Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: Eevaa    29/10/2017    5 recensioni
Dopo alcuni mesi dalla grande battaglia contro Majin-Bu, gli abitanti della Terra sembrano vivere un armonioso periodo di pace. Ma, con il ritorno di Mirai Trunks, un nuovo pericolo incombe prepotentemente sulle vite dei nostri eroi e non solo.
Una particolare richiesta da parte del saiyan del futuro potrebbe sconvolgere per sempre il corso degli eventi, di cosa si tratta? Riusciranno i combattenti a far fronte ad una catastrofe apparentemente silenziosa?
Genere: Drammatico, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Mirai!Bulma, Mirai!Trunks, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
DRAGON BALL GA : GAME OF AGES



CAPITOLO 40 - EPILOGO (PARTE SECONDA)



Hic et Nunc

 
Il rumore del pendolo invase le sue orecchie più stridulo di un'altalena arrugginita, ma tutto il resto intorno a lui si bloccò in un'istante senza limiti, senza rumori, senza movenze. L'esatto istante in cui, per mano sua, vide dissolversi nel nulla quei tre occhi malvagi che tanto aveva desiderato si chiudessero per sempre. Si guardò intorno e vide le figure dei suoi amici rimanere completamente immobili e paralizzati nella posizione in cui erano al momento della morte del Padrone del Tempo. Non capì immediatamente se si trattasse di semplice terrore o di un blocco temporale vero e proprio, scoprì di essere intrappolato nel tempo solo nell'istante in cui vide il pendolo continuare a muoversi e tutto il resto no. Durò pochi minuti, pochi rintocchi che servirono a fargli comprendere che era tutto vero: Tuurmerik non aveva affatto mentito.
Ce l'aveva fatta, l'aveva colpito e ucciso, liberando due epoche da una malvagità incarnata in persona che le avrebbe portate a distruggersi, a bloccarsi. Non si sentì triste, in quel momento. Avvertì come se la tristezza fosse un sentimento passato, lontano, troppo semplice per lui. Pensò alla felicità negli occhi di sua madre nel vedere suo padre tornare in vita, pensò alla sua stessa felicità nella medesima occasione e la percepì sbiadita, lontana. Si sentì tutto d'un tratto come anestetizzato, come se per tutta la sua vita le emozioni da lui provate fossero solo un contorno senza importanza. Provò a concentrarsi, tentò di sentirsi soddisfatto o impaurito ma non ci riuscì, tentò di gridare, di tornare sui propri passi ma tutto fu inutile.
Non capì, non ci riusciva. Si trovava in quel limbo di immobilità da parecchi secondi e si sentì confuso, non si ricordò nemmeno più perché aveva avuto così tanta paura prima di compiere quel gesto, non si ricordò nemmeno come mai aveva deciso di prendere il posto di qualcun'altro in quell'impresa. Era questo diventare una divinità? Avrebbe comportato apatia, anaffettività, freddezza? Avrebbe voluto dire non avere emozioni e dimenticarsi di averle provate?
Guardò la figura immobile di suo padre, quello vero, e tentò di aggrapparsi ai pochi ricordi legati a quell'uomo per riuscire a rimanere umano, si concentrò il più possibile, strizzò le palpebre e si sforzò di ricordare. Alla fine ci riuscì: ricordò il momento in cui quell'uomo si era trasformato in super saiyan, ricordò le cene a tavola silenziose e cariche di adrenalina, ricordò gli occhi di sua madre brillare, ricordò il pugno che suo padre gli aveva inferto per farlo rinsavire, ricordò esattamente perché aveva deciso di prendere il posto di Vegeta in quel sacrificio. Ed eccolo il dolore, ecco la gioia, ecco la meraviglia; c'erano ancora, erano solo assopite, anestetizzate. Si ripromise di tenerle sempre con sé nonostante tutto, si ripromise che non le avrebbe lasciate andare, si sarebbe attaccato per sempre a quei ricordi a costo di soffrire, a costo di sentire la mancanza della vita terrena, perché solo così facendo non sarebbe potuto cadere nella malvagità, nell'apatia, nell'odio che Tuurmerik provava per l'essere umano. Lo provava perché non conosceva, egli non conosceva le emozioni vere, i sentimenti umani. Ma lui sì, li aveva provati per tutta una vita, non li avrebbe lasciati andare. Se li sarebbe tenuti stretti per l'eternità e solo così sarebbe riuscito a rimanere buono come lo era sempre stato, una divinità empatica, umana.
«Sono pronto» sussurrò Mirai Trunks aprendo gli occhi e, in quell'istante, tutto riprese a muoversi.


Vegeta percepì l'aria venirgli meno nel polmoni, come se qualcuno avesse strappato a lui l'ossigeno dal petto. No, inizialmente non provò dolore, si sentì come completamente svuotato, irrimediabilmente paralizzato. Per un attimo si era convinto che fosse davvero l'ennesimo bluff di Tuurmerik, ma era evidente che non fosse affatto andata così. A giudicare dall'affollamento al proprio fianco più di un combattente aveva cercato di prendere il suo posto in quel sacrificio, ma solo uno era stato sufficientemente veloce da colpire il Padrone del Tempo prima che il suo Final Flash lo facesse. Come aveva potuto lasciare che accadesse? Era così concentrato sul suo obiettivo che non si era accorto di nulla e di nessuno. Come aveva fatto ad essere così cieco da non accorgersi della schiera di alleati al proprio fianco? Vegeta non comprese immediatamente chi di loro avesse lanciato l'attacco più veloce, non finché una strana luce viola invase il corpo del combattente sulla propria sinistra.
Stava succedendo per davvero, non era stato tutto un inganno: ciò che aveva annunciato Tuurmerik si rivelò la verità; l'amara, assurda, inaccettabile verità.
Il principe dei saiyan aprì la bocca come per gridare, ma non fece in tempo a pronunciare nemmeno una sillaba perché, come un tuono, un grido di dolore si levò prorompente rimbombando in tutta l'enorme struttura e forse anche ben oltre a quella dimensione.
«NOOOOO!»
L'urlo grottesco di Mirai Vegeta fece rabbrividire tutti i presenti, tutti tranne uno, colui il quale stava compiendo la fatidica trasformazione che tutti speravano non potesse realmente avvenire.
«NO, NO, NOOOO!» gridò nuovamente il principe dei saiyan del futuro scattando in avanti verso quella figura in mutazione, come per afferrala, come per strattonarla e interrompere il procedimento. Ciò che non si sarebbe potuto immaginare fu che l'energia in dispersione che avvolgeva quel corpo non avrebbe permesso lui di avvicinarsi, neanche mettendoci tutte le sue forze.
Venne scansato via da un vento violaceo, ma Mirai Vegeta non si arrese: ci provò e ci riprovò, sino a quando due braccia abbastanza forti lo bloccarono per trattenerlo.
«È troppo tardi» disse con tono rabbioso Goku cercando di bloccare l'inarrestabile veemenza del principe del futuro, aiutato in seguito da Mirai Goku il quale, seppur ancor fisicamente provato, riuscì ad esercitare un contrasto sufficiente per trattenere Mirai Vegeta per un braccio.
«NON MI TOCCATE!» abbaiò quest'ultimo trasformandosi in super saiyan, non riuscendo però a contrastare la presa dei due Kaarot i quali lo trascinarono giù sul terreno per evitare che egli facesse male a se stesso e anche alla persona a cui più teneva al mondo, la persona che, in quel momento, non era più esattamente la stessa di pochi istanti prima. Non riuscì a divincolarsi, non riuscì a spazzare via quelle forti braccia che lo tenevano saldo, forse per il dolore all'addome provocato dalla ferita ancora aperta e sanguinante, ma molto più probabilmente lo strazio a cui il suo cuore avrebbe dovuto sopportare.
Fu proprio in quell'istante che egli lo capì: provò a pieno cosa voleva dire l'amore incondizionato, l'amore paterno, quel sentimento che aveva avuto solo la breve occasione di assaggiare pochi istanti prima grazie al piccolo Trunks. Proprio come, molti anni prima, Vegeta aveva visto morire Mirai Trunks, adesso toccava a lui la stesso crudele e straziante sensazione, la stessa emozione che mai e poi mai si sarebbe aspettato di provare.
Ripensò a quando, non molte ore prima, aveva giudicato il principe del passato come un rammollito poiché distrutto dal rapimento del figlio e non poté fare a meno di sentirsi uno stupido. Mirai Vegeta si lasciò cadere, arrendendosi alla forza dei due saiyan che lo stavano bloccando ma che furono pronti a farlo scivolare sul terreno delicatamente, sulle ginocchia.
Ed eccola, quella sensazione che gli strinse il cuore, eccola la rabbia implacabile divenire dolore, dolore vero. Ecco cosa si provava, ecco cosa voleva dire non vergognarsi di sentirsi completamente perso.
«Trunks...» soffiò debolmente guardando la sagoma di Mirai Trunks lampeggiare indistintamente nella nube violacea che si era formata. «TRUUUUUNKS!» ululò il combattente sbattendo entrambi i pugni sul pavimento freddo, scaricando la sua frustrazione al terreno.
Percepì i propri occhi bruciare, proprio come quel giorno su Namek in cui si era lasciato andare in un pianto disperato di fronte al nemico, solo che questa volta si rivelò peggio, molto peggio. Lasciò cadere sul pavimento lacrime troppo salate per poterle trattenere, singhiozzò come un bambino e non se ne vergognò. Non gli importava più nulla dell'orgoglio, della sua maschera di rude guerriero.
«Vegeta...» sussurrò Mirai Goku inginocchiandosi di fianco a lui per dargli conforto, temendo solo per un attimo che potesse attaccarlo dalla rabbia, ma ciò non avvenne. Mirai Vegeta si stava spegnendo come prosciugato, dimostrandosi più mite di un agnellino.
Anch'egli si ricordò di quel giorno su Namek, anch'egli rimembrò il giorno in cui perdonò quello spietato saiyan che aveva cercato di distruggere la Terra, ma mai si sarebbe aspettato di poterlo vedere in una simile condizione per dei sentimenti squisitamente umani. Gli posò una mano sulla spalla e attese, attese insieme a lui che l'energia intorno a Mirai Trunks lasciasse intravedere cosa fosse diventato.

L'urlo di Mirai Vegeta l'aveva colpito direttamente allo stomaco, togliendogli completamente il fiato, sfocandogli la vista, facendogli ronzare le orecchie. Sentì la sua stessa voce gridare di dolore, un suono così intenso e soffocante da far girare la testa.
Con le ultime forze che gli rimasero, il principe dei saiyan del passato balzò a terra e prese tra le braccia suo figlio, mettendosi con le ginocchia sul terreno come per proteggerlo da un pericolo che effettivamente non c'era. Trunks si strinse a lui tremando impaurito, scosso, completamente inerme, e insieme guardarono quel fascio di luce violacea avvolgere a intermittenza il corpo del ragazzo del futuro. Pensare che poteva esserci proprio il suo papà al posto del suo gemello grande dell'epoca futura lo fece rabbrividire, ma si sentì profondamente egoista in quel momento nel provare una sensazione di sollievo ad abbracciare suo padre, egoista nei confronti di Mirai Trunks e di Mirai Vegeta.
Trunks sporse la testa oltre le braccia di suo padre e guardò quell'uomo distrutto a pochi metri da lui, un uomo che all'inizio aveva persino esercitato timore nei suoi confronti ma che, in quel momento, sembrava così indifeso da sembrare un bambino.
Il fascio di luce che avvolgeva Mirai Trunks andò a consumarsi in pochi minuti, estinguendosi in una nube di fumo sempre più rada e trasparente, lasciando intravedere quella figura che tutti stavano aspettando di poter ammirare con agitazione, ansia e frustrazione. Ciò che ne emerse, però, lasciò tutti a bocca aperta.

Non si sentiva affatto diverso, in apparenza. Il suo cuore batteva ancora, poteva sentirlo palpitare regolarmente nel petto se si concentrava. Il vociare delle persone sembrava ancora lontano, distante. Mirai Trunks aprì e chiuse gli occhi con un movimento frenetico e quasi impercettibile, la nebbia in cui era immerso aveva odore di umido e stantio. Si guardò le mani senza esitazione, girandole e rigirandole per poterle osservare da più angolazioni, ma la sua pelle era rimasta rosea e persino le sue cicatrici non erano state cancellate. Pensò forte alla paura di scoprirsi diverso e la percepì, non nitidamente, non irriverente come sarebbe stata, ma la sentì sua. Si accorse però di non sentire più la fame e nemmeno la sete, si rese conto che la stanchezza non era più parte del suo essere. Tentò di ricordare il passato e subito prese fiato, come se fosse stato affogato dai suoi stessi ricordi.
Due occhi azzurri come il mare che gli sorridevano, due braccia calde che lo cullavano. La bocca di suo padre incresparsi di qualcosa molto simile a un sorriso, ma di soppiatto, quando la donna di fianco alla culla non stava guardando. Le sue mani, piccole come mai ricordava di averle avute, che tentavano di raggiungere il suo viso corrucciato. La pappa di riso tutta rovesciata per terra, un orsacchiotto viola. Il panorama di un volo tra le braccia di Mirai Gohan che era solo un ragazzino. Ricordava per filo e per segno ogni istante della sua vita.
Milioni e milioni di volti, di frasi, di memorie e informazioni erano immagazzinate nella sua testa, più di quante riuscisse a ricordarne prima, più di quante ne avesse realmente vissute in prima persona. Anni passati nel Qui ed Ora, delle figure che riconosceva ma sapeva di non aver davvero mai visto. Degli ingranaggi in costruzione, un castello e un pendolo molto più lucidi di come li avesse visti prima. Ricordava di aver ucciso un Dio, più e più volte, in maniera quasi atroce, ma ben sapeva di non averlo mai realmente fatto. Ricordava non solo la sua vita, ma tutta quella di Tuurmerik.
Per lo spavento prese di nuovo fiato, iniziando a intravedere dalla nebbia sempre meno fitta. Inspirò profondamente e poi mise a fuoco: ecco i volti che si aspettava di vedere che lo guardavano sconvolti, incuriositi, in pena. Non era sicuro di ciò che volesse dire, di ciò che volesse fare, ma si limitò a sorridere e ad atterrare con estrema eleganza e pacatezza con i piedi pari sul pavimento lucido.

Non era diverso, non lo era affatto. Gli occhi erano azzurri come quelli che tutti ricordavano, i capelli erano sempre gli stessi e persino i denti bianchissimi mostrati in un sorriso strano, quasi sereno. Solo i vestiti in cui era avvolto erano radicalmente differenti, essenzialmente uguali a quelli del vecchio Padrone del Tempo, una lunga tunica nera e un ciondolo a forma di clessidra appeso al collo.
«Trunks... sei proprio tu?» domandò finalmente Goku rompendo quel ghiaccio sin troppo spesso, avvicinandosi insieme agli altri a passi lenti a quella figura che di mistico o divino non aveva proprio un bel niente.
«Sì. Sono io. Sono ancora io» pronunciò il ragazzo udendo il tono della propria voce. Non era cambiato.
«Che sollievo, non sai che spa-»
«PERCHÈ LO HAI FATTO?!» urlò improvvisamente Mirai Vegeta avvicinandosi prepotentemente a lui, completamente sfinito, esausto, frantumato nell'anima. Mirai Trunks non rispose, ma lo guardò dritto negli occhi, in quegli occhi che sembravano molto diversi da come li ricordava, lucidi come mai aveva potuto ammirarli, impregnati di dolore come mai erano stati.
«PERCHÈ?! PERCHÈ NON L'HAI LASCIATO A ME?» continuò a gridare il principe del futuro, tentando poi di sferragli un pugno in pieno viso, venendo però bloccato con una sola mano. No, la sua forza non era cambiata, non si sentiva migliorato, la verità era che quel pugno non era affatto devoluto a fargli del male.
«Mi dispiace...» sussurrò il ragazzo mantenendo il contatto visivo con il padre, il quale però si scansò per voltargli le spalle, tenendosi con una mano la ferita aperta sull'addome. «Mi dispiace anche per te, Vegeta» ammise rivolgendosi all'altra sua figura paterna, quella del passato, la quale si stava avvicinando lasciandosi dietro le spalle il bambino. «Ma tu eri l'ultima persona che avrebbe dovuto prendersi questa responsabilità, non ti avrei fatto abbandonare tuo figlio».
«Nessuno avrebbe dovuto prendere questo posto» commentò Vegeta cercando il più possibile di non lasciarsi prendere dalle emozioni, di non urlare, di non disperarsi. Non davanti a Trunks, non davanti a Mirai Trunks. Sarebbe stato disposto a morire per loro, per entrambi, così come sarebbe stato disposto a prendere quell'incarico. Era stato pronto a farlo, oramai si era rassegnato a quel destino. Non riusciva ad accettare che suo figlio, quello del futuro, fosse rimasto intrappolato in quella che avrebbe dovuto essere la sua, di strada.
«Non è così che doveva andare, Mirai Trunks» sussurrò più cauto, vicino al suo viso, stando ben attento a non lasciar tremare la sua voce. «Hai idea di come reagirà tua madre?»
Quello era il punto più doloroso di tutti per Mirai Trunks, quello che mai avrebbe voluto affrontare. Il sol pensiero della disperazione della donna che gli aveva donato la vita faceva salire lui un groppo alla gola pesante come un macigno. L'unica cosa che lo consolava era che, fortunatamente, non l'aveva affatto lasciata sola. Suo padre era tornato in vita e sapeva bene che sarebbe stato pronto ad affrontare questo dolore accanto a lei, che sarebbe stato pronto a starle vicino; in fondo non era più il cinico combattente di un tempo, l'aveva potuto vedere dai suoi occhi, dal modo in cui lo guardava e dal modo in cui l'aveva osservato ammirare sua madre. L'avrebbe protetta per sempre anche a costo della vita, di questo non aveva alcun dubbio.
«La mamma è in buone mani...» asserì deciso, forse un po' commosso ma felice di riuscire a provare ancora certe emozioni, di riuscire a ragionare come sempre aveva fatto in tutta la sua vita. La sua mente era diversa, i suoi ricordi più vividi e ampi, ma il suo spirito e il suo animo erano rimasti gli stessi di sempre.
«Non disperate! Possiamo venirlo a trovare, giusto futuro me? Oppure puoi venire tu a trovarci» propose sorridendo l'ingenuo bambino facendosi largo tra i saiyan decisamente più alti di lui, mostrando i denti in un sorriso un poco forzato ma sempre sincero. Non avrebbe voluto mostrarsi triste, non davanti a i suoi "padri". Avrebbe dovuto essere forte anche per loro, soprattutto per quello del futuro.
L'espressione di Mirai Trunks, però, anticipò ciò che tutti temevano e ciò che persino lui non avrebbe mai voluto rivelare. Egli corrugò la fronte, deglutendo un boccone amaro. Come un falco osservò da lontano i ricordi del vecchio Padrone del Tempo e verificò delle nozioni importanti, fondamentali e che, purtroppo, aveva già appreso dal momento in cui la sua trasformazione fu completata.
«Ecco... non è facile ciò che sto per dirvi» sussurrò con un fil di voce Mirai Trunks, osservando le espressioni dei suoi compagni farsi ancora più serie. «Quando ho ucciso Tuurmerik e mi sono trasformato, tutta la sua memoria è stata trasferita a me» annunciò Mirai Trunks facendosi largo tra i combattenti, camminando poi a passi lenti ma decisi in direzione del tavolo delle epoche.
«Vorresti dire che ricordi tutta la sua vita?» domandò Mirai Goku zoppicando nella sua direzione, tenendosi poi la gola ancora dolente con entrambe le mani.
«Tutta la sua vita a partire da quando è divenuto Protettore del Tempo. Sì, perché è questo il vero compito che gli spettava e quello che spetta a me ora. Non era Padrone, non era Guardiano, ma Protettore. E come Protettore del Tempo mi è severamente proibito di andarmene da questo luogo. Vedete... Tuurmerik era una divinità malvagia, piena di sé, incredibilmente estremista, ma ciò che stava facendo era semplicemente proteggere il tempo. A suo modo, ma lo stava facendo» continuò a spiegare il ragazzo interrompendo il suo moto solamente una volta di fronte al grande tavolo degli ingranaggi.
«Avevamo ipotizzato che questi ingranaggi corrispondessero alle epoche che Tuurmerik voleva controllare. Ebbene, non era del tutto corretto: questi ingranaggi corrispondono ad ognuna delle epoche in cui qualcuno (un Dio o un umano) ha cercato di modificare il tempo, il corso della storia. Vedete? Queste sono le nostre epoche» indicò il ragazzo puntando il dito prima su un ingranaggio molto grande e poi su uno completamente identico. «Sono stati creati a causa mia, nel momento in cui ho viaggiato indietro nel tempo per la prima volta».
«Ma adesso lì il tempo scorre normalmente come ipotizzato, giusto? L'incubo è finito?» domandò Vegeta sporgendosi in avanti per osservare il movimento orario dei due ingranaggi in questione.
«Sì, quello che è successo era solo un gioco perverso di Tuurmerik, come ipotizzato. Ma non è questo il punto: ogni volta che qualche umano cerca di controllare il tempo si forma un nuovo ingranaggio, o si ingrandisce se già è stato creato. Vedete le nostre epoche come sono immense?»
«E con ciò?»
«Seguitemi» li invitò Mirai Trunks scattando con estrema eleganza verso l'alto, verso la cima di quella piramide che sembrava non arrivare mai, seguito prontamente da tutti e cinque i suoi alleati.
Ed eccola lì, l'apice di quella stanza, strettissimo e incredibilmente buio. Mirai Trunks indicò con un dito il punto in cui il pendolo era attaccato, illuminandolo con una piccola sfera di energia dal colore viola intenso. Un gancio arrugginito ed incredibilmente precario sosteneva l'intera struttura della piramide rotante, un pezzo di acciaio che aveva tutte le sembianze di doversi staccare di lì a poco.
«Ogni volta che si forma un nuovo ingranaggio questa dimensione subisce una scossa estremamente forte, ed è proprio questo il motivo per il quale questo luogo, fuori da questo castello, è così malridotto. Ogni volta che qualcuno cambia l'ordine del tempo il gancio che sorregge il pendolo rischia di rompersi, e sapete bene cosa succederebbe in tal caso».
«Il tempo si fermerebbe per sempre» concluse Goku con i brividi a fior di pelle, deglutendo così rumorosamente da attirare l'attenzione.
«Capite perché Tuurmerik era così arrabbiato con chi metteva mano in ciò che doveva proteggere? Noi ci stavamo giocando decisamente troppo».
«Ma perché semplicemente non distruggere alla svelta le nostre epoche? Perché darci la possibilità di trovarlo? Perché darci la possibilità di ucciderlo? Perché semplicemente non avvertirci del pericolo?» domandò lecitamente Vegeta iniziando una lenta discesa verso il terreno, stando ben attento a non venir colpito dal pendolo.
«Perché Tuurmerik era malvagio ed estremamente sadico e, fortunatamente, non esiste più. Non so cosa fosse o chi fosse prima di assumere questo ruolo, ma di sicuro ha dimenticato tutte le sue emozioni, tutta la gioia, tutto l'amore. Non riesco a percepirle tra i suoi ricordi».
«Intendi agire diversamente da lui, vero Trunks?» chiese il piccolo dai capelli lilla appoggiando i piedi a terra appena dopo suo padre.
«Certo. Ma, per far sì che questo posto non venga messo in pericolo nuovamente, sapete bene ciò che devo chiedervi» preannunciò il Protettore del Tempo abbassando la testa per non dover guardare negli occhi la delusione delle persone che amava, lo sconforto e la tristezza. Gli avrebbe fatto male, dicendo ciò, avrebbe dato loro un dispiacere immenso, ma non poteva non chiederglielo, non poteva mettere a repentaglio le loro vite e quelle di migliaia di epoche. Sospirò rumorosamente, cercando di buttare fuori tutta l'ansia dai propri polmoni, emettendo una sentenza che avrebbe cambiato le vite di tutti. «Una volta tornati a casa, dovrete distruggere le macchine del tempo».

Una lama ardente ed affilata squarciò il cuore di non uno, ma ben due padri di differenti epoche. Entrambi i Vegeta strinsero i denti sino a sentirli scricchiolare, tentando il più possibile di non emettere alcun suono, di non muovere alcun muscolo facciale che potesse far sembrare loro deboli e patetici.
«Quindi... quindi non ti vedremo più?» domandò il piccolo Trunks tirando su col naso, non riuscendo a trattenere quelle lacrime che tanto avrebbe non voluto versare, non davanti a tutti loro. Ciò che il bambino non sapeva era che entrambi gli uomini al suo fianco stavano lottando con tutte le loro forze per non compiere lo stesso gesto.
Mirai Trunks si inginocchiò, mettendo una mano sulla spalla al piccolo guardandolo dritto negli occhi perfettamente identici ai suoi.
«Mi dispiace, piccolo me. Ma promettimi una cosa, ok?» gli domandò nell'orecchio aspettando che egli annuisse per continuare. «Diventa forte e rendi orgoglioso tuo padre, ma sii sempre buono, paziente e gentile come so che diventerai. Abbraccia sempre tua madre, quando torni a casa la sera, accetta le sue carezze anche quando sarai grande. Amali, amali entrambi nonostante i loro caratteri difficili. Pensi di poterlo fare?»
Il bambino si scostò delicatamente per poter tornare a guardare in faccia la sua esatta copia, annuendo con estrema lentezza. Cacciò indietro quelle lacrime per far spazio ad un'espressione determinata e fiera, esattamente quella di cui suo padre era estremamente orgoglioso avesse preso da lui. «Te lo prometto!»
Mirai Trunks gli scompigliò i capelli con un gesto affettuoso e si rialzò, pronto a quel fatidico momento che mai avrebbe desiderato arrivasse. I suoi amici sarebbero dovuti tornare a casa il prima possibile, era da troppo tempo che erano lì, erano troppe ore che non mangiavano, che non dormivano, che non si rilassavano; alcuni di loro avevano urgente bisogno di curarsi, di guarire dalle ferite con i magici fagioli di Balzar nel più breve tempo possibile. I loro cari erano probabilmente preoccupati da morire. Erano stati giorni difficili, quelli precedenti, giorni all'insegna della concentrazione, della paura, della rabbia. Sarebbero dovuti tornare indietro e riprendere le loro vite e lui li avrebbe osservati da lontano, in silenzio, sorridendo delle loro gioie, piangendo per i loro dolori. Avrebbe sentito la loro mancanza, ma si sentì fiero di averli salvati.  

Salutò entrambi i Goku, ringraziandoli calorosamente per il loro intervento, per la loro pazienza e il loro supporto. Erano straordinari entrambi, buffi e gentili allo stesso identico modo. Gli dispiacque parecchio che quello del futuro di lì a poco sarebbe dovuto tornare nell'Aldilà, ma i patti erano stati chiari: ventiquattrore, non di più. Salutò il piccolo Trunks e suo padre, il suo padre dell'epoca passata, il quale lo rimproverò severamente per essersi sacrificato al suo posto, ma era semplicemente il modo per dirgli che stava soffrendo, che non avrebbe mai voluto che ciò accadesse. E che, in parte, gli era estremamente riconoscente.
Non gli sembrava vero che non l'avrebbe più rivisto, Vegeta si sentì profondamente in colpa, si sentì estremamente addolorato ma, seppur vero che non avrebbe più avuto il piacere di averlo accanto, c'era un piccolo Trunks che non aspettava altro di combattere con lui, di crescere al suo fianco, di diventare la stessa meravigliosa persona che aveva avuto la grande fortuna di vedere in anticipo come sarebbe divenuto. Non vedeva l'ora inoltre di tornare a casa dalla sua Bulma, chiederle perdono, raccontarle cosa realmente fosse successo. Sapeva che l'avrebbe perdonato, sapeva anche che avrebbe sofferto nell'apprendere la notizia di Mirai Trunks, ma gliel'avrebbe rivelato comunque e l'avrebbe protetta, l'avrebbe abbracciata e l'avrebbe fatta calmare. Le avrebbe toccato la pancia e si sarebbe accertato che il loro bambino sarebbe stato bene.

Il fatidico momento arrivò in fretta, troppo in fretta. Tutti i combattenti uscirono dalla piramide dall'entrata sotterranea da cui avevano fatto ingresso, fermandosi all'uscita in attesa dell'ultimo guerriero che avrebbe dovuto far ritorno insieme a loro.
Mirai Vegeta sostava in piedi, girato di spalle, mordendosi un labbro sottile in attesa di trovare le forze e il coraggio di fare ciò che avrebbe dovuto fare per forza di cose: dire addio.
Dire addio a quel figlio che aveva avuto troppo poco tempo di conoscere, di salutare per sempre colui che gli aveva ri-donato la vita, di lasciarlo lì in quella landa desolata per l'eternità e senza poter far niente per salvarlo. Aveva pensino pensato di ucciderlo per prendere il suo posto e farlo poi resuscitare con le Sfere del Drago, ma era già trito e ritrito il concetto che chi fosse morto nel Qui ed Ora sarebbe sparito per sempre. Aveva anche pensato di rimanere lì con lui, ma cosa ne sarebbe stato di Bulma? Come avrebbe fatto lui a nutrirsi? Come avrebbe fatto a curarsi le ferite? Le aveva pensate tutte, ma ben presto si rese conto che ciò che era successo fosse irrimediabile e dover dire addio fosse una cosa inevitabile. Ma come avrebbe fatto? Cosa avrebbe potuto dirgli, a quel punto? Quali erano le parole giuste da pronunciare? Non era mai stato un tipo loquace, non era mai stato bravo ad esprimere i propri sentimenti.
«Papà... io...»
Mirai Vegeta si girò in fretta, senza dar tempo a lui di concludere la frase, senza far sì che egli si rendesse realmente conto di quanto stesse accadendo: un miracolo. Sì, perché solo "miracolo" si poteva definire il comportamento così mutato di un essere umano che, sino a poco tempo prima, era a detta di tutti un burbero, cinico, brutale saiyan. E fu così che, il più profondo desiderio di Mirai Trunks divenne reale, all'ultimo, alla fine, completamente di sorpresa.
Un abbraccio più caldo del sole, più stretto della morsa che entrambi percepivano all'altezza del petto. Non sarebbero serviti grandi discorsi, parole, raccomandazioni. Era tutto lì: in quell'abbraccio che nessuno dei due si sarebbero aspettati di dare e ricevere. E fu così che, con la testa appoggiata tra il collo e la spalla di suo figlio, Mirai Vegeta divenne anch'egli umano, un principe che non avrebbe avuto nulla da invidiare alla suo gemello del futuro.
Avrebbe voluto rimanere lì ancora e ancora, Mirai Trunks, a prendersi quell'affetto che suo padre non gli aveva mai dato, ma sapeva che i suoi amici lo stavano aspettando fuori dalla fortezza. Avrebbe dovuto lasciarlo andare, presto o tardi, era inevitabile.
Successe in un istante, un momento di dura sofferenza nel quale i due saiyan si guardarono per l'ultima volta negli occhi. Un istante intenso, profondo, uno sguardo che non lasciò spazio ad altro, un guardarsi per l'ultima volta prima che il principe, trattenendo tutta la rabbia e la frustrazione in un mezzo sorriso, se ne andò di scatto lasciandolo per sempre.



I combattenti si salutarono prima di entrare nelle macchine del tempo, quelle navicelle incriminate che ben presto sarebbero state distrutte per sempre. Si dissero addio controvoglia, delicatamente, a bassa voce. Alcuni non proferirono parola, altri si sorrisero. Vegeta strinse la mano del suo gemello rispettando il suo dolore, comprendendolo profondamente. Solo lui poteva capirlo, solo lui poteva immaginare cosa stesse provando. Solo lui, in parte, provava le stesse identiche emozioni che ben sapeva stessero entrambi reprimendo. In quella stretta di mano ci mise tutta la stima, il rispetto e la gratitudine che riuscì. Erano partiti con il piede sbagliato, questo era certo, ma gli eventi li avevano riportati sullo stesso piano, sullo stesso livello. Si salutarono così, in silenzio, da bravi saiyan.
Ma, proprio nel momento in cui Mirai Vegeta stava per balzare all'interno di quella macchina infernale, sentì una piccola manina afferrargli il braccio.
«Ehm... papà...» sussurrò Trunks aspettandosi di tutta risposta un ringhio o una reazione negativa, la quale però non avvenne.
Mirai Trunks lo squadrò dall'alto verso il basso, percependo una fitta di dolore al cuore nel sentire pronunciata quella parola con la "p" che non avrebbe mai più sentito. Lo guardò fisso con la fronte corrugata ed un'espressione infelice.
«Lo so che dobbiamo salutarci ora, ma... abbiamo ancora i telefoni. Credo che possiamo usarli, in fin dei conti non alterano il tempo» balbettò il piccolo sentendosi incredibilmente stupido per la frase che stava per pronunciare. «Se ti va... potremmo...»
«Sì, mi va» pronunciò lui frettolosamente, interrompendo il figlio del passato in un discorso che avrebbe messo in imbarazzo entrambi. Ma il marmocchio aveva avuto una grande idea, in fondo.
Eccome se gli andava perché, forse, poter rivedere Trunks - anche se non era esattamente lo stesso Trunks della sua epoca - lo fece sentire estremamente sollevato.
E anche per il piccolo fu lo stesso, si sentì felice di rendere un po' meno doloroso quel momento ad un uomo che, anche se non era il suo vero padre, idealmente c'era poi poca differenza.
«Beh... a presto allora!» disse Trunks voltandosi per salire sulla macchina.
«Sì... a presto».
E così dicendo, il principe dei saiyan balzò ai posti di comando vicino a Mirai Kaarot, altra persona che ben presto avrebbe dovuto salutare per sempre. Respirava a fatica, Mirai Vegeta. Aveva perso troppo sangue dal momento in cui Tuurmerik l'aveva attaccato, non avrebbe potuto perdere ulteriore tempo, avrebbe dovuto curarsi immediatamente per potersi salvare. Lanciò un ultimo sguardo alla fortezza del Protettore del Tempo e, chiudendo gli occhi, premette il pulsante di accensione in contemporanea al suo gemello dell'epoca passata.
Quella disavventura era finita, finita per davvero.
Stavano tornando a casa.

 




Future
 

La pace, il vento, l'erbetta fresca, il sole tiepido di inizio primavera.
Mirai Vegeta inspirò profondamente, gustandosi quell'aria leggera e pulita ai piedi della montagna. Mirai Gohan se ne era andato da qualche minuto ma lui aveva deciso di starsene ancora un poco lì, stanco ed affaticato per l'allenamento intenso di quella giornata, cullato però dalla brezza sostenuta di quel tardo pomeriggio di marzo. Egli si alzò dalla posizione supina in cui era stato per diversi minuti per mettersi a sedere con le braccia appoggiate alle ginocchia e lo sguardo perso nel vuoto.
Un pensiero ricorrente galleggiava nella sua testa quel giorno: erano passati due anni. Erano trascorsi due anni dal momento in cui, con il cuore sotto i piedi, aveva lasciato suo figlio nel Qui ed Ora. Erano passati esattamente settecentotrenta giorni da quando, inerme, aveva stretto tra le braccia la sua compagna per una notte intera, ascoltandola piangere in religioso silenzio, senza fare né dire nulla. Ella, straziata dal dolore, non era neppure riuscita a proferire parola mentre il suo migliore amico, Mirai Goku, se ne era andato anch'egli per sempre nell'Aldilà insieme a Baba. Era stato un'altro doloroso per entrambi, il dover dire addio anche a lui.
Erano stati giorni difficili, mesi difficili, scanditi da una routine monotona e silenziosa. Il principe dei saiyan era stato tutto il giorno nella gravity room senza la voglia e la forza di allenarsi, mentre Mirai Bulma aveva passato tutto il suo giorno in camera di suo figlio, maledicendo il giorno in cui aveva deciso di esprimere quel dannatissimo desiderio.
Erano stati sul punto di crollare, entrambi. La scienziata aveva persino raggiunto il limite nel pensare che fosse stata colpa del suo compagno se suo figlio era rimasto intrappolato lì, aveva addirittura creduto di odiarlo. Il principe si sentì un rammollito, si sentì sul punto di tornare nello spazio a conquistare pianeti, si sentì come se la sua parte malvagia dovesse ricomparire da un momento all'altro. Carico d'odio verso se stesso e verso tutti, aveva sentito il proprio orgoglio vacillare, la propria dignità essere stata calpestata brutalmente.

Ma un bel giorno, molti mesi dopo, tutto cambiò: il santo giorno in cui ricevettero quella meravigliosa chiamata dal passato. Mirai Bulma pianse a dirotto nel vedere attraverso lo schermo il piccolo Trunks il quale, con voce emozionata, annunciava la nascita della sua sorellina. Si sentì felice, raggiante di gioia e forse anche un po' invidiosa di vedere quel piccoletto che tanto gli ricordava il suo adorato figlio tenere tra le braccia uno splendido fagottino dai capelli color acqua marina. Anche il principe, da parte sua, si sentì alleggerito, sollevato nel vedere il marmocchio essere diventato più grande, più forte ed estremamente sereno e responsabile nel suo nuovo ruolo di fratello maggiore.
Fu da allora la loro vita cambiò, tornò piano piano ad essere quella di un tempo. Mirai Bulma riprese a mangiare, a costruire nuove invenzioni, ad essere la risoluta e forte donna che tutti conoscevano. Mirai Vegeta tornò ad allenarsi e trovò un perfetto compagno per farlo: colui che era stato il maestro di suo figlio, colui che conosceva oramai da una vita e colui il quale gli ricordava tanto quel rivale perduto. Il mocciosetto che aveva incontrato sulla Terra moltissimi anni prima, oramai cresciuto, Mirai Gohan. Anche per lui era stato un duro colpo apprendere di ciò che era accaduto al suo amico Mirai Trunks. Gli allenamenti con Mirai Vegeta lo avevano aiutato molto.
E dopo diversi mesi trascorsi insieme, Mirai Vegeta si rese conto che quel ragazzo era diventato importante. Aveva iniziato a considerarlo come un figlio e, anche Mirai Gohan, aveva iniziato a considerare Vegeta come il padre che aveva perso anni addietro. Si era creato un bellissimo rapporto tra loro. Di stima e, a volte, quasi di rivalità. 

Il principe e la scienziata tornarono ad essere vicini, sempre più vicini, ancor più uniti di quanto non fossero mai stati. Certo, il carattere burbero del saiyan non sarebbe mai cambiato, ma era ben distante dal combattente arrogante che era tornato in vita due anni prima.
Ogni settimana si sentivano al telefono con l'epoca passata e, malgrado il disinteresse di entrambi i Vegeta, le due scienziate si parlavano di nuove scoperte, di invenzioni e persino di sfoghi su come far fronte a una bimba piccola con il temperamento vivace e risoluto come quello del padre.
E Bra... beh Bra piaceva parecchio ad entrambi - beh, ovviamente il principe del futuro non l'aveva mai dichiarato né ammesso ad anima viva. Mirai Bulma la contemplava attraverso lo schermo con occhi innamorati, come se davvero fosse sua figlia; si rivedeva così tanto in lei che a volte soffriva nel non poterla conoscere per davvero. Mirai Vegeta non lo avrebbe mai ammesso ma era davvero una principessa saiyan, ritrovava così tanto il suo carattere nelle sue piccole marachelle, nel suo sguardo corrucciato e nel suo orgoglio da piccola combattente.
Il momento migliore però era indubbiamente quando il piccolo Trunks raccontava i progressi compiuti in battaglia e Mirai Vegeta, seppur fingendo un distacco degno di lui, ascoltava con interesse ciò che quel bambino aveva da raccontargli. Era come vivere ciò che si era perso durante il suo soggiorno nel Regno degli Inferi, era come vedere se stesso da bambino, solo più sereno, immerso in un ambiente felice e protetto.
Era come vedere lui, Mirai Trunks, quel ragazzo che aveva dato la sua vita per salvare non solo due epoche, ma il Tempo. Chissà come stava, chissà se li stava guardando, chissà cosa stava facendo. Mirai Vegeta sospirò profondamente, dirigendo il proprio sguardo verso il cielo - chissà poi perché-, come se realmente suo figlio potesse vederlo mentre pensava a lui. Sì, forse si era davvero rammollito nel corso degli anni, ma come avrebbe potuto essere altrimenti? Oramai era lì, oramai ne aveva viste talmente tante da non poter desiderare altro che quella pace di un sole caldo che si tuffava tra le montagne dopo un pomeriggio di combattimenti.
Ed era proprio in quel momento della giornata che il principe capiva che era ora di tornare a casa perché ben sapeva chi e che cosa sarebbe stato pronto ad accoglierlo: non un perfido dittatore, non un nemico pronto a ucciderlo, non un pericolo incombente, ma due occhi dello stesso colore del mare pronti a scrutarlo nel profondo.

Mirai Vegeta si addentrò dalla finestra con leggiadria felina. Persino dopo tanti anni trascorsi sulla Terra non aveva imparato che era buona usanza entrare in casa dall'ingresso principale, ma questo la sua compagna lo sapeva bene: era sempre solita aspettarlo sul letto, magari leggendo un libro, sorseggiando una tazza di te. Ma quel giorno non fu così, non vi era alcuna scienziata ad accoglierlo calorosamente di ritorno dal suo allenamento. Il principe corrugò la fronte, indispettito, quando sentì un rumore provenire dal corridoio. Egli aprì la porta curioso: Mirai Bulma stava salendo le scale con la borsa ancora al collo e una giacchetta color panna sulle spalle. Il saiyan sbiancò improvvisamente. Come aveva fatto a dimenticarsene? Gliel'aveva ricordato proprio quella mattina.
«Ah, sei qui!» borbottò lei con le sopracciglia incurvate in un'espressione indecifrabile, addentrandovisi nella stanza per poggiare la sua borsa e una cartelletta verde chiaro sulla piccola scrivania della camera da letto.
«Mmh...»
«Non ti preoccupare, non ti avrei certo chiesto di venire con me» lo rassicurò lei togliendosi la giacchetta, andando poi a sedersi a gambe incrociate sopra le lenzuola, sorridendo radiosamente.
Mirai Vegeta rimase lì, impalato sullo stipite della porta con le braccia tese lungo i fianchi, come se si aspettasse da lei un invito in carta bollata per andarsi a sedere su quello che, oramai da anni, era il letto in cui dormivano insieme.
«Beh? Che intenzioni hai?» domandò lei sgranando gli occhi nel vederlo così immobile ma visibilmente agitato.
«Sei tu che, forse, dovresti dirmi qualcosa!» la rimbeccò lui sgattaiolando al suo fianco, sedendovisi in maniera molto più composta di quando non fosse la donna dai capelli turchini.
«Ho parlato con il dottore» mormorò lei guardandolo insistentemente negli occhi, riflettendosi in quel nero corvino da cui rimaneva sempre ammaliata.
«E...?» sussurrò il principe, invitandola a continuare in quello che era probabilmente il suo modo di farlo stare sulle spine più del dovuto. Sapeva quanto lo odiasse, ma evidentemente era certa che si sarebbe ben presto fatta perdonare.
Mirai Bulma sorrise, sorrise come mai il saiyan dagli occhi neri si ricordava di averle visto fare, poi lo baciò.
E fu proprio in quell'istante che il principe capì. In fin dei conti, un poco ci aveva sperato.
«È una femmina!»

 
Fine
 


Angolo autrice:
... è così. E' davvero finita. Mi sembra che sia passata una vita da quando ho iniziato a scrivere questa storia ed è stato davvero difficile scrivere la parola "fine". E' stata una storia lasciata lì in sospeso per tanti anni e, quando quest'anno ho deciso di riprenderla tra le mani, non mi aspettavo di certo che potesse piacere così tanto. Soprattutto perché allora non era ancora uscito DB Super, l'idea della divinità che punisce gli umani ancora non era ancora apparsa nella saga di Dragon Ball. Mi sono spesso domandata se fosse davvero una cosa così originale, nel 2017, presentare un personaggio come quello di Tuurmerik, un personaggio così simile a Zamassssss.
In tutto questo, però, voi tutti siete stati davvero gentili a dimostrarmi entusiasmo e a seguire la storia dall'inizio alla fine dandomi preziosi consigli, lasciando un vostro parere o semplicemente leggendomi in silenzio.
Come avevo segnato negli avvertimenti della storia, inoltre, avevo anticipato che sarebbe stata una fanfiction drammatica. E' stata una mia decisione sin dagli inizi quella di non concludere con il solito "happy ending", spero proprio che questa scelta non vi abbia deluso troppo. Voglio precisare che non ho voluto insegnare nulla con questa storia, non era mia intenzione dare un giudizio morale su cosa si deve o non si dovrebbe fare (anche perché, ora come ora, non ci è certo possibile manovrare il tempo), il mio intento era semplicemente quello di approfondire i legami tra i miei personaggi preferiti e dare la possibilità, seppur breve, a Mirai Trunks e Mirai Vegeta di incontrarsi. Ma, da brava disillusa, ho scelto questa conclusione perché a volte il destino non è proprio come vorremmo che fosse, nonostante tutti gli sforzi e l'amore che ci mettiamo.
Alcuni di voi mi hanno domandato se ci sarà un seguito ma la risposta è sicuramente no. Non perché io non mi sia affezionata a questa storia (anzi, è diventata la mia preferita tra quelle che ho scritto) ma perché trovo che non ci sia altro da dire e onestamente mi piace così. Non saprei che altro scrivere, insomma :)
Se qualcuno avesse voglia di leggere altre mie opere si possono trovare sulla mia pagina autrice di EFP e, a bassa voce, vi avviso che ho iniziato a scrivere qualcosa di completamente nuovo, sempre sul mondo di Dragon Ball. Purtroppo, come oramai saprete, il tempo che ho per scrivere è realmente poco tra lavoro e casa nuova, ma posso anticiparvi che, se tutto va come dovrebbe, potrei riuscire a pubblicare la nuova storia per l'inizio del 2018. Quindi state collegati e non sparite! Fatevi sentire e scrivetemi pure quando volete :D
Basta, ho finito con questo poema! Anche se mi commuove salutarvi vi ringrazio di cuore uno per uno e, nel limite del mondo virtuale, vi mando un forte abbraccio.
Eevaa
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Eevaa