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Autore: Saigo il SenzaVolto    19/10/2017    1 recensioni
AU, CROSSOVER.
Sequel de 'Il Pianto del Cuore'
Era una serata come tutte le altre, quando improvvisamente Naruto, assieme a Hinata, Sakura e Sasuke si ritrovò in un luogo sconosciuto senza ricordare nulla. Ma loro non sono i soli ad essere finiti lì. Direttamente dall’oltretomba infatti, anche i genitori di Sasuke e quelli di Naruto fanno la loro comparsa, insieme a due personaggi provenienti dal futuro: Sarada Uchiha e Boruto Uzumaki.
Quest'ultimo, inoltre, molto diverso dalle aspettative di tutti!
Tra dispute familiari, passati dolorosi e comportamenti inaspettati, per i nostri eroi non sarà facile andare d'accordo. Ma tutti loro dovranno riuscire ad unirsi insieme per superare molte difficoltà, poiché una grave minaccia rischia di distruggere il loro mondo.
E loro sono gli unici in grado di fermarla!
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: Cross-over, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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PREMESSA: alcuni personaggi ed eventi di questa storia potrebbero essere diversi rispetto all’opera originale! Dipende tutto dalla mia immaginazione!



 

Il Titano e il Guerriero 1


La pioggia cadeva incessantemente sopra le Pianure Ardenti. Esse si trovavano a circa trenta chilometri dal Distretto di Shiganshina, procedendo verso Nord dalla parte opposta delle Mura di Maria. L’ambiente che le caratterizzava era per lo più spoglio e monotono. Una grossa distesa di roccia scura piana, disseminata da numerose formazioni di pietra che si raggruppavano a formare delle gigantesche strutture di roccia alte centinaia di metri. E, nonostante il nome del luogo facesse pensare ad un posto secco e caldo, la pioggia non accennava a diminuire.

Boruto Uzumaki ed Eren Jaeger erano giunti da qualche ora proprio all’interno delle Pianure, dopo un giorno intero di viaggio ormai. Si erano riparati dalla pioggia battente nascondendosi dentro una caverna formatasi nelle pareti di pietra delle varie strutture rocciose, riposandosi e prendendo fiato dopo la corsa di prima.

Un giorno intero di marcia era passato per i due ragazzi, giunti in quel luogo alla ricerca della tana dove si nascondeva il loro obiettivo.

Reiner Braun.

Durante il tragitto, Eren aveva spiegato al giovane Boruto la situazione e gli antefatti di quel tipo. Secondo le sue parole, Reiner era un commilitone della fazione militare di cui Eren faceva parte insieme ad Armin, la quale non combatteva per nessuna fazione principale, ma che preferiva garantire la sicurezza a quella minuscola fetta di popolazione che continuava a vivere fuori dai regni di Marley e Paradis. Il Portatore del potere non rivelò però il nome del suo schieramento militare, limitandosi a dire che non poteva dire nulla al riguardo per questioni di sicurezza.

Disse poi che un giorno lui e tutti i suoi compagni furono attaccati a sorpresa dai soldati di Marley, e che durante l’assalto quasi tutti i membri del suo gruppo furono uccisi. Soltanto Eren, Armin, Reiner e qualche altro compagno riuscirono a scamparla vivi, ma il peggio non finì lì.

Reiner, secondo la spiegazione di Eren, una notte di dieci mesi fa venne colto in fragrante mentre stava scrivendo un rapporto dettagliato sulla situazione in cui si trovava la loro fazione, destinato ad essere consegnato in segreto con molta probabilità alle autorità di Marley. In pratica, si scoprì che Reiner era da sempre stato una spia inviata dalle autorità del medesimo regno per distruggere il gruppo militare di Eren dall’interno.

Ovviamente, una volta smascherato il traditore, Eren e gli altri tentarono subito di catturarlo per impedire che le informazioni potessero raggiungere il nemico. Riuscirono in qualche modo a distruggere il messaggio scritto, ma Reiner riuscì comunque a fuggire rivelando la sua vera identità.

Era uno dei tre Titani di Marley.

Usando il suo potere, il traditore fuggì lontano, riuscendo con successo a raggiungere e a nascondersi all’interno di un avamposto di Marley che si trovava vicino al Distretto che avevano distrutto molti anni prima, proprio nelle Pianure Ardenti.

L’accampamento dei soldati di Marley era situato al centro di alcune formazioni rocciose cave all’interno, che lo circondavano come delle mura e che permettevano quindi di proteggerlo da attacchi esterni e di nasconderlo dalle fazioni nemiche.

Ed era proprio verso quell’avamposto che i due ragazzi erano diretti in quel momento.

Seduti all’interno della caverna, Eren e Boruto si stavano scaldando attorno ad un piccolo fuoco acceso grazie ad una lanterna del giovane Portatore del Potere. La pioggia fuori era intensa e non accennava a terminare, ed il suono dei tuoni riecheggiava con forza nell’aria, illuminando quello spazio ristretto con la luce scattante dei lampi.

Boruto sospirò, ripensando agli eventi del giorno precedente. Non era stato per niente facile riuscire a convincere il resto del gruppo a lasciarli andare.
 



FLASHBACK


“CHE COSA?” urlò Kushina, sconvolta. “Vorreste andare da soli a combattere contro un intero avamposto di nemici solo per trovare questo Reiner?”

Boruto annuì, totalmente incurante degli sguardi increduli che Naruto e gli altri gli stavano rivolgendo.

“È una follia!” dichiarò Fugaku. “È troppo pericoloso! Sarai anche più potente di noi, ma riuscire a vincere da solo contro un Titano non è certamente plausibile neanche per uno come te!”

Il Nukenin inarcò un sopracciglio. “Non andrò da solo.” ribatté semplicemente. “Eren sarà assieme a me, e mi fido delle sue abilità da Titano. Non starete seriamente dicendo che siete preoccupati?” disse sarcasticamente.

Minato lo perforò con lo sguardo. “Certo che lo siamo!” esclamò con un tono sincero. “Anche se non siamo in buoni rapporti, tu sei un membro del nostro gruppo! E non possiamo permettere ad un nostro compagno di compiere una simile follia!”

“Hai forse dimenticato l’obiettivo della nostra missione?” aggiunse anche Sasuke subito dopo.

Boruto li fissò con l’occhio sinistro glaciale. “Non l’ho dimenticato,” rispose subito con un tono privo di emozione. “Ma non ho intenzione di lasciare impuniti i crimini di quel Titano. Ho fatto una promessa ad Armin, e non ho intenzione di cedere!”

Sarada fece un passo verso di lui, la sua faccia piena di preoccupazione. “Boruto,” disse con un tono supplicante. “Se proprio non hai intenzione di cedere, lascia almeno che venga con te! Non posso lasciarti andare contro un Titano senza che-”

Il giovane scosse la testa. “La questione non riguarda nessuno di voi,” riprese ancora. “Io ed Eren siamo gli unici coinvolti che hanno un motivo per andare.”

“Ma è troppo pericoloso-” fece ancora la ragazza, ma lui la interruppe di nuovo.

“Io non mi rimangio mai la mia parola.” disse improvvisamente Boruto con un tono serio e determinato. Sarada, Naruto e Hinata sgranarono gli occhi, mentre gli altri rimasero di stucco all’udire quella dichiarazione. Anche Eren guardò con stupore la scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi, stupito.

“Queste parole,” continuò il ragazzo del futuro. “Me le hai dette tu stessa diversi anni fa, ricordi? Sono le parole del Nindo che il Settimo Hokage ti ha inculcato nella testa.”

La giovane Uchiha rimase in silenzio, scioccata.

“Io non condivido appieno questo Nindo,” riprese a dire Boruto dopo un attimo di pausa. “Ma ho preso una decisione e non tornerò indietro, Sarada. Tu stessa credi nel significato di queste parole, e adesso vorresti impedirmi di rispettarle io stesso? Non credevo tu fossi una persona così falsa…”

Sarada fece per rispondergli, ma Mikoto le mise una mano sulla spalla e la batté sul tempo.

“Sarada è solo preoccupata per te, Boruto.” disse. “Non vogliamo che tu possa mettere in pericolo la tua stessa vita ed il successo della missione solo per la vendetta.”

Boruto scosse la testa, i suoi occhi chiusi. “Non si tratta di vendetta,” spiegò loro. “Ma di giustizia! Io l’ho promesso, e non posso restare in pace con me stesso fino a quando non avrò mantenuto fede alle mie parole. Come vi ho già detto in passato, io non sono uno Shinobi come voi, ma anche un guerriero come me ha dei valori a cui non può rinunciare!”

Boruto e gli altri si fissarono negli occhi per diversi secondi, senza muovere un muscolo. La situazione che si era creata era nuovamente tesa. Se lo avessero lasciato andare, Boruto sarebbe potuto morire. Sapevano bene che fosse forte, molto forte, ma Eldia era un posto sconosciuto per loro, e gli imprevisti erano dei fattori principali nella morte dei ninja.

“Lasciateci andare,” disse allora Eren, prendendo la parola. “Non lascerò che accada nulla a Boruto. Avete la mia parola. Ve lo riporterò intero ad ogni costo.”

Tutti lo fissarono in silenzio per alcuni momenti. Alla fine, dopo diversi secondi carichi di tensione, Minato sospirò.

“Tre giorni!” disse l’Hokage, rivolto a Boruto. “È il massimo che vi concedo. Ci fideremo delle vostre parole. Noi resteremo qui e tenteremo ancora una volta di trovare il manufatto. Ma voglio che tu porti con te questo, Boruto.”

Il Quarto Hokage gli diede nella mano uno dei suoi kunai a tre punte.

“Se mai dovessi trovarti in difficoltà,” lo istruì seriamente Minato. “Infondi del chaka nel mio kunai, ed io ti raggiungerò in un istante. E in questo modo sarò in grado di raggiungervi nel caso non riusciste a tornare in tre giorni. Intesi?”

Boruto annuì. “D’accordo.”

I due ragazzi fecero per andarsene, ma all’improvviso Naruto richiamò uno di loro.

“Boruto!” disse il biondo con uno sguardo serio, facendo fermare il suo futuro figlio. “Prima di andare, promettimi una cosa!”

Il giovane si voltò verso di lui, fissando con intensità quegli occhi carichi di determinazione.

“Promettimi che tornerai,” gli disse Naruto con forza. “Perché c’è una cosa che devo assolutamente dirti!”

Boruto inarcò un sopracciglio. Questa non se l’aspettava. “Una cosa che deve dirmi assolutamente?”

“Spiacente,” disse sarcasticamente il Nukenin con un sorriso divertito. “Ma se avevi intenzione di dichiararti, allora sappi che non sono interessato. Non sono di quella sponda, e poi la genetica avrebbe qualcosa da ridire sul nostro caso.”

Dovette ammettere che fu molto appagante vedere la faccia di quel biondo diventare paonazza dall’imbarazzo mentre il suo corpo indietreggiò all’istante come se fosse stato colpito. Persino tutti gli altri non poterono fare a meno che mettersi a ridere di gusto per la battuta.

“N-NON IN QUEL SENSO!” esclamò freneticamente Naruto, la sua faccia completamente rossa (come anche quella di Hinata). “Devo davvero dirti una cosa importante! Per questo voglio che tu prometta di ritornare qui da noi!”

Boruto lo fissò per alcuni secondi in silenzio con un’espressione indecifrabile. Poi, con un lieve cenno del capo, rispose col suo solito tono freddo.

“Tornerò di sicuro.” disse seriamente. “Non ci sono dubbi al riguardo.”

Poi, senza proferire altro, il ragazzo afferrò Eren per una spalla e scomparvero entrambi con uno Shunshin no jutsu (Tecnica del Movimento Corporeo Istantaneo). Il silenzio prese a regnare di nuovo nella sala dove si trovavano gli otto ninja.

“Beh,” disse Sasuke con un sorrisetto di scherno. “Non ha certamente preso l’umorismo dai suoi genitori!”

Naruto ed Hinata divennero talmente rossi dall’imbarazzo che gli altri scoppiarono a ridere di nuovo appena li videro.

“T-Taci, teme!”
 



FINE FLASHBACK


E così, i due ragazzi avevano raggiunto le Pianure Ardenti dopo due giorni di marcia, ed erano finiti a ripararsi dalla pioggia in quella caverna. Rimasero in silenzio per diversi secondi, ascoltando il suono dell'acqua che batteva a terra ritmicamente.

A Boruto piaceva la pioggia. Era il suo clima preferito. Sentire l’acqua sulla sua pelle, sentire il rimbombo dei tuoni nel cielo e lasciarsi cullare dallo scroscio delle gocce che toccavano la terra era una sensazione che apprezzava parecchio. Lo faceva sentire vivo. Lo faceva sentire pieno di energie. Questo perché, dopotutto, le sue tre principali affinità del chakra erano tutte affini con la pioggia.

Il fulmine presagiva l’arrivo della pioggia, il vento la sferzava in aria con forza, e l’acqua ricopriva la terra senza pietà.

Non c’erano dubbi nella sua mente. La pioggia era il suo habitat naturale. Non c’era posto migliore al mondo per lui. Non per nulla la regione preferita che Boruto aveva visitato in passato era Amegakure, il Villaggio della Pioggia. Il clima umido e costantemente piovoso di quella regione era ideale per lui. Forse proprio per questo motivo in passato era riuscito a trovarsi così bene in quel posto.

E forse, pensò ancora con una punta di sarcasmo, anche per questo motivo il destino lo aveva portato ad allontanarsi da Konoha e dalla Terra del Fuoco, dove le piogge erano scarse e brevi.

Quest’ultimo pensiero gli fece inevitabilmente ritornare alla mente la sua famiglia, i suoi amici e tutte le persone a cui aveva riservato un posto speciale nel cuore. Un’ombra di nostalgia gli accarezzò il volto. Quanto avrebbe voluto ritornare a casa. Desiderava con tutto se stesso poter riabbracciare Sora e Mikasa, poter rivedere ancora i membri dell’Organizzazione, poter tornare a stare con le persone che amava. Ogni volta che pensava a loro, la sua mente si riempiva di tristezza e nostalgia.

Pensare a Mikasa, soprattutto, era molto doloroso per lui. La sua amica d’infanzia gli mancava molto. Avrebbe voluto rivederla anche solo per un istante. Avrebbe voluto sentire ancora la sua voce. Il rapporto che aveva con lei era speciale, molto più intenso ed intimo di quello che aveva con Sora, anche se loro tre insieme erano sempre inseparabili come una vera famiglia. Erano come fratelli.

Senza contare che, adesso che Boruto era finito in quel mondo, aveva finalmente intuito una cosa.

Aveva capito che Eldia doveva essere il mondo in cui Mikasa era nata.

Non c’erano più dubbi per lui. Ne era sicuro. Avrebbe spiegato molte cose. Mikasa era uno dei nove Titani, non poteva che essere così. Ma questa scoperta lo aveva anche lasciato pieno di domande.

Perché Mikasa era fuggita da questo mondo? Cosa le era successo? Da dove proveniva? Era stata costretta oppure le era successo qualcosa? Boruto tentò di ricordare il passato, soffermandosi sui ricordi di giorni lontani.

Urahara-sensei gli aveva raccontato, quando era piccolo, che era stato lui stesso a portare via Mikasa dal suo mondo originario, perché una grave sciagura si era abbattuta sulla sua gente. Boruto si era più volte chiesto che tipo di sciagura avesse vissuto la sua amica, ma non aveva mai ricevuto risposta, né da parte di Uruhara, né tantomeno da Mikasa stessa.

“Che cosa ti è successo quando eri ancora qui, Mikasa?” pensò con un sospiro.

La sua speranza era che adesso che era finito ad Eldia forse avrebbe potuto scoprire qualcosa sul passato della sua amica. Avrebbe potuto chiedere se qualcuno conoscesse il suo nome. Mikasa era, in fondo, uno dei nove Titani, e la sua scomparsa non poteva essere passata inosservata agli occhi degli altri abitanti di questo mondo.

Lo stesso Eren avrebbe potuto sapere qualcosa su di lei.

“Forse dovrei chiedergli se ha mai sentito parlare di Mikasa…” provò a ragionare.

Ma, per quanto fosse tentato, Boruto non poteva ancora fargli quella domanda. Non poteva rivelare una cosa del genere. Non si fidava ancora di lui, e la cosa era reciproca. Rivelare che uno dei Titani fosse finito nel suo mondo era una mossa azzardata, e avrebbe persino potuto mettere Mikasa in pericolo.

Boruto emise un sospiro di stanchezza. Non aveva senso continuare a rimuginare su queste cose. Doveva trovare altri indizi per poter formulare ipotesi concrete. Le fantasie non servivano a risolvere i misteri.

I suoi pensieri ritornarono a posarsi per l'ennesima volta sulla sua famiglia. Chissà cosa stavano facendo senza di lui…

Un sorriso triste gli nacque sulle labbra. Conoscendoli, Sora e Mikasa si stavano preoccupando a morte per lui e stavano letteralmente forzando Toneri a cercarlo dall’Astro in ogni angolo del globo, col resto del gruppo che tentava invano di calmarli. E l’irritante Uruhara-sensei invece cosa stava facendo? E Zeref?

Eren sembrò notare l’improvviso sguardo nostalgico che aveva assunto Boruto.

“Cosa succede?” domandò allora. “Sembri piuttosto triste.”

Il giovane sorrise, chiudendo l’occhio sinistro e mettendosi a fissare l’uscita della caverna. “Stavo solo pensando…” disse poi lentamente. “Non preoccuparti.”

L’altro ragazzo inarcò un sopracciglio. “A cosa?”

Boruto sospirò leggermente. “Alla mia famiglia.” rispose a bassa voce.

Lo sguardo di Eren si fece subito pieno di compassione. Lo capiva bene. Lui stesso sapeva bene cosa si provava in quella situazione. Aveva perso i suoi genitori da piccolo, e sua sorella era scomparsa da anni. Sapeva benissimo cosa fosse il dolore che Boruto stava provando. Ma qualcosa era strano.

Il Nukenin gli aveva spiegato nel dettaglio la situazione in cui si erano ritrovati lui ed i suoi compagni. Gli aveva detto che lui e Sarada provenivano da un tempo futuro rispetto agli altri, ed aveva spiegato anche il suo legame con Naruto ed Hinata. Dire che Eren era rimasto colpito era riduttivo. La somiglianza tra i due biondi era evidente, ed adesso sapeva il perché.

Ma Boruto non gli aveva detto solo questo.

Aveva anche detto che la sua relazione con i propri genitori non era affatto delle migliori, e che ciò era dovuto a qualcosa che quei due gli avevano fatto nel suo tempo quando era ancora un bambino. Eren aveva anche provato a chiedergli di spiegare cosa gli avessero fatto, ma il biondo non disse nulla al riguardo, affermando che non doveva preoccuparsi del suo passato.

“Credevo che tu odiassi i tuoi genitori…” disse allora Eren.

Boruto scosse la testa. “Non mi riferivo ai miei genitori.” chiarificò con un tono basso. “Loro non sono più la mia famiglia. La mia vera famiglia è composta da altre persone.”

Il ragazzo lo guardò con interesse e stupore. “E chi sono queste persone?” gli chiese.

Il giovane guerriero sorrise. “Sono quelle persone che mi hanno accompagnato nel corso della mia vita,” spiegò. “Sono coloro che mi hanno sostenuto e dato la forza di andare avanti nei momenti bui. Sono coloro che mi hanno accettato e amato per quello che ero.”

Chiunque fossero, l’affetto che Boruto provava nei loro confronti era evidente nelle sue parole agli occhi del ragazzo moro.

“Sono due persone che mi hanno salvato dall’oscurità della disperazione,” continuò il giovane. “Uno di loro è sempre allegro ed ottimista per ogni cosa, pieno di energia e di sogni per il futuro. L’altra persona invece è l’esatto opposto. È sempre calma e silenziosa, e non proferisce quasi mai parola. Tuttavia entrambi hanno un cuore buono, e la loro amicizia è la cosa più preziosa che io abbia mai ricevuto.”

Eren sorrise all’’udire ciò. “Devi volere loro molto bene, vero?”

Il Nukenin annuì senza esitare. “Sono l’unica ragione per cui ho deciso di affrontare il drago. Perché così facendo posso proteggerli. Perché non posso permettere che gli succeda qualcosa.”

Nessuno dei due disse nient’altro per diversi secondi dopo quelle parole, limitandosi ad ascoltare il suono della pioggia all’esterno.

“E tu?” disse improvvisamente Boruto. “Cosa è successo alla tua famiglia?”

Eren non rispose subito, continuando a fissare il fuoco in silenzio. “La mia famiglia è morta quando avevo quattro anni.” disse alla fine con un tono triste. “Sono morti tutti durante l’attacco dei Titani al Distretto. I miei genitori furono schiacciati da un detrito del muro che colpì la nostra casa in pieno, mentre mia sorella scomparve nel nulla, probabilmente divorata da qualche Gigante.”

Boruto abbassò lo sguardo a terra. Nessuno si meritava di perdere la propria famiglia, soprattutto a quell’età. “Mi dispiace.”

L’altro non rispose.

“Perdona la domanda,” disse ancora il giovane. “Ma non hai mai pensato che tua sorella potesse essere riuscita a scampare all’attacco come te?”

Eren annuì debolmente. “Era una possibilità a cui pensai all’epoca,” rispose, il suo tono basso. “Ma lei non arrivò mai nel gruppo dei fuggitivi in cui ero finito io. L’unica speranza che avevo era che forse fosse stata catturata dai Marleyani, ma anche in quel caso sarebbe morta di sicuro.”

Il biondo lo fissò con attenzione. “Perché dici così?”

Il ragazzo sorrise amaramente. “I Marleyiani giurarono di uccidere ogni Eldiano della città, e i pochi che risparmiarono furono trasformati in Giganti Puri. E c’è anche un altro motivo, un motivo che non posso rivelarti, per cui avrebbero ucciso mia sorella in ogni caso. Dopo un po’ di anni persi ormai ogni speranza che lei potesse essere ancora viva…”

Boruto non forzò oltre l’argomento. Era evidente che Eren non era felice di parlare del suo passato. Boruto aveva sofferto parecchio quando era piccolo, ma quello che lui aveva passato non era paragonabile all’inferno che Eren aveva vissuto. Aveva perso tutta la sua famiglia quando era ancora un bambino. Boruto non poteva neppure immaginare cosa potesse aver provato. Il solo pensiero di perdere la propria famiglia era l’unica cosa che spaventava a morte il biondo ancora oggi.

“Mi dispiace,” disse il guerriero. “Non avrei dovuto farti queste domande.”

“Non importa,” lo rassicurò Eren, ma il suo tono era privo di emozione. “Ormai ho perso qualsiasi tipo di speranza nella mia vita. L’unica cosa che mi è rimasta è la sete di vendetta nei confronti di quei maledetti Marleyiani. E nulla riuscirà ad impedirmi di avere la mia vendetta contro quei mostri schifosi.”

Boruto non disse nulla. Non era d’accordo col modo di ragionare di Eren, ma non poteva certo biasimarlo. Lui non poteva capire il suo dolore. Non poteva immaginare cosa avesse vissuto. Era consapevole di questo. Ogni essere umano era la conseguenza di ciò che viveva e sperimentava, e nei suoi occhi Boruto vedeva una rabbia ed una sete di vendetta incredibili. Era rimasto paralizzato dallo stupore quando aveva visto gli occhi del Titano, durante la battaglia. Quegli occhi erano carichi di un dolore ed una furia talmente grandi che lo avevano spiazzato completamente.

Oggi ne aveva capito di più il motivo. Le azioni che quella gente aveva fatto, i Mrleyani, erano imperdonabili e disumane. Boruto non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Anche se l’idea di dover sconfiggere un Titano non gli piaceva, lo avrebbe fatto nel nome della giustizia.

Sapeva che anche Mikasa era un Titano, un membro di quella gente, ma la conosceva fin troppo bene e sapeva che sarebbe stata d’accordo con lui in merito.
Perché se c’era una cosa che la loro Organizzazione aveva a cuore oltre alla famiglia, essa era la giustizia.

Avrebbe lasciato ad Eren la scelta del destino di Reiner, se lui non si fosse scoperto in grado di uccidere un membro della gente di Mikasa.

“L’ho già promesso ad Armin,” disse allora il Nukenin con un tono serio. “Ma lo ripeto anche a te. I Marleyiani la pagheranno cara per quello che hanno fatto. E Reiner Braun maledirà il giorno in cui ha deciso di tradirvi non appena lo troverò, non dubitare di questo. Appena lo troveremo, ti aiuterò ad avere la tua vendetta. Su questo ci puoi contare.”

Boruto non avrebbe ceduto per nessun motivo. Lui era un guerriero, ed era certo che avrebbe punito quegli assassini per ciò che avevano fatto. Anche se ufficialmente lui non c’entrava nulla con questo mondo, non poteva restare impassibile dinanzi alle azioni del regno di Marley. Non poteva ignorare la crudeltà delle loro opere.

Eren sorrise feralmente. “Allora domani ci sarà parecchio sangue da versare per entrambi!” disse con un tono crudele. “L’accampamento è a qualche chilometro da qui!”

Boruto ghignò. “Non vedo l’ora!”
 

   
 
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