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Autore: reggina    14/10/2017    3 recensioni
Si dice che i gemelli abbiano un legame misterioso, speciale e invidiabile.
James e Jason , forse incatenati allo stesso destino, imparano da subito di non essere il centro del mondo.
Si guardano le spalle, si proteggono e si difendono l'un l'altro. Sempre.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemelli, Tachibana/Derrick
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il campetto di terra rossa mista a sabbia, all’estrema periferia di Akita, è sempre uguale come se il tempo non fosse mai passato da quelle parti.

James e Jason hanno rindossato le loro tenute da gioco verde oliva – il colore di una passione – e le loro scarpette nere con i tacchetti senza fronzoli; sono montati in sella alle loro vecchie biciclette un po’ arrugginite- dei veri pezzi d’epoca- e hanno pedalato spensierati verso quell’appuntamento con il passato.

La rimpatriata con i vecchi amici è ormai un appuntamento fisso all’inizio dell’estate: non hanno bisogno di fare i salti mortali per incontrarsi, per cazzeggiare tutti quanti sui vecchi ricordi adolescenziali, ridere insieme su quel campetto dove si sono incrociate decine di storie e dire puntualmente: “ Oh non lasciamo passare un altro anno !

E infatti passa puntualmente almeno un anno prima che qualche ex calciatore dell’Hot Dog si prenda la briga di organizzare.


I copertoni delle bici stridono sull’asfalto quando i gemelli frenano sollevando un sottile strato di polvere.

“Ti ricordi come, in breve tempo, questo divenne il nostro terreno di casa dove accoglievamo le squadre del vicinato? E di quella partita improvvisata all’ultimo secondo, quando riuscimmo addirittura a procurarci la calce per tracciare le linee del campo, le porte senza rete e le bandierine agli angoli? Una meraviglia!”

I ricordi si allungano come ombre, improvvisamente fanno un balzo nel passato, un brivido a fior di pelle li catapulta nel loro ieri.

“Hai ragione Jason: è bello tornare bambini, almeno per un pomeriggio.

Al tempo che un pallone ci durava una, massimo tre partite, perché finiva puntualmente per bucarsi in un’inferriata; quando ritornavamo sporchi di terra e di fango e mamma ci aspettava brontolando, già con il sapone in mano… Ci tagliavamo, ci rompevamo le ossa, perdevamo i denti e dopo, a casa, ci davano pure il resto! ”

“È proprio lì che mi faccio tenerezza! Nel ripensare a quanto tempo perso, a quante idee svanite, a quante paure infondate. È una sensazione strana: mi sembra di rivedere un film in cui i protagonisti eravamo noi!”


Ippei Kobayashi è già schierato in porta: è diventato un ragazzone dalle mani enormi, accompagnato da sempre dalla fama di quando segnò da porta a porta.

“Ancora ci domandiamo tutti perché avete deciso di piantarla lì con il calcio, scimmiette del Giappone! Era davvero uno spettacolo vedervi giocare!”

Jonathan Stubbing è sempre il possente giocatore delle scuole medie ed è rimasto un ragazzo positivo e simpatico mentre stringe i gemelli dalle spalle in un abbraccio scherzoso.

“Perché senza di te a fornirci assist eravamo come due cateti senza l’ipotenusa!”

Sta al gioco James.

“Eh ci siete diventati due secchioni: ma davvero economia e management sono più interessanti delle catapulte infernali, di tiri incrociati e tiri combinati?”

Si intromette anche Kota.

“Non abbiamo più l’età per fare certe pazzie!”


Ci sono davvero tutti e, dopo una scorpacciata di ricordi, si ritrovano e tutto riprende dallo stesso punto.

I Derrick si muovono in campo come due funamboli, tecnicamente formidabili come già lo erano a dodici anni, in sintonia. In una parola: gemelli. Impossibile distinguerli.

James riceve palla spalle alla porta, gira velocissimo su sé stesso e scatta puntando dritto verso l’area avversaria, bruciando sul tempo un paio di centrocampisti. Jason accompagna il contropiede.

Suo fratello irride con leggerezza due difensori, evita con un guizzo una carica in recupero da dietro, dribbla anche il portiere ed entra palla al piede in porta. Gol.

Alcuni dei suoi compagni di squadra corrono su di lui, lo abbracciano, gli fanno festa. Onde di calore si alzano tremule ma nessuno sembra far caso a quel sole già arroventato.

Soltanto Jason nota una smorfia appena accennata su quel viso sudato identico al suo e, come un sinistro presagio, il suo fratellino gli sembra una foglia in balia di una tempesta.

Cerca di scacciare quella sensazione incontrollabile e inappropriata e riprende a giocare.


Vincono loro, con una doppietta personale di James che è il primo ad infilarsi sotto la doccia. Canticchia fingendo di non sentire al tatto quel rigonfiamento duro. Quella tumefazione che nasconde già da un paio di mesi e che adesso è diventata anche dolorosa.

Chiude gli occhi sperando che sia solo una sua fisima, un incubo da cui si risveglierà presto.

Fuori i rumori sono tanti: le voci degli altri calciatori, il suono inconfondibile dei tacchetti sul cemento, quelle urla un po’ selvagge e un po’ ridicole che ci si scambia sempre prima di entrare e dopo essere usciti dal campo.

Tutto lo riporta improvvisamente al qui e ora. Si guarda allo specchio e si asciuga la faccia prima che diventi di ghiaccio.

“Jamie ma quanto ci metti a prepararti? Lo so che vuoi farti bello per la tua Lydia…Ma se continui a perdere tempo le ragazze perderanno la pazienza e ci daranno buca!”

Jason, ignaro, lo incalza da fuori con voce allegra. James vede i suoi occhi riflessi, sente una vocina che gli sale dentro e lentamente sulle labbra si scolpisce il sorrisetto di uno che la sa lunga.

“Tanto tu non mollerai mai!”

Ammette a sé stesso. Si infila la maglietta ancora bagnata, senza sentirla più fredda, fa chiarezza nelle sue idee e riprende il controllo di sé stesso.

Adesso è pronto per uscire.

   
 
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