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Autore: lucille94    20/10/2017    1 recensioni
Bois-Guilbert è a terra, immobile, nel fango di Templestowe. Ma non è ancora la fine...
Il mio vuole essere un sequel di Ivanhoe incentrato sulle vicende di Rebecca (e Bois-Guilbert) dopo il duello a Templestowe. Perché non dare una seconda possibilità a questi due inguaribili orgogliosi? E' quello che intendo fare! Perciò, dopo Templestowe seguiranno altre avventure... Perché Bois-Guilbert non è affatto morto. E Rebecca dovrà farsene una ragione.
Genere: Avventura, Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il pomeriggio era arioso. Sulle mura del castello di Lincoln batteva il sole – era una delle ultime giornate di sole prima delle piogge autunnali – mitigato da una brezza che soffiava verso est. Bois-Guilbert respirò a pieni polmoni, le mani saldamente poggiate sui fianchi. La cavalcata, contro tutte le aspettative, era stata rigenerante dopo le fatiche della notte.
Gli occhi azzurri si spinsero più in là possibile, sorvolarono le distese di campi e di boschi, studiarono i tracciati delle strade e si insinuarono nei vicoli della città. Rebecca, ormai, doveva aver ricevuto l’invito a raggiungerlo lassù: non c’era motivo di essere precipitosi. Prima della seconda notte di nozze avrebbero dovuto appianare a sangue freddo gli ultimi dettagli del loro matrimonio. Sapeva che non era buona cosa rimandare un discorso importante come quello e sapeva anche che la sera non ci sarebbe stato il tempo per i discorsi seri. L’attesa era facilmente ingannata dall’immaginazione: era già notte, era già buio, era già nel chiuso della loro camera con lei. Non vedeva più distese verdi né grigi vicoletti. C’erano solo il profumo dei suoi capelli e la soffice carezza delle lenzuola.
Rebecca lo sorprese a fissare con sguardo intento un punto distante, perso chissà dove nei meandri della sua fantasia. Sorrise a quella vista e aspettò di essergli accanto prima di richiamare la sua attenzione su di sé.
«Brian? – bisbigliò, poggiandogli una mano sulla spalla – Sono qui»
Bois-Guilbert volse di scatto gli occhi e il viso verso di lei.
«Hai fatto in fretta!» constatò sorridendole di rimando.
«Come mai mi avete fatto venire qui? Non ci saremmo potuti incontrare... altrove?» domandò, intonando l’ultima parola in modo diverso. Bois-Guilbert afferrò al volo il significato di quella domanda che era quasi un invito e scosse il capo: «Dobbiamo parlare» disse semplicemente.
Rebecca si morse le labbra, presa alla sprovvista. Girò uno sguardo superficiale tutt’attorno, guardò giù dalle mura e sembrò avere un capogiro. Il camminamento era stretto e per lei, che non era abituata a certe altezze e prospettive, era quasi un camminare nel vuoto.
«E’ che siamo in un luogo così poco familiare...» si giustificò, aggrappandosi come se temesse di precipitare. Lui le mise una mano sulla schiena per farle coraggio.
«Ma è della nostra famiglia che dobbiamo parlare» ribatté. I loro occhi si incontrarono ancora e di colpo tutto il turbamento di Rebecca si dileguò dalle sue pupille. Tornò il sorriso, timido ed emozionato, sulle sue labbra.
«Ditemi cosa avete pensato, vi prego»
Bois-Guilbert prese un gran respiro prima di cominciare: «Mi rendo conto che il re ti ha posto una condizione piuttosto dura, quella di far educare i nostri figli alla fede cristiana. Ti confesso che non sarei stato altrettanto accondiscendente se la scelta fosse stata posta a me. Ho riflettuto a lungo e voglio proporti questo compromesso: i figli saranno cristiani, ma porteranno tutti un nome ebraico, un nome che sceglierai tu. Non voglio che tu e la tua stirpe rimaniate eclissati dietro il nome della mia casata»
Gli occhi di Rebecca brillarono di una luce ancora più sincera e il suo sorriso si allargò: «E’ una cosa meravigliosa, Brian! Sono felice che il Signore vi abbia ispirato un così buon consiglio»
«C’è dell’altro – aggiunse – Come ha detto il re, tu hai la tua professione di guaritrice: vuoi continuare a praticarla?»
Rebecca esitò, rifletté un istante, quindi rispose: «Solo se questo incontra il vostro favore»
Bois-Guilbert si incupì: «La consapevolezza di dover partire, un giorno, al seguito del re verso la guerra mi rattrista già. Tu, mia moglie, sarai qui ad attendere mie notizie e sarai angustiata quanto lo sarò io sapendo che sarai sola per molti mesi. Perciò ho pensato, se ti piace, che potrai continuare a guarire i malati anche da sposata, ma solo a un patto: che tu lo faccia gratuitamente, chiedendo solo il costo dei medicinali che ti occorreranno, e solo alla presenza di aiutanti, apprendisti o assistenti cristiani»
Rebecca comprese le motivazioni che soggiacevano a quel patto: evidentemente, il ricordo del processo di Templestowe era vivo e bruciante nella sua memoria ed egli voleva evitare, a tutti i costi, un rinfocolarsi dei pregiudizi contro di lei. Perciò annuì, assumendo un’espressione grave quanto quella di lui. E Bois-Guilbert apprezzò, chinandosi a baciarla sulle labbra, incurante di chi avesse potuto vederli.
«Torna dalle tue ancelle, ora; a stasera!»
 
«Io mi ritiro. Vi aspetto quando vorrete raggiungermi» sussurrò Rebecca all’orecchio di Bois-Guilbert e si alzò discretamente dal proprio posto. Bois-Guilbert non si volse, afferrò la coppa dal tavolo e ne trasse un sorso o due di buon vino rosso. Un vino forte quasi quanto quello di Frate Tuck.
«Ho sentito delle vostre prodezze – si congratulò il re quando Rebecca ebbe lasciato la stanza con le ancelle – E non posso far altro che dire che voi confermate la vostra fama di soldato!»
I commensali risero di quel complimento e Bois-Guilbert abbassò umilmente lo sguardo.
Non lasciò passare molto tempo prima di alzarsi a propria volta, chiedendo il permesso di lasciare la tavola; il re lo concesse con sguardo magnanimo.
Rebecca, quella sera, aveva sbrigato le preghiere più velocemente e lo aspettava già coricata, con indosso la fine camicia da notte. Bois-Guilbert, inebriato dal vino e dalla promessa di quella mattina, si fece avanti baldanzosamente. Lei lo guardava dal sotto in su, sorridendogli ancora. Aveva un sorriso così semplice e pur così affascinante; e forse nemmeno se ne rendeva conto.
«Hai pensato ai nomi dei nostri bambini?» le domandò dolcemente, indugiando a pronunciare quella parola così carica di tenerezza. Gli occhi di lei brillarono come avevano brillato alla luce del sole sulle mura e bisbigliò, come fosse un segreto: «David se maschio, e se femmina Judith»
«Mi sembrano entrambe ottime scelte» approvò lui e si accinse a spegnere la candela.
«Aspettate – lo fermò, mettendosi seduta – Aspettate»
Gli accennò di tornare e da lei non si separò più fino al mattino; la candela continuò a bruciare finché non si fu consumata del tutto.
 


FINE

Vi ringrazio per aver seguito la storia fino alla fine... che non è detto sia definitiva ;) 
Lasciate i vostri commenti nelle recensioni, aspetto di conoscere le vostre impressioni e i vostri consigli... Mi piacerebbe davvero avere un confronto con i miei lettori, anche per capire se il progetto di un ulteriore sequel possa venire incontro alle vostre aspettative o se comunque lo ritenete una buona idea. 
Grazie ancora! E a presto!!!
Lucille94
   
 
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