Brothership
Constance era seduta su una delle sedie bianche che gli elfi avevano sistemato nel giardino quella mattina, godendosi il bel tempo mentre guardava figli e nipoti giocare sul prato.
Quando sentì dei passi avvicinarsi la strega non si voltò per accertarsi di chi si trattasse, riuscendo perfettamente a riconoscere la cadenza del passo. Rex prese posto accanto a lei, gli occhi fissi sui bambini a sua volta mentre accavallava distrattamente le gambe, esitando per un istante prima di parlare:
“Allora, Constance… Notizie dalla nostra dolce cugina?”
“Sì Reginald, lei e Dante non sono venuti perché metà della combriccola è bloccata a letto con la febbre… e chiamami ancora così e verrai spedito fuori da casa mia a calci.”
“Non ho mai capito perché te la prendi tanto… È il tuo nome, dopotutto.”
“Perché, vuoi forse dirmi che a te Reginald piace? Nostra madre aveva la mania per i nomi altisonanti, a quanto sembra.”
L’ex Grifondoro sbuffò leggermente mentre il fratello maggiore invece sorrise, osservandola con aria divertita:
“Forse, ma resta il fatto che hai dato il mio nome ad uno dei tuoi figli.”
“Solo perché ti voglio bene, non perché il nome mi piaccia… povero Bas, un giorno mi odierà per averlo chiamato Sebastian Reginald Burke.”
Connie piegò le labbra in una smorfia mentre posava lo sguardo sul ragazzino di ormai undici anni, chiedendosi come fosse possibile che di lì ad un mese sarebbe andato ad Hogwarts per la prima volta.
Quando aveva smesso di essere il suo bambino, esattamente?
Stava giusto pensando se sarebbe finito a Grifondoro come lei o tra i Serpeverde come padre e zio quando due bambine si avvicinarono a lei e a Rex, tenendosi per mano e con due espressioni cupe stampate sui piccoli visi.
“Mamma?”
Sentendosi chiamare Connie distolse immediatamente lo sguardo dal primogenito per concentrarsi sulla figlia più piccola, Sophie, sorridendo amorevolmente a lei e alla nipotina mentre i capelli rossi delle due bambine scintillavano sotto il sole.
“Che cosa c’è ragazze?”
“Non ci lasciano giocare con loro.”
Molly sbuffò, accennando al cugino e ai due fratelli maggiori, Gideon e Fabian, mentre Rex soffocava una risata, trovando quella scena vagamente familiare, e la zia roteava gli occhi, chiedendole il motivo:
“Perché siamo femmine.”
Sophie si strinse nelle spalle, parlando con aria malinconica mentre invece la madre le sorrise, allungando una mano per accarezzarle i capelli rossi:
“I fratelli maggiori sono un po’ tonti, sapete? Anche il tuo papà a volte mi diceva una cosa simile, Molly… ma poi ha capito che era meglio smettere, per la sua incolumità. VOI TRE! Lasciatele giocare con voi!”
Nipoti e figli si voltarono simultaneamente verso di lei al sentire quelle parole, sbuffando debolmente e borbottando qualcosa di poco comprensibile mentre Connie, sorridendo, suggeriva alle due bambine di raggiungerli.
“A volte voi fratelli maggiori siete così irritanti… Per fortuna Sammy è ancora il mio dolce angioletto. Resterai sempre il dolce angioletto della mamma e non prenderai in giro tua sorella, vero?”
Connie si rivolse al figlio di mezzo, di solo un anno più grande di Sophie, quando il bambino le passò accanto per raggiungere il fratello maggiore, rivolgendole un sorriso allegro prima di annuire vivacemente:
“Certo mamma.”
“Bravo. Visto? Lo sto crescendo bene.”
“Oh, non avevo dubbi… scommetto che Sophie a scuola prenderà a sberle chiunque dovesse deriderla, grazie a te.”
“Certo che no Rex, nostra madre non ti ha insegnato nulla? Le signorine non danno sberle, lasciano che siano gli altri a farlo per loro… in altre parole, sto insegnando a loro due a farlo al posto suo.”
“Anche io prendevo le tue difese, ti ricordo.”
Rex inarcò un sopracciglio e la sorella sorrise, annuendo prima di parlare con velata ironia, distogliendo lo sguardo dai bambini per rivolgersi al fratello maggiore, guardandolo con affetto:
“Oh sì, solo tu potevi prendermi amorevolmente in giro e farmi scherzi pessimi… un fratello modello. Ma anche se siete molto irritanti vi si vuole bene comunque, alla fine. Non si sa bene il perché, ma è così.”