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Autore: Mimithe_Moonlight    17/10/2017    1 recensioni
E se le avventure di Elisabeth e delle sue sorelle si svolgessero nel presente mentre le ragazze frequentano il liceo?
E' iniziato un nuovo anno alla PRIDE HIGH SCHOOL e le giovani Bennet si preparano a fare incontri che cambieranno le loro vite.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Bingley, Elizabeth Bennet, Fitzwilliam Darcy, Jane Bennet, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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PRIDE AND PREJUDICE HIGH SCHOOL
Qualche giorno dopo, quando le due classi si prepararono al loro ritorno, i pettegolezzi sulla separazione di Lizzy e George volavano di bocca in bocca ed erano l’argomento di maggiore interesse del momento. Sebbene Elizabeth tentasse in ogni modo di mantenere un basso profilo sembrava che ovunque andasse le persone la conoscessero e volessero sapere cosa diavolo fosse successo. Le malelingue già ipotizzavano che William Darcy fosse il vero motivo di questo improvviso crollo nella relazione dei due che sembrava, fino a quel momento, essere una storia da fiaba. Eppure in quei pochi giorni il giovane Wickham si era trovato con un occhio nero e la sua fidanzata sedeva a fianco di un altro. Quella faccenda attirava l’attenzione di tutti, anche di quelli che non conoscevano di persona Elizabeth e i suoi amici. Era passata dall’essere una persona pressoché invisibile ad essere improvvisamente una delle persone più conosciute di tutta la scuola. Eppure su quell’autobus, era chiaro che qualcosa era cambiato. Lizzy sedeva vicino  a William chiacchieravano tranquillamente ascoltando musica con lo stesso paio di cuffiette mentre poco più indietro George era sommerso dalle civettuole chiacchiere di Caroline e cercava invano di nascondere il volto tumefatto dietro la mano. Gli insegnati avevano fatto molte domande su cosa era successo ma nessuno aveva risposto e dopo la scena che si era presentata a colazione avevano preferito tenersi fuori dalla faida. Quello era stato sicuramente il momento clue di quella gita scolastica e ance se avrebbero dovuto mantenersi imparziali era chiaro a tutti gli studenti che anche loro avevano le loro preferenze e scommettevano su chi avrebbe avuto la meglio. Anche se, bisognava ammetterlo, nessuno avrebbe immaginato che Elizabeth Bennet potesse dimostrare tanta forza nel fronteggiare, davanti a tutta la scuola, il suo ormai ex-fidanzato. E mentre la coppia che sembrava perfetta aveva mostrato il suo lato oscuro, poco lontano Jane e Charles pareva fossero in luna di miele. Non facevano altro che sorridere e ridacchiare scambiandosi sguardi complici. INessuno dubitava che prima o poi quei due sarebbero finiti insieme e anche se c’era qualcuno che commentava il tempismo che aveva fatto coincidere l’inizio di una storia con la fine di un’altra ma nessuno in realtà ci faceva davvero caso. 
Tuttavia appena tutti tornarono alle loro solite vite e alla solita routine scolastica nessuno parve più interessarsi alla situazione dei ragazzi cosa che sicuramente risollevò il morale a un’esausta Elizabeth che dopo aver rivelato tutta la verità su quello che era successo la notte dell’aggressione si sentiva come svuotata. Il terrore nel sapere che qualcuno conosceva il suo segreto, tutta la verità, la perseguitava. Si fidava di Darcy ma non riusciva a sopportare la sensazione di on avere più tutto sotto controllo. La sensazione di essere vulnerabile ora che lui sapeva. Era stupido e lo sapeva ma era così abituata a vivere nel silenzio sotto il peso della verità da non essersi accorto quanto  questa la stesse lentamente inghiottendo. Quella realtà oscura che dimorava dentro di lei era stata svelata e ora non si poteva più tornare indietro. Passava il tempo libero correndo, cercando di soffocare nella fatica tutti i suoi pensieri, e ogni volta che cadeva il dolore dei lividi sovrastava finalmente quello per il tradimento di George. Dolore perché aveva nuovamente sbagliato a fidarsi di qualcuno, dolore perché un uomo le aveva di nuovo portato via qualcosa. Un altro pezzo di lei che se ne andava e tutto questo nell’eterno, inutile tentativo di riparare ciò che in lei si era rotto. Ma non importava a quanto pare, perché si sarebbe risollevata ancora una volta, doveva farlo, non poteva permettersi di lasciarsi andare, non questa volta. La sua famiglia non l’avrebbe sopportato e nemmeno lei sarebbe riuscita a guardarsi allo specchio se l’avesse fatto. Non voleva essere debole. E così nascondeva tutta la sua confusione nei respiri affannosi delle corse veloci sotto la pioggia e in mezzo alle raffiche di vento che stavano caratterizzando quegli ultimi giorni. 
Si fermò ansimante vicino al ponte di pietra che superava il fiume della città. Il cuore le batteva forte rimbombandole nella testa come un grosso tamburo mentre si appoggiava al muretto e guardava distrattamente l’acqua scorrere sotto di lei. Le nubi grigie che la sovrastavano avevano dissuaso gran parte delle persone dall’uscire quel giorno. L’aria umida le si appiccicava addosso come una seconda pelle coprendola di minuscole gocce di rugiada. Il vento le accarezzava delicatamente la pelle scostandole i capelli dal viso pallido. Dietro di lei una coppia nascosta sotto un ombrello colorato si affrettavano sulla strada lastricata dirigendosi verso casa. Elizabeth li guardò curiosa, sorridendo. Amava osservare le persone. Quando non sanno di essere osservate si comportano in modo diverso, abbattono le barriere e lasciano cadere le maschere. Smettono di fingere. Una volta Elizabeth era convinta di riuscire a vedere quando una persona stava mentendo, lo considerava un po’ come il suo speciale superpotere. Poi aveva capito che alcune persone mentono meglio di altre e sono in grado di far leva su ciò che desideri per convincerti che loro sono dalla parte del bene. Arrivati al bivio i due si salutarono frettolosamente con un bacio e corsero via sotto la pioggia che aveva iniziato a cadere. 
-Non dovresti stare qua fuori sotto la pioggia, ti ammalerai-
Eliabeth aveva imparato a riconoscere quella voce e l’avrebbe riconosciuta fra mille voci così come avrebbe riconosciuto sempre quegli occhi blu che la guardavano quando si girò. William Darcy era stretto nel suo cappotto  con una mano teneva sollevato il suo ombrello in modo da coprire anche Elizabeth. La pioggia gli era scivolata sui capelli e gli imperlava le labbra socchiuse in un sorriso  amichevole. Lizzy si strinse nelle spalle.
-Cosa ci fai qua fuori?- 
-Cerco te, in realtà- 
-E per quale motivo, signore?-
-Tua sorella mi ha chiamato era chiedermi se potevo rintracciarti e dirti che stasera saresti stata da sola a casa. La tua famiglia va a trovare una vostra parente e visto che ti sei dimenticata della visita hanno preferito lasciarti qui- Lizzy sorrise scuotendo il capo.
-Oh non me lo sono dimenticato, l’ho evitata volontariamente- 
-Voi signorina siete proprio una causa persa!- esclamò William accompagnandola lungo la strada, lo sguardo fisso davanti a sé. Elizabeth rise estraendo un pacchetto di sigarette e mettendosene una tra le labbra dopo averle offerte al suo accompagnatore. William scosse il capo con un sorriso ma si chinò comunque verso di lei per accendergliela. Lizzy lo ringraziò con lo sguardo aspirando una grossa boccata di fumo e beandosi della sensazione di calore che le si diffondeva nel petto. 
-Comunque come mai Jane ha chiamato te?- domandò interrompendo il silenzio tra loro disturbato solo dal lieve rumore dei loro passi sull’asfalto. 
-Charles deve averle detto che ero in zona, mi dovevo occupare di alcune cose da queste parti- Non l’aveva mai sentito essere così evasivo su quello che faceva. William Darcy tendeva a essere sempre piuttosto chiaro ma in quel momento pareva distante e nervoso. Come se ci fosse qualcosa che non andava.
-Hei, tutto bene?- Lui la guardò con un sorriso quasi malinconico. 
-Certo, solo un poco stanco, troppo lavoro- Fu allora che Elizabeth si ricordò del fatto che William non doveva occuparsi solo della scuola ma anche di pare dell’azienda di famiglia. Troppo peso gravava sulle spalle di quel ragazzo e ancora una volta Elizabeth si stupì di sé stessa, perché mai e poi mai si sarebbe aspettata di preoccuparsi per William Darcy e se qualcuno le avesse detto che sarebbe successo probabilmente gli avrebbe riso in faccia. Eppure quel sorriso che nascondeva qualcosa la spinse ad allungare una mano e a stringere quella del ragazzo, grande e calda. Lui la guardò stupito per un secondo prima di stringerla piano mentre sollevava il viso ad osservare il cielo sempre più minaccioso. 
-Sai ho incontrato George oggi- disse. Lizzy strinse i pugni inspirando dalla sigaretta accesa. 
-Gli hai parlato?- 
-In realtà a quanto pare lui era troppo occupato a fare altro, diciamo che per un attimo ho pensato che lui e la ragazza con cui era volessero strapparsi la faccia a vicenda. Una scena abbastanza disgustosa lo ammetto- 
-Pensavo che ora facesse coppia con Caroline-
-No, Charles mi ha detto che li l’ha mollata poco dopo il nostro ritorno. A quanto pare non riusciva a sopportare il suo costante chiacchiericcio. Se non lo odiassi con tutto me stesso, forse proverei addirittura pena per lui-  Elizabeth sorrise debolmente, sapeva che George sarebbe andato presto avanti con la sua vita ma non pensava che questo l’avrebbe ferita, ma a quanto pare si sbagliava. 
-Ho pensato che dovessi saperlo- Lei annuì.
-Grazie- sussurrò prima di lasciar cadere la sigaretta e spegnerla con il piede.  
-Lui ti manca- Affermò William guardandola con gli occhi socchiusi cercando di capire.
-Non lo so. Vorrei dire che mi è totalmente indifferente ma non posso, ogni volta continuo a pensare al fatto che ho lasciato che mi baciasse, che mi toccasse. Ho quasi la nausea quando ci penso- le parve di sentire il ragazzo sussurrare un “anche io” ma non volle indagare per paura di aver capito male. Il profilo bianco di casa Bennet si stagliò quasi all’improvviso davanti ai loro occhi. La pioggia si era fatta battente e rendeva difficile vedere ad un palmo di naso. William l’accompagnò sino alla porta cercando di coprire tutti e due con l’ombrello, ma il vento rendeva difficile proteggersi dalle grosse gocce che piovevano dal cielo. Lizzy aprì la porta di casa saltellando impazientemente sulle punte dei piedi e si voltò verso William. 
-Va bene, ora che sono sicuro che tu sia arrivata a casa, vado- Fece per voltarsi ma Elizabeth gli afferrò il braccio. Lui si voltò, la pioggia gli scendeva lungo il viso come lacrime seguendo la linea elegante del collo sino al colletto del cappotto. 
-Puoi rimanere se ti va… Aspettare che smetta di piovere- Lui osservò il cielo indeciso mentre un lampo illuminava la strada. 
-Se non ti do fastidio…- Lizzy sorrise tirandolo dentro casa e mostrandogli dove posare le sue cose.
-Vuoi qualcosa da bere? Caffè?- Lui annuì con un sorriso teso di chi si sente fuori luogo mentre la seguiva attraverso il piccolo corridoio che portava alla cucina. Si guardava intorno curioso ma in imbarazzo e Elizabeth si rese conto solo allora di come dovesse sembrargli casa loro. Di come probabilmente rispecchiasse del tutto il loro tenore di vita. 
-Mi dispiace, probabilmente sei abituato a case più grandi, la nostra è davvero un’umile dimora- cercò di spiegare lei mentre metteva la caffettiera e una teiera sul fuoco.  Lui la guardò confuso.
-Di cosa stai parlando? Io la trovo stupenda, sicuramente meglio di quelle ville enormi in cui ti perdi. Io e mia sorella abitiamo in un appartamento poco più grande di questa casa. La nostra vera residenza e poco fuori città, sulle colline, e l’ho sempre trovata davvero troppo, troppo grande- Elizabeth sorrise a vederlo cercare un modo per farla sentire meno a disagio. Con attenzione versò il caffè nella tazza e lo porse a William che mormorò un ringraziamento. Continuava a stupirsi di come cercasse di essere un ragazzo qualsiasi. Era vero, l’aveva giudicato troppo in fretta e con troppa leggerezza. C’erano così tanti aspetti di William Darcy che non riusciva nemmeno a immaginarselo. 
-Quindi è questa la tua tana- 
-In realtà non passo molto tempo qui, c’è una piccola stanza sotto il tetto. E’ quella la mia parte preferita di questa casa-
-C’è una possibilità che tu me la mostri?- 
-Non sei ancora pronto a vedere il rifugio di Elizabeth Bennet, lo dico per il tuo bene- 
-A volte ho quasi paura di te, sai? Come il terrore che tu possa nascondere qualche cadavere in cantina. Ti comporti come se avessi nel sottoscala un laboratorio segreto di anfetamine-
-Oh, no sta tranquillo, quello lo faccio nel capannone in giardino- scherzò Elizabeth agganciando le dita intorno alla tazza di tè caldo. William sorseggiò il suo caffè osservando la pioggia fuori dalla finestra che non accennava a smettere di cadere. 
-Cosa dovevi fare in città?- domandò Elizabeth non potendo resistere alla tentazione. 
-Dovevo andare a trovare una persona-   Il suo sguardo era freddo quando si fissò negli occhi di Elizabeth e la ragazza comprese che lui non le avrebbe detto niente, non ancora almeno. 
-Senti, questo fine settimana ho organizzato una piccola festa nel mio appartamento, mi chiedevo se ti andasse di venire. Jane ha accettato e anche alcune persone della scuola- Lei sorrise annuendo. 
-Certo, voglio assolutamente vedere com’è la casa di Messer Darcy!- 
Lui si lasciò andare a una risata sollevata appoggiandosi allo schienale della sedia e posando la tazza vuota sul tavolo.
-Senti, Will, ti va di rimanere a studiare qui? Devo ripassare alcuni sonetti di Shakespeare e non so davvero dove sbattere la testa- Lui rise inclinando il viso, i capelli neri gli scivolarono negli occhi facendo sentire a Lizzy l’incredibile desiderio di immergerci le dita e portarglieli indietro. Strinse le mani intorno alla tazza aspettando una risposta dall’amico e stupendosi di come si fosse abituata in fretta a quel nomignolo, Will, che mai avrebbe usato con lui. Eppure qualcosa era cambiato da quella notte in hotel. Qualcosa aveva avvicinato quelle due anime così diverse ma allo stesso tempo così simili, che erano William Darcy ed Elizabeth Bennet. 
-Mi stai chiedendo se ti posso dare una mano?- domandò il ragazzo sollevando un sopracciglio.
-Se vuoi metterla così…-  
-Non mi capiterà mai un’altra volta vero? Di sentirti chiedere aiuto?- Elizabeth scossa piano il capo con l’accenno di un sorriso triste ma sicuro. 
-Allora direi che non c’è altro da fare, accetto l’offerta- rispose allargando le labbra a mostrare i denti di porcellana in un grande sorriso.  Elizabeth si voltò verso il ripiano della cucina e lanciò a William un piccolo volume rilegato in pelle. 
-Diamoci da fare professore!- Esclamò trascinandolo in salotto e lanciandosi sul divano dove si sedette raggomitolando le gambe davanti al petto seguita da William  che si accomodò compostamente al suo fianco con quella posa tipica di chi è stato educato a comportarsi in un certo modo, alla maniera di un lord dei tempi antichi. Lizzy inclinò il viso a guardarlo mentre sfogliava con curiosità il libricino ricoperto di note a matite scritte con una grafia chiara e ordinata. Vide gli angoli delle sue labbra sollevarsi leggermente prima che si voltasse verso di lei, gli occhi blu che brillavano illuminati dai lampi che rischiaravano il cielo fuori dalla finestra.
-Che c’è?- domandò. Lizzy scosse il capo arrossendo leggermente, non riusciva a capire cosa attirasse così tanto la sua attenzione in quel ragazzo. Si strinse nelle spalle nascondendo il viso nella tazza di thè ormai quasi finita prima di cambiare discorso cercando di concentrarsi sulla letteratura inglese. William si rivelò un ottimo insegnante e ascoltatore mentre le faceva ripetere  sonetto dopo sonetto, leggendoglieli con voce calma e calda e un’espressività che mai si sarebbe aspettata da un tipo schivo come lui. Sembrava un attore sul suo palcoscenico mentre recitava quelle parole che sembrava sgorgassero fuori dal suo cuore attraverso le sue labbra. Elizabeth fece del suo meglio per mantenere la concentrazione ma ogni piccolo dettaglio la faceva tornare nel mondo dei suoi pensieri e William era così preso nelle sue spiegazioni da non accorgersene quasi, almeno finchè non si voltò e la vide addormentata con il capo appoggiato contro lo schienale del divano e il vecchio maglione tutto bucherellato stretto addosso. Sorrise afferrando la coperta che era drappeggiata sul bracciolo e posandogliela delicatamente addosso  mentre controllava l’ora. Era tardi ma tanto non c’era nessuno ad aspettarlo a casa, Georgiana era a casa di un’amica, scrisse un veloce messaggio a Charles per dirgli che non probabilmente non sarebbe uscito quella sera e con delicatezza, per non svegliare Lizzy, si sistemò meglio sul divano. Lei sembrava non essersi accorta di nulla, il suo respiro era lieve e regolare, le spalle sottili si sollevavano lentamente e le dita stringevano delicatamente le maniche del maglione. Sembrava così piccola, così piccola e sottile. Ripensò a ciò che gli aveva detto quella notte fuori dall’hotel, alla difficoltà con cui gli aveva rivelato quanto fosse stata terribile per lei quella notte, quanto fosse stato doloroso rialzarsi dopo quella caduta. Per un attimo si chiese cosa sarebbe successo se lei non avesse avuto la forza di lottare, quella forza che lui tanto ammirava. Probabilmente ora non sarebbe stato lì seduto al suo fianco. Probabilmente lei non ci sarebbe stata. Aveva imparato così bene a nascondersi dietro la maschera della ragazza forte ma allegra che vederla crollare così era stato strano, irreale. Si sporse in avanti e con delicatezza le scostò una ciocca di capelli dal viso. Per un secondo le sue dita sfiorarono la pelle fredda e morbida di Lizzy che sospirò nel sonno senza aprire però gli occhi. William afferrò il libro su Shakespeare e si concentrò sulla lettura dei minuscoli appunti finchè anche le sue palpebre si abbassarono e si addormentato.
-Elizabeth?- 
-William?-
Furono queste due domande a svegliarli facendoli sobbalzare. Elizabeth appoggiata con la schiena al bracciolo del divano aveva le gambe allungate su quelle di William che vi poggiava morbidamente una mano sopra. Entrambi si guardarono stropicciando gli occhi prima di voltarsi in direzione delle voci che avevano pronunciato in coro quelle due domande. Charles e Jane, mano nella mano, li guardavano stupiti con gli occhi e le bocche spalancate. 
-Che ci fate qui, voi due?- rispose Lizzy confusa guardando la sorella-Pensavo fossi anche tu a cena dalla zia!- 
-Ho ottenuto un’uscita anticipata e gratis di prigione grazie a Charles, ho barattato la mia libertà con la sua presentazione alla zia- 
Lizzy sorrise notando quanto sua sorella stesse cambiando da quando stava con Charles, era ancora più sorridente e pareva brillare di luce propria da quanto splendeva di gioia. Lui le faceva bene, era come una medicina per tutte le preoccupazioni che Jane nascondeva sotto i suoi sorrisi gentili.
-E lui invece?- disse indicando William che si appoggiava con i gomiti allo schienale osservando le due sorelle parlare come se loro due non fossero stati presenti e ammirando ancora una volta il profondo legame che le legava. Erano come due facce della stessa medaglia, la luce e le tenebre, il sole e la lune, diverse ma complementari.
-Niente, mi stava dando una mano a studiare e dobbiamo esserci addormentati- spiegò brevemente Lizzy, rabbrividendo a sentire il tocco leggero della mano di William sulle sue gambe mentre sollevava la mano per afferrare il cellulare e guardare l’ora. 
-Sarà meglio che io vada, è davvero tardi- affermò alzandosi e affermando il cappotto. Elizabeth lo accompagnò alla porta e lo salutò sorridendo prima di chiudersi la porta alle spalle e di trovarsi a guardare le espressioni maliziose della coppia che sembrava sul punto di iniziare un lunghissimo interrogatorio. 
-Va bene, so che non riuscirò a dissuadervi da ciò che volete fare quindi fatelo pure ma prima lasciate che mi sieda vi prego- esclamò stancamente lasciandosi cadere sul divano con un sospiro. 
 
 
Prima che Elizabeth potesse rendersene conto, arrivò il weekend e con esso la prima festa in casa Darcy. Non riusciva in verità a spiegarsi il motivo per cui si agitasse tanto in vista dell’occasione, ma aveva questa sensazione che la tormentava, un nervosismo che non riusciva a scacciare. Eppure William l’aveva rassicurata che sarebbe stata una serata semplice e divertente, senza niente di eccessivo. Solo una piccola riunione tra amici. Sospirando si mise a sedere sul letto infilandosi un paio di sobrie scarpe nere in velluto con un poco di tacco. Si alzò strofinando il vestito di pizzo scuro lasciando che i capelli le scivolassero leggeri sulle spalle scoperte. Era dimagrita ancora, il profilo delle sottili ossa delle clavicole sempre più in vista. Sua sorella era alle prese con i suoi lunghi capelli biondi e tentava di legarli in una treccia elegante ma l’elastico le scivolava tra le dita co e un pezzo di sapone bagnato. Sorrise avvicinandosi a Jane e aiutandola finendo il capolavoro che la ragazza era riuscita a fare con poche forcine. 
-A volte mi chiedo come tu faccia ad essere così tremendamente perfetta, sempre in ordine, sempre gentile. Devi essere un angelo sceso in terra-  
-Sono una delle poche che riesce ancora a sopportarti sorellina quindi è possibile- Elizabeth rise accarezzandole la spalla per rimuovere un batuffolo di lanuggine. 
-E comunque Lizzy mi sto convincendo che negli ultimi tempi ci sia un altro angelo custode nella tua vita- 
-Di cosa stai parlando?-
-Lo sai benissimo, non fare finta di niente- la rimproverò lei mentre si infilavano il cappotto controllando un’ultima volta nello specchio se erano presentabili.  
-Dai Liz! Come puoi continuare a negare che fra te e William c’è qualcosa!-
-Ti sbagli Jane, so che non ti capita spesso, ma in questo caso è così. Will ed io siamo solo amici, niente di più, niente di meno- 
-Non tutti gli amici sono disposti a fare a botte con un ex ragazzo arrabbiato-
-Questo non significa nulla-
-Sì invece, so che sai essere sorda riguardo a queste cose ma te lo ripeto ancora una volta, sono al 90% sicura che lui nutra dei sentimenti per te e sono altrettanto sicura che anche lui non ti sia indifferente. Quindi non capisco perché non puoi solo ammetterlo- Lizzy si pietrificò sulla soglia, la mano stretta intorno alla maniglia gelida. Gelida come il suo cuore, che teneva i pezzi insieme per miracolo e ogni giorno faticava di più a sopportare tutto quello che capitava alla ragazza.
-Perché non ci potrà mai essere nulla tra noi. Perché lui è William Darcy e io sono solo un personaggio sullo sfondo nella sua vita. Non sono importante. Non abbastanza-
-Forse lo sei per lui, dovresti aver il coraggio di dirglielo però-  Lizzy si voltò verso la sorella che per la prima volta dopo anni vide di nuovo nei suoi occhi quello sguardo freddo, lo sguardo di chi ha costruito intorno a sé una barriera impossibile da superare, una barriera che nemmeno lei era riuscita ad abbattere. Quegli occhi solitamente così luccicanti erano velati dai ricordi che si succedevano come un film in bianco e nero davanti alle iridi della minore. Jane lo sapeva. Sapeva benissimo che sua sorella aveva paura e che quella paura forse non sarebbe mai scomparsa ed era questo che più la preoccupava. Il fatto che sua sorella forse non avrebbe mai ritrovato quella felicità che prima era uno dei suoi tratti distintivi. Sapeva che crescendo avrebbe prima o poi abbandonato quell’ingenua gioia dei bambini ma avrebbe voluto che avesse comunque trovato qualcosa che le facesse illuminare gli occhi e quel qualcosa era scomparso dopo quella notte. Ma aveva sperato, aveva sperato che George le avrebbe donato un po’ di tranquillità ma lui aveva tradito quella speranza e aveva peggiorato la situazione. Aveva visto cosa stava succedendo a sorella, vedeva come lentamente stesse di nuovo precipitando ma non riusciva a capire come fermare la sua caduta. Sapeva che c’era solo una persona che poteva aiutare Elizabeth e quella persona era William, l’unico ragazzo che fosse riuscito a smuoverla e a generare in lei qualche tipo di vera reazione emotiva, che fosse rabbia o felicità non importava. Ma fu quello sguardo a farle capire che avrebbe dovuto smetterla e cambiare argomento. Aprì la porta senza dire una parola, evitando di rispondere alla sorella. Charles le sorrideva sulla soglia o per lo meno sorrideva a Jane che subito superò la sorella e gli gettò le braccia al collo. Lizzy alzò gli occhi al cielo sorpassandoli e dirigendosi verso la macchina che li aspettava in fondo al vialetto con al volante William. Il ragazzo le rivolse un veloce sorriso mentre montava a bordo seguita dalla coppietta felice.
-Se dovete strapparvi la faccia a forza di baci, vi prego avvertite così evito di guardare nello specchietto retrovisore- commentò Lizzy allacciandosi la cintura mentre William metteva in moto.
-Almeno adesso sai come mi sento io a reggere la candela ogni singolo giorno- aggiunse il ragazzo con un sorriso facendo manovra. Elizabeth rise sentendo i due nel sedile posteriore lamentarsi con aria offesa per ciò che avevano detto. Le stelle brillavano sopra le loro teste e con il cuore più leggero Lizzy sollevò gli occhi verso la distesa blu punteggiata di quelle minuscole scintille. William la guardava con la coda dell’occhio cercando di rimanere concentrato sulla guida ma chiedendosi continuamente cosa passasse per la mente di quella ragazza che gli faceva sentire l’impulso di girare l’auto e andare via con lei, senza una meta, davanti a loro solo l’infinito e dietro di loro tutti quei problemi che sembravano insormontabili. Ma William DArcy non era un tipo da follie, o almeno non lo era mai stato prima di incontrare Elizabeth Bennet, lei aveva dato tutto un altro significato al termine pazzia. Aveva dato un nuovo significato a tutto e William era consapevole che ormai non avrebbe potuto più lasciarla andare. Aveva già sprecato troppo tempo. Lei si voltò a guardarlo, i capelli scuri che le accarezzavano con fare ribelle il viso rilassato in un piccolo sorriso, gli occhi neri che brillavano come una candela nel buio. Lui non disse niente, ricambiò il suo sorriso sotto gli sguardi complici dei due amici che osservavano la scena col fiato sospeso. 
 
 
Elizabeth si aspettava che La Tenuta di Pimberly dei Darcy fosse enorme ma ciò che si stava trovando davanti agli occhi era fuori dalle sue aspettative. Una serie di vasche illuminate incantavano gli ospiti con splendidi giochi d’acqua e un lungo viale conduceva, attraverso un piccolo boschetto, alla collina sulla quale si trovava la grande e imponente costruzione che costituiva il fulcro di tutta la tenuta. Come un vecchio gatto se ne stava accovacciata sulla piccola altura con le sue colonne di marmo bianco illuminate da minuscole luci e la musica che si irradiava dalle sue stanze che come occhi la guardavano. Si voltò verso William che l’aveva affiancata dopo aver consegnato le chiavi dell’auto a uno dei dipendenti. 
-Che succede non ti piace?- le domandò con un sorriso sornione offrendole il braccio. Lei lo guardò strabuzzando gli occhi mentre si appoggiava delicatamente al ragazzo. 
-Se mi piace? E’ straordinaria ed è così…così…-
-Troppo appariscente?-
-Stavo per dire straordinariamente grande in realtà. Ma si può sapere come mai non ti piace? Non riesco a capirlo- 
-Non è che non mi piaccia, semplicemente   non riesco a dimenticare quello che mi lega a questo posto, e non mi fa piacere…- Lei sollevò gli occhi verso di lui che guardava dritto davanti a sé con aria assente. 
-Che cosa succede?- gli domandò stupendosi del suo tono dolce mentre si fermava e lo costringeva a fare lo stesso, si trovavano vicino a un piccolo fiume artificiale che terminava in una cascata illuminata da luci multicolore.
-E’ da quando sei venuto a casa mia che sei strano, distante…cosa ti preoccupa così tanto?- 
-Sono i miei genitori. E’ l’anniversario della loro morte- Elizabeth lo guardò in silenzio, le labbra socchiuse in un sospiro soffocato. 
-Io…mi dispiace tanto…Ma allora perché tutto questo, Will, perché questa festa?- gli domandò avvicinandosi e posandogli la mano sul braccio.
-Speravo che questo mi avrebbe distratto per un po’, Georgiana ed io lo affrontiamo ogni anno ma anche se dicono tutti che il dolore tende a scemare, ogni volta sembra sempre che debbano tornare da un momento all’altro. Non abbiamo nemmeno avuto il coraggio di entrare in camera loro per mettere in ordine le loro cose, è tutto ancora come quattro anni fa. Viviamo in un passato che non tornerà mai e non riusciamo ad uscirne e ogni anno organizziamo questa stupida festa sperando che serva a riportarci nella realtà ma ogni singola volta falliamo. Siamo i fantasmi di quello che eravamo prima- 
-E perché l’hai voluta fare anche quest’anno?-
-Perché quest’anno forse sarebbe stato diverso, perché quest’anno ci sarebbe stato qualcosa di nuovo- 
-Di cosa stai parlando?-  Lui le sorrise con un ombra di tristezza mentre le accarezzava una guancia scostandole una ciocca di capelli dal viso magro. 
-Come fai a non riuscire a capirlo, Elizabeth? Sei tu. Ho provato invano a nascondere quello che provavo, a convincermi che era sbagliato che io e te non saremmo mai stati qualcosa di più ma tutto è stato inutile. Ho pensato che se mi fossi convinto che quello che provavo era solo dettato dal sapere di non poterti avere forse avrei avuto un poco di pace, ci ho provato, ma poi ti ho vista con George, ho visto quello che stava facendo e non riuscivo a trovare un modo per aiutarti. Poi quella sera eri in lacrime, distrutta, e non ho saputo mantenere le distanze. Non ce l’ho più fatta. E’ stato quando ho colpito George che ho realizzato che non lo stavo facendo solo per te ma anche per un'altra ragione- 
ELizabeth lo guardava con parole mute aggrappate alle labbra socchiuse, gli occhi spalancati fissi nei suoi . 
-Io, William, di che diavolo stai parlando?!- balbettò mentre lui si avvicinava ancora tanto che il loro respiro sembrava fondersi in uno. 
-Sto dicendo che sono innamorato di te, Elizabeth Bennet, ecco di cosa sto parlando- Lizzy non riusciva a parlare, ogni parola sembrava diventare muta appena toccava l’aria frizzante della notte. Lui le sorrideva come chi guarda un animale selvatico, bellissimo ma impaurito, e sa bene che se non farà attenzione scapperà. Ma Elizabeth non voleva scappare, non sapeva cosa voleva, ma sicuramente non aveva intenzione di andarsene.
E così non fermò William quando con un braccio le cinse il fianco sottile.
E nemmeno quando l’altra mano le si poggiò sulla pelle delicata e bollente del viso.
Lasciò che lui si chinasse verso di lei, gli occhi chiusi, il respiro caldo di Will che le solleticava il collo e il suo profumo di pepe e noce moscata che le pizzicava il naso. 
Le loro labbra che quasi si sfioravano. 

 
-William Darcy?- Lui si voltò di scattò e Elizabeth lo vide impallidire.
-Anne?-
 
 
 
 
 
   
 
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