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Autore: Nene_92    15/10/2017    7 recensioni
L'estate è passata, l'assassino è stato trovato e la morte di Samuel Larson è ormai un lontano ricordo.
Come continua la vita dei personaggi dopo l'omicidio?
.
(si tratta di una raccolta di OS sui protagonisti presenti nella storia interattiva "Un Omicidio per i Black")
.
[la storia fa parte della serie "La nuova dinastia dei Black"]
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La nuova dinastia dei Black'
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Ed è il turno di Aaron! 


- Aaron Morgan - 


Aaron_Morgan
Aaron Morgan, 11 luglio 1972




"So che hai appena partorito e vorresti Darius a casa qualche giorno per aiutarti" Commentò Aaron "ma ci è stato per più di un mese e ha abbondantemente superato il numero di giorni di ferie che aveva a dispo..."
"Non sono venuta qui per questo" Lo interruppe però Cassiopea "Sono venuta per Julia."


"Cosa significa che il Dipartimento non muoverà ulteriori accuse contro Julia/Victoria e che verrà liberata entro poche ore? 
E tutto il lavoro che abbiamo fatto in questo mese?" Domandò incredula Melisandre.

(da cap. 20 - Epilogo)




16 luglio 2007, Ministero della Magia, Dipartimento Auror




"Cassy... ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo?" Domandò incredulo l'Auror.
"Non te lo sto chiedendo: te lo sto ordinando." Replicò la donna.
"Non eri tu quella furiosa, quella che aveva promesso che se avesse trovato il vero assassino gli avrebbe fatto passare l'inferno solo per aver incastrato Darius?" Provò a farla ragionare Aaron "Adesso lo sappiamo chi è stato."
"Sì, è vero." Confermò lei "E sappiamo anche che si tratta di una madre." Continuò decisa.
"Non possiamo fare beneficienza soltanto perchè chi ha commesso un delitto ha dei figli!" Sbottò a quel punto lui "Altrimenti inizierebbero a trincerarsi tutti dietro a quella scusa, oppure a farsi mettere incinta apposta! Cassy, ti prego, ragiona!"
"Ho già ragionato e questa è la soluzione migliore: quella donna è stata sotto un ricatto bello e buono per anni. Ricatto portato avanti da un mio dipendente." Rimarcò Cassiopea "Senza che io mi accorgessi di nulla... proprio io, che mi accorgo sempre di ogni cosa... mi domando ancora come sia stato possibile." Ammise abbattuta.

"Quindi stai cercando di graziare Julia per lei... o per te?" Ribattè Aaron dopo un po'.
"Credo per entrambe." Ammise lei con franchezza "Ma questo non cambia la sostanza: abbiamo noi la denuncia in mano... e io l'ho appena ritirata." Affermò decisa "Se hai bisogno per altri tecnicismi giuridici chiedi ad Alexis." 

"E se io andassi avanti lo stesso?" La provocò Aaron, nel momento in cui Cassiopea, spingendo la sedia a rotelle, era quasi arrivata alla porta.
Alquanto lentamente, la donna si girò di nuovo verso di lui. "Forse non ti è
abbastanza chiara la situazione, Aaron: Julia è rimasta incinta facendo la prostituta. Secondo la legge, basterebbe questo per toglierle la custodia dei suoi figli per sempre. Se tu proseguissi comunque con le indagini, questa cosa salterebbe fuori, prima o poi. I bambini sarebbero sbattuti in un orfanotrofio e non potrebbero vedere la madre mai più. Davvero vorresti vivere con questo peso sulla coscienza?"

"E allora lascio un'assassina in libertà?"
"E' stata la voracità di Samuel ad ucciderlo, non lei: se non avesse voluto consumare la droga - che lui stesso l'ha costretta a portargli - si sarebbe salvato." Rispose Cassiopea sbuffando "Adesso, se non ti dispiace, tornerei a casa: devo allattare mio figlio. Anche io, per lui, sarei disposta ad uccidere. Quando avrai figli anche tu, capirai di che cosa sto parlando."


-*-*-*-


Senza che i due Mangiamorte riuscissero quasi ad accorgersene entrarono in casa, prendendoli di sorpresa.
Ma la vera sorpresa la ebbe Aaron, quando salì al piano superiore per controllare che davvero quei due fossero gli unici abitanti della casa.
Perlustrando le varie stanze, arrivò nella cameretta di un bambino, che dormiva tranquillamente nel suo lettino.

In pochi secondi, Aaron riuscì ad immaginare tutta la vita che si sarebbe prospettata per lui, se fosse cresciuto nella società magica.

Qualche ora dopo, ripetendo come un mantra di aver fatto la cosa giusta, mostrò a tutti i ricordi che riguardavano il cadavere del bambino, dicendo che era morto per un banale incidente, mentre circondavano la casa e la attaccavano. 

In realtà aveva portato il bambino ad una coppia di babbani, amici di famiglia.
I Miller avrebbero cresciuto quel bambino con tutto l'amore possibile. E quando si sarebbero verificati i primi episodi di magia involontaria, sarebbe stato lui a spiegargli ogni cosa sul mondo magico.

(da cap. 9 - Aaron Morgan)



2009, Casa Miller


Quando Damien Miller, dal cortile di casa, vide quella figura familiare maschile risalire il vialetto puntando dritto verso casa sua, si mise quasi a saltellare dalla gioia.

Lo zio Aaron, un caro amico dei suoi genitori, era davvero un uomo fantastico.
E le sue magie, fatte con la bacchetta magica vera quando i genitori non c'erano, erano un qualcosa che lo lasciavano sempre con la bocca spalancata.

Quanto gli sarebbe piaciuto poter fare come lui!

Di sicuro, con una bacchetta del genere, avrebbe fatto in modo di rendere la sua scorta di cioccolata inesauribile.

Una volta glielo aveva anche confidato e Aaron, dopo avergli scompigliato scherzosamente i capelli, era scoppiato a ridere di gusto.
"Credimi: saprai fare anche cose molto più belle ed utili." Gli aveva assicurato.
"Davvero potrò usare la magia anch'io?" Domandò il bambino incredulo, con gli occhi che gli si erano illuminati di gioia, davanti a quella prospettiva.
"Assolutamente sì." Aveva confermato l'Auror "Devi soltanto aspettare di avere l'età giusta." Gli aveva poi spiegato, facendogli l'occhiolino.

"Zio!" Aveva esclamato Damien, dopo aver aperto il cancelletto che delimitava il perimetro del cortile per correre velocemente tra le braccia del suo zio preferito, che immediatamente lo sollevò per aria, come se non avesse avuto peso "Che bello vederti! Mi fai vedere ancora una volta come far sparire la sedia?"

Dal momento che i vicini babbani avrebbero potuto pensare a lui soltanto come un bravo prestigiatore, Aaron non si preoccupò più di tanto per quella richiesta, quasi urlata per la strada.
"Massì, massì te lo faccio vedere volentieri." Commentò sorridendo "Ma prima di farlo devo consegnare un regalo speciale: sbaglio o qualcuno
qui, oggi, compie 11 anni?"


-*-*-*-


2010, Dipartimento Auror, ore 18.30


Con un verso di sconforto Aaron si mise le mani tra i capelli, guardando la piccola catasta di fascicoli che si era andata ad accumulare nel corso delle due settimane precedenti sulla sua scrivania.
Fascicoli che non erano soltanto da ordinare e smistare, ma che contenevano anche svariati casi da risolvere... e che lui non aveva ancora nemmeno aperto per mancanza di tempo.

Da quanto tempo non si prendeva una vera vacanza?

Troppo, troppo tempo.
Ci aveva provato, circa tre mesi prima, a prendere qualche giorno di vacanza, solo per se stesso.
Ma poi, una volta che si era ritrovato nella propria casa - completamente vuota - e intento a fare nulla, aveva cominciato a pensare alla caterva di fascicoli che giacevano nel suo ufficio, in attesa di qualcuno che se ne occupasse.

E quel tempo passato a casa gli era sembrato di colpo totalmente inutile, mentre così tante persone avevano bisogno del suo aiuto.

Possibile che a soli 38 anni si fosse ritrovato di punto in bianco ad essere un maniaco del lavoro?

E pensare che soltanto fino a pochi anni prima, tra i suoi desideri, c'era quello di costruirsi una famiglia tutta sua.
Come aveva fatto, da quella idea piena di amore e calore, a voler invece passare quasi tutta la sua giornata in ufficio, in mezzo a fredde e lugubri carte?

Forse perchè lui, a differenza di molti suoi colleghi, una famiglia non ce l'aveva. Si ritrovò a ragionare amaramente. E non se la sarebbe neanche riuscita a costruire, se avesse continuato a fare doppi turni e a lavorare di continuo. Realizzò tristemente.

"Aaron?" Lo distrasse una voce dietro di lui "Hai intenzione di rimanere in ufficio ancora per molto?"
"Ho ancora moltissime cose da fare Darius." Replicò, indicandogli con un cenno la piccola catasta sulla sua scrivania "Quindi direi di sì."
"Anche per l'orario di cena?" Domandò il russo.
"Immagino di sì." Rispose Aaron, pensando per un attimo con malinconia a cosa lo avrebbe aspettato una volta tornato a casa. Ovvero un frigo completamente vuoto.
"Sei proprio sicuro?" Insistette ancora Darius. "Perchè a me e Cassy farebbe piacere averti come ospite a cena."

"Farebbe piacere a tua moglie... oppure a te?" Chiese a quel punto Aaron, rivolgendogli un'espressione perplessa.
"Ti pare che io possa invitare qualcuno a cena senza l'approvazione di mia moglie?" Lo sbeffeggiò a quel punto il Black, roteando gli occhi al cielo "Tu mi comanderai anche al lavoro... ma per il resto comanda lei!"
"Vi ringrazio per l'invito, ma stasera proprio non riesco... magari un'altra volta." Replicò Morgan, soffocando una mezza risata davanti alla candida ammissione del collega.
"D'accordo. Ma sappi che l'ordine viene dall'alto... quindi ti suggerisco di accettare il prima possibile." Gli consigliò Darius, prima di battergli la mano sulla spalla per congedarsi. "Io vado. Passa una buona serata!"
"Sì, anche tu." Replicò Aaron, prima di tornare alle sue 'amatissime' cartelline e sospirare rassegnato.

Per quale diamine di motivo aveva detto di no?






una settimana dopo



"AARON MORGAN!"

Senza alcun riguardo per le diverse cartelle appena impilate e ordinate sulla scrivania, una furia di nome Cassiopea Black scaraventò i pugni sul legno massiccio, allungando il volto verso quello che, almeno teoricamente, doveva essere il capo di suo marito.

"SI PUO' SAPERE DA QUANT'E' CHE NON PRENDI UNA PAUSA DA QUESTO UFFICIO?" Continuò imperterrita la donna, lanciandogli un'occhiataccia.
"Cassy." La salutò lui con un cenno, per nulla spaventato dai suoi modi "Si può sapere da quant'è che ti hanno nominata mia baby sitter personale?"
"E' già il terzo invito a cena che rifiuti in una settimana. Se non sapessi già che la mia cucina fa schifo, lo prenderei come un insulto personale." Dichiarò la purosangue, guardandolo storto "Ma è della cucina di Cata che stiamo parlando: quindi l'insulto è doppio."
"Non sto rifiutando i tuoi inviti per la qualità della cucina" Replicò però l'Auror, mentre la sua attenzione era tornata a concentrarsi sul contenuto di un fascicolo "ma soltanto perchè non ho tempo."
"Allora trovalo." Gli ordinò lei.

"Non è che posso trovare il tempo libero a comando!" Protestò a quel punto Aaron.
"Pff! Tutti lavoriamo, abbiamo famiglia e - indovina un po'? - abbiamo anche del tempo libero. Se ci riusciamo noi, non vedo perchè non dovresti riuscirti tu." Commentò Cassiopea "Si chiama 'organizzazione'."
"Ma io..."

"Settimana prossima va bene?" Lo interruppe lei.
"Veramente..."
"Molto bene, allora facciamo giovedì sera."
"Cassy..."
"Alle 8, puntuale. Presentati 'docciato', profumato e sbarbato." Continuò la Black, gettando un'occhiata storta alla barba ormai abbastanza lunga e disordinata dell'uomo "Se non ti presenti, ti vengo a prendere per i capelli. Sono stata abbastanza chiara? Meraviglioso!" Chiuse il discorso prima di smaterializzarsi, impedendogli così di replicare.


Per qualche secondo, Aaron fissò il vuoto davanti a sè con sguardo stralunato.
Non aveva alcun dubbio che, se il giovedì seguente non si sarebbe presentato alla Villa in orario, la donna sarebbe davvero andata a prenderlo per i capelli.
Perciò non aveva vie di scampo: era appena stato incastrato da Cassiopea Black.


-*-*-*-


2011, Casa Morgan


Ci mise un po' a realizzare che l'odore che stava sentendo era quello di caffè appena fatto, tuttavia, appena se ne accorse, l'uomo spalancò gli occhi, tirandosi su di scatto dal letto.
Poi si diresse velocemente in cucina dove, oltre all'aroma del caffè in ebollizione, si trovava una donna intenta a preparare una sostanziosa colazione ai fornelli, avvolta soltanto in una sua maglietta.

Utilizzando il tipico passo felpato sviluppato nel corso degli anni come Auror, Aaron si diresse verso di lei e la abbracciò in vita, depositandole una scia di baci sul collo.
"Non eri obbligata a prepararmi la colazione sai?"
"Veramente la mia intenzione era di portartela a letto" Rispose lei "Ma visto che sei sveglio..." Continuò girandosi verso di lui, prima che un pensiero improvviso la colpisse, portandola ad inarcare le sopracciglia con aria preoccupata "Ehy... non è che ti ho svegliato io stegamando vero? Avrei dovuto insonorizzare la stanza!"

Davanti a quella domanda, l'uomo scoppiò a ridere "In realtà è stato l'odore del caffè." La rassicurò "E poi, credimi Sophie: non avevo un risveglio così bello da secoli."

Mentre Sophie si alzava sulla punta dei piedi per baciarlo, Aaron si trovò a ripensare a quella famosa cena di circa un anno prima, dove Cassiopea l'aveva quasi trascinato per i capelli.
Era lì che l'aveva conosciuta.
E, senza riuscire a capire cosa gli stesse succedendo, si era ritrovato a fissarla come un'ebete, incapace di proferire parola per mezza serata.

Non sapeva come, ma Cassiopea aveva indovinato anche quello.
L'aveva incastrato
di nuovo.


-*-*-*-

SophieSophie Melcado, 7 settembre 1980, ex Corvonero



La tua magia è un abominio! Frutto di un furto ai danni di ben due maghi!" Continuò la Umbridge imperterrita.
"NON E' VERO!"
 
"Per questo motivo la Corte vi condanna - tu e i tuoi genitori ladri - alla detenzione nella prigione di Azkaban a vita!"

Avrebbe tanto voluto ribellarsi ancora, ma lo avevano privato ormai giorni prima della bacchetta.
E non poteva neanche contare sulle sue forze: si erano divertiti, in attesa di quel processo farsa, a lasciarlo senza cibo e senza acqua, alternando su di lui torture varie. 
Gli stessi che fino a qualche mese prima aveva considerato come suoi buoni colleghi.

Non seppe chi di quelli che lo trascinavano, ma uno di loro lo schiantò. 
Il suo ultimo pensiero prima di svenire fu che non ci sarebbero mai riusciti, se lui fosse stato in forze e armato di bacchetta.

Quando riaprì gli occhi si ritrovò rannicchiato in una delle celle buie, umide, fredde e strette di Azkaban.




Non appena raggiunse l'esterno dell'edificio si appiattì contro la parete, iniziando a fare respiri profondi.

I luoghi chiusi e piccoli, come le stanze adibite agli interrogatori, continuavano a dargli fastidio e a causargli crisi di panico, nonostante fossero passati anni.


Pian piano 
si accasciò su se stesso fino a sedersi sull'asfalto, ripetendosi mentalmente di respirare e guardare il cielo.

(da cap. 9 - Aaron Morgan)



2012, Casa Morgan


Con un sussulto, Aaron si svegliò di soprassalto.

L'aveva sognato di nuovo
. Aveva sognato di essere di nuovo ad Azkaban.

Al freddo.
Al buio.
Completamente cieco.
Completamente solo.

Ed essersi svegliato in una stanza al buio, in piena notte, non aiutava di certo a rallentare il battito accelerato del suo cuore.

Aveva bisogno di una fonte di luce.
La agognava più dell'aria.

Tremando violentemente cercò di appellare la bacchetta, senza però riuscirci.
Stava quasi per avere una crisi di panico, quando una voce femminile lo aiutò a riacquistare un minimo di lucidità.

"Aaron?" Emerse infatti la voce di Sophie, da qualche parte vicino a lui "Lumus!"

In pochi secondi la stanza venne illuminata a giorno e l'Auror si ritrovò avvolto nell'abbraccio della ragazza, che mentre con la mano sinistra gli accarezzava la schiena, con la destra gli prese la sua per portarla all'altezza del proprio cuore, per consentirgli - sentendone il battito regolare - di calmarsi.
"E' tutto ok Aaron, è tutto finito. Non sei più ad Azkaban: sei a casa."


-*-*-*-


2013, Dipartimento Auror


"Vai già a casa Aaron?" Nonostante il tono apparentemente neutro, l'Auror riuscì comunque a distinguere lo scherno presente nella domanda di Darius, che stava scribacchiando qualcosa su un foglio.
Roteando gli occhi, Aaron si limitò a commentare "Percepisco la tua ironia fin qui. Ma ricordati che sono sempre il tuo capo."
"Sarebbe una minaccia questa?" Domandò il russo con tono palesemente ironico, facendosi anche scappare un mezzo sorriso. "Perchè ne ricevo di peggiori a casa... se vuoi impressionarmi devi impegnarti di più."

"Vorrei poterti prendere in giro per questa cosa, ma adesso che ho Sophie inizio a capire cosa intendi." Si lasciò scappare Aaron con un mezzo borbottio.

Che però Darius colse comunque.


"Che cosa ti aspettavi esattamente? Lei e Cassy sono amiche da una vita..." Gli fece notare "E' chiaro che mia moglie te l'ha messa in casa per comandarti a bacchetta anche da lontano. Lasciatelo dire: con quella cena ti ha incastrato. Ecco perchè ha insistito così tanto per farla."
"Di questo me n'ero già accorto." Borbottò l'inglese sospirando rassegnato. "E visto che anche Sophie mi ha incastrato, temo proprio di dover tornare a casa in fretta, prima che il suo isterismo raggiunga livelli epici." Aggiunse dando un'occhiata al suo orologio da polso "Ultimamente, se arrivo a casa anche solo con un minuto di ritardo, inizia a far volare i piatti."
"Tranquillo, di solito con le gravidanze funziona così." Lo rassicurò Darius senza pensarci "Passati i nove mesi si calmano... più o meno."

Ma Aaron non aveva ascoltato nulla del resto della frase.

La sua mente si era fermata molto prima, alla parola 'gravidanza'.

"Come hai detto scusa?"



-*-*-*-

Thomas_MorganThomas Morgan, 1 anno


2015, Casa Morgan



Per quanto andasse indietro con la memoria, Aaron non riusciva a trovare tra i suoi ricordi un momento dove era stato più felice.
Si trovava nel salotto di casa sua, semisdraiato sul divano, con Sophie appisolata sul suo petto e suo figlio Thomas che giocava tranquillo sul tappeto, con quello che era ormai diventato da due mesi il suo giocattolo preferito - un orsacchiotto più grande di lui.

Peccato soltanto per quel piccolo particolare.

Un particolare che si trascinava dietro da ormai parecchi mesi, dentro alla tasca del suo mantello, ma che ancora non aveva trovato il coraggio di tirare fuori.

Se ci pensava, gli veniva quasi da ridere: proprio lui, Auror ormai esperto e conclamato, che era stato imprigionato ad Azkaban, che aveva combattuto la Seconda Guerra Magica uscendone indenne e che affrontava ogni giorno criminali e assassini di ogni calibro e pericolosità, che non riusciva a trovare il coraggio di tirare fuori un anello di fidanzamento dalla tasca per chiedere alla sua donna, la madre di suo figlio con la quale già conviveva, di sposarlo.

Per quale motivo riusciva ad affrontare con coraggio praticamente ogni cosa e poi, davanti a quelle più semplici, si faceva prendere dal panico così facilmente?

Non che non ci avesse provato, a farle la proposta.
Solo che ogni volta che prendeva coraggio, ripetendosi che la ragazza non avrebbe avuto motivo per rifiutarlo, ecco che qualcosa si metteva in mezzo.
Una chiamata urgente al lavoro, un gufo con una lettera... loro figlio che nasceva all'improvviso o che si metteva a piangere.
Insomma, tanti diversi motivi che l'avevano sempre portato a rimandare.


"Cos'è che ti tormenta?" Lo distrasse la voce di Sophie, svegliatasi proprio in quel momento.
"Perchè dovrebbe tormentarmi qualcosa? Sono qua con voi..." Rispose lui accarezzandole i capelli. "non c'è posto più bello."
"Avevi lo sguardo perso nel vuoto, con le iridi vagamente appannate... e anche una piccola rughetta sulla fronte." Replicò la donna, sfiorando il punto con l'indice "Proprio qui. Quindi non mentirmi."

"D'accordo allora... qualcosa in effetti c'è." Sospirò l'uomo rassegnato "Io..."

Ma non fece in tempo a terminare il discorso: Thomas, di punto in bianco, scoppiò infatti a piangere.
E ovviamente Sophie, con uno scatto che avrebbe fatto invidia a diversi velocisti, si alzò dal divano per precipitarsi verso di lui, prendendolo in braccio.

"Dicevi?" Domandò poi la donna, cullando dolcemente il bambino per calmarlo.

E Aaron, di punto in bianco, capì che non ci sarebbe mai stato un momento davvero giusto per chiederle di sposarlo, come aveva invece desiderato di fare tante volte.

Quello era il momento giusto: erano lì, tutti e tre insieme, in una pigra domenica pomeriggio.
Nient'altro contava.

Con un incantesimo non verbale appellò la scatolina - che teneva sempre a portata di mano - poi raggiunse la compagna posizionandosi alle sue spalle, e la prese per la vita con il braccio sinistro, sollevando quello destro all'altezza del volto della donna, in modo da darle una perfetta visuale di ciò che teneva in mano.

"Dicevo che... Sophie Melcado, vuoi diventare mia moglie?"


-*-*-*-


2016, dependance di Villa Black (prima notte di nozze)



Tenendo sollevato il bordo dell'abito bianco - che ancora indossava - per impedirgli di sporcarsi strisciando sul pavimento, Sophie Morgan - nata Melcado - raggiunse la camera da letto che li avrebbe ospitati fino al mattino successivo, quando lei e Aaron avrebbero preso la passaporta che li avrebbe condotti alla meta per la loro Luna di Miele.

Poi sorrise a suo marito, già seduto sul letto e intento a litigare con il nodo della cravatta.

"Lascia, faccio io." Propose Sophie, avvicinandosi a lui e riuscendo in pochissimo tempo a realizzare l'operazione.
"Girati, che così ricambio con il tuo vestito." Le rispose maliziosamente Aaron, appoggiandole una mano alla base della schiena.
Ridacchiando per la proposta dell'Auror, la donna girò su se stessa e alzò le braccia per agevolarlo.

Ma fu solo quando si ritrovarono sopra al letto matrimoniale, ormai quasi completamente svestiti, che Sophie lo bloccò all'improvviso.
"Prima di andare avanti, è giusto che tu abbia il mio regalo di nozze." Lo informò, rispondendo così allo sguardo interrogativo dell'uomo "Sono incinta di due mesi. Di una bambina."

Per qualche secondo, l'Auror rimase completamente immobile, in attesa di assimilare la notizia.
Poi sorrise entusiasta, percorrendo il corpo della moglie verso il basso per depositarle infine un bacio sul ventre, ancora apparentemente piatto.

"Non ci potrebbe essere regalo migliore. Ti amo. Vi amo. Tutti e tre."



"Adesso, se non ti dispiace, tornerei a casa: devo allattare mio figlio. Anche io, per lui, sarei disposta ad uccidere. Quando avrai figli anche tu, capirai di che cosa sto parlando."



Sì, adesso lo capiva.


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Credo che la prossima sarà Candice!
A presto! ;)
  
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