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Autore: FridaMooney98    26/10/2017    2 recensioni
Aron e Damian sono Cacciatori. Le loro prede, le Bestie della Luna, sono tanto importanti quanto rare e a loro hanno dedicato una missione che si protrae da secoli. Safiria è malata, indifesa e ferita e, per un triste gioco del destino, si ritroverà sulla loro strada. Attraverso il tempo e viaggiando per l'Europa, i Cacciatori e la ragazza dovranno scoprire cosa si cela dietro la maledizione delle Bestie della Luna. Dal testo: "Damian seguì con lo sguardo la luce del sole, che passando dai fori della tapparella si proiettava sul muro opposto in fasci lucenti. Bisognava coprirli meglio quella notte, subito dopo essere tornati dal giro di perlustrazione. Le “sensazioni” di Damian avevano condotto i Cacciatori in quel paesino, alla ricerca di un nuovo esemplare. Sperando nella buona riuscita dell’indagine, Damian e suo fratello sorrisero, i loro denti brillanti che luccicavano nell'ombra. Al tramonto, l’unico suono nella stanza era l’eco dei loro cuori che acceleravano accogliendo il buio."
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
Capitoli:
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-Ecco.- Mirtillo si gettò sulla ciotola verde. Safiria rimase a braccia conserte a guardarlo, pensierosa. Sarebbe stato bello nascere gatto: loro non avevano pensieri, erano liberi di fare ciò che volevano. Almeno il suo, pensò. Alzò la testa verso la finestra oscurata della cucina, mentre la luce del sole si attenuava. Dentro di lei il cuore prese a battere velocemente: tramonto. Ogni volta che il sole calava una strana agitazione, un’impazienza vertiginosa, le si insinuava nelle viscere e spariva solo con gli ultimi bagliori, quando il buio della notte avvolgeva la villa. -Oh, sei tu.- Sentendo la voce, Safiria si voltò. -Ora me ne vado.- Disse, sostenendo caparbiamente lo sguardo di suo padre. -Safiria. So che per te è difficile…- Safiria lo incenerì con lo sguardo: -No, non lo puoi sapere.- L'avvocato di successo Morgan Hall, nel suo elegante pigiama blu, camminò per la cucina con sguardo assorto: -Hai ragione, non lo so.- La ragazza rimase stupita dalla franchezza del padre. Scrutò i suoi corti capelli brizzolati, la barba ben curata, il portamento disinvolto. -Ma so cosa vuol dire essere tuo padre, e non pensare che per me sia facile. Tantomeno per tua sorella.- Il suo tono era calmo ma severo. -Sei vittima, è vero. Ma questo non ti giustifica a comportarti come tale, non nella mia famiglia.- La guardò negli occhi, dello stesso azzurro ghiaccio. -Non puoi passare tutta la vita a piangerti addosso!- Safiria batté un pugno sul tavolo: -Cosa dovrei fare!? Uscire e bruciare!? Invitare dentro una casa buia qualche amica che non ho? Non capisci che così non vivrò mai?!- Morgan rimase zitto a guardarla. Le lacrime presero a scivolare sulle guance della giovane, ansimante di rabbia. -Safiria.- Il padre si avvicinò a grandi passi. Lei chiuse gli occhi, pronta a ricevere lo schiaffo che meritava. Invece si sentì avvolgere da un abbraccio gentile. Rimase immobile, gli occhi sbarrati. -Mi dispiace, dimmi tu cosa fare.- Disse lui, con voce strozzata. -Io non pretendo che tu sia felice, ma quantomeno serena. Non sai cosa ho provato quando oggi mi hai gridato di ucciderti.- Safiria non lo abbraccio ma affondò il viso nel suo pigiama blu. Isobel, sentendo le grida, era accorsa al piano di sotto: ferma sulla soglia, sorrideva. Mirtillo le si strusciò sulla caviglie: -Vieni, lasciamoli soli.- Lo prese in braccio e sparì in camera sua. -Non puoi aiutarmi…- Col viso premuto nel petto del padre, la voce di Safiria ruppe il silenzio, soffocata. Le lacrime non si fermavano e tenne lo sguardo fisso difronte a se. -Nessuno può aiutarmi. La mamma voleva aiutarmi. Ed è morta.- Morgan l’afferrò per le spalle, esclamando concitato: -No Safiria! Non puoi vivere con questo peso! Non è stata- -Colpa mia?- Safiria lo interruppe ridendo sommessamente. Lasciò ricadere la testa sul braccio del padre e continuò. -Si invece, la colpa è mia. Non posso vivere con questo peso? In effetti non vivo, hai ragione. La mia vita è finita quel giorno e quando mamma ci ha… mi ha lasciata.- Morgan le prese il viso ma lei non lo guardò. -Lasciami stare papà.- Gli scostò le mani con freddezza e se ne andò. Si ritrovò chiusa in camera, nel silenzio più assoluto. I calzettoni verdi scivolavano sul pavimento di legno mentre raggiungeva lentamente la portafinestra. Con un gesto secco allontanò le pesanti tende e lasciò che la pallida luce della luna invadesse la stanza, tingendo tutto di un bagliore argenteo: una magnifica notte di luna piena. Aprì la porta a vetri e scivolò sulla terrazza, respirando a pieni polmoni la brezza notturna che scompigliava le fronde degli alberi. Sulle loro cime, le foglie iniziavano a tingersi di rosso e di giallo, Safiria le distingueva bene anche al buio. La luna si rifletteva nel laghetto a pochi metri dalla villa e l’intero giardino sembrava danzare tra le ombre nere. Con un agile balzo, Safiria scavalcò la balaustra e si lasciò cadere.



Damian alzò lo sguardo verso la collina su cui svettava Villa Hall. Le sue sensazioni si erano acuite nell’avvicinarsi a quel luogo, doveva essere poco distante. Con passo felpato si incammino nel bosco silenzioso, fino ai cancelli di un grande giardino rigoglioso. Nonostante le erbacce crescessero tutt’intorno al cancello, l’interno era ben curato e gli giungeva alle narici un profumo di erba appena tagliata. Il suo olfatto sensibile identificò d’un tratto un profumo diverso, più intenso. Sapeva che un odore del genere poteva giungere solo dall’essere che stava cercando. Ma c’era qualcosa di diverso. Alzò un sopracciglio incuriosito, strisciando nell’ombra, fino a scorgere la facciata della villa. Un rampicante verde ne ricopriva due lati, arrivando fino al tetto di tegole scure. Il profumo si fece più forte quando Damian voltò l’angolo, sul retro della casa. Alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere una figura scavalcare la balaustra di ferro battuto della terrazza e saltare nel vuoto. Fece un passo avanti istintivamente, quasi scoprendosi alla luce della luna. Ma la figura non atterrò pesantemente a terra come credette: con un fruscio sparì, inghiottita dalle fronde dell’albero sottostante.                                                                                                           


Safiria tese le mani e afferrò il robusto ramo della quercia sotto la terrazza. Dondolò per qualche secondo e lasciò a presa, atterrando agilmente su di un ramo più basso. Con un balzo fu a terra, le gambe piegate e le mani nell’erba fresca. Alzò la testa in un nugolo di onde nere e setose, tirandosi in piedi. Damian si nascose dietro un albero, il respiro sospeso. Si affacciò per guardarla: era una ragazzina dai capelli scuri. Seguì i suoi movimenti mentre si spazzava il terriccio dai fianchi morbidi. Safiria godette della sua misera libertà temporanea. Le calze di lana non coprivano abbastanza i suoi piedi da impedirle di sentire la terra fredda del giardino. Una lacrima sola le rigava una guancia. L’asciugò con un gesto rabbioso e inspirò velocemente. Dopo aver dato uno sguardo alle finestre della casa, alzò le braccia e si stirò con un gesto felino, riprendendo a camminare nella notte. Il giardino aveva nuove meraviglie da mostrarle ma il suo posto preferito era il laghetto delle ninfee, che riluceva come uno specchio d’argento nelle tenebre. Damian si premette un pugno sullo stomaco: l’aveva trovata, probabilmente. Era un giovane e forte esemplare, le sue sensazioni non avevano mai mentito. Ma era femmina. La seguì nell’ombra, accompagnato dal particolare profumo di lavanda: si dirigeva verso un laghetto. La ragazza si passò una mano tra i ricci, pensierosa e i suoi occhi acuti studiarono le calle bianche sulla sponda. Si sedette sulla roccia a pochi passi dall’acqua cristallina. Un gatto nero dagli occhi gialli superò Damian, accoccolandosi sulle ginocchia della giovane. -Buona sera, Mirtillo.- Fece lei con voce calda e malinconica. Il gatto miagolò. -Stasera mi fai compagnia? Insolito.- Lo accarezzò. In quell’attimo, Mirtillo lanciò uno sguardo severo a Damian che serrò la mascella. Ci mancava il gatto da guardia a tenerlo d’occhio, pensò. Nel laghetto un pesce guizzò sulla superfice, creando una decina di anelli concentrici. Un soffio di vento delicato ne increspò la superficie, trasportando un sensuale profumo di gelsomino vicino alla ragazza. Safiria ne rimase incantata, poi aggrottò la fronte: non c’erano piante di gelsomino fiorite in quella parte del giardino. Si alzò di scatto e scrutò il buio alle sue spalle, drizzando le orecchie. Mirtillo, seduto sulla roccia, continuava a fissare il ragazzo, con insistenza. Damian si immobilizzò: lei l’aveva visto? Di certo, se era un esemplare già maturo, aveva sentito il suo odore. Perché non ci aveva pensato? Di solito era estremamente più efficiente durante la caccia. Imprecò mentalmente, arretrando il più silenziosamente possibile. La guardò ancora, constatando che si era accorta di lui: si avvicinava con indecisione tra i cespugli: -C’è qualcuno?- Damian inghiottì a vuoto: perché esitava? Avrebbe potuto prenderla adesso, come aveva sempre fatto! Se fosse stata ragionevole poteva spiegarle chi era e perché fosse li, convincerla a seguirlo. Ad ogni modo sapeva che non gli avrebbe creduto, si sarebbe sicuramente spaventata e lui non era certo il tipico gentiluomo che ispira fiducia. No, non doveva farsi scoprire. Come potrebbe una ragazzina sopportare un peso simile? Era la prima volta che aveva a che fare con una giovane femmina e si sentì improvvisamente impreparato. Si appiattì contro il cancello nero e trattenne il fiato, in attesa. Safiria continuò a cercare con lo sguardo nell’ombra ma era troppo buio anche per lei e a malapena riusciva a individuare i contorni degli alberi. Sospirò e tornò sui suoi passi, scuotendo la testa. Per quella notte ritenne più saggio tornare in casa e magari dormire un po’. Il micio la seguì con lo sguardo e lanciò un’occhiataccia a Damian, per poi sparire nel portico della villa. Sbuffando, il ragazzo sgattaiolò davanti alla terrazza, guardando la giovane. Prima di arrampicarsi nuovamente sulla quercia, lei diede un ultimo sguardo al giardino. Damian ammirò i suoi occhi azzurri, brillanti alla luce della luna argentata, prima che lei si issasse sul ramo nodoso della quercia e raggiungesse la portafinestra della villa, lasciandolo solo nella notte. Ancora con la mente annebbiata, Damian scavalcò i cancelli e corse alla canonica, convinto solo di dover tenere quella ragazza lontana dagli affari dei Cacciatori il più a lungo possibile.


​Salve! Grazie a tutti i lettori arrivati fino a qui, spero di trovarvi nei prossimi capitoli :D Alla prossima, Baci!

   
 
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