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Autore: BebaTaylor    30/10/2017    2 recensioni
2015. Erikson, Presidente degli Stati Uniti d'America, rivela al mondo l'esistenza di alcune persone dotate di poteri particolari: possono creare il fuoco dal nulla, possono trasformarsi in animali, creano elettricità con le mani, hanno premonizioni... Erikson le vuole catturare e rinchiudere perché sono pericolosi. Mostri assassini, li definisce. Soldier, si definiscono loro.
Crystal fugge dopo la morte della nonna, unica parente. Non si fida più di nessuno, nemmeno dei vicini. Marie-Anne scappa, spaventata da quello che è. Benjamin se ne va dopo la misteriosa scomparsa del padre. Kathy e Samuel fuggono dopo la festa per il loro fidanzamento, Erik segue l'istinto e scappa, Kyle e Jenna scappano perché è l'unica cosa da fare. William, Emily e Sarah scappano dopo che gli uomini di Erikson hanno ucciso la madre davanti a loro. Dawn, della sede Newyorchese della Projeus, momentaneamente trasferita in Canada, cerca di salvarli, perché Erikson è venuto in possesso di una lista con i nomi di tutti i Soldier della parte orientale degli USA. C'è una talpa, alla sede. E ce ne è una anche nei fuggitivi diretti in Canada.
E questa è la loro storia.
*eventuali scene splatter|Azione|Introspezione*
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Projeus:
The Big War

5.
Quinto Giorno

Giovedì 10 Settembre.

L'istituto era avvolto nel silenzio, mentre la luce dell'alba entrava dalle finestre, avvolgendo ogni cosa, le poche persone sveglie non facevano rumore, muovendosi piano, sussurrando. John, il padre di Nick e mentore di Dawn e George, entrò in uno degli uffici, si sedette alla scrivania, di fronte a un ragazzo dalla pelle scura e i capelli neri e ricci, che scendevano lungo le guance dagli zigomi alti. «Passiamo al piano b.» disse, la voce bassa e calma.

«Sicuro?» domandò l'altro.

John annuì, «È l'unica cosa da fare.» sospirò. «Non possiamo perdere altre persone.» disse. «Fallo.» ordinò, «Un po' per volta, ma voglio che entro domenica tu abbia controllato ogni fottuto elettrodomestico qui presente.»

Il ragazzo annuì. «Sì.» disse, «Lo farò.»

John trasse un minuscolo pacchetto dalla tasca della giacca e lo fece scorrere sulla superficie di legno chiaro e laccato della scrivania. «Sono i passepartout.» spiegò, «Aprono ogni stanza.» disse e si alzò. «Conto su di te, Mike.» esclamò e se ne andò.

Mike fissò le tessere bianche con la banda magnetica nera e le mise nella tasca della felpa, poi chiuse la zip. Si alzò anche lui, uscì dal suo piccolo ufficio e andò nella direzione opposta a quella presa da John.

Lui era uno psicometrico, uno degli duecentottantatré della costa orientale, uno degli otto di tutto l'Istituto e uno dei cinque operativi. Il suo compito era tutto sommato semplice: doveva solo toccare un oggetto per capire chi fosse stata l'ultima persona ad averlo usarlo, se lo avesse fatto in maniera consona e corretta o meno, poteva scoprire anche altre informazioni. Nel caso di computer, notebook, cellulari e tablet, poteva anche capire quali siti fossero stati visitati, le mail ricevute e spedite, i video visti, quali canzoni fossero stati ascoltate... anche se la talpa avesse provato a nascondere le sue traccie — cosa facile, con i programmi giusti, e loro li avevano — lui l'avrebbe scoperta. Gli sarebbe bastato posare due dita sullo schermo di un qualsiasi pc per carpirne anche il minimo segreto, anche se era stato cancellato.

Anche lui voleva trovare la talpa. Era quello che volevano tutti, in fondo.

Mentre passeggiava in corridoio, diretto alle scale che portavano ai dormitori, incrociò Dawn, che lo fissò per un'istante prima di sorridergli incoraggiante, come se sapesse. Mike immaginò che fosse logico, che John ne avesse parlato con lei, George e Nick. Di sicuro non ne aveva fatto parola con James e Steven, non perché non si fidasse di loro, immaginò Mike, semplicemente perché James era una testa calda e Steven non era uno di “loro”: si era trasferito lì dalla sede di Los Angels quando aveva iniziato a frequentare Dawn.

Una volta al primo piano entrò nella stanza di Carlos, un ragazzo di ventidue anni, con la capacità di far apparire oggetti nelle sue mani. Era sicuro che non ci fosse perché l'aveva visto entrare nella palestra qualche minuto prima. Quando fu nella stanza si avvicinò al portatile che se ne stava sulla scrivania, il coperchio abbassato, il mouse posato su un tappetino con disegnati dei grappoli d'uva. Toccò il computer personale del ragazzo, posando due dita sulla superficie liscia e fredda.  Le immagini arrivarono subito, semplici fotogrammi apparvero ai suoi occhi, istantanee e spaccati di vita quotidiana. Per lui non era stato semplice gestire il suo potere, gli bastava toccare qualcosa o qualcuno per essere invaso da immagini. Ricordò, quasi con disgusto, quando al liceo aveva urtato il suo professore di storia: nella sua mente era apparso un brevissimo video dell'uomo mentre faceva sesso con una ragazza che aveva la metà dei suoi anni. 

Scosse la testa e si concentrò sul suo obbiettivo: normalissime email, un paio di video porno amatoriali, qualche giretto su Amazon — e la wishlist di Carlos era piena di action figures di supereroi — ma niente di grave. Passò allo smartphone e anche lì non trovò nulla di sospetto. Uscì dalla stanza ed entrò due camere più a sinistra. 

❖.❖.❖

«Devo fare pipì.» pigolò William.

«Aspetta, in bagno c'è Jenna.» esclamò Crystal mentre aiutava Emily a vestirsi.

«Ma mi scappa.» pigolò il bambino.

«Vieni con me.» disse  Erik allungando una mano verso il bambino, «Andiamo fuori.» sorrise. Il bambino gli prese la mano e uscì con lui dal camper, per poi correre verso il cespuglio più vicino.

Crystal li guardò appena a aiutò Kathy a sistemare il letto: posò i cuscini nello scomparto sopra il tavolino che si trasformava in un letto, aiutò l'altra a ripiegare coperte e lenzuola che sistemarono accanto ai cuscini e osservò Samuel che sistemava il tavolo, alzandolo e risistemando la grossa vite che lo bloccava, le due ragazze sollevarono lo schienale della seduta — dalla parte dove si sedevano Benjamin, Crystal e Sarah — e si assicurarono che fosse bloccato.

Benjamin e Kyle erano fuori anche loro, mentre Marie-Anne se ne stava seduta sul sedile del passeggero, le mani strette a pugno posate sulle ginocchia, negli occhi quello che aveva visto la sera prima.

«Tutto bene?» le domandò Samuel assicurandosi che il tavolo fosse stabile.

«Sì.» rispose Marie-Anne, «Sono stanca, ho dormito poco.» sospirò e guardò di traverso Crystal, ma la lupa si era girata verso Emily che la chiamava per farsi aiutare a legare i capelli.

«Brutto sogno?» continuò a chiedere Samuel. Lui lo sapeva perché Marie-Anne avesse dormito poco ma non lo avrebbe mai detto: non voleva imbarazzare Crystal o scatenare domande imbarazzanti da parte dei bambini.

«Il mio caffè?» esclamò Kyle mentre le ragazze sistemavano i seggiolini.

«Un attimo.» sospirò Jenna, «Prepara la tavola.» ordinò.

Una ventina di minuti dopo erano di nuovo in viaggio, ormai erano a una trentina di miglia  a nord  di Johnstown, rimanendo  sempre lontani dai centri abitati. Avevano deciso di  proseguire verso il lago Eire, giusto per vedere se i muri che delimitavo il lungo lago ci fossero davvero oppure no, anche se il confine ufficiale fra gli USA e il Canada si trovava nel mezzo del lago, per farlo, però, avrebbero dovuto attraversare l'interstatale Ottanta e la Novanta, che si trovava a una manciata di miglia dal lago. Se ci fossero stati sul serio quei muri, avrebbero proseguito lungo lo stato di New York, cercando di attraversare il confine in quel punto.

L'unica contenta di quella situazione era Marie-Anne, che non aveva rinunciato all'idea di percorrere strade trafficate. La ragazza osservò Benjamin, seduto davanti a lei, e trattene a stento un moto di gelosia nel vederlo così vicino a Crystal: dopo quello che era successo la sera prima detestava ancora di più la giovane lupa  e avrebbe tanto voluto prenderla a schiaffi. Fissò le braccia dei due che si sfioravano, e sentì la gelosia salire dentro di lei, gorgogliare nello stomaco, come se fosse lava pronta a esplodere. E il fatto che fossero così vicini perché il divanetto a ferro di cavallo fosse omologato per sette persone e loro invece fossero in dieci — di cui tre bambini sui rispettivi seggiolini — non la sfiorava nemmeno.

Odiava Crystal semplicemente perché era Crystal.

❖.❖.❖

Dawn detestava quelle riunioni dove si parlava troppo e non si faceva nulla, tutte quelle chiacchiere le facevano venire il mal di testa, e avrebbe preferito essere sul campo a dare qualche calcio e salvare qualche vita, invece era bloccata lì, in quella riunione da almeno un paio d'ore, ad annoiarsi.

«Potete andare.» esclamò John e Dawn trattene un sospiro di sollievo. Recuperò le sue cose, si alzò e uscì dalla stanza.

«Mi stavo per addormentare.» sbadigliò lei, coprendosi la bocca con la mano. «Stanno diventando noiose.» sospirò e sorrise quando Steve l'affiancò.

«È che ripetono sempre le stesse cose.» disse lui, «Ormai le sappiamo a memoria.»

«Bhe... io vado a fare uno spuntino.» esclamò George e andò verso gli ascensori, «A dopo.» li salutò con la mano.

«Che fai?» domandò Steve posando un braccio sulle spalle della fidanzata.

«Credo che andrò nel mio ufficio a controllare un paio di cose.» rispose lei, «E vedere se rispediscono  Jackson a casa.» mormorò.

Steven la strinse più forte e le baciò la testa, «Ce la faremo, vedrai.» le disse, le baciò le labbra prima che lei entrasse nel su ufficio e andò nel suo.

Non c'era nessun messaggio e Thomas non l'aveva fermata, quindi niente novità, né belle né brutte. Ed era questo che la terrorizzava: quelle ore di totale calma prima che scoppiasse qualcosa, la classica calma prima della tempesta; anche se notizie delle agenzie stampa non promettevano nulla di buono, con i centinaia di tafferugli che scoppiavano ogni ora, in qualsiasi parte del Paese, soprattutto alle Hawaii, così isolate in mezzo all'oceano. Era anche vero che lì i Soldier fossero veramente pochi, circa un centinaio, anche se con i turisti di tutto il mondo potevano raggiungere anche un paio di migliaia.

Dawn sospirò e si sedette davanti alla scrivania, fissando lo schermo spento del computer.  

Sospirò e si mise al lavoro.

❖.❖.❖

Il camper si fermò poco dopo mezzo giorno a qualche miglia a sud est di Titusville. Il gruppo, qualche ora prima, si era dovuto fermare in un vecchio fienile fatiscente, a causa di alcuni uomini del presidente che erano in giro per rastrellamenti.

«Dovremo fermarci a prendere qualcosa da mangiare.» annunciò Kathy, accucciata davanti a uno dei mobiletti. «Abbiamo qualcosa giusto per il pranzo.»

«Merda.» commentò Erik, «Dobbiamo proprio.»

Kathy lo fissò, «Vuoi digiunare?» domandò, le sopracciglie rossastre alzate.

L'altro sospirò, «No.» disse. «Ci fermeremo, allora.» disse, «Prenderemo più cose possibili, così da non doverci fermare fino a quando non avremo superato il confine.» sospirò piano. «Saremo veloci e svelti.» disse fissando gli altri, «Non voglio rimanere in  giro troppo tempo in mezzo a gente che potrebbe perdere la testa da un momento all'altro.»

Gli altri furono d'accordo con lui. Pranzarono con il poco cibo rimasto, lavarono le posate e le stoviglie usate e ripartirono.

Kathy afferrò uno dei fogli del block notes a quadretti che avevano trovato nel motorhome e una biro blu, «Allora, cosa prendiamo?» domandò, pronta a scrivere la lista della spesa.

«Pane, tanto.» disse Jenna. «Meglio quello in cassetta, così non rischia di seccare.» aggiunse, «E magari un pacco di grissini per Sarah.» esclamò, Kathy annuì e iniziò a scrivere, la grafia tonda, piccola e ordinata.

«Cibo in scatola.» aggiunse Crystal, «Tonno, carne, mais e verdure varie.»

«Fagioli?» si intromise Marie-Anne.

«I fagioli no.» esclamò Erik, seduto accanto a Kyle, che guidava.

«I fagioli sono proteine!» protestò Marie-Anne.

«I fagioli sono aria puzzolente.» sbuffò Erik.

Samuel sospirò, «Potremmo prendere un paio di barattoli e mangiarli insieme ad altre cose.» disse, «Un cucchiaio a testa non ci farà male.»

Erik sbuffò e brontolò sottovoce, «E va bene.» concesse, «Ma io voglio qualche cosa di dolce.»

«Vogliamo tutti qualcosa di dolce.» rise Crystal.

«Il latte per Sarah c'è?» domandò Kathy.

«Un paio di barattoli.» rispose Jenna, «E una decina di omogenizzati.»

Kathy annuì, pensierosa. «Quindi almeno un altro paio di confezioni di latte ci servono.» disse e scrisse, «Pannolini?» domandò.

Crystal e Jenna si fissarono, «Se non la cambiamo ogni volta che si sporca dovrebbero durarci per una settimana.» disse la seconda.

«Potremmo farlo.» annuì Marie-Anne.

«Però così le si irriterà la pelle.» ribatté Cristal, «E sarebbe peggio.» sospirò.

Kathy chinò la testa, “Pannolini” scrisse, «E poi?» domandò.

«Acqua.» esclamò Samuel.

«Birra.» disse Benjamin.

«Vodka.» esclamò Kyle.

«Porto.» aggiunse Erik.

«Sei serio?» domandò Kathy voltandosi verso di lui e Erik le sorrise e annuì. «Non è meglio del rum?»

«Coca-Cola!» esclamò William.

«Quella fa male.» disse Marie-Anne.

«Potremmo fare del Cuba Libre.» ridacchiò Crystal.

«E Coca sia.» sorrise Kathy mentre scriveva.

«Io vorrei il latte al cioccolato.» pigolò Emily tirando la manica della maglia di Jenna, «Per favore.»

«No.» ribatté Marie-Anne, «Il latte al cioccolato fa male.»disse, ignorando l'occhiataccia della piccola

«Ci sono i brick, quelli piccoli.» esclamò Benjamin, «Li tengono sugli scaffali, quindi non vanno in frigo.»

«Okay,» esclamò Kathy «prendiamo anche quelli.» disse trattenendo un risolino alla vista del viso di Marie-Anne, che li guardava arrabbiata perché nessuno ascoltava i suoi suggerimenti. Alcol, bibite gassate, dolci... erano cose inutili, per lei. Se avessero preso le strade statali o interstatali avrebbero potuto fermarsi in un diner qualsiasi e pranzare e cenare, invece di stipare il motorhome di cibo. Incrociò le braccia, offesa e guardò Benjamin che fissava Kathy, la spalla di lui così vicino al corpo di Crystal... avrebbe voluto dividerli e buttare fuori la lupa dal mezzo in movimento.

Marie-Anne si limitò a sospirare e a posare i gomiti sul tavolo, lo sguardo fisso su Benjamin.

#

«Cos'è quell'icona?» domandò Erik indicando il computer di bordo del motorhome.

«Quale?» chiese Kyle.

«Quella.» Erik gliela indicò. «E anche quella.» indicò l'icona accanto alla prima.

Kyle spalancò gli occhi, «Merda.» sbottò, «Erik, per favore, controlla il libretto di istruzioni.»

Il cercatore annuì, afferrò il libretto — lui e Sam gli avevano dato solo una breve occhiata —  e controllò l'indice, sfogliò velocemente le pagine e lesse. «Merda.» imprecò, «Che nessuno usi il bagno.» esclamò voltandosi verso gli altri.

«Perché?» domandò Kathy.

«Perché il serbatoio è pieno.» sospirò Kyle sistemando il libretto nel cassetto porta oggetti del cruscotto. «E anche l'acqua sta finendo.» disse.

«Dovremo trovare una stazione di servizio, allora.» sospirò Benjamin, ricordando quello che era successo un paio di giorni prima, quando quell'uomo aveva cercato di sparare a lui e a Crystal.

La lupa lo fissò e deglutì. «Dovremo fare in fretta.» commentò.

Erik girò il sedile e li fissò, «Ovviamente.» disse.

«Riempiamo prima il cassone dell'acqua.» esclamò Kyle, «È il più semplice.» disse.

«Ma non ci sono le fogne?» domandò Emily.

«Stupida.» sbuffò sottovoce Marie-Anne.

Jenna la guardò male, poi rivolse la sua attenzione alla bambina, «No, non ci sono le fogne come in una casa vera.» spiegò, «C'è un serbatoio d'acqua per i rubinetti e la doccia, un altro che raccoglie gli scarichi.» le sorrise.

«Oh.» fece la bambina, «Ho capito.» annuì la bambina.

«Non era complicato.» sbuffò sottovoce Marie-Anne e Samuel si coprì la bocca con entrambe le mani, nascondendo una risatina. Lei lo fissò sentendosi sempre più offesa. «Vado io a fare la spesa.» disse.

«Ci andiamo io e Crystal.» commentò Benjamin bevendo un sorso d'acqua, «Conviene che rimani qui sul camper, se...» espirò piano «Se ci fosse qualche problema non sapresti come reagire.» le sorrise appena mentre lei spalancava la bocca.

«Direi che si può fare.» s'intromise Erik, «Magari vengo con voi così posso stare attento ed  evitare che qualcuno ci riempia il culo di pallini.»

«Io e Sam sistemeremo l'acqua e la fogna del camper.» esclamò Kyle. «Così Jenna, Kathy e Marie-Anne restano qui a guardare i bambini.» disse, pensando che non avrebbe mai lasciato i bambini soli con Marie-Anne.

«Portate Sarah con voi.» esclamò Jenna. «Tu e Crystal,» guardò Benjamin «potete passare come i suoi genitori, mentre Erik come un amico.» aggiunse, «Io posso fare il palo, mentre Kathy pensa ai bambini.»

I tre si scambiarono una breve occhiata, poi scrollarono le spalle. «Per me va bene.» disse Crystal.

Marie-Anne incrociò le braccia, offesa e irritata per essere stata messa da parte. Si disse che non avrebbe fatto più nulla, visto che la ritenevano incapace e inutile. Lei aveva solo paura.

❖.❖.❖

Un'ora più tardi, dopo aver percorso una stradina così stretta che il motorhome ci passava a filo, dovendo procedere così a circa cinque miglia orarie, si fermarono in una minuscola stazione di servizio, dopo aver fatto andare Kathy, Marie-Anne e i bambini più grandi nella camera da letto, con la giovane pantera accucciata sul letto, accanto al finestrino posteriore, gli occhi fissi su Erik, Benjamin e Crystal che spingeva il passeggino.

I due ragazzi recuperarono un carrello ed entrarono nel piccolo supermercato attiguo alla pompa di benzina con servizi per i camper. Benjamin e Erik riempirono il carrello con le cose segnate sulla lista scritta da Kathy, gettandole quasi alla rinfusa sopra un paio di casse d'acqua, bottiglie di Coca-Cola e aranciata; presero diversi pacchi di pane in cassetta, scatolame, merendine, pannolini, salviette umidificate, latte in polvere e omogeneizzati per Sarah. Presero anche dei bicchieri di carta adatti a contenere bevande calde, oltre a dei comunissimi bicchieri di plastica.

Crystal si fermò davanti a un piccolo espositore di vestiti per bambini. «Tutto bene?» le domandò Benjamin

Lei annuì. «Sì.» rispose, «È che...» respirò profondamente, «I bambini hanno solo due cose a testa.» esclamò, prese una gruccia di plastica rosa a cui era appeso una tuta da bambina, guardò il prezzo e la taglia e ne prese tre di colori diversi, ne prese altre tre per William, prese del vestiario anche per Sarah, afferrò mutandine e calze per i bambini; «Ho un paio di cinquantoni extra.» si rivolse a Erik, cinque bottiglie di alcolici strette fra le braccia.

«Uhm, okay.» commentò il Cercatore sistemando le bottiglie nel carrello. Proseguirono il loro giro, prendendo quello che mancava. Crystal fissò alcune confezioni di shampoo secco.

«Ci servono?» le domandò Benjamin.

Lei lo fissò, «Ho i capelli che fanno schifo.» replicò, «E visto che non posso lavarli...» scrollò le spalle.

«Giusto.» annuì Erik e prese tre confezioni, per poi sistemarle sopra le altre cose. Si diressero alla cassa, dove un giovane di circa ventisei anni stava ascoltando musica da un piccolo stereo.

«Di chi è il pupo?» commentò il cassiere, iniziando a passare la pistola scanner sui codici a barre dei vestitini, «Li metto in un sacchetto?» domandò.

«Eh, sì.» rispose Crystal, «Grazie.» disse notando che il ragazzo puntava la pistola scanner sui codici ma non succedeva nulla: la luce rossa non appariva, non c'era nessun suono e i prezzi non apparivano sul piccolo schermo collegato alla cassa.

«È leggermente strafatto.» commentò Erik notando le pupille dilatate.

«Allora, di chi è il bambino?» domandò di nuovo il cassiere.

«Di tutti e tre.» rispose Erik sistemando le bottiglie in modo ordinato in una piccola scatola di cartone.

«Oh.» commentò il ragazzo. «Davvero? Figo!» rise.

Pochi attimi dopo tutti gli articoli erano di nuovo nel carrello, tranne il sacchetto con i vestiti, che Crystal aveva appeso al manico del passeggino, la giovane osservò il razzo al di là del bancone mentre Erik finiva di sistemare le ultime cose. Crystal si bloccò, mosse piano la mano e afferrò il polso di Erik, «Guarda.» soffiò e mosse piano la testa, indicando il muro di fronte a loro. Anche se era nascosto da altri volantini, si capiva cosa ci fosse su quel foglio: le loro foto. Era uguale a quello che lei e Benjamin avevano visto un paio di giorni prima, quando quell'uomo cercò di sparare loro.

«Andiamo?» esclamò Erik guardandosi attorno. Al momento non c'era nessun pericolo, e il cassiere era così fuori di testa che non si sarebbe accorto delle loro facce impresse sul foglio appeso alla bacheca alle sue spalle.

«Subito.»  rispose Benjamin, accortosi anche lui di quello che Crystal e Benjamin stavano osservando. «Quant'è?» domandò.

«Uhm... sessanta dollari?» fece il cassiere. «Sì sessanta.» annuì e afferrò le banconote che Benjamin gli stava porgendo. «Buona giornata.» li salutò mentre gli altri quattro uscivano.

«Dobbiamo andarcene.» mormorò Benjamin spingendo il carrello, «E subito.» disse e guardò gli altri, soffermandosi un attimo in più su Crystal.

Gli altri annuirono e aumentarono la velocità. «Merda.» sbottò Erik quando erano a una cinquantina di passi dal camper, dove Kyle e Samuel stavano sistemando il serbatoio pieno d'acqua al proprio posto.

Crystal lo fissò, poi spalancò gli occhi quando, per un breve istante, le apparve nella mente un'immagine di una mano maschile che afferrava un fucile a canne mozze. «Vogliono spararci.» soffiò.

«Cosa?» esclamò Benjamin, «Sicura?» domandò.

«Sì.» rispose lei.

«Esatto.» confermò Erik

«Oh, siete arrivati.» esclamò Kyle, «Ci serve una mano.» disse.

«Più tardi.» disse Erik sistemando meglio la scatola con le bottiglie di vetro fra le braccia, «Ci stanno per sparare.»

L'altro spalancò gli occhi mentre Crystal saliva con il passeggino sul camper. Sollevò la bambina, «Sistemalo da qualche parte.» ordinò a Kathy.

«Che succede?» domandò l'altra spingendo il passeggino nella stanza da letto.

«Ci vogliono sparare addosso.» esclamò Crystal legando Sarah al suo seggiolino. «Bambini, sedetevi.» esclamò e andò ad aiutare Jenna a prendere le cose dal carrello, per poi accatastarle nel piccolo spazio fra il mobile della cucina e la parete della camera.

«Che succede?» domandò Marie-Anne, ancora seduta sul letto, «Che succede?» pigolò spaventata e quasi arrabbiata con Crystal, era sicura che fosse colpa sua, qualsiasi cosa stesse accadendo.

«Siediti.» disse Crystal.

«Che succede?» ripeté l'altra mentre i ragazzi salivano a bordo e Jenna si assicurava che le cinture dei bambini fossero allacciate bene.

«Ho detto siediti.» ringhiò Crystal afferrando il gomito di Marie-Anne, spingendola verso il tavolo, dove gli altri — tranne Kyle, seduto a posto di guida, ed Erik, seduto accanto all'altro — erano già seduti. «Muoviti.» sibilò Crystal.

«No!» gridò Marie-Anne, «Voglio sapere quello che succede!» disse.

«Succede che devi sederti.» esclamò Crystal, «Ora.» sibilò e si bloccò, voltò piano la testa verso la parte posteriore del motorhome e sentì un brivido corre lungo la spina dorsale. «Giù!» strillò e si gettò a terra, trascinando Marie-Anne con sé. Vide un proiettile volare in aria, colpire un qualcosa di blu che si macchiò immediatamente di rosso. «Erik! Via da lì!» disse afferrando Marie-Anne che si dibatteva, decisa a rimettersi in piedi. Il Cercatore l'ascoltò e si gettò a terra, proteggendosi la testa con le braccia.

Un attimo dopo un proiettile ruppe il vetro, attraversò il camper, trapassò lo schienale del sedile su cui fino a un secondo prima si trovava Erik e finì la sua corsa conficcandosi nello sportello del porta oggetti del cruscotto.

Nel camper risuonarono le urla mentre Kyle partiva, schiacciando con forza il pedale dell'acceleratore.

«Lasciami!» strillò Marie-Anne divincolandosi dalla presa di Crystal, «Che stai facendo?» esclamò, «Idiota.»

«Ti salvo il culo e mi insulti?» commentò Crystal alzandosi in piedi e raggiungendo in due passi il tavolo, si sedette e controllò Sarah, che si guardava attorno impaurita e spaventata da tutto quel trambusto. «Ringraziami.» sospirò osservando Marie-Anne sedersi accanto a Samuel.

La ragazza sbuffò, dicendosi che non l'avrebbe ringraziata.  Anche Erik si alzò in piedi, le mani posate sullo schienale, lo sguardo fisso sul foro causato dal proiettile. Ansimò pesantemente, voltò piano la testa, il viso di un bianco quasi spettrale, messo ancora più in risalto dai capelli neri e la barba di due giorni. «Mi hai salvato.» soffiò verso Crystal, «Grazie.»

Lei scrollò le spalle. «Dovere.» si limitò a dire.

«Dovremo fare qualcosa per quello.» Benjamin indicò il finestrino posteriore. «Potrebbe rompersi.»

«Dopo.» disse Kyle, «Quando ci saremo allontanati da qua.» esclamò, «Cazzo, pensavo che non ci avrebbero più sparato addosso.».

#

Si fermarono a qualche miglia dal confine con il Canada, lungo le sponde del fiume, in una zona tranquilla. C'era solo un vecchio furgone senza i copertoni e mezzo arrugginito che spiccava nel verde della vegetazione. Scesero dal campo e Kyle prese le targhe del furgone per sostituire quelle del camper. Ne avevano parlato poco prima, concordando che, al 90% qualcuno avesse preso il numero di targa.

Mentre Kyle sostituiva le targhe gli altri scesero dal camper. Avevano deciso che avrebbero approfittato del grande prato verde per svuotare il contenitore con le acque nere del camper e dargli una pulita con l'acqua del fiume Allengheny.

«Non vorrai lasciare quella montagna di merda in giro?» esclamò Jenna fissando Kyle che apriva lo sportello posto sul fianco del mezzo.

«Perché no?» replicò lui.

«Perché puzza.» sbuffò Jenna.

«Bisognerebbe scavare una buca.» esclamò Crystal. «Non siamo animali.»

«Alcuni animali la coprono.» disse Kathy.

Kyle sbuffò, «E con cosa scavo la buca?» sbottò, «Non abbiamo nulla.» disse e incrociò le braccia muscolose al petto. 

«Faccio io.» s'intromise Samuel togliendosi gli occhiali. «Adoro scavare buche.» disse con un sorriso sul volto, poi rientrò nel camper e si spogliò velocemente, uscì e Crystal coprì gli occhi di Emily, che se ne stava aggrappata a lei. Un attimo dopo la pantera trotterellò dietro Kyle, fermandosi in un punto in cui mancava l'erba.

Con le grandi zampe anteriori iniziò a scavare, formando in un paio di minuti una buca larga e profonda. Intanto Kyle e Benjamin avevano portato il grosso contenitore da Samuel, che balzò fuori dalla buca e li osservò svitare il tappo e rovesciare il contenuto nella buca.

«Puzza da morire.» biascicò Benjamin e tirò il bordo della felpa oltre il mento, coprendosi bocca e naso.

«È merda, non profuma come dei fiorellini di campo.» replicò Kyle piegano in avanti il contenitore bianco.

«La sentiamo anche da qui!» esclamò Kathy facendo un passo indietro, «Datevi una mossa.»

Kyle sbuffò e non le rispose, lui e Benjamin finirono di svuotare il contenitore e si avvicinarono alla riva del fiume mentre Samuel copriva la buca, sollevando terra e erba con le grosse zampe.

Le ragazze erano poco lontano, ma sempre a pochi passi dalla riva del fiume; Jenna teneva in braccio Sarah e guardava William che calciava dei sassi ed Emily che raccoglieva margherite; Kathy era seduta sul prato, accanto a Crystal ed Erik che fumavano una sigaretta. Marie-Anne, invece, se ne stava in piedi, le braccia conserte, ancora arrabbiata perché nessuno prestava attenzione alle suo proposte. Aveva detto che non era prudente fermarsi in mezzo al nulla, che fosse meglio scegliere un'altra stazione di servizio, ma l'avevano ignorata completamente. Per un momento sperò che succedesse qualcosa, qualsiasi cosa, così poi avrebbe potuto dire: “Ve l'avevo detto!”.

Samuel entrò in acqua, bagnandosi le zampe per poi agitarle nell'acqua, eliminando tracce di terra, erba e foglie.

Crystal spense la sigaretta contro un sasso e si guardò attorno, leggermente confusa. «Lo senti?» domandò a Kathy, «Il silenzio.»

L'altra la guardò, poi voltò la testa, fissando la vegetazione davanti a lei. Spostò per un attimo lo sguardo su Emily, intenta a raccogliere margherite a pochi passi dalla riva. «Il sottobosco.» mormorò, «Non sento nulla.» disse.

«Eh?» commentò Erik spegnendo la sigaretta. «Cosa?»

«C'è qualcosa.» spiegò Crystal alzandosi in piedi. «È meglio se ce ne andiamo.»

«Bambini, salite sul camper.» esclamò Jenna sistemando meglio la bambina fra le sue braccia.

«Che succede?» domandò Kyle. 

«Il sottobosco è in completo silenzio.» disse Crystal. «Ci deve essere un predatore, bello grosso, suppongo.»

«Io non sento il suo odore, quindi o è sottovento oppure...» Kathy lasciò cadere la frase.

«Oppure sono quelle bestiacce.» concluse Erik. «Sam!» esclamò, «Smettila di giocare con l'acqua e vieni qui!»

La pantera trotterellò verso di loro, non capendo perché fossero così agitati — non aveva sentito i loro discorsi.

E all'improvviso un'alce mutante sbucò da un folto cespuglio, e travolse Samuel, spintonò Emily che cadde nel fiume e puntò Jenna. Kyle si mise in mezzo e colpì la bestia con un pugno, stordendola per qualche attimo — e Jenna ne approfittò per salire sul camper, sistemare Sarah sul seggiolino e afferrare il fucile.

«Emily! Emily!» gridò Crystal scrutando l'acqua del fiume che in quel punto scorreva velocemente, creando piccoli mulinelli d'acqua.

Erik sollevò William e lo fece salire sul camper, fissò Marie-Anne che se ne stava immobile a fissare l'animale. La strattonò, portandola al sicuro sul camper e prese la pistola.

Kyle girò attorno alla bestia, alta quasi quanto lui — anche se le grandi corna lo superano di un bel pezzo.

L'animale sbuffò e si girò, fissando Benjamin, che sgranò gli occhi alla vista delle grosse zampe dell'animale che si muovevano sul terreno, quasi come se volesse caricarlo. L'istinto gli suggerì di spostarsi e di farlo velocemente: lo fece appena in tempo. La bestia abbassò il capo e caricò, sfiorandolo con le corna affilate come rasoi, che lasciarono un grosso graffio sul bicipite del giovane. Benjamin portò la mano sulla ferita, il sangue che impregnava la maglia e gli sporcava le dita. Fissò Crystal, vedendola intenta a togliersi le scarpe. Gridò il suo nome e la raggiunse in pochi passi, ignorando il bruciore al braccio mentre Jenna cercava una linea di tiro libera.

«Crystal.» esclamò il lupo afferrandole la vita.

«È caduta in acqua!» ribatté Crystal e si liberò, «Emily!» gridò, sovrastando le urla e i versi della bestia, si avvicinò alla riva ed entrò, rabbrividendo per l'acqua fredda e avanzando mentre l'acqua iniziava a lambirle i fianchi.

Kathy si avvicinò a Benjamin. «Sei ferito.» commentò.

«Non è niente.» replicò lui, lo sguardo su Crystal, poi si voltò quando sentì lo sparo. L'alce mutante crollò a terra, diventando un cinquantenne dai capelli neri e leggermente sovrappeso.

«Emily!» chiamò ancora Crystal avanzando nell'acqua e poi la vide. Le si avvicinò, sentendo qualcosa passarle fra le gambe e rabbrividì. SI avvicinò alla bambina, aggrappata a una pietra, la testa che veniva sommersa dalla forza del fiume. La sollevò, «Sono io.» esclamò abbracciandola forte, sentendo il corpicino della bambina scosso dai singhiozzi e dai brividi causati dall'acqua fredda. 

«State bene?» esclamò Jenna.

«Sì.» rispose Crystal e avanzò, sentendo sotto i piedi i sassi lisci e levigati del letto del fiume. Sentiva le mani di Emily stringerla — una le artigliava la felpa, l'altra era aggrappata ai suoi capelli, legati in un alto e disordinato chignon. Fece un paio di passi quando incappò in un mulinello sotto il pelo dell'acqua che la scaraventò di schiena contro il masso più vicino. Crystal soffocò un urlo e chiuse gli occhi mentre il respiro le si mozzava in gola e  il dolore le invadeva la schiena.

«Crystal!» la chiamò Jenna, le braccia piene di asciugamani.

«Sto bene.» rispose la lupa e si avvicinò lentamente alla riva. Kyle le prese la bambina dalle braccia e Jenna si affrettò ad avvolgerla in un asciugamani. Kyle e Benjamin aiutarono la ragazza a uscire dal fiume, poi lei si ritrovò avvolta da almeno tre asciugamani.

«Sto bene.» ripeté mentre Kyle la prendeva in braccio, sollevandola senza fatica, come se pesasse quanto un gattino appena nato. «Non è necessario.» esclamò lei, asciugandosi il viso con un lembo di uno degli asciugamani, «So camminare da sola.» aggiunse. Kyle non le badò e camminò verso il camper, per poi farla sedere sul letto, accanto a Jenna che stringeva Emily.

Kathy fu accanto a loro e frugò nel sacchetto dei vestiti che Crystal aveva preso poche ore prima.

Marie-Anne, ancora immobile a due passi dalla soglia si ridestò,  pensando che avrebbe potuto sedersi accanto a Sarah, così poi Benjamin si sarebbe accomodato accanto a lei...

«Merda.» sbottò Samuel lasciandosi cadere pesantemente sui sogni di Marie-Anne, occupando il posto accanto al seggiolino di Sarah, i calzini neri in una mano e le scarpe nell'altra.

«Puoi dirlo.» sospirò Kyle, si guardò attorno e andò al posto di guida. «Andiamocene.» disse.

«Vuoi del latte caldo, principessa?» domandò Erik, appoggiato con il sedere al piccolo blocco della cucina. La bambina si limitò ad annuire. «Crissy?» domandò prendendo il pentolino.

«Buttaci dentro un po' d'alcol.» rispose lei e fissò Benjamin sedersi accanto a Kyle, mentre Marie-Anne se ne andava al suo posto con un'espressione delusa dipinta sul viso. Lentamente si levò la felpa bagnata e la gettò nel catino, sopra i vestiti della bambina.

«Hai un bel livido.» commentò Kathy piegandosi su di lei e fissandole la schiena.

«Non è niente.» sospirò Crystal. «Le mie scarpe?!» esclamò.

«Lì.» sospirò Samuel indicando sotto il tavolo.

Crystal si limitò ad annuire, mentre Kathy curiosava nella scatola del pronto soccorso, trovando una pomata contro gli ematomi; attese che l'altra si levasse il reggiseno e si coprisse il petto con l'asciugamano prima di spalmarle il medicinale sulla schiena.

«Hai le mani d'oro, Kat.» sospirò Crystal, gli occhi chiusi, «Lo sai?»

«Oh, lo sa, lo sa.» sorrise Samuel, poi fissò Erik che versava un po' di cognac in una tazza, «Dammene un po'.» esclamò.

Erik gli allungò la bottiglia e i bicchieri di plastica; la pantera ne riempì uno e lo bevve in due sorsi. «Merda, non possiamo stare tranquilli neppure per dieci minuti.» esclamò Samuel, la rabbia nella voce, la mano che stringeva il bicchiere.

Jenna lasciò la bambina sul letto, avvolta dalle coperte e andò a sedersi, sgusciò sotto il tavolo per riapparire accanto a William

«Io l'avevo detto!» strillò Marie-Anne, «L'avevo detto che non dovevamo fermarci!» esclamò e William si ritrasse sul seggiolino, allungando una mano verso Jenna, che gliela strinse.

«Oh, ma smettila.» sbottò Erik riempiendo il biberon di latte, «Che tu non sai nulla di questo questo.» aggiunse avvitando la ghiera con la tettarella. «Saresti già evaporata se noi non ti avessimo preso.» disse versando il latte nella tazza dove si trovava già un dito abbondante di cognac, afferrò un pacchetto di biscotti già aperto e portò il tutto nella camera. Emily afferrò il biberon e iniziò a succhiare, appoggiata al fianco di Crystal. Un attimo dopo portò una tazza di latte e cognac anche a Kathy

Marie-Anne inspirò un paio di volte, il viso rosso dalla rabbia e dall'umiliazione: Erik le aveva sempre dato le spalle mentre le parlava, dando sfoggio a tutta la maleducazione che aveva. «Maleducato.» bofonchiò, irritata. Si sporse oltre il sedile, spiando Kathy, Crystal ed Emily.

Girò il viso, sperando di incrociare lo sguardo di Benjamin ma il lupo aveva gli occhi fissi sulla strada, fissò Samuel, che non la degnava di uno sguardo. «Imbecilli.» sputò la giovane.

Nessuno le badò.

«Non ci fermeremo più.» esclamò Erik, ancora appoggiato al lavandino, i sensi all'erta, un bicchiere pieno a metà di cognac in mano, «A meno che non sia strettamente necessario.» continuò, spostando lo sguardo sulle ragazze sedute sul letto.

«E per la guida?» domandò Benjamin.

Erik sospirò, «Ci daremo il cambio.» disse, «Sei ore a testa.» continuò.

«Posso guidare anche io.» esclamò Jenna, «Ho già guidato camper, certo non così grandi...» scosse la testa, «Posso farcela.»

Erik annuì, «Bene.» commentò, «Chi altro?» domandò ignorando la mano alzata di Marie-Anne —  e lei si offese ancora di più.

«Bha, io non credo di riuscire a portare questo bestione per più di un paio di miglia senza uscire di strada.» sospirò Kathy, finì di bere e si alzò in piedi.

«Io ho guidato un trattore.» esclamò Crystal afferrando il biberon ormai vuoto.

«E mi hai schiacciato un pallone.» ricordò Erik.

«Quanti anni avevi?» domandò Samuel fissando Crystal sistemare le stoviglie sporche nel lavello.

«Dieci.» rispose lei. «Ed è stato un incidete.» si rivolse a Erik, in piedi accanto a lei. «Certo, se avessi evitato di rapare a zero la mia Barbie...» scrollò le spalle, fissò Samuel alzarsi per cederle il posto e si sedette. «Forse avrei sterzato un po' prima.» ridacchiò sottovoce.

Benjamin scoppiò a ridere, «Sei pericolosa, Crissy.» la prese in giro.

«Dai, gli hai rotto un pallone solo perché ha tagliato i capelli a una bambola?» commentò Kyle divertito. «Però... un trattore? A dieci anni?» commentò, lo sguardo fisso sulla strada, la mani strette sul volante.

Lei sospirò, «Bhe, era stato nonno a dirmi di provare a guidare.» rispose, «Certo, avrei potuto rallentare o sterzare quando ho visto la palla ma ero troppo arrabbiata.»

commentò con un sorriso.

«Tutto questo per una Barbie?» domandò Samuel, «È un giocattolo!» sbuffò.

«Non c'è cosa peggiore della propria Barbie con i capelli tagliati.» esclamò Jenna mentre Kathy annuiva.

«Donne.» sospirò Erik, «Vai dalla tua donna.» disse a Samuel, che si alzò, fece fare lo stesso a Marie-Anne e si sedette accanto alla fidanzata.

«Dobbiamo parlare di cose stupide ancora per molto?» sbottò Marie-Anne.

«Sì.» rispose Jenna, «Ci distenderà i nervi.» sospirò stanca.

Marie-Anne strinse i pugni e respirò rumorosamente, odiando tutti quanti, a partire da Emily, che se ne stava raggomitolata nel letto, il pupazzo a forma di maiale stretto fra le braccia, passando per Samuel, Kathy, Jenna, Sarah e William, Kyle ed Erik, che detestava quasi quanto Crystal. L'unico che non odiava era Benjamin. Si voltò per fissarlo, scorgendone il profilo, il naso dritto, le labbra socchiuse.

«Come saranno i turni?» domandò Samuel fissando Erik. «Dopo Kyle a chi tocca?» domandò.

Erik sorseggiò un po' d'acqua. «Chi fa il prossimo turno?» domandò e afferrò uno dei block notes che i bambini usavano per i loro disegni, prese un foglio bianco e uno dei pennarelli che avevano trovato in uno dei cassetti.

Dal sedile del passeggero apparve una mano, «Lo faccio io.» esclamò Benjamin.

«Perfetto.» esclamò Erik, «Sono le» guardò l'orologio «quattro e mezza.» disse, «Direi che Kyle smette alle dieci e mezza e gli dai il cambio.» disse e gli altri due risposero che andava bene, Erik scrisse i loro nomi con una grafia piccola e spigolosa, «Ora tocca alle signore.» esclamò fissando Crystal e Jenna.

«Faccio io.» rispose la Miratrice.

Erik annuì, «Bene.» disse. «Quindi tu guidi dalle quattro e mezza alle otto e mezza.»

«Perché solo quattro ore?» domandò Jenna, vagamente offesa.

«Volevo essere gentile.» replicò Erik, «Però se vuoi guidare sei ore fa' pure.» disse.

Jenna annuì, «Faccio sei ore.» esclamò, le braccia conserte.

«Bene.» sospirò Erik, «Io o te?» chiese a Samuel che rispose che per lui era uguale. «Allora tu.» ridacchiò Erik.

«Te la sei cercata.» rise Kathy alla vista della bocca spalancata del ragazzo al suo fianco.

Erik finì di scrivere i turni alla guida. «Quindi Kyle, Benjamin, Jenna, Samuel, io e Crystal.»

«E io?» domandò Marie-Anne, stanca di tutti quei teatrini.

«Tu nulla, non ti affiderei neppure un monopattino.» esclamò Erik, spostò lo sguardo su Samuel e lo vide trattenersi dallo scoppiare a ridere. Inspirò a fondo e rilasciò l'aria lentamente.

Marie-Anne ingoiò la saliva, incrociò le braccia e si chiuse in un ostinato mutismo.

❖.❖.❖

Dawn bevve l'ultimo sorso di caffè e posò la tazza accanto al tappetino del mouse. Inspirò a fondo, cercando di rilassare le spalle, ancora indolenzite dopo l'allenamento di kickboxing di un paio di ore prima. Infilò in bocca una caramella gommosa all'arancia e fissò lo schermo del computer, quasi sperando che quello gli desse la soluzione a tutti i suoi problemi.

Lo schermo da trenta pollici rimase sulla stessa schermata di prima, quella del desktop, con una foto di Battery Park al tramonto, con The Sphere in primo piano.

La giovane sbuffò infastidita e annoiata. La cose continuavano ad andare di male in peggio, con quei muri innalzati sulle sponde di laghi e fiumi posti sul confine fra USA e Canada, i militari che pattugliavano i confini giorno e notte, lasciando agli statunitensi poche possibilità di fuga.

Tutto ciò la rendeva inquieta. Il non sapere, l'essere impotenti la destabilizzava, minacciando di farla crollare da un momento all'altro. E lei non voleva, non poteva* crollare. Aveva la sua squadra da guidare, non poteva rischiare un esaurimento.

E aveva centinaia di vite da mettere in salvo.

Alzò appena la testa quando sentì la porta aprirsi lentamente. «Che vuoi?» domandò infastidita.

«Siamo nervose.» commentò James entrando, finendo di aprire la porta spingendola con la spalla destra. Fra le mani reggeva un vassoio.

«Che cosa vuoi?» domandò lei, «Quello?» chiese indicando il vassoio.

«Rita ha preparato della zuppa inglese.» rispose James posando il vassoio sul tavolo. «E a te piace, lei lo sa e mi ha chiesto di portartene un po'.» aggiunse alzando il copri vivande giallo.

Dawn inspirò a fondo, il sapore del dolce al cucchiaio che le invadeva la gola. «Ehm... grazie.» disse. «Cioccolata calda?» domandò fissando il bicchiere di carta.

«No, latte caldo.» rispose James. «Ma c'è il cacao in polvere...» scrollò le spalle. «Bhe, io vado.» aggiunse. «Dopo riporta il vassoio in cucina.» aggiunse prima di lasciare l'ufficio.

Lei non ci badò più di tanto, spostò la tazza vuota e avvicinò il vassoio, afferrò il cucchiaino e iniziò a mangiare, gustando ogni boccone e sorseggiando il latte.

Quando finì la zuppa inglese, sollevò la ciotolina, una di quelle in alluminio usa e getta e iniziò a leccarne i bordi.

«Sembri un gatto.»

Dawn abbassò la ciotolina, «Steve.» sorrise fissando il fidanzato entrare nella stanza.

Lui rise, «Hai il naso sporco.» commentò.

Dawn scrollò le spalle, afferrò un fazzoletto di carta dalla scatola e si pulì.

«Scommetto che è la zuppa inglese di Rita.» disse Steven sedendosi di fronte alla scrivania.

«Sì.» rispose lei, «È sempre una delizia.» commentò, posò la ciotolina e il cucchiaino sul vassoio e afferrò la tazza con il latte, stringendola con entrambe le mani, sentendo sulla pelle il debole calore della ceramica. Lui le sorrise, poi sospirò pesantemente. «Problemi?» domandò lei.

Steven scosse la testa, «No.» rispose trattenendo un sbadiglio, «A parte quelli che conosci.» aggiunse, «Prima ho visto Mike girare per i dormitori.» 

Dawn scrollò le spalla, «E allora?» domandò, «Magari cercava qualcuno.» disse. Avrebbe voluto dirgli del piano di Jhon, ma era un segreto e lei li manteneva, anche se ciò le costava omettere qualcosa all'uomo che amava.

«Quando l'ho salutato ha fatto un salto.» replicò lui.

«L'avrai spaventato.» rise Dawn e sorseggiò il latte.

«Probabile.» sospirò lui per poi alzarsi, fece il giro della scrivania e baciò le labbra di Dawn, «Torno a lavorare.» soffiò, «Ci vediamo dopo.»

Lei gli sorrise, felice. «Perfetto.» mormorò e lo fissò uscire dalla stanza. Fece un profondo respiro e rilassò la schiena contro lo schienale della sedia, sentendosi più tranquilla e rilassata.

❖.❖.❖

Kathy portò un piatto con un paio di tramezzini a Kyle, che ne afferrò uno e iniziò a mangiarlo, stringendo il volante con una mano sola, «Solo due?» domandò ad un certo punto, «Ho fame!» si lamentò.

Jenna sbuffò, «Se stai zitto te ne preparo un altro.» sbuffò sedendosi a tavola, accanto a Marie-Anne.

Cenarono velocemente, anche perché non era facile con il mezzo in movimento. Da un'ora e mezza era nello stato di New York, avevano superato Jamestown, l'interstatale Ottantasei, entrando e uscendo subito dopo, ignorando le lamentele di Marie-Anne, che avrebbe volentieri proseguito su quella strada. Volevano avvicinarsi al Lago Ontario, per poi proseguire. Erano certi che se avessero provato ad avvicinarsi alle Cascate del Niagara, sarebbero stati fermati immediatamente: quella era una zona turistica, e di certo Erikson aveva mandato i suoi uomini a controllare chiunque osasse avvicinarsi a quel punto.

Alle nove e mezza Crystal rimboccò le coperte ai bambini, augurandogli loro la buona notte, tornò a sedersi accanto al seggiolino vuoto di Sarah.

«Ho bisogno di un caffè.» sbadigliò Benjamin alzandosi dal sedile del passeggero, «Di una cisterna.» si corresse mentre riempiva il pentolino con dell'acqua.

«Qualcuno dovrebbe fargli compagnia.» esclamò Kathy, «Così, per evitare problemi.»

«Giusto.» gli fece eco Samuel, «Chi si offre?» domandò e guardò Erik.

«I-» 

«Resto io.» esclamò Erik, interrompendo sul nascere l'offerta di Marie-Anne, che abbassò la mano stizzita e offesa.

«Bene.» commentò Benjamin girandosi verso gli altri.

«Tu dove dormi?» chiese Kathy, «Visto che Sam sta sul sedile puoi unirti a noi.» indicò se stessa e Marie-Anne, che avvampò.

«Sembra una proposta equivocabile.» borbottò Samuel togliendosi gli occhiali  e controllando se le lenti fossero pulite. Kathy ridacchiò e gli soffiò un bacio.

«No, credo che dormirò per terra.» disse. «Al limite quando è il turno di Jenna prendo il suo posto.» aggiunse.

Rimasero in silenzio per alcuni minuti, fino a quando il caffè non fu pronto. «Lo vuoi?» domandò Benjamin a Samuel, che annuì. Il lupo versò la bevanda in due bicchieri, li zuccherò e ne porse uno alla pantera.

«Ne hai fatto un bel po'.» commentò Erik.

Benjamin soffiò sul bicchiere e alzò le spalle, «Così se ne ho voglia posso mandare il Samuel a prenderlo.» sorrise prima di bere un sorso.

«Ehi!» protestò l'interessato, «Prima la mia fidanzata fa' proposte quasi indecenti ad un altro, adesso tu mi tratti come un tirapiedi porta caffè.» brontolò prima di sorseggiare lentamente il caffè.

Poco dopo Kyle accostò, dando il cambio a Benjamin, che infilò il bicchiere pieno per metà nell'apposito vano e ripartì, mentre Kyle raggiungeva Jenna nel letto sopra la cabina e  Erik si sdraiava sul sacco a pelo.

Poi, nel motorhome piombò il silenzio.

Scusate l'enorme, stratosferico ritardo. Ma ho avuto un blocco da paura :(
Grazie a tutti!
P.S: sono anche su Wattpad seguitemi (vi ricambio) e leggetemi e stellinatemi. Grazie!

   
 
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