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Autore: Alba_Mountrel    26/10/2017    2 recensioni
E la storia della protagonista principale la quale è inventata da me, al contrario degli altri protagonisti (Ghon, Killua, Kurapika e Leorio). é una ragazza dell'età di Kurapika che decide di partecipare anche lei all'esame di Hunter e nel corso delle varie prove, tra le mille avventure si innamora di un ragazzo completamente riservato ma compatibile con lei e nel frattempo dimostra capacità veramente strabilianti per una ragazza della sua età.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gon Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Leorio
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Passarono due giorni e anche la seconda prova giunse al termine, con la buona riuscita di soli poco più di 40 partecipanti. I vincitori furono portati al dirigibile del presidente dell'esame, il Signor Netero. Una volta a bordo, tutti tirarono un sospiro di sollievo e l'atmosfera che si respirava diventò nettamente più rilassata che durante le prove, ma era anche carica di energia, molto carismatica.
Ai due ragazzini venne voglia di impiegare le loro illimitate energie esplorando ogni centimetro di quel luogo sconosciuto, e partirono all'avventura. Intanto Kurapika, Leorio ed Ebane si sedettero appoggiati al muro per riposarsi, ricaricare le energie e la mente. All'improvviso Ebane vide avvicinarsi l'uomo che aveva soprannominato palla di lardo e provò a intuirne il motivo
"Signor Tompa... detto anche Tomba... – sottolineò con voce suadente molto ironica - a cosa dobbiamo l'onore della sua presenza? Per caso vuole generosamente avvertirci che secondo lei non dovremmo distrarci?" lo fulminò con lo sguardo, aveva visto il suo ignobile comportamento ingiustificato con gli altri partecipanti e non voleva averci niente a che fare. Lui per tutta risposta la fissò colto in flagrante ma per salvare la faccia rispose
"Ma che dici? Cosa vai a pensare? Volevo solo congratularmi per la vittoria" emise una smorfia di finto imbarazzo per la paura, che però faceva trasparire la più pura falsità e se la filò con la coda tra le gambe. Leorio a quel punto esclamò con troppa enfasi, ridendo alle spalle dell’uomo
"Hai visto? Si capiva benissimo che aveva intenzione di ingannarci ma siamo stati più furbi stavolta"
E la ragazza pensò leggermente indispettita
“Siamo? forse volevi dire: sono stata furba” cercò di non darlo a vedere, discutere per una causa simile non le sembrava il caso davanti al loro nemico, ma nemmeno in un altro momento, se Leorio l'avesse rifatto glielo avrebbe fatto notare.
Nel frattempo Killua e Gon arrivarono alla sala macchine e aprirono la porta, anche se ovviamente c'era apposta un cartello con scritto: vietato entrare. Furono immediatamente attratti dai comandi ma a Killua venne la brillante idea di farsi notare prendendo in giro di pilota, quindi vennero letteralmente buttati fuori entrambi, poi la loro corsa alla scoperta continuò per un bel po’ e arrivarono a scoprire anche dov'era il bagno, insomma visitarono ogni centimetro del velivolo. Una volta soddisfatti si concessero un attimo di pausa e cominciarono a parlare della propria vita. Killua fece capire a Gon che la sua famiglia era interamente composta da assassini mercenari, con un po’ di paura nelle parole, paura di spaventare l'altro, il quale al contrario non si stupì quasi per nulla e banalmente rispose che in qualche modo lo immaginava, senza trasmettere paura o altre emozioni se non la calma tipica di una persona che non si stupisce più di niente. Notato il disinteresse verso quell’informazione, Killua continuò a raccontare di sé e affermò con decisione che un giorno avrebbe battuto suo padre per vendicarsi del fatto che tutta la famiglia aveva deciso fin da quando era in pancia che sarebbe dovuto essere un mercenario proprio come loro e non avrebbe potuto scegliere.
“Sai, ti ammiro molto Killua, io non ho mai pensato di superare il mio papà” Killua rimase stupito da quell’insolita affermazione e rispose
“Quindi catturare mio padre sarebbe come superarlo?! Capisco, comunque adesso basta fare i sentimentali e andiamo a berci un buon tè” l'albino terminò bruscamente la frase perché ebbe una lieve sensazione, si sentiva osservato e si girò, però come già immaginava non trovò nessuno, trovò qualcosa però: un orecchino d'argento colorato di bianco, a cerchio con tre pendenti; ma fece finta di nulla, non voleva allarmare inutilmente il coetaneo, infondo poteva anche esser solo una sua paranoia e quell’orecchino poteva essere stato perso da una o ancor peggio uno dei partecipanti, quindi allontanò il pensiero e corsero alla zona rinfresco per un buonissimo tè YoGancia.
Nel frattempo nella sala d’aspetto Tompa come al solito stava a suo modo disturbando i tre amici, il suo russare era talmente pesante e rumoroso che faceva saltare i nervi perfino a Kurapika, quindi la signorina Ebane con un calcio ben assestato scaraventò l’uomo, il quale nemmeno si svegliò, fuori dalla porta e fece sorridere tutti i presenti e guardò con un’espressione divertita il biondo, che ricambiò con un altrettanto grande sorriso, rimasero come incantati per ben trenta secondi, a fissarsi complici come non esistesse più nulla, solo che Leorio s’intromise rovinando l’idillio
“Ehi ragazzi che avete da fissarvi tutti e due, c’è qualcosa che non va?” a Kurapika caddero le braccia ma si contenne e rispose leggermente seccato
“No Leorio, non c’è niente che non va” “Come no, hai solo rovinato un bel momento” si ritrovò a pensare il Kurutariano “Cosa? Ma che vado a pensare? Non è mica male? Ma sono uscito di testa? Voglio veramente innamorarmi di una sconosciuta? No, no, no qua devo prendere misure di sicurezza, ma…”. Il giovane era deciso a lasciare fuori dalla sua vita ogni sentimento che non fosse la determinazione per raggiungere i suoi obiettivi ma c’era una parte di lui al contrario, che non poteva fare a meno della presenza di quella strana e misteriosa ragazza; era ufficialmente confuso e questo per la prima volta in tutta la sua vita: l’amore era il suo tallone d’Achille perché in passato l’aveva perso completamente, e comunque non aveva avuto il tempo di viverlo e di capirlo, gli era stato portato via prematuramente e ne risentiva, di una cosa però era certo: era attratto dalla ragazza, da Ebane, già il nome per lui risuonava particolare e interessante.
 
Arrivati al bar, la sensazione di Killua si fece più intensa e capì che si trattava di qualcosa di più: odio, ma era possibile che pur non conoscendo nessuno, lì dentro ci fosse qualcuno che lo odiava? E nemmeno farlo apposta si avvicinò una ragazza dai corti capelli neri che indossava proprio lo stesso orecchino ritrovato poco prima, nel contempo gli esaminatori venivano avvertiti che dopo la fine della seconda prova, al monte Tagliato a Metà un partecipante che non era riuscito a superare la prova, non era nel furgone dei bocciati quindi doveva essersi infiltrato a bordo. La ragazza chiese se poteva sedersi con fare gioviale ma Killua la guardò più sospettoso che mai. Lei disse di chiamarsi Anita e che aveva l’aspirazione di divenire una Black list Hunter: Cacciatore della lista Nera, cioè di ladri incalliti e famosi assassini. Il suo obiettivo era quello di trovare l’assassino di suo padre, il quale essendo diventato esportatore della pietra speziata, aveva attirato molti nemici, uno tra i quali aveva assoldato un membro della famiglia Zaoldyeck per toglierlo di mezzo e avere l’esclusiva sul commercio della famosa e meravigliosa pietra. Leorio si intromise come al solito nella conversazione per provarci con lei ma fu respinto, lei ce l’aveva Killua e lo attaccò con il suo fedele coltello, solo che ogni fendente andò a vuoto e all’improvviso la lama venne bloccata massicciamente da due sole dita, quelle del presidente.
“Adesso basta, le liti tra i sostenitori dell’esame esulano da quelle che sono le competenze degli esaminatori… Però il numero 111 non è riuscito a classificarsi nella ripetizione della seconda prova! Quali che siano le tue ragioni non hai alcun diritto di competere con questo avversario” la ragazza incassò il colpo ma cadde nello sconforto capendo di non poter fare nulla e si lasciò momentaneamente portare in cella. Leorio e Kurapika discussero dell’accaduto e il più giovane dei due ammise che avrebbe commesso le stesse azioni perché quelle ‘Cose’ non erano razionali. Ebane dal canto suo la pensava le stesse cose e anzi, non si sarebbe arresa così facilmente e avrebbe continuato a dimenarsi anche nel modo più inutile ma avrebbe comunque tentato. I due ragazzi si fissarono con intesa velata dalla tristezza della situazione, soprattutto perché non potevano fare niente per alleviare il dolore della giovane o per risolverle i problemi. Questa volta il loro sguardo non venne interrotto ma lei si scostò, era triste per quella faccenda e si allontanò lanciando una lieve occhiata a Kurapika il quale capì e la seguì verso le stanze, invece Leorio rimase ancora un po’ per bere il suo tè in santa pace.
Kurapika segui la coetanea per il corridoio principale, quello che portava alle stanze da letto e la vide fermarsi davanti a una stanza senza numero e pensò che fosse molto strana una mancanza simile, considerata la serietà del luogo in cui si trovavano quindi l’organizzazione che c’era dietro, ma provò a non darci peso... Infondo era una porta senza il numero, molte porte in quel velivolo erano senza numero, no?! Notò solo che in un momento come quello non ebbe il coraggio di chiedere a Ebane il perché di quella ‘intrusione’, al contrario di quello che faceva di solito spinto dal suo carattere schietto e dall’istinto di sopravvivenza. Semplicemente non gli venne l’impulso irrefrenabile di dover avere tutto sotto controllo (cosa giustissima in molti casi ma controproducente in rare occasioni).
In quel luogo buio che sembrava immenso e vuoto, si prestava davanti ai loro occhi una struttura molto appariscente che sembrava brillare di luce propria: un acquario circolare che andava dal pavimento al soffitto, illuminato da luci led di un bellissimo azzurro oltremare smeraldo e con le pareti di vetro ben trasparenti ma evidentemente spesse e resistenti, adornate da una bellissima decorazione formata da rampicanti anch’essi del colore dell’acqua, una tipica decorazione giapponese. Al suo interno creature dai vibranti colori volteggiavano e li fissavano ignari.
“Dove siamo?” chiese Kurapika sorpreso di quella magnifica vista, doveva essere una sorpresa Ebane, altrimenti non se lo spiegava.
“Non so perché ma ti confesso che sentivo di dover venire qui, mi ha attirata come sotto ipnosi, forse c’è qualcosa che voglio conoscere” sorrise imbarazzata. Quell’espressione infuse in Kurapika un senso di casa e amore…
“Ancora… amore? Ma Ebane è un’estranea… devo assolutamente darmi una controllata, forse la devo solo evitare per un po’ e poi la testa mi tornerà a posto” pensò il biondo con un lieve disagio.
“Quindi non sapevi dove stavamo andando, beh poco male. Se non ti dispiace vorrei raggiungere Leorio per parlargli e anche per bere anche io il tè della giornata, mi piace molto e visto che ne ho la possibilità meglio approfittarne” fece con mala voglia un sorriso di convenienza e aspetto l’assenso dell’altra, che arrivò subito ma con evidente senso di tristezza. A Kurapika si fermò un attimo il cuore, pensò che forse stava sbagliando ma la sua missione non comprendeva quell’aspetto della vita e provò a convincersi che non doveva ricredersi.
 
“Ah, lo sapevo Killua è formidabile… Ha - a!” urlò Gon trionfante perché si vedeva già la palla della scommessa in mano, ma il signor Netero fu più astuto e guizzante, quindi scansò l’avversario senza problemi. Poco prima Gon e il suo amico Killua, avevano scommesso con il Presidente che se fossero riusciti a rubargli la palla prima di atterrare, lui avrebbe consentito alla signorina Anita di provare nuovamente l’esame Hunter. Tutti e due i ragazzi avevano provato per una mezzora buona ma una volta arrivati allo stremo videro che l’anziano non aveva nemmeno il fiatone, quindi Killua s’innervosì e accadde che, sul punto di afferrare la palla finita dall’altra parte della stanza Netero, con uno slancio da far paura, arrivò per primo. Quello scatto così potente e improvviso risvegliò in Killua l’istinto omicida, proprio quello che voleva tenere al sicuro e ben rinchiuso dentro di sé, quindi rinunciò alla sfida e corse in corridoio per stare un po’ da solo. Gon invece preferì continuare a provare nell’intento, anche se gli venne fatto notare che l’altro per evitarli, fino a quel momento non aveva nemmeno usato la mano destra e il piede sinistro.
Killua siccome aveva dentro di sé una bestia che non vedeva l’ora di uscire a devastare sia lui che tutti i presenti, si mise a fissare il paesaggio fuori dalla finestra provando a calmarsi, e intanto senza essere del tutto cosciente cominciò a parlare da solo, come avesse un altro se stesso a fianco.
“Se avessi continuato avrei finito per fare sul serio… Ovvero l’avrei ucciso pur di prendergli la palla”
“Ma questo è naturale, sono stato cresciuto per essere così. Sono un membro della famiglia Zaoldyeck. Una macchina per uccidere, ecco quello che sono” rispose a se stesso con veemenza ma poi la sua parte buona controbatté
“Si però… Come ho detto anche a lui non sono stato certo io a volerlo!”
“Lo credi davvero?”
“Quando gli ho rivelato di essere un assassino lui non si è meravigliato per niente, anzi ha persino detto che ci teneva a conoscermi meglio!” urlò disperato Killua ma ancora il lui mostro cercò di sfotterlo e sminuire i suoi pensieri puri
“Ehi, ehi vuoi forse farmi ridere?! Non penserai che possa esistere qualcuno che voglia stringere la mano a uno che odora di morte?!”. All’improvviso il suo inquietante soliloquio venne interrotto da un altro partecipante che a detta sua cercava di dormire e voleva che stesse zitto ma il povero ragazzino non stava passando una semplice crisi adolescenziale…
“Se il problema è questo, ti do volentieri io una mano ad addormentarti” la sua parte peggiore aveva temporaneamente preso il sopravvento e tramortì in un solo gesto il mal capitato.
Subito dopo vide arrivare la ragazza di nome Anita, non riuscì a distinguere bene chi fosse, percepiva solo un aura debole e spaventata, qualcuno insomma che poteva tranquillamente uccidere. Lei osò pure insultarlo e sfidarlo, dandogli del demonio.
“Esatto. Io sono un assassino professionista… Questo è il mio vero io. Far assaporare alle vittime la paura della morte che si approssima, guardandosi bene dal far perdere loro conoscenza per il dolore. A coloro che desiderano la morte io dono paura e disperazione” pensò con lo sguardo vuoto e oscuro. E così la ragazza lo attaccò ma lui subdolo scomparve nell’ombra per sopraffarla con la paura e l’incertezza.
“Lo stato psicologico in cui cade chi non sa da dove giungerà l’attacco. Il modo migliore per logorare i nervi dell’avversario. Posso ucciderla, sarebbe più semplice che tagliare la gola a un coniglio” pensò spietato, e a quel punto uscì di scatto dall’ombra impedendogli qualsiasi movimento e disarmandola, le puntò la mano fendente alla gola e stava per ucciderla...
“MORTE, morte assoluta” pensò nuovamente… Quando… All’improvviso si ricordò, come riemerso con le ultime forze dalle profondità oscure della sua anima, di aver conosciuto una persona che voleva essere sua amica, quindi dopo aver fatto svenire la signorina che non accennava ad accettare la sconfitta, corse da Gon per accertarsi del suo stato, preoccupato di non ritrovarlo più. Lo vide ancora intento a correre dietro a quel vecchietto con le ossa di ferro, che durante la seconda prova d’esame era sceso dal dirigibile atterrando in piedi, da un’altezza di almeno 50 metri. Lo raggiunse e riacquistò pian piano se stesso, rallegrandosi nel sapere che almeno il suo amico era riuscito a concludere qualcosa. Li raggiunsero anche Leorio e Kurapika che furono a loro volta felici di vedere che la situazione si era risolta nel migliore dei modi, nessun ferito, tutti soddisfatti e Gon addormentato come un neonato dopo aver affrontato la sua prima avventura.
Sollevato dal peso di quel piccolo problema Kurapika improvvisamente ebbe un dubbio, uno di quelli che attanagliano la mente ma non ti fanno capire perché sono lì...
“Ebane!” esclamò di scatto, lo fissarono tutti interrogativi ma lui si era già defilato per correre dalla ragazza.
“Come un ‘vero’ amico l’ho lasciata da sola per non so quanto… solo perché ho paura delle conseguenze delle emozioni, quindi di una possibile distrazione. Che vigliacco, voglio distruggere tutti i membri della brigata dell’illusione e non riesco a comportarmi come un normale essere umano con un’amica dell’altro sesso”. In quel momento capì di dover fare un piccolo passo avanti e prendere una decisione
“Andrò con il poco coraggio che mi rimane da lei e deciderò se restare suo amico e controllare le mie emozioni, o permettere in qualche modo all’amore di permeare, in ogni caso rinunciare a lei non è assolutamente un’opzione da considerare. Anzi, meglio se tutto questo lo decido prima di arrivare da lei, così non dovrà pure stare sospesa ad aspettare che mi decida a diventare adulto”. Gli sorse l’ennesimo dubbio, i rapporti non erano affatto facili ma forse ne valeva la pena
“Ammesso che la trovi vorrà davvero ancora parlarmi? Mah, lo spero tanto” pensò. Oltrepassò due o tre partecipanti nei corridoi che percorse e la stanza dell’esaminatrice della seconda prova: una ragazza di 21 anni con i capelli rosa legati in tanti codini, molto bella ma vestita molto provocante, comunque per niente in linea con la rigorosità del paese, con una maglia a rete con una coprenza inesistente e dei pantaloncini aderenti inguinali, per il biondo diciannovenne era attraente ma un po’ penosa, niente a che vedere con… Ebane. Che questo fosse un segno per la decisione che doveva prendere? Era troppo presto e cercò di accantonare il pensiero di lei e della sua figura. La sua figura alta sul metro e sessanta, formosa ma atletica, i piedi dovevano essere pressoché un 37 da quanto erano piccoli e bellissimi
“Me lo sarò inventato che ha dei piedi belli” pensò sconcertato di se stesso. Quello che più l’aveva attirato era la purezza del blu dei suoi occhi, un’altra cosa che stranamente gli infondeva un senso materno ma forse era per la sua natura femminile. Anche le ciocche nere scurissime tra il verde dei capelli non erano male, sicuramente non passava inosservata
“Per farmi perdonare le dirò questo, anzi… no, no, queste sono le cose che si dicono quelli già fidanzati immagino e non sono pronto per superare il livello di amico, forse la cederò a Leorio che ne va pazzo”. A questo sfuggente pensiero mentre stava letteralmente correndo per cercarla, Kurapika fu attraversato da una violenta scarica di adrenalina e senza volerlo provò un lieve senso di gelosia, cosa che non era affatto da lui: un altro pensiero che cominciò a tormentarlo... con quella ragazza non ci si annoiava mai, se non altro.
Corse altri due minuti buoni e alla fine si dette del cretino da solo per non aver cercato prima di tutto nella stanza della ragazza, quindi tornò indietro e imboccò il corridoio che portava a destra. Arrivato alla sua stanza, la numero 100, bussò con molta timidezza e aspettò, ma non ricevendo risposta riprovò, ancora nessun segno di vita quindi pensò di aprire con cautela, in caso si stesse cambiando, poi aprendo del tutto scoprì che non c’era nessuno e si preoccupò più di prima.
“Se non è nella sua stanza dov’è? E cosa sta facendo a quest’ora?” pensò lievemente preoccupato per non averla trovata.
Era ormai mezza notte passata e in giro per i corridoi, persino nella hall si sentivano solo i respiri, alcuni leggeri appena percettibili, altri affannosi e rantolati, tipo quello di Tompa, ne era sicuro ma purtroppo era anche sicuro di non percepire quello leggero di Ebane. Che dramma, dove poteva essere? Avrebbe tanto voluto essere in possesso di un qualsiasi apparecchio per comunicare a distanza, come un telefono mobile. Certo, averlo sarebbe stato utile ma in assenza di esso dovette dar peso alle proprie capacità intellettive, quindi cercò di capire dove fosse invece di continuare a cercarla come ‘i topi col formaggio’. Pensò ai vari posti dove non l’aveva trovata, facendo un po’ fatica a ricollegare tutti i corridoi percorsi visto che quel dirigibile era quasi un labirinto ma alla fine capì una cosa al quanto strana: l’unica zona mancante era quella della camera sua e di Leorio, cosa non molto sensata dato che era la zona maschile, aveva cercato in tutte le stanze delle ragazze e non l’aveva trovata e non gli era proprio venuto in mente di cercare anche nell’ala maschile. La mente vacillò per un attimo.
“Mi sento uno sciocco... forse se raggiungo la mia stanza e mi siedo un secondo mi verrà l’idea giusta. Così... non andrò da nessuna parte, magari mi farò aiutare anche da Leorio, avrà un sesto senso visto che è pazzo di lei...” si disse fra sé e sé e si avviò verso la propria stanza.
Arrivò dopo altri due o tre minuti all’uscio della porta sua e di Leorio, ci pensò per una cosa come 10 anni e dopo un altro minuto abbondante decise di bussare delicatamente e gli passarono in testa le situazioni più imbarazzanti e sconvenienti possibile.
“Mi sento sempre di più uno sciocco… e pensare che prima d’incontrare questa ragazza, avevo per lo meno mente e corpo sotto controllo, ma anche la mia vita procedeva secondo i piani. Spero non risponda nessuno così non avrò nulla da temere e continuerò a cercare” pensò ingenuamente (dopo aver cercato da tutte le parti dove vuoi trovarla, per aria?). Dopo qualche secondo e molti battiti persi, la porta si aprì e il giovane biondo si trovò di fronte al suo prestante amico abbigliato in modo molto singolare rispetto alle sue abitudini: pantaloni stropicciati, cintura aperta e torso bellamente in mostra. Non erano proprio da lui. Poi dal fondo della stanza, dalla direzione del letto provenne un suono sommesso. Kurapika non ci capiva più niente, come fosse naturale per lui reagire senza riflettere guardò all’interno della stanza e comprese che quello strano suono era per lui segno di vergogna o più che altro sconfitta, Ebane era nel letto suo e di Leorio con un pigiama poco identificabile come tale, in poche parole quei secondi interminabili che Leorio ci aveva impiegato ad aprirgli erano serviti per vestirsi come meglio poteva… Erano stati a letto insieme? Possibile? In quel poco tempo che lui si era dannato per cercarla, poteva davvero aver fatto una cosa del genere? Sembrava essere più interessata a lui che al suo amico corvino e per di più non era tipa da andare con chiunque ‘per un poco di compagnia’.
“Leorio mi spieghi come ti sei conciato? Ti sembra il modo di farti vedere in giro?!” “Sono stato anche troppo buono a mettertela giù così, bastardo”.  
“Ah sì scusa, dimenticavo che la prima volta che mi vedrai completamente nudo dovrà essere magica…” alluse in tono sarcastico con l’intento di farlo ridere ma il biondo si inalberò solamente, portò fuori dalla stanza il compare finché ancora la ragazza dormiva e lo trattenne in disparte con la forza.
“Che diavolo ci fa l’unica donna che io abbia mai conosciuto così a fondo, nel letto insieme a te? Non era forse chiaro che avevamo un’intesa? Tu con il tuo aspetto e la tua bravura con le donne, le puoi avere tutte, devi proprio fissarti su quella a cui tengo io? Bell’amico, veramente!” ringhiò adirato con la sua voce melodiosa ma profonda.
“Veramente? Veramente cosa? Guarda che se mai sei te che devi cambiare per rimediare a qualcosa… Mio caro quella ragazza per me è troppo piccola, primo e secondo è lì nel letto che dorme da più di un’ora… in attesa che tu ritornassi” stava per inviperirsi anche Leorio ma cercò di mantenere la calma per l’amico.
“Si può sapere tu cosa hai fatto per tutto questo tempo che io mi guardavo con calma le belle pollastrelle al bar, tornavo in camera e mi accorgevo che c’era Ebane che dormiva e mi addormentavo anche io, per restare così per quasi un’ora?” lo guardò con un misto di risentimento e sconcertamento.
“Com’è possibile, in poche parole, che non sei riuscito in tutto questo tempo a capire che lei era qui? Dove pensavi che andasse? Tra le mie braccia? Tra quelle di Hisoka?” al solo sentir quel nome riferito a quel discorso, a Kurapika venne la pelle d’oca e lo rimproverò
“Leorio?!”
“No! Kurapika! Dovrai fare di meglio di così con lei per giustificare questo tuo comportamento” gli disse il più grande con un’espressione divertita ma mantenendo la voce seria. Kurapika a quel punto capì il gioco dell’amico e si addolcì
“Mi stai prendendo in giro, non è così? Beh potevi dirlo subito, non ero molto in vena di scherzi. Comunque… sai… non la conosco così bene ma so come sono di solito le ragazze e quindi ho temuto che si fosse nascosta per non farsi trovare e stare da sola a piangere, per poi rispuntare tutta sorridente come niente fosse”. Leorio lo guardò come avesse visto un asino volare.
“Ma che donne conosci? Guarda che non avete mica più 10 anni”
“Leorio io… - non mi devo infuriare, infondo non ha fatto nulla di male – io non le conosco le donne, era per dire, uno stereotipo a cui ho fatto riferimento per riuscire a riordinare i pensieri. Altrimenti cosa avrei dovuto pensare? Si era suicidata? Era andata a… Questo non lo voglio nemmeno dire”
“A letto con Hisoka?” la fragorosa ma benevola risata di Leorio si sentì in tutta l’ala maschile e svegliò quasi tutti con tanto di lamenti e insulti.
Anche Ebane fece capolino dalla stanza, con i capelli davanti agli occhi e una mano a strofinarseli per la stanchezza.
“Mmm… Leorio che succede, perché ridi così forte?” biascicò Ebane. Seguì un mormorio alquanto fastidioso e pessimi versi di ‘approvazione’. La ragazza sulle prime non capì ma poi si guardò… e si ricordò di essere ancora in intimo, così arrossita come un pomodoro e sprofondata nella vergogna più totale, si precipitò nella stanza dei due. Al che Kurapika guardò incerto Leorio che gli fece cenno di raggiungerla e così fece.
“Andate via brutti cani rognosi, solo noi abbiamo l’esclusiva su quella bellissima donzella!” esclamò divertito e tutto fiero della sua battuta riuscita alla perfezione, solo che dalla stanza arrivò una delle peggiori parolacce che lo convinsero ad andarsene a farsi un giro.
“Va bene, va bene, io me la filo… nonnetta” Kurapika trasalì nuovamente ma non perse di vista quello per cui era lì: consolare la sua ‘amica’. Bussò alla porta del bagno. Nessuna risposta, però i singhiozzi leggeri si percepivano perfettamente e questo lo fece stare malissimo.
“Ebane, è tutta colpa mia, se sei rimasta da sola, se hai dovuto dormire con Leorio e ti hanno vista tutti in quel modo, ti prego non star male per me… non me lo merito, non credi?! E poi vedere il mio sconforto in viso penso ti farà stare meglio” pensò di aver trovato la strategia giusta per convincerla a uscire. Infatti dopo qualche secondo interminabile la giovane donna uscì dal bagno con la testa bassa e l’asciugamano avvolto intorno al corpo, per mantenere quella parvenza di dignità. Kurapika si caricò del suo più bel sorriso, poi con l’indice piegato e il pollice sul mento le sollevò il mento per guardarla negli occhi e rassicurarla. Lo sguardo della ragazza quasi gli bucò l’anima quanto era penetrante e triste, non era vergogna quanto delusione.
Quindi è tutta colpa mia lo stato in cui è ora, perfetto. Forse era meglio se mi prendevo anche io un bel tè e non la cercavo proprio, mi avrebbe odiato e non soffrirebbe così tanto”.
“Ehi…”
“Ehi” un ehi secco ma debole, magnifico.
“Avessi saputo che eri qui, il tempo che ho impiegato per cercarti l’avrei usato per andare a prenderti una bellissima orchidea” la vide farsi attenta ma per un attimo appena, aveva sentito dire quella frase a un uomo per strada alla sua innamorata, sembrava appropriata anche se non stavano insieme.
“Sai Kurapika, sto continuando a pensare a oggi... é stato buffo. O forse no, forse sono io in quanto donna che esagero nel modo di esprimere le mie emozioni”
“A cosa ti riferisci?” non c’è niente di peggio delle domande di proforma...
“Mi riferisco a qualcosa che è iniziato tutto per uno sguardo sbagliato. Forse sono davvero io che ho esagerato... Comunque intendo che prima mi hai lasciata sola in un luogo qualunque e sembrava che non vedessi l’ora di andartene” “Se gli dicessi il vero motivo per cui ho avuto questa esageratissima reazione, altro che non rivederlo mai più mi toccherebbe, i miei obiettivi andrebbero in fumo, quindi anche l’utilità della mia stessa vita”. Pensò Ebane ancora alquanto indecisa sul da farsi, almeno di essere nervosa era sicurissima.
“In più – dire questa frase mi farà sembrare un povera opportunista – vedi, in quel momento stavo... pensando a delle cose che mi fanno soffrire ma... soprattutto a te” sottolineò apposta quella parola con la voce, forse così avrebbe capito finalmente. Il ragazzo notò che aveva ancora lo sguardo leggermente assente.
“Adesso ho la conferma di tutto, anche se in effetti non mi serviva. Magari Ebane avrà voluto giustificare quella che secondo lei è stata una reazione troppo infantile o da illusa ma non è affatto così, sono io che non so rapportarmi amorevolmente, non ne ho la minima idea perché nessuno è stato amorevole con me dalla morte dei miei genitori, cioè dai miei 4 anni, non ricordo bene. Dovrò seguire più che posso l’istinto” pensò Kurapika tra sé e sé, però il suo istinto in quel genere di situazioni non era affatto sviluppato: forse a questo era meglio se ci arrivava prima. Provò in ogni caso ad abbozzare frasi di senso compiuto.
   
 
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