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Autore: Lila May    20/10/2017    6 recensioni
/ Sequel di Disaster Movie / romantico, slice of life, comico (si spera) /
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10 anni dopo la terribile, anzi, mostruosa convivenza con i ragazzi della Unicorno, Esther Greenland passeggia per le strade di New York a tacchi alti e mento fiero. Il suo sogno più grande si è finalmente realizzato, e tutto sembra procedere normale nella Grande Mela americana.
Eppure, chi l'avrebbe mai detto che proprio nel suo luogo di lavoro, il gelido bar affacciato sulla tredicesima, dove non va mai nessuno causa riscaldamento devastato, avrebbe riunito le strade con una delle persone più significative della sua vita?
Il solo incontro basterà per ribaltare il destino della giovane, che si vedrà nuovamente protagonista del secondo disastro più brutto e meraviglioso della sua esistenza.
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❥ storia terminata(!)
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bobby/Domon, Dylan Keith, Eric/Kazuya, Mark Kruger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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not a simple DisAsTer

 

Prologue.

Ten years later

 

Esther Greenland camminava frenetica per le strade caotiche di New York, coperta fino alle ossa da un giubbotto di prestigioso cachemere marrone.
I comodi batignolles neri ticchettavano graziosi sull’asfalto rovinato del marciapiede, schivando con destrezza cicche, escrementi, pezzi di vetro, cani senza guinzaglio e macchie dalla dubbia provenienza; i lunghi boccoli color prugna rimbalzavano sulle spalle alte ad ogni passo sicuro, librando nell’aria dicembrina un intenso profumo di donna talmente dolce da mascherare persino il puzzo di benzina proveniente dal traffico.
Sotto le labbra carnose, un piccolo piercing spiccava sovrano in mezzo al pallore perlaceo del volto imbrattato di fard, regalandole un aspetto duro e selvaggio.
Raggiunse la macchina, lanciò la borsa nel sedile del passeggero e mise in moto, poi si infilò nel caos di New York con uno sbuffo divertito. Ci aveva messo un anno ad imparare come funzionavano le strade in quel posto, e anche se a volte si smarriva, ormai poteva dirsi cittadina newyorkese a tutti gli effetti. Si era adattata in fretta, forse troppo, tuttavia gran parte di quell’immensa metropoli le rimaneva ancora sconosciuta.
Era sempre stata una tipa piuttosto malleabile nel rimbalzare contro le novità, consideriamolo pure un piccolo vantaggio caratteriale.
Si fermò al semaforo, e ne approfittò dell’attimo di pausa per ravviare velocemente il trucco. Si passò la punta consumata di un rossetto sulle labbra carnose, marcandole di un intenso rosso ciliegia, poi si sistemò le sopracciglia con un pettinino, in modo da allineare tutti i radi peli che avevano osato ribellarsi alla minuziosa forma datale dall’estetista. Ci teneva ad essere impeccabile: non che avesse chissà quale appuntamento galante, lo faceva per pura soddisfazione personale. Le piaceva mostrarsi bella, fresca e femminile agli occhi vacui di quella città tutta nuova e da esplorare. La sensazione di poter camminare sicura, fronteggiando gli sguardi invidiosi con aria consapevole, la faceva sentire stranamente bene.
Era orgogliosa della donna che era diventata.
Impeccabile, sempre. Il nuovo mantra di vita che aveva adottato da quando era venuta a vivere lì.
Appena il semaforo illuminò il cruscotto di verde, sfrecciò verso un reticolo di strade che se la vecchia Esther Greenland di tredici anni l’avesse anche solo potuta vedere, l’avrebbe osservata con aria sconvolta, scioccata, allibita, chiedendosi ad alta voce come cazzo avesse fatto la futura lei, in un anno soltanto, a capire il funzionamento di una città tanto rognosa quando nemmeno sapeva trovare il bagno di casa sua.
Sorrise al pensiero, mostrando i canini bianchi.
Forse non era cambiata poi così tanto, in fondo.
Prima di tornare a casa si fermò a rifornire l’auto di benzina; avrebbe potuto farlo anche la mattina seguente, prima di recarsi al lavoro magari, ma trovò quel momento adattissimo.
Non c’era fila, solo una berlina nera che faceva il pieno, due uomini appoggiati sopra gli sportelli chiusi che parlavano animatamente di faccende private. Considerando come sarebbe diventato trafficato quel pezzo di paradiso puro, meglio approfittare della pace e fare un pieno senza dover sopportare clacson e code interminabili. Parcheggiò davanti ad un distributore, scese e afferrò la pistola piena di petrolio. Poi cominciò a intasare la macchina di benzina, in attesa che la trasfusione di liquido nero, denso e caldo finisse.
Intanto che i litri venivano rigorosamente segnati sul display, l’orecchio sinistro iniziò a cogliere un po’ della conversazione tra i due ragazzi, che sembravano non essersi minimamente accorti della sua presenza. Capì che stavano parlando della donna di uno dei due, e la curiosità crebbe man mano che l’udito cercava di masticare e ricollegare l’inglese sbarazzino degli americani a quello scolastico che conosceva lei. Erano di spalle,e anche se Esther non riusciva a vedere i volti, poteva comunque notare il colore dei loro capelli. Quello di sinistra sembrava essere castano, quello di destra di un biondo che…
Aggrottò le fini sopracciglia.<< Cristo santo… >>
Allungò il volto, socchiuse gli occhi neri fino a ridurli a due fessure languide e scure.
Sì, aveva già visto quel particolare color ambra. Aveva già visto quelle onde dorate arricciate verso l’alto.
Ritirò il capo e scosse la testa, sorridendoal ricordo improvviso e sfumato di lui, poi pagò con carta e uscì lentamente dal distributore. Prima di rientrare in strada cercò di nuovo quella testa luminosa, quell’oro fuso che mentre il suo cervello tentava ancora di identificare, il cuore già considerava conosciuto. I due uomini, tuttavia, erano già entrati nella berlina, e i vetri erano troppo scuri perché Esther potesse identificarne i volti nascosti al suo interno.
Sospirò e si diresse verso casa, mentre le luci della sera fluivano uniformi sul suo viso pensieroso.
Quella chioma color miele, quella forma dolce e arricciata somigliava tanto a quella di… di lui.
Un alito d’emozione pura le soffiò leggero sullo stomaco, come un vento caldo nel pieno dell’inverno. Si sentì avvampare senza una ragione precisa, e fu costretta a deglutire, le dita che correvano al riscaldamento per impedire al freddo di congelarle le gambe.

 

 

No, Esther, non è lui.
Basta fare la bambina, non hai più tredici anni.

 


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Nda
eh sì. Eh sì, sono proprio io. Proprio con loro.

E sono tornata più bestia di prim--
ok ripigliamoci.
Ma salve gente! Come andiamo? Dopo decenni ritorno sul fandom di inazuma eleven – con mia grande gioia - per proporvi un'altra delle mie cagate di classe: vi ricordate la mia Disaster Movie? Chi non ha presente di cosa sto parlando, non importa. Fate sempre in tempo a leggerla, al massimo vi faccio un mega riassunto preparatorio (?)
Ebbene, io vi propongo il sequel. Non vi faccio spoiler, ma sarà un groviglio di casini assurdo, la mia mente ne sta già architettando a fiotti. Spero che abbiate intenzione di seguire la vicenda, non credo che riscuoterò il successo della prima Disaster Movie, ma voglio divertirmi con il mio personaggio preferito di sempre, Mark Kruger, ed era una vita che pensavo a questo maledetto sequel. FINALMENTE ho cominciato a scriverlo, speriamo di non doverci passare su i prossimi 4 anni di vita.
La piccola quattordicenne che è in me gioisce male. <3
Se volete recensire fatelo pure, sono sempre ben accetti i pareri.
Adios!

 

Lou

   
 
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