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Autore: summer_time    29/10/2017    1 recensioni
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Iris si è sempre sentita troppo rossa: dal colore dei suoi capelli, dalla sua armatura, dal suo copriletto fino alle sue stupende ali. Ma non è un rosso caldo e accogliente, bensì un rosso cupo e sanguinolento, come piace a Micheal. Anche se lei non lo sa.
Micheal invece ha una passione sfrenata per l'orrore: si diverte a essere violento verbalmente, schiacciando coloro che intralciano il suo cammino con semplici ma efficaci parole; non sopporta assolutamente il lavoro di squadra. Forse se Iris glielo chiedesse cambierebbe idea, ma niente è certo con uno come lui.
Entrambi dovranno però adattarsi a una nuova profezia, insieme a un gruppo di sfortunati semidei, proprio su di loro: perchè nessuno di loro in realtà vuole che il Leviatano si liberi dalla sua gabbia di ghiaccio.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: AU, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11

Julie sentiva la sue testa girare come una trottola: ormai aveva perso il conto delle ore in cui era rimasta sveglia nel patetico tentativo di vegliare su un Arthur completamente privo di sensi. L’unica consolazione era che nessuno era venuto a importunarli, in quella prigione gelata e umida, solo il ragazzo che li aveva attaccati - Kyros - era venuto una volta a portargli personalmente dell’acqua, nonostante l’unico scopo del ragazzo fosse quello di farli arrivare vivi entro la sera: già, entro quella sera tutte le loro fatiche, l’intera loro missione sarebbe stata conclusa nel bene o nel male.  E per Julie al momento l’unico risvolto possibile era quello negativo: i loro compagni non sapevano dove erano e loro due erano legati, imprigionati ma soprattutto privi di forze; nemmeno un briciolo del suo potere riusciva ad accelerare la guarigione delle sue ferite. Si sentiva così persa sapendo che improvvisamente tutto stava per cambiare in peggio: lei e Arthur erano le vittime sacrificali, contenitori di sangue da versare come lo erano, ai loro tempi, i semidei della profezia dei sette. Solo che loro di eroi non avevano che una piccola parte: Julie aveva paura di morire e non si vergognava a dirlo. Avrebbe dato qualsiasi cosa per uscire incolume da quella situazione e tornare al Campo insieme a Neos e al resto della squadra, insieme persino a quell’arrogante di Pride. Avrebbe voluto dare un segno ai loro compagni, qualsiasi cosa, per segnalare la loro presenza, per guidarli fino al gelido covo e salvarli dalla morte – e salvare ovviamente il Mondo.

Girò lentamente la testa verso destra, per scrocchiare le vertebre del collo che si stavano intorpidendo troppo in fredda a causa del freddo, quando vide un nidiata di piccoli ragni neri: gli aracnidi erano tutti ammassati sotto un antro della roccia mentre tessevano le loro trappole invisibili, indaffarati e indisturbati, tranne per alcune pozze d’acqua condensata vicine. Julie si sentiva come un insetto al momento: legata e imprigionata senza che potesse fare nulla per impedirlo, in balia del volere dei suoi aguzzini: il paragone non l’aiutò a tirarsi su il morale anzi, la fece sprofondare ancora di più nel pessimismo.

Continuava a guardare gli animali al lavoro, osservando la loro meticolosa preparazione, un lavoro di squadra eccellente. Li guardava con intensità, tanto che i suoi occhi incominciarono a fare male, da quanto non sbatteva le palpebre, e il suo collo chiedeva pietà per quella torsione prolungata ma Julie non desisteva: non sapeva esattamente neanche lei perché osservasse con cos’ tanto ardore quel nido di ragni. E persino gli aracnidi smisero di lavorare alle loro tele: incominciarono a sciamare verso la semidea, stando ben attenti a non incappare nelle pozze d’acqua, per liberare l’antro e far uscire la loro progenitrice, un grosso ragno nero con una piccola striscia rossa ad avviso della sua velenosità. Il ragno in questione si avvicinò lentamente a Julie e zampettando si posò sul ventre della ragazza, come in attesa di un ordine. Julie ancora guardava stupita l’animale ma poi si riscosse: Ninette era famosa per la sua propensione agli animali velenosi, tanto valeva tentare.

“Trova Ninette O’ Bainon, guida lei e i miei amici qui nel sottosuolo. Portali qui!”

Lo disse sibilando, sperando nel suo potere – nella sua fortuna – sperando anche di non aver preso un abbaglio. Eppure il ragno, il grosso aracnide che nulla aveva a che fare con i semidei, zampetto velocemente verso il soffitto e scomparve fuori dalla cella, seguito fedelmente dalla sua progenie. E Julie non restò che aspettare l’inevitabile.
₪₪₪

“Come troviamo tutti quei soldi? Non ci sono banche dove possiamo ritirare i soldi che la madre di Florian potrebbe depositare e in quattro non riusciamo neanche ad arrivare a cento dollari”
“Potremmo contrattare, vediamo se hanno bisogno di qualcosa e speriamo di essere capaci nel procurarla”
 “È una delle idee più stupide che sia mai venuta fuori Iris”
“Sto cercando una soluzione Florian, non possiamo più aspettare”

Ninette si passò la mano sul collo: Florian aveva sorpreso tutti due sere prima, sua madre – la dea Afrodite – aveva indicato la via da seguire con una precisione quasi inquietante. L’ unico problema era che ora dovevano arrivarci in quello stupido vulcano: arrivare in Cile era stato anche tutto sommato facile, con un viaggio pieno di soddisfazioni: Micheal si era scusato sinceramente sia con lei sia con Pride, non replicando neanche alle battute di impazienza del figlio dell’Amore, e tutto ciò senza che Iris lo vedesse. Questo significava che le sue parole dovevano averlo segnato in qualche modo e Ninette in fondo ne era contenta, le fratture nel gruppo al momento non erano gradite. Focalizzandosi sul presente, dovevano racimolare soldi per arrivare con un taxi: il viaggio era lungo e dovevano fare in fretta, se lo sentiva.

“E se ci proponiamo di esibirci? Qui c’è un volantino dove offrono delle ricompense per chi allieta i clienti di questo pub”

Ninette prese incuriosita il piccolo pezzo di carta che Iris aveva trovato negli annunci che stavano setacciando: effettivamente il compenso poteva aiutarli a raggiungere la quota che chiedevano ma per arrivare alla cifra totale tutti avrebbero dovuto esibirsi e lei non sapeva in cosa eccellevano gli altri.

“Possiamo provare. Ormai è una delle nostre ultime possibilità. Fortunatamente è qua vicino, magari riusciamo a parlare con il proprietario”

Baey si incamminò verso il pub incriminato, seguito a ruota da Iris e a un lamentoso Pride che come al solito, stava blaterando sullo sporco del posto e sulla stupidità umana nel non costruire banche ovunque; Ninette le raggiunse con calma all’interno del locale, non prima di aver fatto un giro intorno all’edificio e aver individuato una seconda possibile via di fuga in una porta di servizio; li trovò intenti a contrattare con il barista, che doveva essere anche il gestore dell’attività mentre decidevano sulla paga e sul tipo di attività ludica da esporre.

“Niente da fare ragazzi, mi serve una ballerina come minimo. Mi piace l’idea però del lancio di coltelli, creerebbe una certa suspense e i mie clienti potrebbero scommettere sul malcapitato.”

“Avete un violino?”

L’uomo, un individuo sulla cinquantina grasso e unto, squadrò da capo a piedi Florian prima di accennargli allo strumento, abbandonato sul palco.

“Però è leggermente scordato, ti avviso. Beh quindi siamo a quota due persone, manca una terza che balli e io vi do tutti i soldi che chiedete per quel viaggio. Ci state?”

Baey stava per rispondergli che lui non sapeva ballare quando Ninette lo anticipò e rispose in modo affermativo: avrebbe ballato lei, ballare le piaceva nonostante non le riportasse alla mente ricordi piacevoli. La ragazza si avvicinò a Florian, che nel frattempo stava accordando alla meno peggio il violino, per sapere le sue intenzioni come musicista: sinceramente non sapeva neanche suonasse il violino e la sua richiesta era infatti presa da tutti come uno scherzo. Quante cose stavano venendo fuori di Florian Pride da questa missione.

“Cosa pensi di suonare?”
“Comptine d'un Autre Eté: l'Après Midi, di Yann Tiersen. La conosci?”
“No, ma improvviserò come ho sempre fatto”
“Beh almeno ora sai come comportarti, figlia della strada e della miseria, qui siamo nel tuo ambiente”
“È un modo poco carino per dirmi che ora sono io che devo dirvi come comportarvi?”
“Prendilo come ti pare”

Ninette non replicò, infondo aveva ragione: in quel momento le pareva di essere tornata nell’infanzia, a quando il suo unico scopo era rubare orologi, portafogli e cellulari per rivenderli al miglior offerente e guadagnarsi da vivere. La strada non perdonava chi era troppo debole, il mondo non lo faceva. In questo mondo, era uccidere o essere uccisi, non c’era una via di mezzo e lei lo sapeva bene; alla fine anche Pride era come lei, usava la sua lingua tagliente per difendersi dal mondo, senza fidarsi di nessuno.
Si tolse scarpe e calzini, si sciolse i lunghi capelli ramati e si sistemo la sua lunga maglia grigia a mo’ di vestito, liberandosi dei pantaloni in tela – che l’avrebbero sicuramente intralciata - per sostituirli con un paio di corti pantaloncini anch’essi grigi. Poi chiuse gli occhi e si preparò mentalmente, sciogliendo le articolazioni di polsi, caviglie e spalle. Doveva farcela, doveva ballare. Ballare come se ci fosse la fine del mondo.

“Siamo pronti?”

Il proprietario era davanti a loro, ansioso di poter finalmente dare un po’ di spettacolo nel suo pub: Ninette vide Iris annuire, con lunghi coltelli da cucina - non ovviamente suoi - in mano. Allora era lei la lanciatrice di coltelli, non Baey.
“Bene ragazzi, prima la ballerina e il musicista, poi la lanciatrice di coltelli. Se andrà tutto bene avrete i vostri soldi. Provate a fare schifo e non avrete niente, anzi.”

Con quella minaccia velata, i giovani semidei si prepararono: Iris le si avvicinò, si informò se era pronta sul serio e se voleva un abbraccio ma la figlia della Miseria negò con gentilezza; la rossa allora le sorrise per poi avvicinarsi a Florian e a stritolarlo in un abbraccio che il ragazzo non aveva neanche chiesto: eppure non si lamentò troppo del contatto.
Poi la musica arrivò, dopo qualche minuti di silenzio: limpida e struggente, una celebrazione della potenza dei sentimenti. Potente e avvolgente. Ninette iniziò a ballare.  

 
₪₪₪

Arthur si svegliò mentre due gorilla gli stavano togliendo le catene: ancora confuso, tentò di capire dove diamine era, soprattutto dov’era Julie, l’unica del gruppo che ricordava di aver visto di recente. Si sentì sollevare di peso e malamente trascinato e spostato da quella piccola stanzina, che assomigliava terribilmente a una cella, a un’ampia sala dove la temperatura era in netto contrasto con quella precedente: dall’umidità gelata all’afa torrida.

Guardandosi attorno, Arthur vide la sala circondata da una moltitudine di uomini e mostri, capeggiati da un unico individuo: Kyros. Il ragazzo stava fermo, immobile come una statua, al centro della stanza ma soprattutto accanto a due altari sacrificali: Arthur sentì le sue pupille dilatarsi e cercò di muoversi , di divincolarsi da quella morsa ferrea ma nulla anzi la sua ripresa di coscienza fece irritare ancora di più l’idiota che lo stava trascinando verso la sua futura morte.

Con disperazione tentò di almeno individuare Julie e fortunatamente – o forse no - la vide essere trascinata da un altro bestione anch’essa verso l’altare. Tentò di parlarle, nonostante la notevole distanza ma si accorse di avere la gola secca, arida come il deserto persino deglutire gli faceva male, sentiva di avere una sorta di nodo grosso alla laringe. E si sentiva così stanco, così confuso che quasi non si accorse di essere stato posato sull’altare e che gli stavano legando le caviglie e le mani ai lati con delle grosse catene così anche Julie: provò a porre una leggera resistenza ma venne subito bloccato e le catene strette fino quasi a fargli fermare la circolazione.

“Signori”

La voce chiara, limpida e fremente di eccitazione di Kyros lo spaventò perché sapeva come sarebbe finita la cosa: male, molto male e precisamente con loro due morti e con la fine del mondo conosciuto.

“Oggi è il giorno in cui si compiono i nostri destini, il giorno che abbiamo aspettato per secoli. Oggi finalmente, ci innalzeremo a vincitori contro gli assurdi veneratori di dei e dei loro figli. Oggi, noi, risorgeremo!”

La folla sembra impazzita, urla, grida avvolgono l’intera sala, dando al ragazzo in piedi accanto ai due semidei  l’assoluta certezza nel compiere il sacrificio per distruggere le catene del suo Padrone.

“Grazie a questi figli, sangue e carne dei nostri nemici, noi oggi liberiamo colui a cui dobbiamo tutto, a cui dobbiamo la vita, il nostro scopo, la nostra felicità. Il nostro Essere.”

Altre urla, altre grida di approvazione. E il tempo a loro disposizione sta per finire.

“E siccome voglio essere galante, partiamo con la nostra adorabile fanciulla, la piccola Julie che da quanto sappiamo, è una figlia di Tiche. La Fortuna ti ha creata e scelta giovane semidea: con il tuo sangue libererai il mio Padrone, non c’è fortuna più grande!”

Arthur tentò di liberarsi, tirava strattoni alle catene, tentava il tutto pur di non far accadere ciò che stava per avvenire: Kyros aveva preso un pugnale sacrificale, bellissimo e lucente, con l’impugnatura tempestata di pietre preziose e ghirigori, e si stava avvicinando a Julie ormai completamente paralizzata dal terrore e in preda alle lacrime.

“Io, Kyros, discendente della famiglia di Caino, ultimo mago del sangue e dei fluidi, offro a te questo sangue semidivino puro per farti risorgere dall’ombra e farti tornare a essere il sovrano del Mondo! A te, Leviatano, signore incontrastato, io offro quest’anima!”

Julie si girò di scatto verso di lui. E, nel riflesso dei suoi occhi, Arthur vide la luce spegnersi e la vita abbandonare il corpo giovane di Julie Watson. E il ragazzo incominciò a piangere silenziosamente perché era il secondo compagno che moriva davanti ai suoi occhi senza che lui potesse fare niente. Non voleva vedere il coltello piantato nel cuore della giovane, voleva continuare a vedere gli occhi dolci e scuri della ragazza, ancora umidi di lacrime. Voleva guardare solo quello. Anche quando Kyros si avvicinò per finire ciò che aveva appena iniziato: incominciò a ripetere tutta la litania di prima, questa volta incitando ancora di più la folla, già ubriaca di felicità. Lo vide preparare un altro pugnale sacrificale, non meno bello ed ornato rispetto al precedente, pronto a piantarlo nel suo cuore: l’unica cosa bella era che avrebbe avuto una morte rapida e sarebbe tornato nel regno di suo padre. Una magra consolazione.

Vedeva il coltello alzato su di lui ma distolse lo sguardo per puntarlo nuovamente negli occhi di Julie: non voleva che la sua ultima immagine da vivo fosse quella del pugnale nel suo petto. Almeno gli occhi di Julie erano belli, molto più belli. Sentì il sibilo della Morte – del pugnale - e si preparò ma non avvertì alcun dolore, solo un clangore metallico.

“Non farai risorgere nessuno oggi, stronzo!”

ANGOLO AUTRICE

Hey ragazzi!
Ecco il capitolo come promesso, incentrato sui superstiti del gruppo in mano a Kyros. come avete notato, beh, anche Julie ci ha lasciato. Mancava poco che persino Arthur andasse a trovare il padre :)
Che ne pensate? Vi è piaciuto o pensavate in qualcosa di meglio? Fatemi sapere!

Summer_time

P.s. per chi fosse interessato, il duetto di Florian e Ninette è completamente preso da questo video, di cui lascio il link. Mi piaceva troppo e sono contenta di essere riuscita a inserirlo! (
https://www.youtube.com/watch?v=wbikPfj76eY)
 
  
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