La prima cosa che provò, mentre il sonno svaniva lentamente, lasciando il posto alla veglia, fu un terribile senso di perdita.
Urghai si alzò di scatto, ansimando, una mano sul petto. Qualcosa non andava. Qualcosa nel mondo non era come sarebbe dovuta essere.
Girò lo sguardo alla sua destra, e il cuore gli si strinse.
Giaceva solo nel suo letto.
“Kevar.” Chiamò, a voce alta. Forse è solo andato di sotto, pensò, forse sta preparando la colazione.
Non ci fu risposta.
Colto da un oscuro presagio, intessé una divinazione nel tessuto della realtà, ogni stilla della propria volontà volta ad un solo obiettivo.
Ma la magia non gli rispose. Nessuna visione del suo amato gli riempì gli occhi, nessun indizio su dove egli si trovasse apparve nella sua mente, nessuno spirito dell’aria gli sussurrò all’orecchio dove fosse andato.
La sua magia aveva funzionato, di questo era certo; solo, ovunque fosse il suo amato marito, non poteva raggiungerlo.
Scattò in piedi, si vestì in fretta e uscì, diretto alla stalla, con Nube già sellato e pronto a partire.
“Papi?”
Miko era in piedi, sull’entrata della stalla. Aveva in mano il suo orsacchiotto di pezza che Elvanna gli aveva regalato per il suo quinto compleanno, gli occhi assonnati e perplessi.
“Papi, dove stai andando?”
Urghai lo raggiunse e lo strinse in un abbraccio.
“Vado da zia Elvenna, tesoro. Non starò via molto, ma se hai bisogno di qualcosa vai dalla signora Kesselle, va bene?”
“Dov’è il babbo?”
L’orco lo baciò sulla fronte.
“Non preoccuparti, Miko. Andrà tutto bene.”
L’undicenne inclinò la testa, confuso, ma Urghai non disse nient’altro, così rimase in silenzio, mentre suo padre montava in sella al cavallo e lo salutava un’ultima volta, prima di sparire tra gli alberi dopo la prima curva.
Miko strinse forte l’orsacchiotto.
Sapeva che gli aveva mentito.
Urghai entrò nel tempio come una furia, l’eco dei suoi passi che rimbombava attorno a lui col fragore del tuono.
“Valynne!” Chiamò, negli occhi un fuoco che Elvenna aveva visto solo in un’altra occasione. “Dov’è lui?!”
Il tempio di Noval, la Dea del Sangue, era molto modesto per essere dedicato ad una delle Nove Dee. Ma, d’altra parte, Noval era la più temuta - e la meno venerata - delle Nove.
Vi era solo una sacerdotessa, una minuta elfa dal cranio rasato, coperta da semplici vesti rosse, inginocchiata all’altare, che dava le spalle alla porta e ad Urghai ed Elvenna.
Per un istante, il mondo rimase immobile. Anche il pulviscolo parve fermarsi a mezz’aria, a seguito del richiamo lanciato dall’Eroe della Profezia dell’Estate.
Poi Valynne, Somma Sacerdotessa di Noval, si alzò in piedi e si girò, piantando i suoi terrificanti occhi rossi in quelli azzurri di Urghai.
“Urghai Willweaver. Elvenna Firesword.” Li salutò, inchinandosi rispettosamente, e avvicinandosi con passi lenti e silenziosi. “A cosa devo l’onore?”
“Kevar è sparito.” La informò Elvenna, anticipando l’orco con voce pacata. “Gli incanti di Urghai non riescono a trovarlo. Sembra che sia svanito nel nulla.”
Nulla cambiò nell’espressione della Sacerdotessa.
“E dunque?”
“E dunque?!” Ringhiò Urghai. “Voi Nove Sacerdotesse lo avete portato in questo mondo. Saprete anche se adesso è tornato nel suo mondo d’origine.”
Un piccolo sorriso increspò le labbra di Valynne.
“Evidentemente le Dee lo preferiscono sulla Terra, non credete?”
“Stronzate.”
“Urghai- !”
“No, Elvenna, è una stronzata e lo sai meglio di me.”
La Somma Sacerdotessa sorrideva apertamente, adesso, ma solo con le labbra.
“Se anche non fosse stata opera delle Dee, adesso è oltre la nostra portata. L’incantesimo che abbiamo usato non funzionerà di nuovo.”
Elvenna posò l’unica mano che le restava sulla spalla di Urghai, cercando di rassicurarlo.
“Ci sono altri poteri in grado di aprire le porte tra i mondi.” Mormorò, pacata.
Il mago si girò a guardarla, quasi inorridito.
“Elvenna, non-” si morse le labbra e prese un bel respiro “-non starai…”
La sirenide distolse lo sguardo.
“Lo ami. E lui ama te, più di ogni altra cosa al mondo, non è così? Le Nebbie ti hanno già rifiutato una volta, vero; ma adesso il tuo cuore è puro, e hai una luce che ti guiderà attraverso le porte della Casa degli Specchi.”
Urghai l’abbracciò stretta, quasi d’impulso.
“Ho paura di non farcela.” Le sussurrò all’orecchio. “L’Amuleto del Dolore non funzionerà un’altra volta.”
Elvenna gli sorrise, gli occhi verde scuro velati di lacrime.
“Ce la farai. So che ce la farai.”
Tirò le redini di Nube, ed il cavallo sbuffò, obbedendo al comando e fermandosi al limitare del precipizio.
Urghai smontò da cavallo, tendendo gli occhi fissi sull’abisso, il cui fondo sfuggiva alla sua vista, nascosto da banchi di capricciosa nebbia, che fluiva come acqua, avvolgendosi in spire e scorrendo in impetuose correnti.
“Elvenna,” chiamò, senza distogliere lo sguardo, “prenditi cura di Miko, va bene?”
Forse la sirenide annuì, dietro di lui, forse no; non volle restare a scoprirlo.
E dunque, con una grazia insospettabile per un orco della sua età, Urghai si lasciò cadere nell’abisso.
Hail and well met!
Ho solo due messaggi veloci per voi, tranquilli, poi me ne vado.
Primo: se volete qualche chiarimento sulle Heartlands non esitate a chiedere, eh! Dubito che troverò il modo di spiegarlo qua in mezzo, quindi non fatevi problemi.
Secondo: se volete lasciarmi una recensione, anche piccolina, mica mi schifo eh. Anche due righe vanno bene. Vi prego, sono un povero autore senza autostima, lo so che vi faccio pena.
Vabb, io ci ho provato
ciau