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Autore: Bruschii    16/10/2017    0 recensioni
Andremo fino in fondo.
Combatteremo in Francia, combatteremo sui mari e negli oceani, combatteremo con crescente fiducia, difenderemo la nostra Isola, qualunque possa essere il costo.
Combatteremo sulle spiagge, nei cambi e nelle strade, combatteremo sulle colline, non ci arrenderemo mai.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Aprile, 1940.

Non facevo altro che spostare la forchetta sul piatto, creando dei piccoli cerchi, mentre le parole di mio padre si mischiavano alle risate del mio fidanzato, i quali stavano discutendo su uno dei famosi sportivi di quel tempo. Le verdure erano comunque molto più interessanti della conversazione che si stava svolgendo quella sera. Il colore dei broccoli mi fecero pensare al vestitino verde che avevo visto quel pomeriggio in città e la mia mente analizzò i ricordi che le rimanevano su come quello stesso mi cadeva addosso, facendomi credere che forse sarebbe stato il mio prossimo acquisto. Già possedevo un vestitino verde, ma quello che vidi quel pomeriggio aveva fatto decisamente breccia nel mio cuore.
Praticamente, quello fu il mio pensiero per i dieci minuti che seguirono. Mia madre era seduta di fronte a me e non alzai nemmeno una volta lo sguardo per controllare  cosa stesse facendo nel suo silenzio, ma me la immaginai con lo sguardo sognante puntato sul mio futuro sposo, seduto a capotavola, fantasticando su come il giorno del mio matrimonio sarebbe stato uno dei giorni più belli della sua vita. Entrambi i miei genitori andavano pazzi per il giovane uomo che aveva da poco chiesto la mia mano, soprattutto per il suo conto bancario. La mia fortuna era riposta, senza ombra di dubbio, sul fatto che la differenza di età fosse solamente di quindici anni e che riusciva ad apparire ancora come un ventenne al primo impatto con la società. Il suo volto non era segnato da rughe o cicatrici, il suo animo era puro e il suo fisico scolpito. Sarebbe stato l’uomo perfetto per ogni ragazza di un rango medio-alto, sarebbe stato perfetto per me, se solo l’avessi scelto io. Il mio cuore non apparteneva a nessun altro se non a me stessa, ma il matrimonio mi avrebbe aiutata a provare amore per quell’uomo.  
Il suono del campanello mi risvegliò dai miei pensieri.

"Apro io." Mi alzai, scusandomi, ma nessuno dei presenti sembrò accorgersi della mia scomparsa, continuando il discorso iniziato con la cena, un’ora prima.
Attraversai il salotto e passai di fronte alle scale prima di fermarmi davanti alla porta per sistemare la mia acconciatura. Aprii la porta, sorridendo alla vista di due degli occhi più belli che potessero esistere puntati sulla mia figura di media altezza.

"Stai interrompendo una cena importante, spero che il motivo della tua visita sia urgente." Feci un passo in avanti e lui indietreggiò, lasciandomi uscire dal portone principale della mia dimora, che accostai poi alle mie spalle. 

"La ragione della mia interruzione è altrettanto importante quanto l’occasione interrotta." Quello che potevo definire come il mio migliore amico mi rispose con lo sguardo assente, perso sicuramente nei suoi pensieri profondi. Gli sorrisi ancora una volta per spronarlo a parlare, un sorriso gioioso che venne ricambiato da uno spento. 

"Non vorrei metterti in una situazione di tensione, ma dovresti prima di tutto sapere che sei considerabile come una delle persone più importanti all’interno della mia vita e mi riempio di gioia al pensiero che tu ne faccia parte, tuttavia spero vivamente che questo mio sentimento non sia ricambiato." I suoi occhi erano vitrei mentre si rivolgeva a me e ciò mi fece preoccupare. Non ero al massimo della mia gioia quando le persone non andavano dritte al succo del discorso, cercando di girare attorno alla fatidica notizia.

"Basta con queste cazzate, Alex, vai dritto al punto."  Una piccola risata lasciò le mie labbra in segno di nervosismo. Il ragazzo di fronte a me si passò una mano tra i corti capelli castani e posò il suo sguardo sulla punta delle sue scarpe, facendomi quasi perdere la pazienza. Conoscendolo bene come lo conoscevo io, la notizia che doveva darmi non era certamente delle migliori, soprattutto se questa implicava l’interruzione di una cena di famiglia. Nel nostro paese, a quell’epoca, una cena familiare era considerata importante almeno quanto l’ora del tè, sicuramente di più se a tale cena era presente colui che avrebbe sposato la giovane nubile della casa. Sbuffai in modo poco femminile ed appropriato, ma non mi vergognavo certamente ad assumere certi atteggiamenti poco garbati in sua presenza, lo sentivo certamente più vicino a livello emotivo di quanto potessi mai sentire vicino la mia stessa madre, e questo mio gesto gli fece riportare lo sguardo sui miei occhi. Si passò ancora una mano sul viso, strofinando pesantemente la parte del contorno occhi e stringendo il suo ponte del naso tra il pollice e l’indice. Sussurrò qualcosa che però non fui in grado di comprendere, dato il tono basso e il fatto che avesse parlato talmente velocemente da mangiarsi alcune delle parole della frase pronunciata. 

"Sono stato reclutato, parto domani a mezzogiorno." La mia bocca si aprì per cercare di farlo parlare una volta per tutte, ma non feci in tempo ad incitarlo ulteriormente. La mia bocca rimase aperta mentre il mio cervello cercava di connettere il prima possibile per cercare qualcosa di appropriato, o almeno non totalmente fuori luogo, da dire. Non provai un mare di emozioni infrangersi contro di me, no, sentii solamente una grande roccia travolgermi la faccia, buttandomi atterra e non dandomi più la capacità di rialzarmi. Alcuni dei momenti migliori passati insieme riaffiorarono alla mia mente, come quando passavamo interi pomeriggi chiusi nel mio studio, dove io mi dedicavo alla pittura di qualche paesaggio immaginario accompagnata dal bellissimo sottofondo creato dalla sua meravigliosa voce mentre si cimentava nella lettura di uno dei suoi tanti autori preferiti con il solito tono rauco e calmo che lo distingueva da tutti gli altri ragazzi che conoscevo. Chiusi gli occhi quando il ricordo dell’estate prima, di quando mi insegnò a guidare il suo furgoncino, si fece strada nella mia memoria, facendomi rivivere quel momento gioioso in quei pochi secondi. Feci la sua conoscenza ormai tredici anni prima, quando ancora abitava nella casa accanto alla mia nel cuore di Manchester, quando ancora la crisi non aveva portato suo padre sul baratro, costringendolo a trasferirsi in un piccolo appartamento posto accanto alla fabbrica di mattoni nella quale lavorava Alex in quel momento. Continuammo a vederci ed a frequentarci insieme ad altri amici, nonostante il disprezzo che aveva ormai portato mia madre ad odiarlo.
Cercai di dire qualcosa, ma le mie corde vocali sembravano essere sparite in quel preciso istante, lasciandomi conta bocca aperta e nessuna parola. Lo vidi mentre infilava una mano dentro la tasca sinistra dei pantaloni che portava per poi cercare qualcosa al suo interno.  

"Sposami, Diana, sposami adesso." Le mie dita furono strette dalle sue grandi e fredde mani, mentre la mia mente cercava di comprendere pienamente le sue parole. Tra le nostre mani riuscivo a sentire il metallo freddo di una collana dalla catena sottile ed il ciondolo di dimensioni abbastanza ridotti rispetto a quelle trovate in commercio. Quando trovai le parole per rispondergli, la sua voce mi interruppe come era solita fare.

"So di non essere il miglior partito, ma quando morirò riceverai la quota che spetta alle vedove di guerra e non dovrai più sposarti con quel fottuto palo." Il suo tono conteneva in egual misura speranza e rassegnazione. Convinto di essere arrivato ormai alla fine della sua breve vita, cercava di rendermi felice perfino con la sua stessa morte. Per questo Alex sarebbe stato l’uomo perfetto con cui passare una vita insieme, per il suo eterno istinto di mettere al primo posto le persone a lui care, anche prima di sé stesso. I miei occhi si fecero lucidi nel non sentire nella sua voce la solita vitalità che mi rendeva felice ogni volta che parlavamo.

"Alex, non posso. Alla fine, Noah è una persona apprensiva e di buon animo." Cercai di sorridere per convincere anche me stessa che mi sarei trovata bene nel continuare la mia vita con Noah e, soprattutto, senza di lui. Le nostre mani erano ancora congiunte in una stretta che non avrei mai voluto sciogliere. Avrei voluto stringere le sue dita per un tempo indefinito, forse per sempre, solamente perché sapevo che, dal momento fatidico nel quale si sarebbero lasciate, non avrei mai più toccato quelle mani o, più semplicemente, visto quel bellissimo e giovane volto. Perché io già sapevo, proprio come lui, che le possibilità che sopravvivesse a quella guerra senza avere seguito un addestramento adeguato erano veramente, troppo poche. 

"Ma non lo ami." Abbassò nuovamente la testa e lo sguardo verso i suoi piedi, nascondendo un sorrisetto da saccente. Sorrideva poiché sapeva di aver ragione, sapeva che non amavo Noah e che avrei preferito sposare lui in quel preciso istante, se solo avessi potuto. 

"Non amo neanche te." Riuscii a vedere il suo sorriso svanire velocemente. Entrambi sapevamo che tra di noi non ci sarebbe mai potuto essere un sentimento che andasse oltre ad una semplice e meravigliosa amicizia. Le mie parole erano sincere, non avevo bisogno di mentire in sua presenza e di questo ne era al corrente. Non avevo mai cercato di illuderlo che tra di noi sarebbe potuto nascere qualcosa di maggiore. Un sospiro lasciò le sue labbra prima che alzasse la testa, lasciando i nostri sguardi liberi di trovarsi. I suoi occhi erano di un verde unico e mi sarebbero mancati come l’aria che respiravo.

"Balla con me." Sorrisi mentre le nostre mani congiunte si alzavano fino ad essere parallele ai nostri visi, il ciondolo ancora stretto tra di loro, impedendomi di vederlo chiaramente.  La mia testa si protese in avanti, appoggiandosi sulla camicia di lana dalla fantasia a quadri che stava indossando. Il suo braccio destro si fece strada dietro la mia schiena, stringendomi in un caloroso gesto di affetto. Era solamente un ragazzo, poco più che ventenne, il suo sogno segreto era quello di lavorare come giornalista ed era sicuramente un pessimo ballerino. Ci stavamo muovendo senza musica, ma ciò non creava un ostacolo, i nostri corpi continuavano ad ondeggiare lentamente in quello che sarebbe stato il nostro ultimo momento passato insieme.  Una lacrima solitaria scese dal mio occhio destro quando iniziò ad intonare la melodia della nostra canzone preferita.

"Dovrei tornare a tavola."    Mi staccai da lui prima di iniziare a piangere a dirotto, solamente per non farlo stare ancora più male di come mi immaginavo stesse in quel momento. Mi asciugai velocemente la guancia, tirando su con il naso. I suoi occhi erano lucidi e cercavano disperatamente di contenersi, proprio come i miei. 

"Domani a mezzogiorno alla stazione centrale. Se non ti presenterai, lo capirò, ma sarò lì ad aspettarti." Il mio sguardo seguì i suoi movimenti mentre si portava le nostre mani congiunge al livello delle labbra, prima di posarle sul mio dorso. Erano morbide e fredde allo stesso tempo, rappresentando quel momento alla perfezione. Chiusi gli occhi per fare tesoro di quel prezioso attimo e quando li riaprii, non sentendo più la sua presa sulle mie mani, lo vidi allontanarsi velocemente per scomparire altrettanto velocemente nel buio della notte. Tra le mie piccole dita aveva lasciato il ciondolo che ormai lo contraddistingueva, quello dal quale non si sarebbe mai separato, il piccolo aeroplano di carta in metallo.
  
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