovarla fra le braccia di Hugh Armitage, ma non poteva essere tanto codardo da nascondere la testa sotto il cuscino.

Eppure no, non poteva essere, lei non lo avrebbe mai tradito... Demelza era migliore di lui, immune a questo genere di errori, era la sua donna, una donna che lo venerava e che viveva per lui. Lo aveva perdonato molte volte e il suo amore non era mai venuto meno nemmeno davanti ai mille errori che lui aveva commesso. Anche questa volta sarebbe stato così, sarebbe bastato spiegarle, chiederle scusa e tutto sarebbe tornato come prima. Anche perché poi, in fondo, lui non aveva fatto nulla di male. Non le aveva parlato dell'incontro con Elizabeth per non preoccuparla e ferirla, non per nasconderle chissà che...

Arrivò in spiaggia, il vento gli sferzava il viso e il mare era in tempesta. Si guardò attorno ma tutto era muto, deserto ed immobile. Lei non c'era...

"Dove sei...? Dannazione Armitage, dove la stai portando?".

Sentiva la rabbia scorrergli dentro... Si sentiva impotente e stupido per non essere intervenuto subito, appena iniziato quello strambo corteggiamento di Hugh a sua moglie. Invece aveva minimizzato e aveva permesso a quel ragazzo di entrare nelle grazie di Demelza, di insinuarsi nel suo cuore e di sconvolgere la loro vita. Faceva ancora male pensare a lei che cantava per Hugh come aveva fatto tanti anni prima per lui, nel loro primo Natale da sposati. Faceva male ricordare come lo aveva guardato, con lo stesso sguardo pieno d'amore che una volta aveva per lui... Solo per lui...

Ross sapeva di aver sbagliato molto e sapeva che tutto quell'amore che Demelza aveva provato sempre per lui era stato scalfito dai suoi mille errori. Ma mai, MAI avrebbe pensato di poterla perdere.

Passeggiò in spiaggia, in una inutile ricerca. Finché non vide stagliarsi, a sorpresa, la figura di George Warleggan.

In una giornata tanto terribile, era l'ultimo uomo che voleva vedere! Che diavolo ci faceva nella sua spiaggia?

Il suo rivale, pallido in viso come non l'aveva mai visto, si voltò verso di lui. "Ross, che piacere! Devo ringraziarti per aver difeso i miei possedimenti oggi".

Ross strinse i pugni davanti a quell'ennesima provocazione, lo avrebbe volentieri picchiato ma quel giorno si sentiva senza forze e aveva l'impressione che pure per George fosse così e che il suo tentativo patetico di stuzzicarlo derivasse dal bisogno di sfogarsi per qualcosa. "Se lo credi tu...".

George sorrise, sempre più pallido. Pareva sofferente... "Oh, lo credo, hai lavorato tuo malgrado per me e lo trovo divertente".

Ross scosse la testa, si sentiva così idiota per essersi fatto fregare da lui. "E in cos'altro credi, George?" - chiese, senza forze per controbatterlo. Era la conversazione più stupida che avesse mai sostenuto nella sua vita...

"Credo e so che presto avrò un seggio in parlamento, che i miei guadagni aumenteranno e io diverrò una persona importante a Londra. Credo di avere una moglie incantevole e un figlio bello e sano. E tu in cosa credi, Ross?".

A quella domanda, scosse la testa. Erano poche le sue certezze e in quella giornata terribile le aveva perse tutte. Demelza era la sua casa, l'unico legame davvero autentico che per lui significava 'vita' e se n'era andata probabilmente. Aveva sempre dato per scontato che non sarebbe mai successo e invece, come un dannato idiota, aveva tralasciato il fatto che era per lei che doveva combattere, prima di tutto. "Credo che credere sia una gran bella cosa..." - rispose con tutta sincerità, con tantissima amarezza nella voce. Poteva sembrare una provocazione quella risposta perché in fondo sapeva che ciò in cui credeva George era per la maggior parte fasullo, ma non aveva voglia di farlo impazzire e ancor meno di mettere nei guai Elizabeth ed il piccolo Valentine. In fondo, quella risposta impertinente era rivolta a se stesso, più che a George...

Vide George impallidire e non aggiunse altro, non ne aveva voglia, non ne aveva le forze. Voltò le spalle al suo nemico, sentendosi svuotato. E se ne andò con gli occhi che luccicavano e con un macigno nel cuore. Era inutile continuare a cercare, lei non si sarebbe fatta trovare.

Tornò a casa che era ormai buio. Vide Prudie che dormiva il sonno degli ubriachi, riversa sul tavolo. Ed era una visione desolante che lo riportava a quando, solo e ferito nel corpo e nello spirito, era tornato dalla guerra in Virginia.

Salì al piano di sopra, nella stanza dei suoi bambini. Dormivano nello stesso lettino, probabilmente avevano pianto per l'assenza della mamma e Prudie li aveva messi a letto insieme per tranquillizzarli. Accarezzò i loro capelli, quelli castani di Jeremy e quelli biondi della piccola Clowance. "Mi dispiace..." - sussurrò loro, mentre le lacrime gli rigavano il viso. Aveva rovinato tutto, il suo matrimonio e la sua vita. E soprattutto le vite dei suoi due bimbi che forse, a causa sua, sarebbero cresciuti senza mamma... Una mamma che ora, probabilmente, era fra le braccia di un altro uomo.

Si trascinò fino alla camera da letto, si buttò sulle coperte e rimase a fissare il soffitto senza muoversi, senza togliersi gli abiti, quasi senza respirare.

E per la prima volta capì cosa doveva aver provato lei quando, anni prima, l'aveva tradita con Elizabeth e lui aveva passato la notte a Trenwith.

Ora che lei, per la prima volta da quando la conosceva, non era con lui, poteva finalmente vedere con chiarezza tutta l'amarezza, la disperazione, il dolore di chi ha perso la persona amata, la paura per le incognite del futuro e il vuoto di uno strappo che mai avrebbe voluto e che si è costretti a subire.

Avrebbe voluto averla vicina, parlare con lei, ridere con lei, stringerla fra le braccia, fare l'amore e poi addormentarsi con sua moglie appoggiata al suo petto.

E invece era solo...

Tentò di dormire ma fu inutile.

E quella fu la notte più lunga della sua vita...



  
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