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Autore: EffyLou    17/10/2017    1 recensioni
ATTENZIONE: storia interrotta. La nuova versione, riscritta e corretta, si intitola Stella d'Oriente.
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Ha venti anni quando incontra per la prima volta quegli occhi, lo sguardo fiero del re di Macedonia, il condottiero che non perdona; ha venti anni quando lo sposa, simboleggiando un ponte di collegamento tra la cultura greca e quella persiana. Fin da subito non sembra uno splendente inizio, e con il tempo sarà sempre peggio: il suo destino è subire, assistere allo scorrere degli eventi senza alcun controllo sulla propria vita, e proseguire lungo lo sventurato cammino ombreggiato da violenza, prigionia e morte.
Una fanciulla appena adolescente, forgiata da guerre e complotti, dalla gelosia, dal rapporto turbolento e passionale col marito. Una vita drammatica e incredibile costantemente illuminata da una luce violenta, al fianco della figura più straordinaria che l'umanità abbia mai conosciuto.
Rossane, la moglie di Alessandro il Grande. Il fiore di Persia.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Memorie Antiche'
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Avvertenza
È un capitolo strano, con riti e simboli.

 


۱۵ . Poonz-dah

 
 
Nelle due settimane che seguirono, Alessandro impose delle punizioni per Rossane: non uscire dalla sua tenda, toglierle un quarto delle razioni di cibo e acqua, impedire ad Almas e Bagoa di occuparsi di lei. Nessuno doveva fare visita alla regina se non per prepararle i pasti.
L'unica compagnia che ebbe la ragazza in quei giorni, furono le sue pergamene e Durga. Ma la tigre usciva la mattina e tornava la sera.
Rossane si era adattata: quando si lavava, trattava il corpo e i capelli come facevano Almas e Bagoa, allo stesso modo applicava la crema depilatoria e si pettinava. Non essendo capace di intrecciarsi i capelli, li lasciava sciolti sulle spalle, lunghi e ondulati, le carezzavano il coccige.
Alessandro passava quasi ogni giorno davanti alla sua tenda, fermandosi e osservando, chiedendosi cosa stesse facendo sua moglie. Aveva disposto che non avrebbe potuto uscire da lì finché non avesse chiesto un'udienza con il re.
E dopo due settimane e mezzo, le guardie la condussero alla tenda reale.
Rossane si presentò con paio di calzoni larghi e il cavallo basso, stretti sulle caviglie, un corpetto di cuoio e una mantella fermata da una spilla sulla spalla. Come monili portava grandi cerchi d'oro alle orecchie e polsini d'argento con una pietra turchese. Una ciocca di capelli, posata su una spalla, era chiusa in una rete d'oro.
Alessandro era immerso nella lettura di alcuni documenti, in particolare lettere del suocero Ossiarte che lo informava di rivolte popolari in Battria. Quando lei fece il suo ingresso, perse la concentrazione su quella documentazione ma non volle darlo a vedere.
La fece attendere, mentre finiva di leggere. Infine alzò gli occhi su di lei, spostò le scartoffie sullo scrittorio, e intrecciò le mani in grembo. Si studiarono per interminabili attimi, guardandosi di sottecchi.
«Due settimane e mezzo… Pensavo avresti ceduto prima, nelle condizioni in cui ti ho posta.» esordì il re, alla fine.
«Pensavi male.» replicò lei, aspra.
«Sei ancora irriverente. Devo calcare la mano? Non ti è bastata la punizione che ti ho dato?»
«Sei tu il re, sta a te decidere. L’hai sottolineato più volte, come se non fosse abbastanza chiaro.»
Da quel tono di voce e da come sosteneva lo sguardo, con il mento sollevato, Alessandro capì che non si era pentita di ciò che gli aveva detto. Serrò la mascella.
«E dunque? Non sei qui per chiedere scusa.» constatò, squadrandola dalla testa ai piedi.
Alessandro la trovava bellissima e affascinante, nonostante non sembrasse affatto la regina di un impero. Sentì una morsa nel petto ripensando a ciò che gli aveva detto Efestione.
«Dipende su cosa.»
«Che cosa intendi?»
«Ho intenzione di scusarmi solo per il modo in cui ho reagito, ho esagerato, e mi dispiace. Se ti avessi detto le stesse cose con calma e senza aggressività, non sarebbe andata così.»
Lui serrò la mascella. Rossane lo considerava ancora un barbaro, un demone. E, in fondo, anche lui si sentiva un po’ così per ciò che aveva fatto a Persepoli. Solo che il suo orgoglio gli impediva di accettare il fatto che lei fosse stata così brutale nell’esporre il suo pensiero, lo infastidiva il suo solo pensare che lui fosse un barbaro o un demone addirittura.
«Il tuo pensiero e la tua considerazione di me mi offendono, la tua lingua taglia più di una spada.»
«Perché non ho una spada. – replicò, secca. – Ti senti offeso da ciò che penso, io invece trovo offensivo il tuo gesto.»
«Dovresti lasciare che ti spieghi.» mormorò, conciliante.
«Se posso permettermi, sire, quel che è fatto è fatto. Qualche parola campata in aria per dare senso a tale brutalità non servirà a molto. Il mio pensiero non cambierà, e non cambierà nemmeno solo perché ti sei offeso. Ammetto d'aver sbagliato con la mia reazione, passando dalla parte del torto. Questo è il massimo delle scuse che posso offrirti.»
Prendere o lasciare.
«Dunque ti scusi solo per il modo in cui hai espresso la tua opinione?»
«Sì.»
«Bene. C’è qualcos’altro che vuoi dirmi?»
Rossane accennò un sorriso sarcastico. «C’è qualcos’altro che vuoi sentirti dire?»
Alessandro la guardò impassibile, con la mascella contratta, per interminabili momenti. Infine rilassò i muscoli del volto e strinse appena le labbra. «No. Ora che ho le tue scuse parziali, hai il permesso di riprendere con te solo uno dei servitori, le razioni di cibo verranno ristabilite e potrai uscire dalla tua tenda per un giro di clessidra al giorno.»
«Bene. Posso andare?»
Alessandro annuì e tornò con gli occhi bassi, riprendendo i documenti che stava leggendo. Rossane uscì in silenzio.

 
Almas poté finalmente tornare a prendersi cura della sua regina.
Le pettinava i capelli con premura, si prendeva cura della sua pelle, si occupò dei suoi abiti e di tanto in tanto la rimproverava per il suo atteggiamento scorbutico e irrispettoso nei confronti del Gran Re.
«Circolano brutte voci sul tuo conto, Rossane.» le sussurrò un giorno, mentre le disegnava le mani con l’henné.
«Che sono una grezza e feroce barbara di montagna?» sbuffò.
Almas le lanciò un’occhiata. «Peggio. Offendono la regina con crudeli chiacchiere sulla più grande qualità di una donna: creare la vita. – sospirò. – Dicono che tu sia sterile. Se fosse vero, Alessandro potrebbe sostituirti e toglierti il ruolo di regina, rilegandoti ad una semplice moglie da serraglio.»
«Almas, io non sono sterile.» replicò, sulla difensiva.
«Allora perché non hai ancora dato un figlio ad Alessandro? Non ho visto il tuo grembo neppure gonfiarsi un poco.»
«Io non sono sterile. – ripeté. – E poi non vorrei mai fronteggiare una gravidanza nella situazione frenetica e sempre a rischio che viviamo. Fino ad ora non c’è mai stato il contatto volto a procreare. Credo che quello avverrà una volta arrivati a Babilonia, e penso che Alessandro sia dello stesso parere.»
Almas sembrò rifletterci su, e rimase in silenzio a lungo prima di parlare di nuovo. «Nel dubbio, lascia che ti guidi attraverso il rito della fertilità. Conosco i riti greci e persiani, oltre a quelli fenici. Tanto vale tentare per dissipare ogni dubbio, non credi?»
 
 
Il suo orgoglio di donna si riteneva ferito, per essere considerata sterile. La sua più grande dote, in quanto femmina, era la possibilità di creare la vita e veniva schernita da quei bruti che la consideravano sterile.
Rossane si era sentita toccata nell’orgoglio, tuttavia il dubbio s’era insinuato nella sua mente. Per questo aveva accettato l’invito di Almas, alla fine. Perché aveva accettato? Per l’orgoglio ferito? Non era solo quello. Rossane era disposta a tutto pur di essere accettata completamente come regina e moglie, persino a sfidare la natura: se era davvero sterile, sarebbe diventata fertile.
Era la sera prima in cui avrebbero preso la via del ritorno lungo l’Acesine. Il mattino dopo avrebbero salutato metà dell’esercito, comandato da Cratero, che avrebbero preso la via del ritorno attraverso l’Arachosia e la Carmania, mentre Alessandro e l’altra metà delle truppe avrebbero preso la via dei fiumi.
Poco prima che montasse il primo turno di guardia, Almas entrò nella tenda di Rossane per condurla al luogo dell’appuntamento. La regina aveva il cuore in gola e le gambe molli, non aveva idea di cosa aspettarsi.
Almas era una donna che praticava la divinazione, riti misterici in nome dell’antica religione fenicia. Non era solo una concubina e una dolce ancella. Era quasi una sacerdotessa, una maga.
Una strana atmosfera c’era quella sera. Magica, densa, presagiva qualcosa di arcano e potente. Rossane lo sentiva nella pelle e questo la faceva fremere: sensazioni ancestrali erano risvegliate in lei, le gambe si muovevano come guidate da una forza superiore, come se stesse sognando o fosse in uno stato d’ipnosi.
Almas era stata molto chiara. Piedi nudi, per sentire il contatto con la madre terra.
«La terra è il simbolo femminile per eccellenza. Anche l’acqua, ma la terra rappresenta la fertilità e la procreazione, ed è quello che noi andremo a cercare stasera. – le spiegò Almas. – Sarà un’esperienza mistica e forte, Rossane. Te la senti?»
La regina annuì, incerta. Sapeva che, dopo quella notte, non avrebbe più partecipato a certi rituali. Ma secondo Almas, una volta bastava per aiutare ad accrescere la fecondità. In seguito avrebbe solo dovuto praticare più frequentemente la raqs sharqi per mantenerla.
Arrivarono al centro di uno spiazzo, lontano dall’accampamento. Almas trovò la via grazie a dei segni tracciati sulla corteccia degli alberi.
C’erano altre donne in cerchio, altre avevano i tamburi e i santur, al centro c’erano un falò e una pecora. Qualcuna delle donne era una concubina, proveniente da ogni dove, ma c’era anche qualcuna delle mogli dei soldati.
Almas prese posto nel cerchio, lasciando Rossane al centro vicino alla pecora. Venne raggiunta da una donna macedone con i capelli rossi e gli occhi verdi, dal viso squadrato ma molto bella.
«Lo Sparagmòs è un rito dionisiaco per celebrare sì Dioniso, ma anche la potenza della madre terra. – le disse in un persiano arrangiato. – La carne della bestia appena uccisa va mangiata cruda. Assaggiando il sangue fresco del sacrificio, ci si riappropria del primordiale spirito della madre terra.»
«E quello spirito è fondamentale per cominciare il rito. È una pratica cruenta ma che si usa ovunque, prima del rituale.» aggiunse Almas.
Rossane la guardò sfarfallando le ciglia. Il cuore batteva frenetico nel petto, conscia del fatto che stesse per partecipare ad un rito che l’avrebbe messa a contatto con la natura primordiale e brutale.
Almas le porse un pugnale, lanciando un’occhiata alla pecora.
E in quel momento le donne munite di strumenti musicale cominciarono un basso rullo di tamburi, e le altre presero a muoversi in cerchio intorno a lei proiettando ombre dietro di loro alla luce rossa del fuoco. Il ritmo dei tamburi si faceva sempre più incalzante, cozzava piacevolmente con la tonalità placida dei santur.
Rossane guardò la pecora negli occhi, strinse le labbra. Sarebbe morta comunque, sarebbe stata mangiata in ogni caso, e quel rituale – se davvero funzionante – l’avrebbe salvata dall’abbandono di Alessandro. L’avrebbe resa una moglie degna, almeno sotto il punto di vista della procreazione. Gli avrebbe dato un erede. Almeno quello.
Alzò lo sguardo sul fuoco, ipnotizzata dal movimento ondeggiante delle fiamme. Il fuoco sacro. Ahura Mazda. Per un momento si sentì come inebriata dal suo spirito, le sembrò di percepire la sua presenza lì nel cerchio.
Senza staccare gli occhi dal falò, si inginocchiò di fronte all’animale, gli carezzo il collo, e fulminea gli infilò la lama nella carne. Un fiotto di sangue sporcò il terreno, il corpo della povera bestia e quello della regina.
I tamburi sembravano assordanti, i passi delle danzatrici in cerchio sembravano far tremare la terra, lo spirito di Ahura Mazda manifestato sottoforma di fuoco sembrava scalpitare e incitarla ad andare avanti con il cruento rito.
«Mamnoon.» sussurrò, gli occhi chiusi.
Si pulì la guancia col dorso della mano prima di adoperarsi per continuare il sanguinoso rituale.
Il bollente liquido rosso le aveva inzuppato la mano, gli abiti, il corpo e il terreno. Ma non provava disgusto. Dopo aver assistito alla carneficina sull’Idaspe, nulla le faceva più paura o ribrezzo.
Afferrò la coscia della pecora, la carne viva ancora sanguinante, gli occhi fissi sul fuoco scoppiettante e le ombre delle donne che danzavano frenetiche al ritmo tribale dei tamburi. Tutte sembravano in uno stato di trance, continuavano a muoversi in cerchio e ognuna danzava e ingraziava Rossane al proprio dio.
I fiotti di sangue uscirono copiosi quando la regina morse l’agnello e ne mangiò le carni. Non ne sentiva neanche il sapore, sentiva solo il calore del liquido vitale che le riempiva la bocca e colava ai lati delle labbra; sentiva l’umidità della terra sporcarle le ginocchia e la veste.
Posò le mani nella pozza di sangue sul terreno, senza staccare gli occhi dalle fiamme, come presa dalla stanchezza e al contempo la forza di continuare. Le sembrò quasi che il fuoco le rispondesse: «Shab khosh, Roshanak
E la presenza di Ahura Mazda sembrò lasciare il cerchio.
Il rito continuò, ma il fuoco si spense.


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C'è l'inizio di un rituale cruento praticato un po' ovunque prima dei riti di fertilità, e in Grecia prendeva il nome di Sparagmòs, un rito misterico dedicato al dio Dioniso. Poi ogni cultura proseguiva con il proprio rituale. In questo capitolo non mi sono soffermata sulla provenienza del rito, perché (eccetto il fuoco) non ci sono simboli religiosi o di una cultura in particolare: la terra e il cerchio sono riconosciuti come femminili, almeno nell'Europa e Medio Oriente.
Probabilmente, nella tradizione persiana, danzavano la raqs sharqi (danza del ventre) nella sua versione più arcana e sacra, dedicandola al contatto con le divinità Ištar o Inanna per propiziare la fertilità. La danza in cerchio era un elemento importante, perché il cerchio è un simbolo femminile e, secondo la credenza, le donne in cerchio creano un'energia molto potente.  Ancor di più se si balla la raqs sharqi in cerchio.

Insomma questo è un capitolo di rituali e simboli. Al tempo credevano in queste pratiche, e vista la situazione, i personaggi (Almas in particolare) e il contesto, ho pensato che prendere parte ad un rito simile sarebbe stato "normale".

È un capitolo molto breve, e su Word mi sembrava nettamente più lungo. Mannagg. Comunque di queste stranezze non ne vedrete altre, tranquilli, mi fa un po' strano scriverle-
Vi lascio così, col dubbio se Rossane era davvero sterile e il rito sia stato effettivamente maggggico, col dubbio se Rossane ha percepito la presenza di Ahura Mazda perché era lì davvero o lei era solo presa dall'ebbrezza del momento (?). Misticoh, non lo sapremo mai.

Una piccola nota: ho scritto la mia prima one-shot, tadan. La trovate sul mio profilo. Racconta del momento in cui, secondo la leggenda, Nabucodonosor fece costruire i giardini pensili di Babilonia per rendere felice sua moglie. Se vi va fateci un salto. È probabile che io mi sia dilungata troppo, siate clementi, era la mia prima one-shot HAHAHA
Per il resto... Scusate per il capitolaccio che vi ho rifilato, cercherò di farmi perdonare.
Alla prossima!

 

   
 
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