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Autore: Fyan    28/10/2017    0 recensioni
Chi scrive un diario racconta la propria storia, segna la sua vita e parla di avventure. E se fosse il diario, invece, a scrivere l'avventura al posto dello scrittore?
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Diario di un mago
Capitolo primo

J
oshua era andato via di casa e con lui aveva portato un libro dei miei. Avevo scoperto solo grazie alla governante delle piccole missioni di ricerca del ragazzo nelle mie librerie, perché non avevo mai controllato cosa facesse nella mia casa-biblioteca, quando c'era.
Quella impicciona di una domestica sapeva sempre i segreti di tutti, come se fosse dotata di mille occhi dietro quella testa bitorzoluta da vecchia e quella crocchia sempre disordinata con cui legava i capelli grigi segnati dall'età.
Joshua aveva portato con sé uno di quei vecchi libri che tenevo stipati nei meandri più oscuri delle mie librerie.
Era solo un libro in ottava, con la copertina di cuoio ancora intatta, perché effettivamente non l'avevo mai usato. Mi raccontò Joshua stesso come l'aveva trovato, ben cinque anni dopo. Venne a cercarmi appositamente, come se fossi diventato un suo vecchio amico. Come se quel libro che mi aveva tanto gentilmente preso in prestito fosse diventato la sua guida per l'età adulta e quelle occhiatacce che ci eravamo scambiati per lungo tempo non fossero mai esistite.
Era da un po', in effetti, che Joshua osservava la mia collezione: me l'ha detto lui stesso. Cercava di capire come mai io ne fossi così affascinato da lasciar da sola una figlia ed un nipote. Capì da solo come mai io passassi molto più tempo con l'inchiostro che con la gente fatta di carne ed ossa: io studiavo la magia. La maggior parte dei libri che conservavo erano intere enciclopedie sugli incantesimi: cura, evocazione, telecinesi. Ero anche diventato molto bravo nel corso del tempo ad esercitarmi, me ne vanto sempre con tutti.
Quindi il libro che Joshua aveva rubato spiegava la formulazione dei più oscuri incantesimi? Spiegava come viaggiare verso altri mondi o come ottenere la compulsione più efficiente possibile? No. Joshua odiava la magia per mia colpa. Non avrebbe mai potuto intraprendere la stessa via che avevo scelto.
Il libro che aveva portato con sé era completamente bianco, quando l'aveva trovato. Solo un mucchio di carta pulita tenuta insieme da una sovracoperta di cuoio.
Però non era rimasto bianco tutto il tempo.
Mio nipote era partito di pomeriggio: aveva preparato in fretta e furia le sue cose, nella stessa saccoccia che aveva portato con sé quando si era trasferito a casa mia. Aveva anche rubato qualche provvista dalla dispensa, pensando che probabilmente a me non sarebbe mai servita. La verità era che non aveva deciso su due piedi di andar via: erano successi eventi che nemmeno lui sapeva spiegarsi.
Quando per caso aveva aperto quel piccolo libro, forse l'unico che fosse accettabile per aspetto, si era già aspettato di trovarlo bianco perché era diverso dagli altri tomi consunti e pieni di appunti. Era intoccato. Eppure, non appena i suoi sottili occhi verdi si erano posati sulla prima pagina, come se fossero emerse dal fondo di un lago, erano uscite scritte delle parole.

L'annoiato ragazzo di città scorreva la collezione del vecchio parente. Il libro che capitò tra le sue mani gli parlò, raccontandogli una storia.

Joshua era rimasto basito ad osservare quelle lettere apparse per magia, credendo con convinzione che quello fosse una specie di oggetto maledetto: era stato sul punto di rimetterlo a posto, se il libro non avesse parlato nuovamente con il suo inchiostro.

Il nipote del mago era sorpreso e spaventato. Stava per rimettere il libro a posto, ma questo non voleva lasciarlo andare. Il ragazzo decise dunque di andar via. Non dalla stanza, non dalla biblioteca: via da quella casa una volta per tutte. Il libro aveva un compito per lui.

Se prima il giovane sedicenne era rimasto sorpreso, dopo quelle ennesime frasi ne rimase profondamente inquietato. Primo perché quel libro sembrava avercela proprio con lui e secondo perché aveva scritto di una decisione che lui non aveva preso. Che non era ancora avvenuta. Alla fine, quella casa a lui non piaceva nemmeno un po', vero? Perché non provare a seguire quello che era stato suggerito?
Nonostante mio nipote fosse un curiosone pieno di arroganza, non era uno sprovveduto. Non aveva creduto a quelle frasi così strane che sembravano avergli letto nel profondo: aveva lasciato quel libro sul suo scaffale e si era allontanato con il dubbio ad attanagliare i suoi pensieri.
I giorni si erano susseguiti. Joshua aveva continuato a passare davanti allo scaffale dove aveva lasciato il libro, come attirato dal suo strano incantesimo, ma con una determinata voglia di evitare quello che aveva letto. Aveva cercato più di una volta di distrarsi in modi più disparati, passando del tempo coi suoi amici dei villaggi vicini, ma inevitabilmente il suo sguardo era caduto sul dorso di quel libro. E se fosse apparsa qualche altra frase?
La mattina della sua partenza Joshua si era deciso ad aprire nuovamente quel libro misterioso, causa dei suoi continui arrovellamenti. La prima pagina era ancora come l'aveva lasciata: con quelle frasi fisse ad osservare il ragazzo.
«Non hai più niente da dire, eh?» Aveva mormorato il giovane, con un sorriso beffardo che però era fortemente influenzato dall'insicurezza. Proprio alla fine del suo commento, come se si fosse trattato di una conversazione, apparve un'altra frase, al centro della pagina, in lettere più grandi.

Il ragazzo viaggiò verso la foresta.
***

Se fossi stato un tutore più attento forse Joshua non sarebbe fuggito con tanta segretezza. Avrebbe forse provato a chiedere a me dei poteri misteriosi di quel manufatto trovato qualche giorno prima, senza prendere decisioni personalmente.
Come poteva, però, venire da me a chiedere spiegazioni? Non gli avevo mai parlato per quasi dieci anni: le nostre conversazioni non erano mai state così ricche e sinceramente a me non interessava sentire i racconti delle sue mirabolanti avventure in campagna.
Per questo motivo, quello sprovveduto di mio nipote, guidato dell'istinto di scoperta che aveva ereditato da sua madre, si mise in cammino verso la foresta più vicina, quella che probabilmente li libro voleva che raggiungesse.
Joshua non aveva idea di quello che avrebbe incontrato o come mai un libro lo stesse conducendo in un posto che era sicuramente disabitato e colmo di beste feroci. Ci sarebbero voluti due giorni di cammino: le foreste erano ben lontane dalla mia piccola campagna, tranquilla e assai lontana dai problemi del mondo. Forse mio nipote ne sapeva di più di quello che succedeva nelle città. Nella capitale del regno, nella vita vera dalla quale io mi ero allontanato. Forse sapeva davvero quello che stava facendo, in quali difficoltà si stava imbattendo, ma non gliel'ho mai chiesto.
Durante il suo cammino, Joshua aveva controllato più volte il libro, cercandone nuovi indizi o narrazioni. Ma quello si era limitato a descrivere quello che il giovane faceva, completando con dettagli il suo racconto.

***

Le foreste centrali del regno, quelle dove Joshua in questo mio racconto si stava dirigendo, avevano la fama di non essere il luogo più accogliente di queste terre: nessuno con un po' di senno ci si addentrava.
Era risaputo che non ci fosse alcun sentiero sicuro. Che il buio delle fronde altissime occultasse i predatori più feroci e che davvero nessuno abitasse quei posti, nemmeno la strega più folle e solitaria decideva di stabilirsi lì dentro.
Avevo fatto molti studi a riguardo, per capire cosa tenesse tutti alla larga da quel posto: la scusa degli animali selvatici non convinceva nemmeno me. Non sono mai stato un idiota credulone: ho sempre saputo che ci fosse qualcosa di più lì dentro. Qualcosa di losco forse?
Joshua fu l'inconsapevole volontario per le mie ricerche in quel posto incontaminato.
Quando giunse, due giorni dopo, al limitare della foresta, i suoi occhi verdi si alzarono quasi istintivamente ad osservare le cime altissime di quegli alberi, scuri e nient'affatto silenziosi. Si poteva udire, infatti, l'inconfondibile suono della natura selvaggia: ululati, trilli, versi lontani.
E qualcos'altro. Qualcosa che con la natura non aveva davvero nulla a che fare.
Joshua abbassò lo sguardo al libro, che ormai teneva sempre in pugno, come una fedele mappa. Erano apparse altre frasi a quella storia, ormai lunga già una decina di pagine.

Il ragazzo non aveva paura: aveva viaggiato da solo per due giorni impaziente di giungere alla sua meta. La foresta davanti a lui celava misteri: il libro desiderava entrarci.

   
 
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