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Autore: Guido    23/10/2017    4 recensioni
Dopo la battaglia, Hogwarts ha riaperto i battenti. Tanti ragazzi cercano di rimettere insieme i cocci delle proprie vite. Per Draco Malfoy, messo al bando da tutti, l'impresa è particolarmente difficile; eppure, Astoria Greengrass, in rotta con la famiglia, trova in lui prima una figura da ammirare, poi un ragazzo che le fa battere il cuore. Non trova il coraggio di dirgli nulla; finché un giorno...
Seconda classificata al Contest "...dopo" (II Edizione) indetto da chia_3 sul forum di EFP
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Astoria Greengrass
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Come foglie nel vento

Come foglie nel vento



Perhaps this final act was meant
To clinch a lifetime's argument
That nothing comes from violence and nothing ever could
For all those born beneath an angry star
Lest we forget how fragile we are.

[Sting, Fragile]



Quest'anno, le sponde del lago sono il rifugio prediletto da molti studenti. Alcuni vi si recano all'alba, altri al tramonto o nelle varie ore del giorno, qualcuno perfino durante la notte. Nessuno dice una parola per le assenze a lezione, o per i rientri ad orari antelucani: neppure Gazza si azzarda a fiatare. E il portone del castello resta sempre aperto.
Adesso è sabato pomeriggio, un pigro pomeriggio di libertà, e li vedo tutti lì. Sembrano ancor più soli, se possibile, sparsi qua e là come sono, ciascuno assorto nei propri pensieri. Chi si perde a guardare i giochi di luce sull'acqua, chi osserva la piovra gigante che nuota; alcuni fissano la tomba di Silente, molti il monumento ai Caduti. Lo hanno costruito proprio lì sulla riva, in modo che sia la prima cosa che si vede uscendo dal portone di Hogwarts. Strana scelta, secondo me. Ma dopotutto, io non sono uno dei vincitori, vero?
E infatti, per quanto possa attirarmi la tranquillità del lago, c'è un motivo ben preciso se non vado a sedermi lì, vicino a loro: gli altri si tengono lontani per rispetto; nel mio caso, si tratta di un salutare istinto di sopravvivenza.
Intendiamoci: finché ho a che fare con i soliti due o tre ragazzini che mi tendono agguati nei corridoi, me la cavo senza problemi; ma qui fuori... come minimo sarebbero in dieci. Più probabilmente, mi salterebbero addosso tutti. Tutti quanti. Basterebbe un attimo...
Ogni giorno, ogni singolo giorno, so che potrebbe succedere, che potrebbero, per un momento solo, non avere più paura di me.
Il momento dopo, io sarei morto.
Quindi, mi sforzo di fare in modo che vedano sempre il Prefetto e il Mangiamorte.
Prefetto... Se ci penso, mi sembra ancora assurdo.
Devo essere il primo studente di Hogwarts che conserva la spilla dopo aver quasi ucciso il Preside. Letteralmente.
E comunque, anche se tralasciamo altri, ehm, trascurabili dettagli come il Marchio Nero sul mio avambraccio, questa situazione non ha proprio senso: provassi mai a infliggere una punizione qualunque, di me non tornerebbe a casa che qualche misero brandello.
Casa.
Ho ancora una casa?

Be', tecnicamente sì: la villa è ancora in piedi. D'accordo, mia zia è morta, ma i miei genitori sono vivi, sani e fuori da Azkaban. Assolti, nientemeno.
Come me, del resto.
Davvero non dovrei lamentarmi affatto. E tantomeno desiderare di sedermi anch'io a guardare il lago. Scambiando, magari, qualche parola...
Nessuno ride di loro, se hanno l'aria di aver pianto. No, neppure se i segni delle lacrime spiccano sulle guance.
Ma piangere, io, non posso.
Rispetto a loro, forse, non ho un vero motivo: non ho perso nessuno, nessuno che contasse almeno...
O, forse, ho perso tutto.
Tutto.
Ci sono momenti – momenti come questo sabato, con un bel sole che splende sulla primavera scozzese – in cui mi sembra di essere sprofondato in un incubo, tre anni fa, e di non esserne uscito mai più.
Ci sono mattine in cui mi sveglio di soprassalto, con le urla di un incubo che ancora mi risuonano nelle orecchie. Spesso sono le mie; a volte di mio padre; altre di mia madre. Ogni volta mando al diavolo l'orgoglio e ringrazio Potter, di cuore, per averci liberati tutti da quel pazzo Mezzosangue bastardo.
Però...
Però, ad essere sincero, non so comunque se essergli grato per avermi salvato la vita.
Oh, certo, è stato un bellissimo gesto da Grifondoro, nulla da eccepire in proposito. E non invidio certo la fine di Tiger. (Maledetto idiota, perché hai voluto fare di testa tua con quel genere di Arti Oscure?!).
Appunto. Tiger.
Chi voglio prendere in giro?
Tiger non sarebbe morto, se io non l'avessi trascinato in una faccenda molto più grande di lui. E anche di me.
Piton aveva ragione: avrei dovuto scegliere meglio i miei scagnozzi.
E forse trattarli meglio: me l'ha detto perfino Potter! (Sempre lui...).
Riesco a ritrovarmi un morto sulla coscienza senza aver ucciso nessuno, neppure quando uccidere sarebbe stato essenziale. Congratulazioni, Draco Malfoy.
Pensavo, anzi, che i morti fossero due, che anche Silente fosse – in fin dei conti - morto per colpa mia. Mia e di quel dannato Voto Infrangibile. Dormo un po' meglio, da quando ho saputo che il vecchio pazzo era così pazzo da aver orchestrato tutto con il suo futuro assassino... mi chiedo chi fosse più fuori di testa, tra lui e l'Oscuro Signore.
Certo, devo dire che, potendo scegliere, tra le due preferirei la follia di Silente.
Meno sangue, meno torture, un po' meno bisogno di guardarsi le spalle.
Come sarebbero andate le cose, se quella notte avessi avuto solo qualche momento in più? Il tempo di accettare la sua offerta, il tempo di scappare in qualche rifugio? Me lo sono chiesto tante volte... cosa non avrei visto, cosa mi sarei evitato? E cosa, invece, avrei vissuto?
Chi sarei, adesso? Uno dei “buoni”, o almeno dei vincitori?
Forse sì. Probabilmente, alla battaglia avrei partecipato dall'altra parte. Non so se sarebbe bastato a far dimenticare tutto il resto, ma, quantomeno, adesso qualcuno mi parlerebbe, qui a scuola. O a casa: dopotutto, se i miei mi parlassero ancora, non penso che sarei qui.
Non credevo ai miei occhi, quando ho visto la lettera che mi invitava a ripetere il settimo anno: davo per scontato che mi avessero sbattuto fuori. Di certo non mi aspettavo la conferma della spilla!
Ho pensato di aver trovato il modo di scappare da una casa piena di ricordi orribili e di silenzi pesanti... Buffo, a pensarci ora.
Avrei dovuto prendere i bagagli senza nemmeno disfarli e risalire al volo sul treno subito dopo lo Smistamento, quando mi sono accorto che, nonostante il distintivo, nemmeno i ragazzi del primo anno si azzardavano a seguirmi: sapevano già chi fossi.
Solo che non riuscivo a crederci.
Vedere quei nanerottoli appena Smistati che si ritraevano, come se potessi aggredirli... è stato come veder crollare l'ultima parte sensata del mio universo.
Lì ho capito che Hogwarts non poteva essere un rifugio. Non più, non per me. Non da questo.
E mi ha fatto male.
Sì, cazzo: mi ha fatto male!
Oltre al danno, la beffa?!
Non basta che non sia riuscito ad ammazzare nessuno? Devo anche vedermi trattato come l'assassino che non sono?! Devo proprio sentirmi detestare da tutti?!
Oh sì: da tutti.
Dai più perché sono un Mangiamorte (precisare “ero” non aiuta, ci ho provato); dagli altri, i pochi che restano, perché... non ho tradito, ma è come se l'avessi fatto, e non si sentono troppo inclini ad andare per il sottile. Pare che le sconfitte facciano quest'effetto.
E' un miracolo che la mia squadra di Quidditch accetti di rivolgermi la parola (beninteso, soltanto a proposito del gioco).
Mi correggo: è un miracolo che abbiamo una squadra.
Come si è saputo che sarei stato il Capitano, puf! Tutti gli aspiranti spariti, non voleva più giocare nemmeno il mio gufo: credo non si sia mai vista una cosa del genere, da quando il gioco è entrato a Hogwarts. Neanche avessi lanciato un Evanesco su tutta la Casa!
Secondo me, la McGranitt lo ha fatto apposta. Come lo chiamano i Babbani? Sabotaggio, mi pare... sono abbastanza sicuro di aver sentito un nome del genere a Babbanologia...
Be', comunque si chiami, di sicuro ha funzionato: ho dovuto lavorare con i peggiori scarti immaginabili. E così, mi ritrovo a concludere in bellezza (ha-ha!) la mia carriera sportiva di eterno secondo, capitanando la peggior squadra che Serpeverde abbia visto negli ultimi due o tre secoli. Sì, perlomeno posso dire di aver battuto il Cercatore di Grifondoro, una buona volta; peccato che non fosse Potter e che abbiamo perso comunque!
(Perso anche se ho preso il Boccino? Sì, facciamo schifo fino a questo punto).
Mi piaceva volare. Mi piaceva il Quidditch. Adesso, è solo un altro motivo per rodermi il fegato e sentirmi umiliato.
Certo, si può anche dire che me lo meriti. E come castigo è decisamente leggero.
Se non mi è capitato di peggio, devo dire – una volta di più - grazie a Potter. Naturalmente, e a chi altri sennò? Chi altri si sarebbe mai presentato al Wizengamot, di punto in bianco, a testimoniare in mio favore? A raccontare cose che non so proprio come potesse sapere... e, per di più, a scagionarmi dalla morte di Silente?
Adesso, almeno, qualche notte riesco a dormire.
Non che riesca a fare molto altro, da parecchi mesi a questa parte.
Siamo a marzo inoltrato, ma, anche se ho già studiato quasi tutta questa roba l'anno scorso, quando apro un libro o cerco di concentrarmi su una lezione, mi sembra che mi parlino in Marino.
D'altra parte, a che mi servono i M.A.G.O.?
Nella vita, mi restano solo due certezze: non ho bisogno di lavorare... e, se provassi mai a farlo, non mi assumerebbero nemmeno per sturare i gabinetti del Ministero.
Be', forse potrei aggiungerne un'altra mezza: qui a Hogwarts, per me, la cosa più sicura in assoluto è restare seduto su questo scalino.
Forse dovrei vederlo come un punto di partenza. Forse: ad aver voglia di partire, ad avere un'idea qualunque su dove andare. O qualcuno da incontrare, magari. Ma non è così. Mi limito a resistere. A sopravvivere. Sono bravo a sopravvivere. Perfino senza un vero motivo per farlo, mi riesce; anzi, mi riesce meglio di qualunque altra impresa.

Non si è ancora accorto di me. E siamo a marzo, oramai.
Mi chiedo come si senta, come sia tutto questo per lui.
Non facile, di sicuro: glielo leggo in faccia ogni mattina.
E ogni pomeriggio.
E ogni volta, ognuna delle mille volte al giorno in cui lo guardo.
Ancor più quando noto che nessuno gli parla, neanche al nostro tavolo... e subito mi do della stupida, perché io per prima non trovo il coraggio di rivolgergli la parola, quindi cosa potrà mai pensare di me? Cosa spero mai che possa indovinare?
A volte, in Sala Grande, lo vedo fissare i posti vuoti e mi chiedo se stia pensando a chi non è tornato. O a chi è morto. O magari, peggio ancora... a lei.
Neanch'io ero sicura di tornare. Per nulla sicura. Sono successe troppe cose.
Ma mi è arrivata la lettera, dopotutto. E francamente, dopo mesi e mesi passati a sentire mamma, papà e Daphne lamentarsi senza sosta, sarei salita anche sul treno per l'Inferno. Dove, del resto, dicono che la compagnia sia migliore.
Ebbene, quanto ai compagni non saprei, dato che per lo più ci ignoriamo (esattamente come prima); ma non posso certo sostenere che la nuova Hogwarts sia un inferno. Un mucchio di roba da studiare, certo... ma era così anche l'anno scorso, e sempre per i G.U.F.O. A suo modo, è un rassicurante frammento di normalità.
La mia difficoltà a studiare, invece, è una novità assoluta... e assolutamente sgradita.
Colpa di questa maledetta cotta, mi sembra evidente.
Ma proprio adesso? Proprio al quinto anno?
E dev'essere proprio un ragazzo a farmi uscire di testa? E' successo di tutto, c'è stata una guerra, il mondo è cambiato almeno un paio di volte negli ultimi due anni... e io vado in crisi per un ragazzo. C'è qualcosa di assurdo.
Anche oggi ho cercato di mettere in atto tutto il mio elenco di buoni propositi quotidiani: sono uscita con libri, pergamene e inchiostro, mi sono messa comoda sul prato, ho aperto il volumone di Babbanologia, che per me resta il peggiore di tutti...
...E poi, ogni mezzo secondo netto, eccomi alzare gli occhi dalla pagina per osservare il portone. Finché non è spuntato lui: a quel punto, non ho più distolto lo sguardo (in tralice, naturalmente). Il libro? Oh, è un ottimo schermo, ma non mi serve a nient'altro.
Dire che mi sento un'idiota sarebbe ancora poco.
Eccomi qui, a sprecare una bellissima giornata senza divertirmi, senza studiare e senza fare il minimo progresso in questa... non-storia d'amore, o qualunque altra cosa sia.
E sì che i G.U.F.O. mi servirebbero. Con l'aria che tira a casa...
A casa e fuori. Il Wizengamot ha colpito pesante, la guerra pure: le Sacre Ventotto sono l'ombra di ciò che erano.
E io, cosa sono?
In questo nuovo mondo, cosa sono?
Ero la piccola di casa, prima che...
Prima. Prima e basta.
Adesso, è meglio che pensi seriamente a che genere di lavoro potrei fare.
Il che mi riporta al problema dei G.U.F.O. E dello studio. E di lui, che mi fa passar di mente tutto il resto. In queste condizioni, riuscirò a studiare il giorno in cui le mie Pozioni si prepareranno da sole.
E dire che ascolterei la sua voce anche se stesse recitando la formazione della sua squadra... io che non ho mai amato il Quiddotch. La manderei a memoria, perfino.
Un momento!
Potrei chiedergli una mano: è un Prefetto, dopotutto, ha qualche responsabilità.
Perché no?
Come ho fatto a non pensarci prima?
La mia testa divaga a lezione, divaga sui libri, divaga anche fuori del castello... ma solo perché penso a lui. Quindi, probabilmente, è l'unico che possa tenermi concentrata su una qualunque materia.
E se me lo chiede, faccio pure il tifo per la squadra. Be'... per lui. Un po' di sostegno gli serve di sicuro. E, dato che a me il Quidditch non piace, posso ignorare il fatto che tutti gli altri giochino come troll ubriachi.
Se poi ci vedessimo per le ripetizioni... no, certo non sarebbe un appuntamento in “quel” senso, però ci vedremmo! Guarderebbe me, e parlerebbe con me, e...
...E tutto questo presuppone che io trovi il coraggio di rivolgergli la parola.
Quel coraggio che sto cercando fin dall'inizio dell'anno, dal primissimo giorno, ancora sull'Espresso.
Non è stato un viaggio allegro, non questa volta, per nessuno. Troppi posti vuoti. Troppo silenzio. Perfino la strega del carrello aveva un'aria – come dire? - spenta. E anch'io, che non ho mai avuto chissà quali amici, mi son messa a fare il conto di chi avevo visto e chi no, per poi suddividere gli assenti in morti, detenuti, fuggiaschi... Ho cominciato a pensarci ancor prima di salire sul treno; per questo, probabilmente, mi sono seduta in uno scompartimento vuoto. Non sarei stata in grado di affrontare una conversazione, neanche con i miei compagni di Casa, benché intuissi che, probabilmente, si stavano ponendo le stesse mie domande. (Be', forse non quelle personali...).
Come sarebbe stata Hogwarts?
La purezza di sangue sarebbe diventata un problema? Babbanologia era rimasta materia obbligatoria. Cosa volevano che diventassimo, esperti di ecletticità? E come contavano che potessimo sostenere il G.U.F.O., noi che ripetevamo il quinto anno e non sapevamo ancora nulla del programma di esame?
Ma soprattutto, cosa si aspettavano da noi?
Noi, la Casa di Serpeverde. Noi, i purosangue. Noi, i campioni della supremazia dei maghi.
Sì, eravamo tutto questo. O lo eravamo stati fino al giorno della battaglia.
Cosa sarebbe contato di più, al dunque? Un passato millenario... o il fatto che fossimo tornati per soccorrere Hogwarts, per difenderla contro la nostra stessa causa, in memoria di Potter, forse perfino in nome di Potter?
(“Che fossero tornati”: io non c'ero, Daphne neppure; ma non faceva differenza).
Saremmo stati trattati come gli sconfitti, o come il soccorso inatteso dell'ultimissima ora?
Domande pesanti, troppo pesanti perché avessi la forza per discuterne, o anche per accantonarle. Non so per quanto abbiano continuato a ronzarmi nella testa come tanti Billywig, ma buttandomi giù invece di tirarmi su.
Qualcuno, passando accanto al mio scompartimento, mi ha rivolto un cenno di saluto, ma non è entrato nessuno. Probabilmente, molti altri miei compagni di Casa si sentivano come me o, almeno, ci andavano abbastanza vicini per capire al volo perché volessi star sola.
Così, ho continuato a rimuginare.
E più rimuginavo su tutti quei punti oscuri, più mi sentivo impaurita.
Sono arrivata al punto di tenere gli occhi puntati sul corridoio, perché mi sembrava tutto troppo tranquillo, e magari gli altri progettavano di massacrarci tutti.
A ripensarci adesso, mi sembra un'idea folle; ma ero rimasta chiusa in casa fin dal giorno della battaglia, non sapevo nulla dell'atteggiamento o dell'umore di nessuno e, sul binario come sul treno, mi era parso di incrociare solo facce scure. Aggiungiamoci anche la tensione domestica degli ultimi mesi, in aggiunta a quella accumulata durante la guerra...
Comunque, questo stato di allarme, a suo modo, è stato un bene: diversamente, non avrei notato il suo passaggio.
Un momento prima fissavo il corridoio deserto, con le dita strette intorno alla bacchetta; un momento dopo, l'ho visto.
Familiare e inconfondibile: Draco Malfoy.
Serpeverde fino al midollo. Purosangue come e più di me. Mangiamorte, perfino.
Eppure, eccolo lì: sull'Espresso, in viaggio per Hogwarts. Addirittura con la spilla da Prefetto. Intento, potevo solo presumere, al giro di ronda.
Di colpo, non ho più avuto paura.
Se nella nuova Hogwarts c'era un posto per lui – un posto da Prefetto, nientemeno! - a me, a noialtri Serpeverde, non poteva andare poi così male, giusto?
Lo avrei abbracciato su due piedi, solo perché era lì.
E sì, credo di aver cominciato ad innamorarmi di lui in quell'istante. Ma non per il sollievo: per il rispetto.
Non aveva tradito l'Oscuro Signore, eppure era riuscito a riconquistare una posizione. Doveva essergli costato molto, doveva sapere quanto astio si sarebbe tirato addosso, da entrambi gli schieramenti. Ciononostante, marciava lungo il corridoio con un'espressione... determinata.
Mentre seguivo con lo sguardo la sua figura che si allontanava, ho cercato di capire perché quell'espressione mi fosse parsa così strana.
Non avevo mai badato particolarmente a lui, né come Prefetto né tantomeno come ragazzo; tuttavia, riflettendo, mi son detta che il Malfoy che ricordavo avrebbe esibito un ghigno sprezzante, o un'andatura da pavone. O magari quell'aria un po' supponente e un po' annoiata che è quasi il marchio delle grandi famiglie.
Nulla di tutto questo. E nemmeno un'ombra di rabbia o di sfida. Determinazione pura. Come se marciare lungo quel corridoio fosse l'unica cosa importante in tutto il mondo. E come se, in nome del dovere, fosse già pronto per qualunque ostacolo potesse attenderlo.
Qualcosa, nel suo aspetto, lanciava un avvertimento molto più efficace di una sfida aperta. Non potevo dire, naturalmente, se avesse cambiato carattere, se si sentisse disperato o se stesse solo mostrando un lato che non avevo mai visto; ma ero sicura che quel solo gesto bastasse a fargli meritare la spilla. Più di chiunque altro l'avesse mai indossata. Impossibile immaginare una maggior dimostrazione di lealtà alla propria Casa, la Casa che, forse, rischiava di essere buttata fuori addirittura dallo stemma di Hogwarts.
Draco marciava per tutti noi. Per ciò che eravamo stati, ma soprattutto perché avessimo la possibilità di essere qualcos'altro in futuro. Come lui.
Non avrei mai più potuto ignorarlo, nemmeno di proposito, anzi, nemmeno se ci avessi provato con tutte le mie forze. Quello era un uomo.
E non più avuto paura.
Né allora né dopo. Mi sento sciocca anche solo a pensarlo, ma è così.
Ho visto, ci mancherebbe, che la situazione non è idilliaca (per nessuno, e tantomeno per lui). Nel complesso, però, l'ostilità tra le Case e gli agguati nei corridoi mi sembrano addirittura diminuiti: è come se gli altri non sapessero più come trattarci. Difficile dar loro torto: perfino il nostro dormitorio è diviso come non mai, nessuno sa più di chi fidarsi, o fino a che punto.
Draco, in effetti, sta diventando il... come si chiama, quell'aggeggio Babbano? Il parafulmine, mi sembra. Il parafulmine di tutto, di tutta questa ecletticità statica che si sente nell'aria.
E sembra che lo sappia. Lo vedo sempre più teso, sempre più in guardia.
Vorrei... oh, vorrei tante cose.
Quei capelli così chiari hanno bisogno di essere scompigliati da una mano sbarazzina.
Quegli occhi sempre cupi devono tornare a brillare.
Quelle labbra troppo pallide debbono riprendere colore al ritmo incalzante dei baci...
...E quante cose dovrei dirgli! Grazie per quello che fai, che sopporti. Grazie perché, se il resto della tua Casa non ha problemi (o quasi), è solo perché tutto l'odio si è concentrato su di te; e tu lo sai benissimo, ma vai avanti. Grazie perché ci stai aprendo una strada. Grazie di essere lì ogni mattina... e del modo in cui mi fai battere il cuore.
Sospiro.
Per dirgli anche solo una minima parte di tutto questo, dovrei...
Rivolgergli la parola, Astoria Greengrass?
Esattamente quello che non hai avuto il coraggio di fare in tutti questi mesi?
Sicuro, come no! Sei già lì!


Una nuvola di passaggio vela il sole per un momento e riesce a riscuotermi. Devo proprio smettere di sguazzare nell'umor nero, non mi porta da nessuna parte: dopotutto, se non ho le palle per ammazzare qualcun altro, figuriamoci per un suicidio.
Del resto, mi sa che finirei per tornare come fantasma. E l'idea mi attira poco.
Anche se, ora che ci penso... cazzo, la mia migliore amica è Mirtilla Malcontenta!
Non la vado a trovare da un bel po', in effetti. Tuttavia, se morissi, suppongo che mi ritroverei nel suo gabinetto: ora come ora, è l'unico posto che potrei anche solo pensare di definire “accogliente”. E solo Mirtilla non mi giudica, non l'ha mai fatto.
Mi chiedo se i fantasmi facciano sesso. Scommetto che con me ci starebbe.
Sì, e poi nascono i fantasmini...! Datti una regolata, Malfoy!
Va bene che Pansy non è più in circolazione, va bene che non ho speranza di trovarmi neanche l'ombra di una ragazza, va bene che non ricordo neppure a quanti secoli fa risalga il mio ultimo orgasmo... ma se sono veramente ridotto a fantasticare sul sesso spettrale con Mirtilla Malcontenta, penso proprio che mi convenga fare due passi. Non importa dove, basta che mi scrolli questi pensieri di dosso.
(Per un attimo, mi sento perfino in colpa nei confronti di Mirtilla... non so bene il perché. Rabbrividisco e mi dico che preferisco non indagare. Sì, decisamente è meglio che mi alzi).
La solita fitta alla schiena: sono duri questi scalini.
Ah, ma c'è un motivo se mi spacco la schiena stando seduto qui: sono il miglior punto di osservazione disponibile.
E quindi, prima di azzardare anche solo un mezzo passo, mi guardo bene intorno. Molto, molto bene.
Si direbbe tutto tranquillo: quelli in riva al lago resteranno lì, almeno se io passerò abbastanza alla larga. Scommetto il mio forziere alla Gringott che mi osserveranno ogni secondo, con la coda dell'occhio, però non muoveranno un dito, ne sono sicuro.
Assurdo. Veramente assurdo. Anche più assurdo della fottuta spilla.
Io sono “il Mangiamorte”. Dovrebbero essere i primi a voler ballare sul mio cadavere. E invece no, pensano ai fatti loro; quelli che devo tenere d'occhio sono gli altri.
Tutti gli altri, cazzo.
Ma i prati mi sembrano relativamente sgombri, per un sabato pomeriggio. Uno studente qua, uno là... niente assembramenti pericolosi. Quest'anno scarseggiano perfino le coppiette infrattate. Mi chiedo se non sia tutto troppo tranquillo; ma, alla fine, mi convinco che nessuno sta organizzando un linciaggio di massa ai miei danni.
Non questa volta.
Il pensiero mi colpisce con la forza di un Dipplebeater Defence.
Barcollo e chiudo gli occhi un momento, cercando di riprendermi.
Vorrei piangere, quanto lo vorrei. E non posso. Non posso!
Se fiutano la mia debolezza, sono morto.
Qualcosa li tiene a bada, qualcosa li spaventa. Sarà la spilla, sarà il Marchio Nero, non lo so. L'importante è che continuino ad avere paura di me.
E io che continuo a darmi del vigliacco, dello smidollato...
Sorrido, senza troppa allegria. Quelli che cercano sempre di colpirmi alle spalle non sono certo più coraggiosi di me; e ogni volta li ho sistemati a dovere. Per fortuna, mi è venuto in mente di adattare ad uniforme tutti i capi di abbigliamento Scudo di “Tiri Vispi Weasley”. Finora, gli Incantesimi reggono; mi basta che durino fino alla fine della scuola, poi si vedrà.
Scendo le scale e faccio una smorfia, mentre il sangue riprende a circolare
Quel perfetto stronzo di Zacharias Smith... pure il ghoul di mia nonna sa quant'è stato bravo a scappare dalla battaglia. E adesso, ogni volta che lo incrocio devo guardarmi le spalle (sempre e solo le spalle, Smith, mi raccomando!). Dico, a parte tutto, un Prefetto che aggredisce un altro Prefetto...!
Ma del resto, chi gli ha dato la spilla? La stessa donna che l'ha fatta tenere a me.
Davvero mi chiedo in che mani siamo.
Va bene, sono piuttosto sicuro che, se avesse vinto l'Oscuro Signore, a quest'ora sarei morto o impegnato ad affrontare ben altri problemi... tuttavia, preferirei non essere scampato alla Manticora solo per finire in bocca alla Chimera. Sto esagerando? Forse sì, ma dover stare in guardia ogni momento mi logora, anche se il peggio che mi possa capitare è una Fattura Orcovolante.
(Forse. Al peggio non c'è mai limite. Quindi, pure adesso, mentre scendo sul prato, tengo sempre le mani in tasca, le dita strette sulla bacchetta – senza farmi notare, spero - e gli occhi in movimento).
Uhm...
Quella ragazza non me la racconta giusta
.
La osservo in tralice, continuando a camminare.
Decisamente non sta studiando: resta immobile, non prende appunti e, per qualche ragione, giurerei che non sta nemmeno fissando il libro.
Di sicuro, non accenna a voltare pagina.
E io, di colpo, sono stanco.
Stanco morto di questa vigilanza costante alla Malocchio Moody, che tra l'altro è comunque finito male.
Stanco di indossare un mantello Scudo anche quando vado a dormire.
Stanco delle occhiate assassine, dei silenzi di tomba, dei mormorii appena un po' troppo forti alle mie spalle.
Stanco di chi mi dà del Mangiamorte e di chi mi considera un traditore. Stanco anche degli insegnanti, delle lezioni, dei libri e di tutto questo parlare di quanto i M.A.G.O. siano importanti per il nostro futuro.
Stanco di me stesso.
Di colpo, questo mio camminare ha uno scopo e una meta.
Volto le spalle a quella biondina – mi attacchi pure, se crede, faccia del suo peggio... - e imbocco il sentiero che ho scelto.
Nemmeno lo ricordavo più: è bello sentire di aver scelto qualcosa!

Sto facendo i conti – una volta di più - con il significato del mio nome, quando lo vedo alzarsi.
Vorrà rientrare? No, deve aver deciso di fare due passi: si sta guardando intorno, con quell'aria circospetta che, ormai, sono abituata a vedere sul suo viso.
Povero Draco...
In confronto ai suoi, i miei problemi non contano, no davvero. Neppure quelli in famiglia.
Lo osservo, sempre in tralice, mentre scende le scale, l'andatura che si fa progressivamente più sciolta, e non mi perdo neanche una delle mille occhiate che lancia tutt'intorno.
E di colpo, fissa me.
Chissà come, riesco a non trasalire.
Resto immobile.
Devo aver dato nell'occhio.
Spero con tutta me stessa di non arrossire proprio adesso...
Ha la fronte aggrottata. Mi soppesa un istante ancora, poi mi volta le spalle in un modo così brusco che sembra quasi una sfida.
Per un momento, sono tentata di corrergli dietro, placcarlo, gettarlo sull'erba e...
Sì, come no, Astoria Greengrass!
Sospiro all'indirizzo della sua figura slanciata che si allontana... Un momento.
Qualcosa non va.
Perché Malfoy sta entrando nella Foresta Proibita?!

Ripenso a quello stronzo di Smith, ma è come se, in qualche modo, me lo fossi già lasciato alle spalle. Meglio così.
Del resto, quest'anno tante cose mi son sembrate acqua passata.
La Granger è Caposcuola. Una volta non lo avrei sopportato; ma è forse l'unica che si sforzi di trattare i Serpeverde esattamente come tratta tutti gli altri. Oh, si vede che non le riesce naturale, però l'impegno è innegabile. Arriva perfino a tenere in riga Paciock, che qui dentro, ormai, è più o meno il nuovo Ragazzo Sopravvissuto.
In effetti, la Babbanastra riccia e dentona è più o meno l'unica studentessa che mi tratti in maniera civile.
Se fosse una Serpeverde, giurerei che il suo vero intento è instillarmi un profondo senso di colpa per sei anni buoni di insulti; tuttavia, mi ritrovo disposto a credere che non si tratti del suo movente principale. E in ogni caso, non sono nelle condizioni adatte per rifiutare la gentilezza, da chiunque provenga, quindi – mi piaccia o no – è semplicemente giusto che la contraccambi.
Potter e Weasley assunti al Ministero, io e Hermione Granger in rapporti civili... sì, decisamente Hogwarts, per me, quest'anno è strana!
Non so se reggerei la presenza di Lenticchia, ho l'impressione che sia rimasto sempre il solito chiassoso morto di fame, incapace e manesco... ma, ormai, anche questo è soltanto un pensiero distante, la memoria di un fastidio passato.
Potter è un altro discorso. Potter, ahimè, è la memoria di un debito. E io detesto avere debiti, specialmente quelli che non riuscirò mai a ripagare.
Non mi hai fatto un gran favore, Sfregiato... ma grazie lo stesso. Tu ce l'hai messa tutta. Ero un caso disperato fin dall'inizio, suppongo; e quando si perde pure la voglia di vivere, non resta più molto da fare.
Guardo gli alberi che ormai mi circondano e sorrido: quando vivere mi interessava, e molto, avevo paura di questo posto. In effetti, credo di aver avuto paura di tutto. Ora non ne ho più. Di nulla. Ho sperato tanto che succedesse, ma mi sa che ho scelto la strada più difficile per arrivarci.
Potter si sarà sentito così, quando passava di qua per consegnarsi all'Oscuro Signore?
Per poco non scoppio a ridere: dopo tutti questi anni, ancora mi ritrovo a paragonarmi a lui! E su una cosa del genere, poi.
Vecchie abitudini, immagino.
Cos'è stata tutta la mia vita scolastica, in fondo, se non una continua battaglia con lui?
Cercata soprattutto da me, lo devo ammettere. Non che non restituisse i colpi... ma, in genere, aveva altro per la testa.
Non così io.
Mio padre lottava per la supremazia dei purosangue al Ministero - o Merlino sa dove - e io qui. Contro lo Sfregiato, il cocchino di Silente, il campione di tutta la feccia immaginabile. Sembra assurdo... eppure, adesso me ne rendo conto, solo questo ha dato un senso ai miei anni a Hogwarts. E' stato il mio unico scopo.
Sento un rigurgito acido in gola quando mi torna in mente la prima volta in cui ho visto il Marchio Nero sulla mia pelle, il senso di esaltazione... esaltazione all'idea che finalmente, avrei schiacciato Potter.
Non pensavo neppure, in quel momento, alla missione affidatami: pensavo solo a surclassare Harry Potter. Neanche si fosse trattato di una partita di Quidditch.
Come ho fatto ad essere così idiota?!
L'ombra degli alberi si fa più fitta. Anche allora, un mese dopo l'altro, ho visto tutto sempre più nero, mentre i miei tentativi andavano a vuoto, uno dopo l'altro...
E poi, Silente ha avuto pietà di me.
Come sarebbero andate le cose, se avessi trovato il coraggio di ucciderlo?
Non lo so. Me lo sono chiesto per mesi, disgustato di me stesso per non esserci riuscito. Adesso, di sicuro sarei ad Azkaban; allora... sognavamo tutti il primo posto tra i ranghi dei Mangiamorte, lo sognavo anch'io. Magari l'avrei anche ottenuto. Ma ora mi chiedo come facessimo ad essere tanto stupidi da non capire che, per quel pazzo furioso, nessuno di noi contava niente. Tutti cibo per Nagini. O poco più.
Oh certo, l'orgoglio dei Maghi, il sangue dei Maghi, il dominio dei Maghi, e bla bla bla...
Proprio quello che volevamo sentirci dire.
Il nostro orgoglio. Il nostro sangue. La nostra causa.
Ma il suo potere.
Suo e soltanto suo. Di un pazzo che, per giunta, era solo un Mezzosangue. Anche se la pazzia, a quanto pare, gli veniva dai Gaunt.
Zia Bella non ne sapeva niente, mio padre non ne sapeva niente... ma gli altri, i primi Mangiamorte? Gente come Avery, che era stata a scuola con lui, quand'era ancora semplicemente Tom Riddle? Quelli sapevano, per forza. Eppure lo hanno seguito, sempre. E sempre hanno taciuto.
E a me viene voglia di piangere.
Io ci ho creduto. Ho creduto davvero alla causa dei purosangue, tanto che, se mai avessi scoperto per tempo che l'Oscuro Signore era un'impostura vivente, non avrei avuto pace finché non l'avessi smascherato.
Ma a loro... in realtà, a loro importava solo del potere. Il potere che quell'uomo possedeva e quello che prometteva ai propri seguaci.
Stupidi. Stupidi. Stupidi. Quanto siamo stati stupidi!
Le Sacre Ventotto si sono dissanguate, letteralmente, dietro all'Oscuro Signore al sogno della vittoria finale. Passi ancora che ci sia sfuggito che era un Mezzosangue – digrigno i denti – ma come abbiamo fatto a non vedere quel che avevamo sotto gli occhi, tutti quanti, tutti i giorni?!
Come abbiamo fatto a non capire che non ci sarebbe comunque stato nessun futuro glorioso ad attenderci, dopo la vittoria finale?!
Alla fine, era addirittura lampante: un uomo che dà la caccia alla Bacchetta di Sambuco non smetterà mai di uccidere. Non vorrà, oppure non potrà.
Nel suo caso, credo che non volesse e non potesse. Troppo fuori di testa, troppo esaltato da quella sensazione di onnipotenza, troppo al di là di qualunque limite, remora o scrupolo.
Eppure... che fanno i miei genitori? Hanno passato quasi un anno a rischiare ogni giorno di essere uccisi dal pazzo che si ritrovavano in casa; i loro cosiddetti amici li hanno umiliati e coperti di ridicolo; per giunta, adesso sanno dell'impostura! E niente, li senti ancora farneticare sul “se avessimo vinto, allora sì che...”.
Ma quale vittoria! Chiunque avesse vinto tra lui e Potter, noi avremmo perso.
Forse, così, abbiamo... perso un po' meno, suppongo.
Comunque, poco importa. E' un problema per chi pensa di avere un futuro. Non per nulla si dice “Chi vivrà vedrà”.
Alla biforcazione nel sentiero, mi fermo per un momento.
Potrei tornare verso il lago. Sarebbe la cosa più semplice, più logica, più lucida, più lineare...
E significherebbe altre giornate come questa. E quella prima. E quella prima ancora.
No, grazie. Ho già fatto la mia scelta, non la cambierò.
Raddrizzo la schiena e riprendo a marciare verso il nido delle Acromantule.

Seguirlo è probabilmente la cosa più idiota che io abbia mai fatto. Perfino in quest'anno in cui non ho fatto che sentirmi... be', idiota.
Se per caso mi scopre, prima mi affattura e poi, forse, mi fa qualche domanda. Sono pronta a scommetterci. Non saprei neppure dargli torto, con l'aria che tira intorno a lui.
Ma è anche vero che non avevo molte alternative.
Urlargli “Dove cazzo vai, Malfoy?!” è stato il mio primo pensiero, lo ammetto... ma a) sono pur sempre quella che non trova neanche il coraggio di chiedergli “Mi passeresti il sale?”; b) mi vengono in mente almeno venti risposte possibili, una più tagliente dell'altra; c) avrei attirato l'attenzione di tutti, in particolare di quelli che lo vogliono morto; d) mi Trasfiguro in un pomodoro alla sola idea di palesare i miei sentimenti in un modo del genere.
Sigh.
Era tutto più semplice, una volta.
Solo l'anno scorso, in effetti... eppure sembra proprio “una volta”.
Anche allora stavo preparando i G.U.F.O., però studiavo davvero. Vivo ancora di rendita su quello studio. E non avevo altri pensieri. Niente ragazzi per la testa, niente domande sul senso della vita... Babbanologia era la semplice ripetizione, magari un tantino esasperata, di quel che mi avevano sempre insegnato in casa...
Oh già, la casa. Me ne stavo quasi dimenticando.
Prima di quella stramaledetta battaglia, prima che la McGranitt ci sbattesse fuori di Hogwarts in quel modo indegno, avevo una famiglia. Ed ero convinta che il mio nome fosse dovuto alla distrazione di un impiegato del Ministero.
Adesso, se guardo in faccia i miei, o Daphne, mi sembra di vedere tre estranei che non riesco a capire.
E in più so che è un altro il vero motivo per cui non mi chiamo Asteria, con la “-e-”.
Perché la mamma abbia sentito il bisogno di dirmelo, poi, per me resta un mistero. Così, di colpo.
“Potrei non avere un'altra occasione di parlarti, tesoro...”. Che frase strana! In quel momento, poi!
Io e Daphne eravamo appena tornate a casa, o meglio, i nostri genitori ci avevano appena trascinate a casa, lontane da Hogwarts, da Hogsmeade e da qualunque cosa assomigliasse anche solo lontanamente a un campo di battaglia. E nessuno di loro aveva la benché minima intenzione di andare a combattere. Del resto, a suo modo era anche logico: purosangue, però non Mangiamorte; cosa potevano temere, comunque fosse andata a finire?!
Ad ogni buon conto, me l'ha detto e dovrò imparare a farci i conti.
Ci sto provando da mesi. Affronto ogni singola assurdità di questa storia assurda. Ma non mi sembra di aver ottenuto granché, finora.
“Sai, tesoro, a New York c'è un albergo famoso, il Waldorf Astoria...”.
“Astoria? Come me?”
Ecco, cominciamo di qui.
Quando ha detto “albergo”, naturalmente ho pensato a qualcosa come il Paiolo Magico.
E invece no: salta fuori che si tratta di un albergo Babbano. Anzi, “un albergo Babbano, naturalmente”. Così ha detto, ignorando a bella posta il mio commento.
Naturalmente?!
Ho pensato di aver capito male, perché non riuscivo nemmeno ad immaginare come potesse mia madre – purosangue e via discorrendo – a conoscere un albergo Babbano di New York, figuriamoci poi a considerarlo “naturale”.
Certo, adesso, quando ci ripenso, tutti questi dettagli, queste piccole stonature del discorso, tornano. E' il quadro dei fatti che resta assurdo!
Dovrei smettere di pensarci, forse. Dovrei trovare un modo per accantonare la faccenda, almeno per un po'. Ma non ho un Pensatoio sottomano e l'unica distrazione che mi sia venuta in mente, dall'inizio dell'anno a oggi è sbaciucchiare Draco Malfoy.
Be', in effetti siamo nel bosco da soli...
Parecchio addentro al bosco e parecchio soli, dovrei dire.
Mi chiedo dove stia andando.
Qualcosa mi ha indotto a seguirlo. Una brutta sensazione, la stessa per cui gli ho quasi urlato dietro. E si sta facendo sempre più forte.
Afferro la bacchetta nella tasca e stringo le dita.

Non ci vorrà molto prima di incontrare le prime ragnatele, suppongo. Non ricordo bene le distanze... ma, in fondo, che può importare qualche centinaio di iarde in più?
Tra tutte le follie di Silente e di quel Mezzogigante che ci ritroviamo per Custode, le Acromantule a due passi da una scuola mi sembrano la peggiore. E sì che l'elenco è lungo!
A proposito... non dovrebbe esserci ancora uno Schiopodo Sparacoda, da queste parti?
Chissà, magari ha incontrato il suo destino durante la battaglia. Han fatto una brutta fine pure i giganti, dopotutto.
E le Acromantule, a centinaia. Mi ricordo lo spettacolo.
Ma qualcuna si è salvata.
Si fossero almeno divorate Hagrid per bene...
No, non ce l'ho con lui, non più. Anche se non raccomanderei un professore del genere neanche al mio peggior nemico.
(Ehm... in effetti, al mio peggior nemico quel professore piaceva. Ma vabbe'!).
Però se lo sarebbe me-ri-ta-to.
Ho ancora da capire adesso come siano arrivati qui 'sti ragnacci del Borneo, ma potrei giocarmi tutta l'eredità Malfoy contro una Burrobirra rancida che è stata una sua idea.
Peccato che delle sue idee abbia sempre pagato il prezzo qualcun altro.
Che nessuno, poi, abbia capito che le Acromantule sarebbero state ben felici di schierarsi con qualunque Mago Oscuro di passaggio, pur di sgranocchiare carne umana a volontà...!
Ma fossero almeno rinsaviti dopo la battaglia!
E invece no!
La McGranitt non è Silente, dovrebbe avere un po' di buonsenso in più: ragnoni carnivori vicini ad una scuola, meglio sterminarli! No?
No.
Il primo giorno di scuola, la nostra nuova Preside ci dà il benvenuto e ci dice “State alla larga dalla Foresta Proibita, come ormai saprete tutti ci sono anche le Acromantule...”.
Io devo averla fissata come si fissa qualcuno da spedire al S. Mungo per un bel po' di Shockantesimi.
Ernie Macmillan, sempre tutto così... pomposo e appropriato... si è quasi alzato in piedi.
Quasi. Si è bloccato a metà ed è ripiombato sulla sedia. Sarà stato il peso del distintivo da Caposcuola.
Comunque, le Acromantule erano troppo perfino per lui.
E non saprei dargli torto, neppure volendo: trovarsele davanti in battaglia...
Quanti morti avrà visto Macmillan?
Magari divorati proprio da quei ragni malefici?
Eppure, non lo diresti mai: anche adesso, sembra la quintessenza della normalità, il ragazzo che è uscito una mattina per combattere ed è rientrato a casa la sera per fare i compiti. Beato lui.
Il bello del veleno di Acromantula è che stordisce la preda in pochi istanti. E così bene che non si sveglia neppure mentre viene divorata.
Potrei chiedere di meglio?

Quando scorgo la prima ragnatela, il sospetto nebuloso che si stava formando nella mia testa – e che mi ostinavo a non voler prendere nemmeno in considerazione – si trasforma in una certezza orrenda.
«Fermooo!» urlo, lanciandomi verso di lui ancor prima di pensare.
L'istante successivo, mi sembra di cozzare contro un muro.
Un muro invisibile: un Sortilegio Scudo.
E sono ancora a un cinque iarde da lui. Incredibile.
La sua bacchetta punta dritta su di me, gli occhi ardono di un fuoco pericoloso.
Alzo le mani, sentendomi - per l'ennesima volta - un'idiota: altro che intenti suicidi, Draco Malfoy è pronto a combattere fino all'ultimo respiro e oltre.
La bacchetta non accenna neppure ad abbassarsi, ma in viso gli si dipinge un'espressione perplessa. Mi squadra per qualche momento, le sopracciglia corrugate, come cercando di comprendere le mie intenzioni.
«Io ti conosco...»
Il mio cuore perde un paio di battiti.
«Tu sei la sorella di Daphne, giusto?»
Un respiro profondo. Neanche sa il mio nome. Me l'aspettavo, ma è comunque un colpo.
Però mi ha riconosciuta. Non era scontato.
Annuisco e basta; meglio non provare a stringergli la mano. «Astoria.»
«Astoria? Ho capito bene?» mi chiede, calcando la misteriosa “-o-”.
Scrollo le spalle. «E' il nome di un famoso albergo di New York, a quanto pare.»
Incredibilmente, sul suo volto appare un fantasma di sorriso; si avvicina e mi porg la mano. «Piacere, Astoria con la “-o-”. Io sono Draco Malfoy, ma immagino che tu lo sappia già.». Una volta l'avrebbe detto con arroganza; ora è una semplice affermazione.
Gli stringo la mano, senza azzardarmi a rispondere: sono sicurissima che comincerei a balbettare, arrossire o chissà che altro.
Malfoy continua ad osservarmi come una creatura misteriosa, ma deve aver deciso che non costituisco una minaccia immediata, perché mette via la bacchetta.
Dopo alcuni istanti che a me sembrano eterni, spezza il silenzio: «Bene, Astoria... perché mi hai seguito?»
Sussulto a quel tono piuttosto brusco. «Io... io ti guardavo, prima.»
Stringe gli occhi. «Ah, mi sembrava... la ragazza con il librone eri tu.»
Annuisco. «Babbanologia.»
«Per quanto mi lusinghi il pensiero che tu mi trovi più interessante del volume di Babbanologia» - e stavolta sento una nota di divertimento nella sua adorabile voce strascicata - «questo non spiega ancora perché mai tu sia qui. Con me.». Gli balena sul viso una traccia di incertezza, repressa all'istante.
«Stavi entrando nella Foresta Proibita.». Sono piacevolmente sorpresa della mia capacità di parlargli senza che la lingua mi si attorcigli.
Per qualche motivo, ciò che ho detto lo lascia senza senza parole: resta lì, immobile, a fissarmi, con l'aria di chi avrebbe mille domande ma è troppo sbigottito per riuscirne a porre anche una sola.
E, di colpo, riprendo a parlare. Sì, proprio io.
«Hai sempre un'aria stanca... triste... e tesa. Lo vedo, al nostro tavolo. Tutte le mattine.». Il rossore, a questo punto, mi colpisce a tradimento; ma ormai l'ho detto. E vada come vada.
«Tu... tu mi... mi guardi?» Sembra molto stupito, ma non dispiaciuto, quindi trovo il coraggio di annuire, rivolgendogli un piccolo sorriso.
Lo vedo chiudere gli occhi un istante; quando li riapre, mi fissa con un'intensità che mi dà i brividi.
«Perché, Astoria?». Due parole in tono basso... e le parole cominciamo a rotolarmi fuori di bocca.
«Sai perché mi chiamo Astoria, con la “-o-”? Pensavo fosse un errore dell'impiegato del Ministero, invece no. Mia madre mi ha dato apposta il nome di un albergo Babbano.». Deglutisco, prima di confessargli la verità più dolorosa. «L'albergo che usava per... per incontrarsi con il suo amante. Il mio vero padre.»
Draco mi fissa ad occhi sgranati.
«Papà non lo sa. Suo marito, intendo. L'uomo che pensavo fosse mio padre. Non sa niente. E mia sorella neppure. Mi... mi ha mentito per quindici anni, poi ha deciso di parlare proprio il giorno della battaglia di Hogwarts...» Sento la voce che mi si spezza. «E io non so neanche chi sia quest'uomo, non ho una foto, non ho un ricordo, e adesso li guardo tutti e non li riconosco più, è come se fossero estranei, non so più chi siano i miei genitori...». Scoppio in singhiozzi.
«E ti chiedi quale sia il tuo posto nel mondo» mormora Draco.
Annuisco, sforzandomi di riprendere il controllo.
Mi guarda per qualche istante, con aria assorta, poi riprende a parlare.
«Volevo morire, Astoria. Sono venuto qui per questo.»
Gli occhi mi si riempiono di lacrime.
«A casa i miei continuano a parlare di come sarebbero andate le cose se avesse vinto... Riddle.». Il discorso si fa concitato. «Non lo sopporto, non ne posso più, come si fa ad essere così stupidi? Quello era un pazzo, un Mezzosangue e ci avrebbe fatti fuori tutti, era solo questione di tempo! Ma niente...». Non ricordo di averlo mai visto così agitato; fa un respiro profondo e prosegue, più tranquillo: «E così, vedi... anche per me, casa non è proprio il migliore dei posti dove stare.».
E mi sorride. Un sorriso debole e triste, ma un sorriso. Un sorriso suo, per me.
Lo ricambio, con la stessa venatura di tristezza. «Io non credo di poter tornare. Papà... non riesco a non chiamarlo papà... non sa nulla e mi sembra di mentirgli tutti i giorni.». Guardare in faccia mia madre è ancora più difficile, ma non trovo la forza di dirglielo. Del resto, credo che si intuisca facilmente.
Ci stiamo ancora scambiando quel sorriso, quando si sente un leggero rumore.
Io lo noto appena, ma Draco si volta di scatto.
E rimango impietrita.
Quasi non lo sento nemmeno urlare «Resta dietro di me!».
Tre Acromantule incombono su di noi.
Stavano per prenderci – per prenderlo – alle spalle.
«Indietro, bestie schifose!»
I ragni non rispondono; si limitano a far schioccare quelle loro pinze gigantesche. Draco alza la bacchetta.
Nella mia testa, qualcosa scatta.
«Impedimenta!»
Non sono mai stata così rapida a estrarre e colpire, mai.
E, perlomeno, un ragno si è ribaltato, cadendo all'indietro.
Ma la sorpresa degli altri due dura poco: partono alla carica... e cozzano contro il Sortilegio Scudo.
Rimbalzano all'indietro, ma sono penetrati all'interno della barriera per un buon paio di iarde. E non vengono respinti di altrettanto.
Sono troppo grossi. Non ce la può fare. E' un Sortilegio troppo debole.
Deve aver fatto lo stesso ragionamento, perché mi urla: «Greengrass, scappa e non voltarti indietro!»
«Sì, così tu ti fai ammazzare, eh? Neanche morta, Malfoy!»
Se Draco difende, io posso attaccare.
Di certo sta per urlarmi di tutto, ma lo batto per una frazione di secondo: «Impedimenta!»
Funziona: l'Incantesimo di Ostacolo coglie il primo ragno a metà del balzo e lo ributta addosso agli altri due. Crollano all'indietro in un groviglio furibondo di zampe e mandibole.
Malfoy coglie l'attimo.
«Avada Kedavra!»
Mi sembra che il getto di luce verde impieghi un'eternità a raggiungere le Acromantule.
Colpisce quella che si stava districando per prima.
L'impatto la ributta addosso alle altre.
E non si muove più.
Tutto resta immobile per un istante, un istante folle in cui spero che l'Anatema che Uccide le abbia, in qualche modo, fatte fuori tutte e tre.
Ma poi le altre due attaccano.
Non noi. La carcassa fresca.
Un'esplosione di liquido nerastro, un odore nauseabondo... sto per vomitare.
«Corri!»
Draco mi afferra per un braccio, mi trascina via a forza.
Corriamo a rotta di collo. Corriamo e corriamo. Ma io non ho il suo allenamento da Cercatore: dopo un paio di minuti di quella fuga terrorizzata, mi blocco, ansimante e piegata in due. Cerco di dirgli di andare avanti, senza trovare il fiato.
«Tranquilla, puoi respirare. Ci siamo allontanati. Li... li vedremmo arrivare.»
Poi si piega in due peggio di me e vomita. Vomita anche le budella.
Quando si rialza, il ritmo della mia respirazione sta tornando normale.
«Scusa.». La voce è roca. «Io... io non ci ero mai riuscito, finora.»
Non ho bisogno di chiedergli “A fare cosa?”.
Ci fissiamo, senza parlare; poi distoglie lo sguardo.
«Saresti dovuta scappare.»
«Da te?»
Sussulta. «...Forse.». Si morde un labbro. «Sono... Lo sai. Hai visto.»
«Draco.». Mi guarda, stupito: non ho mai pronunziato il suo nome prima. O forse è il mio tono tranquillo. «Grazie. Mi hai salvato la vita.»
Per un momento, resta interdetto, come se non avesse proprio considerato questo punto di vista; poi i suoi occhi tornano tristi. «Non avresti dovuto seguirmi.»
Stavolta mi arrabbio sul serio. «Oh, ma certo che no! Scusa se mi sono preoccupata per te! Scusa se...».
E mi blocco.
E' proprio una lacrima quella che gli scorre lungo la guancia?
La asciuga subito con un gesto rabbioso, ma per parlarmi deve fare uno sforzo percettibile. «Grazie. Io... io volevo solo non sentire più niente.»
Alzo gli occhi al cielo, tra l'incredulo e l'esasperato. «Oh, certo, farsi mangiare vivo da un ragno gigante è il modo migliore per non sentire più niente!»
Lo sguardo incollato a terra, borbotta: «Il veleno di Acromantula è anestetico, sai» Poi, ad un tratto, quelle iridi grigie si conficcano nelle mie. «Ma dopo che ho visto come hanno divorato la loro compagna... grazie, Astoria Greengrass.»
Annuisco, incapace di trovare le parole.
«Però» prosegue imperterrito il ragazzo che amo «non avresti dovuto salvare un assassino.»
«Un cosa?!» Scoppio a ridere, una risata fragorosa che non mi appartiene, ma in cui c'è tutto: l'assurdità della situazione, il terrore per il pericolo corso, i mesi trascorsi a pensare a lui... Rido, rido fino alle lacrime, rido anche delle espressioni che si susseguono sul suo viso. Poi, lentamente, mi calmo, riprendo fiato e mi asciugo gli occhi.
Draco mi sta sempre osservando, mille sentimenti in lotta sui suoi tratti delicati
«Scusami, non avrei dovuto ridere così. E' solo che...» non riesco a trattenere un sorriso «insomma, tu saresti un assassino? Proprio tu? Quello che non ha mai ucciso nessuno? Il Mangiamorte disgustato dalla tortura? Ma dai!»
Scuote la testa lentamente, con un'espressione addolorata. «Tu non capisci.»
«Non capisco cosa, Draco? Sì, ho visto che sei riuscito a scagliare un'Avada. E allora?»
Mi guarda come se fossi pazza. «Astoria... per riuscirci devi volerlo. Volerlo davvero. Quindi, io sono un assassino. Punto. Quale parte non ti è chiara?». La sua voce, fin qui calma, si incrina sull'interrogativo.
Le mani sui fianchi, lo incalzo e lo faccio indietreggiare contro un albero. «Draco Malfoy, tutto ciò che quella luce verde dimostrare è che volevi far secco un animale. Non una persona. Ti ricordi la differenza, sì?»
«Non importa. No, davvero, non importa. Prima...» e la sua espressione angosciata mi stringe il cuore «Prima non ero mai riuscito a trovare dentro di me quello che serve per uccidere. Prima potevo... sperare di non essere completamente uguale a mio padre...». Si lascia cadere a terra, la testa tra le mani.
«Avresti potuto uccidere me, Draco» gli mormoro con dolcezza. «Quando ti ho urlato di fermarti, ti sei voltato, ma hai scagliato solo un Sortilegio Scudo. Cosa credi che avrebbe fatto tuo padre?». Ho catturato, una volta di più, la sua attenzione; non gli do il tempo di rispondere. «E quando hai sentito quel rumore, per prima cosa hai pensato a proteggere me.». Mi trema un po' la voce. «E anche dopo, quando hai capito che lo Scudo non sarebbe bastato.... Sì, lo so, non tornare a dirmi che volevi morire! Ti sarebbe bastato lasciar cadere il Sortilegio, sai? Non eri obbligato a salvarmi.».
Un rossore indignato gli si spande su tutto il viso.
«Ecco, vedi che ti arrabbi? E perché? Perché tu hai voluto salvarmi, brutto idiota! E se un ragazzo salva una ragazza non è un assassino, è un...» Eroe, sto per dire; ma non ci riesco e arrossisco fino alla punta delle orecchie.
Perlomeno, adesso ha un'espressione incerta.
«Non sei come tuo padre, Draco.»
«Greengrass...»
Sorrido senza allegria. «E' buffo, vero? So di non essere una Greengrass, eppure non riesco a non sentirmi tale.»
«Beata te» mi risponde con una punta di asprezza. «Io... direi che ho il problema opposto. Sono molto più Malfoy di quanto vorrei.»
Cerco di cambiare argomento. «E che farai, una volta finita la scuola? Io suppongo che dovrò trovarmi un lavoro, visto che non mi sento di tornare a casa, ma proprio non so...». Sospiro. «E per giunta non riesco a studiare.»
«Neanch'io. Ma non ho progetti per il futuro... come immagino si sia capito poco fa.»
Resto a guardarlo, mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime.
«Green... Astoria. Non fare così. No, davvero, non c'è bisogno di piangere...»
«Speravo che almeno tu...». Non riesco a proseguire: scoppio in singhiozzi.
Dopo qualche momento, sento il suo braccio, un po' esitante, passarmi intorno alla spalla.
Non mi azzardo ad alzare gli occhi. Restiamo così per un po', prima che la sua voce, vicinissima alle mie orecchie, si faccia sentire, in un sussurro calmo, ma dolente.
«No, Astoria. Forse sembro forte, uno a cui scivola tutto addosso... ma non è così. Non riesco a studiare, non riesco a dormire, mi sveglio in preda al terrore e...» Lo sento deglutire a fatica. «E non so neanch'io cosa mi faccia andare avanti tutti i giorni.»
«Tu» gli rispondo, alzando la testa per incontrare il suo sguardo perplesso. «Sai, il primo settembre ti ho visto, sul treno.». Non ci posso credere, glielo sto dicendo! «Eri in giro di ronda, suppongo; comunque, marciavi lungo il corridoio come se non potesse fermarti nemmeno una mandria di Erumpent. Tu sei la tua forza, Draco.». E sei stato la mia, in tutti questi mesi...
Dopo un istante di riflessione, mi sorride. E stavolta è un sorriso vero, un sorriso che illumina gli occhi e la pelle.

Non ci posso credere. Qualche minuto fa aspettavo semplicemente di morire e farla finita; adesso mi trovo a cercar di consolare una ragazzina che – possibile?! - piange perché... se ho capito bene, perché è triste per me.
E cerca di consolarmi a sua volta.
No, non solo di consolarmi. Discute. Si appassiona.
Ma a cosa? A me?
Sembra quasi che mi abbia preso per un eroe. Roba da S. Mungo!
O forse sono il ragazzo cattivo? Quello da salvare, o con cui fare le cattive?
O magari l'uccellino ferito con cui giocare alla Guaritrice?
Non ne ho idea e, in realtà, non c'è una sola ragione per cui dovrebbe importarmi.
E, comunque, io ho ucciso.
D'accordo, un'Acromantula. E' legale, anche con l'Avada. Tanto più che ho salvato la vita a tutti e due. Meno male che ricordavo che mangiano i loro morti.
Ma come posso spiegarle...?
Un attimo prima sentivo il fuoco nelle vene, il proposito di uccidere era tutto per me.
Ed è come se il getto di luce verde me l'abbia portato via, lasciandomi soltanto orrore e vuoto.
Come se avessi varcato una qualche linea invisibile...
E se l'ho voluto davvero una volta, perché non un'altra? Se con un ragno, perché non...?
Cerco di spiegarle qualcosa, di darle una minima idea delle mie giornate; non so perché – forse per lo stesso misterioso impulso che mi ha spinto a proteggerla – mi importa davvero che capisca che è meglio, è più sicuro per lei lasciarmi stare.
Ma la sua risposta, una volta di più, mi lascia spiazzato.
Forse dovrei dirle che, su quel treno, io ero spaventato a morte. Altro che marcia spavalda... andavo così di fretta per sentirmi un minimo più sicuro, per non darmela a gambe del tutto.
Però, credo che in qualche modo abbia ragione.
Io sono stato la mia forza, fino ad ora. E posso continuare ad esserlo.
Mi sento meglio. Mi sento sorridere, un sorriso vero, un sensazione quasi dimenticata.
«Astoria, per caso ti serve una mano a studiare per i G.U.F.O.?»


Note:
Nello scenario che immagino, dopo la battaglia non c'è stato modo di tenere gli esami finali; i ragazzi degli altri anni sono stati promossi sulla fiducia, ma quelli del quinto e del settimo hanno dovuto ripetere, per sostenere i G.U.F.O. oppure i M.A.G.O. Il Ministro Kingsley e la McGranitt hanno mantenuta obbligatoria Babbanologia, ovviamente con il programma pre-Carrow e intenzioni diametralmente opposte a quelle del Ministero gestione O' Tusoe.
Molti studenti del settimo anno, però, non sono tornati, per ragioni che non hanno granché a che fare con il programma di studio. A parte i morti, gli Harry Potter e qualche condannato ad Azkaban, gli uni hanno perso i genitori o li hanno visti condannare, gli altri hanno preferito cambiare scuola e allontanarsi dai brutti ricordi (o da un ambiente che temevano fosse diventato inospitale).
La situazione personale di Draco mi pare spiegata bene già nel testo, comunque è quella che descrive la Rowling su Pottermore, per quanto riguarda il contesto extrascolastico; che sia tornato a Hogwarts per sfuggire al disagio di un ambiente domestico dove i suoi restavano tenacemente attaccati alla Causa, naturalmente, è un'elaborazione mia, così come la situazione molto difficile in cui viene a trovarsi a scuola. La McGranitt gli ha lasciato la spilla sia in virtù dell'assoluzione sia, soprattutto, per mandare esattamente il messaggio recepito da Astoria... solo che Draco non l'ha capito; e, a dire il vero, non ha nemmeno chiesto. Credo vi fosse anche l'intento di fornirgli una certa protezione nei confronti dei compagni e, come deterrente, la spilla ha avuto senz'altro qualche efficacia (soprattutto per il messaggio implicito “La Preside gli guarda le spalle”). E, infine, le alternative dovevano essere davvero poche: mi immagino un settimo anno di Serpeverde ridotto all'osso, anche tenuto conto delle promozioni, e di sicuro la McGranitt non vorrebbe premiare nessuno degli opportunisti del giorno dopo. La nomina a Capitano della squadra di Quidditch è un'altra faccenda: intanto, penso che sia una decisione presa in autonomia dal Direttore di ogni singola Casa, in questo caso Lumacorno, che penso abbia agito in parte per spirito di solidarietà tra le Sacre Ventotto, in parte perché sta valutando se, dopotutto, non sia il caso di cooptare Draco nel Lumaclub; e inoltre, tra i Serpeverde rimasti è il giocatore con più esperienza. Per finire con il valzer delle nomine: non so se, quando vengono scelti i Capiscuola, i loro posti come Prefetti siano assegnati ad altri studenti del settimo anno, ma ho supposto di sì, quindi il posto di Ernie Macmillan è passato a Zacharias Smith. Perché Smith? Be', era un altro che aveva bisogno di una seconda possibilità.
Fin qui il contesto, veniamo ai dettagli. In ordine di apparizione... salvo il probabile caso di sviste.
Gli studenti che vanno a sedere sulle sponde del lago sono quelli che hanno perso un genitore o un fratello in guerra. So che la McGranitt non è tipo da lassismo, ma ha un cuore e capisce che a tutta la scuola, e a questi ragazzi in particolar modo, occorre tempo per elaborare i lutti.
Il monumento ai Caduti è stato costruito in quella posizione perché gli studenti, da un lato, ricordino sempre quali sacrifici sia costata la sicurezza di cui godono all'interno delle mura e, dall'altro, si sentano ispirati a portare al di fuori dei cancelli quello stesso eroismo. Un po' retorico, forse, ma quale monumento non lo è?
Draco ha l'impressione di vivere in un incubo da tre anni (mese più, mese meno) perché comincia il conto dall'arresto di suo padre al Ministero, che, almeno
a posteriori, gli pare l'inizio della catastrofe.
Non credo che i maghi usino un termine come “sabotaggio”, sia per la sua origine dagli zoccoli o
sabot, sia perché non hanno molte macchine o congegni da sabotare.
Astoria ha due anni meno di Daphne (e di Draco), quindi il settimo libro doveva vederla impegnata a frequentare il quinto anno; donde la sua situazione attuale... e il particolare problema del programma di Babbanologia, perché
Vita domestica e abitudini sociali dei Babbani inglesi non è propriamente un tomo facile da digerire – anche al netto dei pregiudizi - per chi non ha davvero la più pallida idea di come si viva senza magia.
Il treno per l'Inferno è un racconto che ho letto in un'antologia di letteratura fantastica, diversi anni fa; non ricordo l'autore, però il protagonista era, o diventava, il conducente del convoglio e, apprezzando molto la compagnia, ma non la destinazione, riusciva a “dirottarlo” e a farlo viaggiare in eterno, senza più alcuna mèta. Beninteso, Astoria non ha mai letto questo genere di storie Babbane, ma credo che anche nel mondo magico, pur così secolarizzato, ci sia spazio per battute come “Preferisco il Paradiso per il clima, l'Inferno per la compagnia”.
Come penso si capisca, Draco in realtà non deve affrontare gravi minacce concrete: giusto qualche ragazzino che prova a tendergli agguati nei corridoi e riceve il fatto suo. Ma, considerato che già quand'è partito di casa si sentiva abbastanza paranoico da adattare ad uniformi i capi della linea Scudo, adesso, chiaramente, si trova sull'orlo di un crollo nervoso per via delle minacce
potenziali: dopotutto, è diventato quello cui nessuno rivolge la parola, se non in caso di assoluta necessità. E il fatto che perfino i suoi compagni di Casa gli siano tanto ostili lo porta a temere che qualcuno di loro, soprattutto dei voltagabbana opportunisti, tenti di attaccarlo durante il sonno o in qualche altro modo vigliacco: per questo dorme con il mantello Scudo. Quanto al guardarsi sempre intorno, ormai conosce i propri aggressori abituali, ma è sicuro che altri, un po' più vigliacchi, aspettino solo un'occasione propizia. Il risultato... be', per conto mio è ridotto ad un fascio di nervi; spero di essere riuscito a rendere l'idea. La sua paranoia è fondata? Be', lo è abbastanza perché anche Astoria si preoccupi della sua incolumità.
Penso che Draco, dopo il ritorno a scuola, qualche volta sia tornato a trovare Mirtilla, se non altro per poter parlare con qualcuno; ma non troppo spesso, perché lo vede come un “lasciarsi andare”. E, nella remota ipotesi in cui possa interessare a qualcuno, no, la frase sui mesi trascorsi dall'ultimo orgasmo non è stata pensata come un'iperbole. Neanche mi ricordo, invece, come sia arrivato alla fantasia sul sesso spettrale: sono partito chiedendomi di che materiale potesse mai essere la lettera perlacea che Nick Quasi Senza Testa riceve quando viene respinta la sua domanda di ammissione alla Caccia...
Draco ha un forziere personale alla Gringott? Secondo me, sì e ne ha acquisito la disponibilità non appena divenuto maggiorenne. Si è pagato tutte le spese, non vuole nulla dai suoi; e non pensa a lavorare perché, quando si concede di immaginare un futuro per sé, sa di poter contare su quei Galeoni e il flusso di rendite che lo alimenta (considerato che i Malfoy sono un'antica famiglia di feudatari, suppongo che l'integrità del patrimonio sia stata tutelata e che, in particolare, esista un
trust in favore dell'erede, cui spetta in automatico, fin dalla nascita, una certa porzione delle rendite, finché non diventa il nuovo capofamiglia).
E, scusate, a me non vanno proprio giù né la faccenda delle Acromantule né tutta l'indulgenza del sistema di istruzione verso il cumulo di pericoli assortiti che circonda Hogwarts.
A Quidditch, l'azione
Dipplebeater Defence vede entrambi i Battitori colpire lo stesso Bolide; per dirla con Kennilworthy Wisp, “il risultato è un attacco di Bolide di intensità assai superiore”.
Com'è la situazione di Astoria?
Be', in primo luogo devo ringraziare mariademolay, la cui decisa insistenza sull'improprietà di un nome simile – mentre “Asteria” sarebbe perfetto per una purosangue - mi ha spinto ad approfondire la questione. A me “Astoria” faceva subito venire in mente il celebre albergo di New York; il resto è venuto da sé.
Chi è il vero padre di Astoria? Un purosangue, un vecchio compagno di scuola della madre, che si è trasferito negli Stati Uniti prima della caduta di Voldemort; si sono ritrovati – almeno per un periodo – e usavano il Waldorf Astoria come luogo di ritrovo per non essere notati dai maghi, che, essendo relativamente pochi, sono anche più pettegoli del Settimanale delle Streghe. Non sa di avere una figlia: quando ha scoperto di essere incinta, la madre di Astoria si è chiesta cosa volesse davvero
… e suo marito ha vinto. Certo non è una donna priva di segreti! Perché ha raccontato tutto ad Astoria, e in quelle circostanze? Perché era appena corsa a prenderla, terrorizzata dall'idea di perderla. Del resto, anche sua figlia scopre, proprio in queste pagin, quanto il pericolo possa sciogliere la lingua.
Credo che sia tutto, ma ormai ho imparato che le note non mi riescono mai complete; quindi, chiedete e vi sarà detto. XD

  
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